La spesa

La carne fa male. Proprio vero…

Esco dopo aver scritto e corretto per ore. Sono bello allegro, la giornata è soleggiata e fresca. Gran spesa di verdure da un contadino che sottolinea con orgoglio: “questa è roba mia!” (e una signora bella ruspante gli fa eco: “perché, l’altre de chi so’?”, satura tota nostra est). Poi m’incammino verso casa. Però è tanto che non mangio carne, non ricordo neppure l’ultima volta, forse in Piemonte, ah no a Firenze, vabbé entro dal macellaio. Mai stato prima in quel negozio, guardo il banco, la carne sembra bella, ben frollata, asciutta. Ci saranno sei o sette persone in attesa. Il macellaio sembra sapere il fatto suo. Aspetto.

Per un accenno che non ho sentito (ero soprappensiero), ecco che avviene ciò che mi auguro sempre che non accada mai. Un uomo, più o meno della mia età, risponde a qualcuno: “Esatto! Hai visto che è successo?”. (Simone lascia perdere, anche se hai già intuito cosa sta per accadere, mi raccomando. Può darsi che non sia come temi…). L’uomo però prende il telefono dal giubbotto e aggiunge: “C’ho qui un video di Salvini che dice proprio questo!”. Sento i muscoli maxillofacciali che si contraggono per dare il via all’azione muscoloscheletrica dell’apertura della mia bocca (Simone, no! Ti ho detto no! Ignoralo!). L’uomo cerca nel telefono e continua a spiegare che ha quel video, ne è sicuro, in cui Salvini dice una cosa molto importante, ma che peccato, non lo trova, ma se lo trova ce lo fa vedere. Il mio palato molle si solleva, la lingua s’irrigidisce, la laringe inizia a vibrare: “Beh, è un peccato che non lo trovi! Salvini che dice una cosa importante è un brano molto raro, roba da cineteca!”. (Simone, no, il sarcasmo no, ti avevo detto di stare zitto…)

Lui non si volta verso di me, ma replica: “Beh, meglio di tutti questi politici del PD che parlano e basta”. Io riprendo il controllo e taccio, annuisco soltanto, sardonico, guardo il bancone. (Così Simone, prendi la carne e vai via. Tutto a posto). Ma lui non ne approfitta: “E comunque io non me ne vergogno, io voto Lega. Del resto sono di Trento… Io a tutti questi extracomunitari gli darei un calcio nel culo, altroché!”. Fremito. Qualcuno borbotta, ma direi che il clima non è di dissenso tangibile. Il mio autocontrollo è a zero, mi accorgo che sto parlando solo dopo che ho già iniziato a parlare: “E se ne vanti pure di pensare queste stronzate! Lo dica anche ad alta voce quanto è ignorante! Ma soprattutto, ci spieghi perché non è rimasto a vivere a Trento, che è un quesito che mi attanaglia. Ci lasci ripercorrere l’articolata trama esistenziale per cui abbiamo vinto la sua presenza qui, a sud di Roma, e il premio inestimabile di averla qui tra noi in questo negozio ad arricchirci della sua sensibilità!”. (Simone, sei un deficiente… Cinquant’anni buttati nel cesso).

Lui borbotta, il mio tono può avere solo un epilogo, e lui evidentemente non se la sente di giungervi. Finisce di pagare masticando qualche frase sconnessa e se ne va rapidamente. Io pago, faccio a mia volta per uscire. Sulla soglia però mi fermo, mi volto verso il locale, guardo i sei o sette avventori che si osservano i piedi o fanno finta di niente.  (Simone, la morale no! Quella almeno evitala! Silenzio!). “Scusate, solo come memento per il futuro: la prossima volta, per evitare di sembrare d’accordo con certe argomentazioni subculturali, parlate. Aprite la boccuccia. Ci fate meno brutta figura. Arrivederci. (Non hai ancora capito niente. Eri e rimani un somaro.)

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Il Timone

Mediterranea alla fonda. Che la sua prua e la sua rotta coincidano sempre dentro di noi. Il fuori è sempre, solo, una conseguenza.

 

Rispondendo poco fa all’email di un nuovo amico, che ha deciso di imbarcarsi su Mediterranea con me:

“… passione, scelte vere, individuali, azione, e poi condivisione. Così si cambiano le cose, le proprie certamente, ma anche le altrui. Ognuno di noi ha un pubblico, chi ci vede, chi ci osserva, chi ci misura. Un pubblico fatto da almeno uno spettatore, noi, e poi gli altri. Ognuno di noi è il testimonial ideale del mondo ideale che ha in mente. Chi meglio di lui può spiegarlo, rappresentarlo, mostrarne pregi e vantaggi?

A ognuno di noi deve essere sempre chiara la duplice responsabilità, l’orgoglio perfino, di occuparsi di una vita, la propria, e facendolo fare politica, occupandosi anche delle altre che stanno intorno. Per Obama e la Merkel sono tutte le persone del mondo, per un personaggio pubblico il suo parterre di appassionati, per chi scrive i suoi lettori, per il sindaco i suoi cittadini, per un padre la famiglia e le famiglie amiche, per l’eremita se stesso e chi sa di lui. Ognuno.

Il potere che abbiamo sulle nostre vite è enorme, smisurato, incommensurabilmente maggiore a quel che pensiamo, straordinariamente più potente sugli altri di quel che ci vogliono far pensare loro stessi. Ma non vedi, caro S., ogni sera, quando vai a dormire, prima di addormentarti, come ripensi a queste parole che stai leggendo adesso, o a quel che ti ha detto quella persona, o a quel che hai visto fare…? La tua vita quel giorno è cambiata. Mezzo grado bussola, anche meno, ma ti porterà a miglia di distanza dalla meta precedente, a fine rotta.

Il timoniere sa che non è l’arrivo, il suo momento, ma la partenza. E anche la sua barca lo sa, lo sente! Quel che lui ha in mano è un oggetto in suo esclusivo e totale potere, strumento preciso assai più per tenerla, la rotta, che non per perderla, ma assai più a rischio di quest’ultima che della prima, perché perdere la rotta è facile, tenerla è arduo.

Quel che ci riguarda, non essendo ancora alla meta, ed essendo che quando ci fossimo sarebbe tardi, è l’indirizzo della prua. Adesso“.

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