Notti insonni

fine luglio 005

Faamu-Sami in navigazione con 30 nodi

Sono le 23.00, Capo Bon, cala a sud ovest della punta. Il vento decide di girare. Prima sud-est, improvvisamente ovest. E’ notte, le barche in rada ballano, brandeggiano, si avvicinano agli scogli. Inizia a piovere, la catena geme tra le rocce. Tutti dormono, o soffrono nelle loro cabine. Che fare? Un punto è il comfort, quello prima è la sicurezza della barca.

Tra una verifica dell’ancora e un tentativo di vedere la distanza dalla costa nonostante il buio, pensavo. Pensavo che il mare mi sta insegnando la pazienza e la decisione. A volte occorre saper attendere, altre sapersi decidere, muoversi e andare. Tra queste opzioni contrapposte c’è l’orizzonte della paura e quello della speranza, una linea a treccia che si dipana e si riavvolge, di ora in ora, di minuto in minuto. L’altra sera, ad esempio, ho atteso.

Il mare insegna, rende piccoli, ridimensiona. Basta che non ci sia la luce, che il buio avvolga il marinaio, per fare di lui un essere dimezzato. Cosa conta se ci sia la luce o no? Le onde non saranno per questo più alte, il vento non diminuirà o aumenterà la sua forza. Eppure il cuore è in allarme, senza luce, gli occhi cercano senza trovare, le informazioni sono discontinue.

Ho fatto l’alba a controllare che non andassimo a terra. Verso le 5.00 rischiavamo di prendere un altro groppo. I lampi violenti e azzurri si avvicinavano. Ho tolto l’ancora, sono andato a est per ripararmi oltre il capo. Ho pensato a lungo, ho spuntato la margherita della decisione e dell’attesa. Quando mi sono assopito, verso le 8.00, ho avuto un pensiero per il mare, grato per i nuovi insegnamenti ricevuti. Poche cose ci parlano così a lungo, per una vita, come il mare.

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