Perchè ci paia vero

IMG_20160804_144430

Paio vero così!?

E basta con questi selfie, e dai… Ma non lo vedete che siamo patetici, che immortaliamo istanti scelti ad arte per convincerci di qualcosa che non è vero, per dare a qualcuno messaggi di una vita che l’istante prima e l’istante dopo quella foto, invece, nascondiamo, perché ce ne vergogneremmo!? Quelle facce eternamente sorprese, quei volti cristallizzati in smorfie di giubilo sopra-le-righe, sono cartapesta di un carro allegorico, significano quasi sempre qualcosa di metaforicamente opposto, ma lo mascherano per noi, che siamo i primi a non crederci e ci fotografiamo perché ci paia vero. Nel farsi una fotografia ogni tanto non c’è nulla di male, ma come diceva il vecchio Compay Segundo: “si può fare tutto, per tutta la vita, ma senza esagerare”. Non così, non a comporre una cronistoria da ipertiroidei esaltati, finti cocainomani dell’ego che cercano di dimostrarsi vite movimentate, affascinanti, esilaranti, avventurose, piene di massime da filosofi de no’antri, nel tentativo di negarsi e negare che nella vita, come nella musica, contano più le pause delle note.

Non c’è niente di particolarmente interessante in questi nostri autoritratti, non so se ci è chiaro, e questo sì che combacia con le nostre vite. Sono tutte pose vacanziere, da reclusi nell’ora d’aria, in cui l’unica cosa interessante, di cui resta il perenne languore, sono le altre foto, quelle che non ci sono perché non le scattiamo o pubblichiamo mai, cioè il racconto delle sequenze escluse dal romanzo, le sole che potrebbero dire qualcosa di vero.

Pippe. Onanismo iconografico. Autoerotismo della finzione, il decadente affresco di un’epoca di perpetua esaltazione emotiva farlocca, accompagnato sempre (o quasi sempre) da frasi d’altri, prese su Google, non certo da un libro che si sta leggendo, per comporre un quadro che non è il proprio, ricchi di una saggezza non nostra, confusionaria, raffazzonata, che non sa davvero di noi, e che purtroppo, nella maggior parte dei casi, non somiglia neppure all’aforisma di ciò che vorremmo diventare. Ritratti di persone che non siamo, ricche di un acume che non dimostriamo dal vivo. Invocando inutilmente, sempre più debolmente, un’autenticità che a furia di fotografarci non ritrarremo mai.

Share Button