Ecco la Rotta 2024. Avanti.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante mappa e il seguente testo "Itaka Messolonghi akinthos Nauplio Aegina Andros Kalamata Spetses Pylos Paros Milos los EDITERRANEA 1"Eccola. poco meno di 1500 miglia a vela a girovagare, portando avanti progetti scientifici, culturali, e stando insieme a vivere. Qualcuno, un po’ involuto emotivamente, psicologicamente, relazionalmente, sottovaluta quest’ultimo aspetto: il laboratorio sociale che svolgiamo a bordo di Mediterranea. Non io, naturalmente. Considero questo una delle maggiori acquisizioni di Mediterranea, che da quasi dodici anni esiste nelle menti, nei cuori, nelle azioni di un mucchio di gente proprio per consentirci una esperienza di vita e di conoscenza di se stessi, degli altri, del nostro mondo. Conoscenza rotonda, quasi omnicomprensiva, che altrove è molto difficile praticare.

Costruire oasi per le nostre vite, dove sia possibile ogni sospensione del giudizio, ogni clichet, dove dunque i muri sia possibile ridurli di altezza, se non abbatterli, è forse la maggiore esperienza umana. Ad essa è collegato sia il sapere che il sentire. E questo, soprattutto oggi, mi pare straordinario.

Ecco perché si riparte ancora e ancora. Con enorme orgoglio.

Clicca Qui per la rotta.
E scrivi qui per avere informazioni: info@progettomediterranea.com

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Inizia “STORIE”, podcast di “DIALOGHI MEDITERRANEI”

“Storie senza la parola fine, ma che almeno… hanno avuto un inizio”.

È con questo bel claim, anche molto poetico, che comincia il podcast “STORIE“, il nuovo progetto di “Dialoghi Mediterranei” realizzato da Valter Carasso, viaggiatore, giornalista, “facilitatore” (come lui ama definirsi), curioso conoscitore senza frontiere di idee, convinzioni, pratiche, ipotesi di vita. È lui ad aver realizzato il mio ultimo podcast, ricordate? (qui per ascoltarlo).Tutto nasce da Catania, 12 febbraio 2024 (la seconda edizione…) dove anche quest’anno hanno avuto luogo i nostri dialoghi filosofici. Uno spazio, un’oasi, per riprendere in mano gli spazi essenziali delle idee, del ragionamento, delle ispirazioni, degli stimoli, delle spietate visioni necessarie per affrontare le nostre vite costruendo “ciò che davvero è”, e ancor più “ciò che davvero può (e forse deve) avvenire”. Perché la vita non comincia all’inizio, ma quando si decide…

A Catania, quest’anno, si sono creati gruppi di incontro e dialogo per aree regionali (proprio oggi si incontrano a Roma in venticinque, ad esempio) e hanno iniziato a raccontare le proprie vite, i sogni, i progetti, ciò che ha funzionato, ciò che è andato così così, la voglia di ripartire… Vicende e avventure di vita di persone normali, che non si sono rassegnate a una vita comune e hanno ancora voglia di scrivere nel grande libro del proprio destino.

E Valter, che è attento, ha lanciato un’idea di getto, d’impulso, senza prima discuterne con nessuno: “raccogliamo queste storie, lavoriamole per poi offrirle a tutti”.

Nasce così “STORIE” di “Dialoghi Mediterranei”, che ci accompagnerà per un anno, ogni venerdì (lancio oggi la prima puntata, che è uscita due giorni fa). E si comincia con Basilio Busà, poliedrico, instancabile, appassionato. Uno di quelli che per me è l’emblema della Nuova Élite (vi ricordate? “L’Altra Via“).

Ma Basilio non fa parte della Nuova Élite perché è preparato, capace, outstanding, pieno di energia. Non cadete in questo grossolano errore, se così fosse, staremmo parlando di persone dotate di qualcosa di straordinario… Basilio ne fa parte perché è ancora vivo. Perché crede, ha fede nella vita, e perché desidera, cioè ha gli occhi brillanti di stelle e piedi infilati nella sua terra come radici, e perché quando il degrado e la decadenza arrivano fino a lui sono costretti a fermarsi, devono ammettere la sconfitta.

Bisogna avere voglia di ciò che si desidera. Saperlo non basta. E lui questa voglia di restare vivo ce l’ha. Come ce l’ha Valter. Come ce l’ho io.

Buon ascolto dunque.

Si comincia con questa prima puntata. Ma non so davvero dove si andrà a finire, come nella più avvincente, intricata, appassionata delle “STORIE”…

Qui per ascoltare il podcast “STORIE”

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Esce oggi “Chiedi alla polvere”. Stavolta non un libro, ma… un disco.

“Scrivere un verso, piantare un albero…” Si dice così, no? Il senso della vita sarebbe fare tre o quattro cosa. Chissà…
Per me, a dirla tutta, è esplorare ciò che amo. Vorrei fare un viaggio nel profondo del cuore di mia F, ad esempio. Sarebbe il viaggio più bello, ma so che non è possibile, e forse neppure giusto… Eppure io sono diventato così: non più particolarmente interessato a tutto… ma alla profondità di ciò che davvero amo, di ciò per cui sento identità e appartenenza.

Ecco perché ho provato enormi emozioni a scrivere musica. Perché è un passo oltre, una spedizione nuova, nel grande viaggio della creatività delle parole, del senso comunicabile, dell’evocazione. Io vivo di parole, eppure queste mi mancavano. Mi mancavano le parole accanto alle note. Mi mancava che scaturissero dalla musica pensata e sentita da un caro amico, Marcello Ferrero, ma fossero anche venute da me, dalle mie evocazioni, dalle immagini che affollano la mia testa, il mio cuore. Mi mancava poter proporre a Marcello una nota diversa, a Stefano Mattozzi un ritmo diverso, o accogliere una loro nota, un loro ritmo, e le loro parole…

Ma la scrittura musicale è così precisa. Lo spazio è angusto, la penna quasi non ci sta per dritta. È una caverna, una grotta, una canzone… ma poi scopri che dietro ha una finestra sul mondo. Entri come uno speleologo, e finisce che poi salti e puoi perfino volare. Quanti musicisti, quante frasi musicali, quanti testi ho amato fin da ragazzo nella musica. Oggi ascolto solo jazz africano, prima etiope ora arabo e mediorientale, ma quanto spazio ha avuto la musica nella mia vita: i Queen, i Genesis, i Pink Floyd, i Rush, fino ai Dave Matthews Band, passando per Paolo Conte e De André. E che emozione oggi, dopo tanta strada, comporre…

Insomma… Potrei raccontarvi per giorni. E magari nel tempo lo farò. Ma eccolo qui, il frutto di due anni di lavoro insieme a Marcello e Stefano, ma anche Emiliano, Lavinia, Barbara, tanti altri… e recentemente Gianluca (autore della clip).
Come fosse un film. Come fosse un libro. Come fosse, ed è, un pezzo di vita. Mio e nostro sopra ogni cosa.
Ladies and Gentleman, only for you, only tonight… Zone Franche e il loro primo album “Chiedi alla polvere“.

 

PS
Se ve lo volete comprare…. una sola canzone o tutto l’album, ecco qui dove farlo: Apple Music, Amazon Music.

 

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Podcast “Dialoghi Mediterranei” – Quarta (e ultima) puntata

 

“L’unica cosa che vale di un “NO” è l’essere l’inizio di un’immaginazione”.

Quarta e ultima puntata del mio podcast “Dialoghi Mediterranei”. Stavolta, dalla busta delle lettere dell’alfabeto (pescate a caso e senza conoscere a quali parole erano collegate) escono la M di Mediterraneo, la N di “No!”, la G di Guida, e poi W di Web, K di Kronos, J di Jung…

Ultime parole-chiave prima di vederci a Catania, tra pochi giorni, il 10-11 febbraio, per la seconda edizione dei nostri dialoghi filosofici. Ascoltate, fate crescere i significati dentro di voi. Lasciate che le parole prendano il sopravvento.

“Se un giorno fosse arrivato un marziano e avesse chiesto ‘come avete reagito, cosa avete pensato, avrete immaginato certamente come venirne fuori..’. Ecco, il non aver avuto una risposta per quel marziano, sarebbe stato tragico”.

Buon ascolto.

 


(Podcast realizzato da Valter Carasso e Carla De Meo al “Fienile dell’Anima“)

(I frammenti musicali dell’intero podcast sono tratti dal mio (nostro…) primo album, in uscita il 2 marzo. Zone Franche con Marcello Ferrero e Stefano Mattozzi)
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Podcast “Dialoghi Mediterranei”. Terza Puntata.

A, P, V… le lettere continuano a uscire dal sacchetto di Valter Carasso e Carla De Meo. Terza Puntata, appena pubblicata su Spotify, di questo podcast “dalla A alla Z” (qui: http://spoti.fi/3u9QwdM ). Stavolta le parole sono particolarmente importanti: amore, perimetro, vela… e tante altre..

“Dialoghi Mediterranei” si avvicina così, “a colpi di parola”, a Catania (10-11 febbraio). In tanti vi registrate ancora alla seconda edizione del seminario filosofico, e le parole si accumulano.

Perle della collana che alla fine ci rappresenta.

Con una speranza, incrollabile, come sempre: che le parole siano per noi significative. Che sappiano curare, lenire, indirizzare, ma anche sezionare, pulire, separare. Parole-mano carezzevole e parole-coltello tagliente. Che siano cure date e ricevute restando in ascolto, guardandoci negli occhi. E tuttavia che qualcosa, con un “fendente di parola” cada per terra. Per sempre.

Ecco QUI IL PODCAST – TERZA PUNTATA

#Dialoghimediterranei

#podcast

(Foto: ieri, nel bosco. Passeggiata fino al ruscello che fa da confine di questa terra. Prima di tornare a sud…)

Per iscriverti al seminario di Catania  CLICCA QUI

 

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Podcast “Dialoghi Mediterranei – Simone Perotti dalla A alla Z”. Seconda puntata.

 

“In questa epoca le forze dell’oscurità stanno prendendo il sopravvento…”
“Un uomo non muore quando finisce il suo corpo. Muore quando il suo cuore e la sua mente non sono più in grado di immaginare quello che non c’è”
“L’umanesimo immaginava. Se noi non lo facciamo più siamo in un’epoca di grande decadenza. Questo preoccupa molto di più di una terza guerra mondiale”.

———————-

Seconda puntata del Podcast “Dialoghi Mediterranei – Simone Perotti dalla A alla Z“. Proseguo a estrarre lettere dalla busta di Valter Carasso e Carla De Meo e a tentare di cercare significati alle parole collegate. Oggi escono la Z di zavorra, la T di thanatos, la F di finanze, la L di legami, la D di dubbio, la B di bordi…
Secondo passo per chi si sta preparando ai “Dialoghi Mediterranei – Seconda Edizione” il nostro incontro di Catania del 10 e 11 febbraio (https://www.simoneperotti.com/…/dialoghi-mediterranei…/).

Buon ascolto (anche dei brevi frammenti musicali tratti dal disco “Chiedi alla polvere” di “Zone Franche“, inseriti nel dialogo).

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Dialoghi Mediterranei – Catania 10-11 febbraio ’24


A Catania torneremo il 10 e 11 febbraio 2024. Seconda edizione dei “Dialoghi Mediterranei“, appuntamento di tre mezze giornate per fare (non per “parlare di”…) filosofia.

L’atteggiamento base dell’uomo, quello ovvio, automatico: uscire di casa, guardarsi intorno (e dentro) e cercare di capire la realtà. Ma non la realtà in generale, non la vita nei suoi sistemi necessariamente massimi. La nostra realtà. La nostra vita.

L’anno scorso è stato avviato un pensiero, un ragionamento, una pratica. Quest’anno andremo a fondo, là dove è difficile arrivare.

I “Dialoghi Mediterranei” sono il mio modo di contribuire alla società. Sono il mio spazio, il mio tempo, la mia energia dedicate a chi vuole percorrere la via della comprensione e dell’identità, della consapevolezza e della vita.
Per questo sono uno spazio gratuito e volontario. Dove chiunque, da me in poi, viene per donare, prendere, offrire, portare via, prestare, stando alle leggi base della cultura mediterranea.
Che non sono quelle del denaro…

Vi aspetto.

(clicca sull’immagine, oppure QUI, per registrarti.)

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Per rotta. Il mio augurio per il 2024

Per rotta. Solo questo posso augurarmi, per me, per voi… Di seguire ad avanzare per rotta. Perché una rotta c’è, e lo sappiamo abbastanza bene tutti. Anche i più riottosi, quelli che negano, che vogliono farsi andare bene quello che c’è, com’è, com’è sempre stato. La rotta si sente nel cuore. Ognuno sa esattamente quali sono i suoi “Momenti Buoni”, sa come poterli avvicinare, se non vivere, quanto costerebbe perseguirli, qual è la moneta di scambio col destino.

E allora, nell’ennesimo ultimo giorno dell’anno, non c’è che da augurarsi di accostare con la prua quanto basta, e ritrovarsi giusti di rotta, cioè nella direzione che in fondo al cuore conosciamo bene, che terrorizza quasi tutti quelli che non ci vanno, e fa da balsamo agli altri.

Quel posto c’è. Quella condizione esiste. Quella vita si può fare, e molte altre perfino sconosciute. E oggi è ancora “in tempo”, prima delle grandi tristezze, prima delle malinconie definitive e senza rimedio. Prima che arrivi il giorno “fuori tempo massimo”, quello in cui ciò che non può più essere sarà così salato da pagare da rendere inestimabile ciò che oggi sembra troppo difficile da tentare. Un uomo, una donna, si definiscono forse proprio qui, in questo intervallo di senso e tempo.

Cercheremo di non far mancare l’ascolto, e neppure le parole. Per quel che servono, per quel che possono. Anche se non è fuori, non è “da qualcuno”, che quelle parole e quell’ascolto potranno arrivare a ognuno. Anche, ma non solo. Le parole sono le orecchie che le colgono, non le bocche che le dicono. E quelle orecchie, fatalmente, non possono che essere le nostre.

Saliamo su un albero, quest’anno; seminiamo una pianta; attendiamo la luce buona in silenzio; viviamo nascosti; restiamo soli, ma aperti a un incontro inaspettato (proprio perché soli…). Duri fino all’impermeabilità, ma teneri quanto serve per sperare.

Il gioco di questi anni non è semplice. Non viene incontro, non rassicura nessuno. Almeno, se è il gioco vero. E allora restiamo accanto. Non ci allontaniamo troppo. Così che un richiamo, una voce inattesa, dal centro del bosco, quando ci parrà che tutto sia finito, possano invece farci accennare un sorriso. E una risposta compiaciuta.

“Ci sono un mucchio di cose da fare. Basterebbe vivere, a segare il tempo”

#Dialoghimediterranei

#zonafranca

(La citazione finale è tratta da una canzone dell’album “Chiedi Alla Polvere“, primo disco del gruppo musicale “Zona Franca“. In uscita quest’anno)

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Bilanci esistenziali

Bilancio Esistenziale 2023 (BE23)

Giorno standard: sveglia presto; studio-scrittura-lavoro (mio e su Mediterranea) al mattino; lavoro fisico (carpenteria, falegnameria, agricoltura) durante il giorno, cucina-riposo la sera. E a letto presto (23.30 mediamente). Nota: lavoro fisico per me significa soprattutto meditazione: solitudine, silenzio, pensiero, postura mistica e spirituale. Monacato laico.
Poche relazioni, meno dell’anno scorso, con l’unica eccezione di Mediterranea (venuta qui e poi, in due periodi, io a bordo). Anno di cambiamento nei rapporti sull’isola: passaggio interessante, che chiamerei di autentizzazione e uscita “dalla bolla”.

Valutazione 2023: anno più che buono.

Dettaglio:
Produzione di lavoro/valore: molto alta, ai livelli del 2020. Diciamo 6 mesi effettivi, con 20 giorni/lavoro al mese, che anche se calcolati a 9€/h, cioè nella media, sono comunque tanti, quasi 9.000€, ma che in termini di prodotto realizzato (ciò che ho fatto, che valore ha aggiunto, quanto sarebbe costato pagare qualcuno per farlo) sono almeno 20.000, ma probabilmente di più.
Equilibrio: ancora mutevole, ma meno che in precedenza. Buona tenuta sui temi macro, discreta a livello intimo.
Armonia, forte, come raramente prima. Il numero di giorni definibili come perfetti è sensibilmente aumentato.
Relazioni. Anno partito con “Catania”, dunque acme forte iniziale, che si è spalmata poi bene nel corso dei mesi. Nel privato, rimane netta la sensazione di estraneità in alcuni ambiti relazionali, da approfondire e studiare (in parte ne conosco genesi e dinamica, ma qualcosa di determinante ancora mi sfugge). Sempre (troppo) alta, la mia prontezza a interrompere il dialogo. In sé è una cosa buona, sintomo di libertà, ma non si associa bene al mondo circostante. Da rivedere (soprattutto circa la sua natura. Verificare che non ci sia mai fuga dietro questo atteggiamento).
Natura/clima/temperatura. Rapporto impressionante: vita all’aperto oltre il 75%, giorni definibili come perfetti ben 6 (uno non l’ho annotato, dunque forse sono 7. La mia media annua da sempre è 2). temperatura per me ideale (ieri 10 dicembre ho messo per la prima volta i pantaloni lunghi e ho indossato per la prima volta una maglietta per lavorare fuori. Oggi piove, infatti). Cosmetici/detersivi/saponi/shapoo totalmente autoprodotti e naturali.
Studio. Discreto. In generale è stato un anno a basso gradiente intellettuale. Però buone alcune linee di studio e di riflessione. Materiale accumulato/annotato per il nuovo libro, più che soddisfacente. Analisi, decente.
Scrittura (produzione): anno di pausa. Lato meno positivo dell’anno, anche se non così deleterio. È l’anno in cui ho prodotto meno negli ultimi 15. Tema “entrate” non positivo. Nota positiva: scritto 8 testi per le canzoni del primo album del neonato gruppo musicale dei “Zona Franca” (di cui vi dirò). Splendido.
Energia. Buona, più fisica che psicologica.
Fisico: considerata la fatica fisica fatta nel lavoro (e l’età che avanza) piuttosto bene. Lavorato però con garbo (finalmente), dunque rispettando il tempo/recupero come mai prima.
Denaro. spese: bene, è stato l’anno più low-cost dell’ultimo quinquennio. Alcuni accorgimenti ancora possibili e auspicabili (decisioni da prendere). Entrate: prossime allo zero, ahimè.
Integrazione sociale: ai minimi storici. Non condivido quasi nulla di quello che vedo fare e dire alla maggioranza. Da approfondire: la lettura “sono tutti pazzi” è (forse) troppo semplicistica.
Cibo: strepitoso. Forse l’apice della mia minima (domestica) carriera di chef. Verdure km zero intorno al 90%. Utilizzo di erbe e piante selvatiche ormai altissimo.
Compassione: in crescita su ampia scala, in calo su scala individuale. Da rivedere.
Fumo: fumato comunque troppo.
Condizionamento dall’esterno: prossimo ormai allo zero.
Progetti: due. Uno in corso d’opera, uno ancora no.
Sport: tragedia Milan.

Viaggi/Vacanze: zero. Ma uno in programma per gennaio. Molto felice: sarà la mia prima piccola vacanza (dieci giorni) dopo l’Andalusia (2015).

In estrema sintesi, questo è il bilancio di quest’anno, fatto senza troppo riflettere, a pochi giorni dal rientro in Italia per le feste di Natale.

Un anno di autoproduzione importante: anche se con meno prodotto, siamo comunque stati autonomi dal punto di vista alimentare per un 40%, circa. L’anno scorso il 50%, ma l’impatto su salute e economia è stato comunque forte per noi). Impatto ambientale, tolti i 4 voli aerei, bassissimo: prodotta e consumata quasi esclusivamente energia dal fotovoltaico; bevuta solo acqua di fonte (bottiglie di plastica zero); produzione rifiuti bassissima (quasi zero packaging, riciclo totale); emissioni quasi zero (pochissimo gas per cucina, stufa a legna accesa una decina di volte a febbraio e ora tre volta soltanto fin qui. utilizzata solo legna tagliata qui, che dunque non è stata trasportata né fatta oggetto di commercio); chilometri percorsi in macchina, meno di 400/anno; motore Mediterranea circa 50% (diciamo 220 miglia non a vela sulle 450 navigate); acqua: ridotto consumo grazie a cisterna recupero e alimentazione da fonte.

Note: anno pieno, ma anche vuoto. Il vuoto non è semplice da maneggiare, ma credo di aver imparato qualcosa ancora. Battaglia contro l’ego, qualche vittoria in più delle sconfitte, il che è già tanto considerata la natura insidiosa del nemico. Buona accettazione delle mie mediocrità, anche se non è mai abbastanza. Ambizione, lievemente in calo purtroppo. Pazienza: in picchiata su alcune questioni (tema da analizzare). Paura della vita: stabile.

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La storia non piace ai bambini

A ogni fatto pompato dai media, osserviamo la stessa reazione:  immediata polarizzazione, radicalismo verbale, gioco a chi la spara più grossa, forte emotività, perdita di lucidità. Accade su tutto, che sia una pandemia, una guerra lontana, un fatto di cronaca. È il nuovo sintomo del morbo che scorre nelle vene della società.

Vi preoccupereste mai della perdita d’acqua in bagno mentre un serial killer sta sfondando la porta di casa vostra con una motosega? Nessuno lo farebbe. Eppure è ciò che vediamo oggi in Italia, dove presto non avremo più un Sistema Sanitario Nazionale pubblico ma nessuno fibrilla o si preoccupa. Già oggi chi ha un cancro deve ricorrere all’amico medico per un rapido esame istologico e per una ancor più rapida operazione chirurgica, per essere curato in tempo. Presto capiterà a ognuno di noi, ma nessuno ha i nervi a fior di pelle per questo.
Francesco Cognetti, Presidente della Confederazione degli oncologi, cardiologi e ematologi italiani, stimava due anni fa “ritardi e cancellazioni di oltre 100 mila interventi chirurgici per tumore, un incredibile disastro clinico-assistenziale”. Per l’inadeguatezza del già fragile sistema sanitario italiano, solo durante il primo anno della pandemia, abbiamo avuto 40 mila morti in più del solito per cause non-covid.
Questa sì che è una vera emergenza, dalle conseguenze inconcepibili, ma è una storia che non piace ai bambini che siamo diventati, ne vogliamo un’altra. Come non piace, non coinvolge, il tema della catastrofe climatica imminente (che palle!) o quello del rischio emergente di trasformare il Paese in uno stato presidenziale, e in cui già (e ancora) si attacca la magistratura.

Dopo decenni di scelte sbagliate nell’impostazione delle nostre vite, ci ritroviamo stanchi, oppressi, ansiosi, con un tessuto sociale e di relazione lacerato. Chi aveva urlato per un mondo migliore ha poi aderito mani e piedi al modello consumistico e mercantile, anzi, lo ha creato. Ed eccoci alle conseguenze di questo mondo storto: la grande delusione; una società malata di soldi, oggetti inutili, incapace di donare, che vive male, col fiato corto, pronta a incazzarsi per finta su finte emergenze (invece che davvero sulle vere) giusto per far fischiare un po’ la valvola della pentola a pressione. Una società triste, senza slancio, senza fiducia, che dubita del marito, che fa accordi prematrimoniali con la moglie, che odia il suo vicino, che non presta i suoi oggetti anche se vive in case-magazzino, che non sogna un mondo migliore, ma che si altera soltanto, come un folle, per i brufoli insorgenti del peggiore.

Siamo infantili. Accettiamo il peggio ogni giorno, vediamo sulla nostra pelle quanto ci fa male, constatiamo giornalmente quanto la rabbia ci tolga lucidità, e non ce ne vergogniamo. Accettiamo tutto, con tutto il trasporto del mondo, e ci basta dare un po’ di matto periodicamente, su un monitor, in una piazza, per andare avanti.
Occorrerebbe pensiero, di fronte alla complessità. Calma, tenuta psicologica, obiettività, capacità di vedere i numeri, voglia di analizzare, capacità di collocare le cose nel loro giusto peso.

Ma questo lo fanno società mature, non le adolescenti come la nostra. A noi basta gridare quando ci offrono l’occasione per farlo, sfogare la rabbia CHE VIENE DA ALTROVE e non ha nulla a che fare con quella specifica circostanza. E così trattiamo come emergenza ciò che emergenza non è. L’ordine di priorità viene sconvolto, la società adolescente si concentra tutta su qualcosa, invece che sul rischio più grande che dovrebbe affrontare.
Il potere ci sguazza, se ne compiace, perché il popolo a cui dovrebbe rendere conto si distrae per un nonnulla, guarda altrove.

Così accade che le piazze si riempiano, e metà del Paese frema di rabbia per la tragica morte di una ragazza uccisa dal suo fidanzato. Non è accaduto dieci femminicidi fa, non accadrà tra altri tre, ma adesso, perché la storia era mediatica, funzionava bene, è stata pompata quanto serve.
Non c’è alcuna emergenza, anzi, il tragico problema degli omicidi sulle donne cala regolarmente da anni, ed è facile che anche quest’anno, grazie al Cielo, si riduca ancora. Almeno nel nostro Paese, che è già, da sempre, uno di quelli dove questo fenomeno orribile è meno accentuato che nel resto mondo, dove muoiono invece ogni anno circa 46.000 donne per motivi analoghi. In Francia, Germania, Inghilterra e dovunque muoiono più donne che qui…

Ma non lo puoi dire, non lo puoi spiegare. Non puoi cercare razionalità in un bambino che piange. Se provi a spiegargli i numeri, o le ragioni, quello si incazza ancora di più. Non si vergogna della sua irrazionalità, piange e basta.
Solo che quello fa così con qualche diritto, perché è effettivamente un bambino.
Noi no.

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