Ritorni

Faamu-Sami ritorna verso nord dopo la "Rotta dei Pirati"

Faamu-Sami naviga verso nord, verso casa, dopo la "Rotta dei Pirati"

Tornare a vela, da qualunque luogo si salpi, è un’azione lentissima. Un tempo le vele erano l’unico mezzo di locomozione e trasporto veloce. Oggi sono il più lento. Più lento delle biciclette, perfino. Solo a piedi ci si mette di più. Lenti si perde molto tempo. Intendo dire che il mare ipnotizza, la barca chiede attenzioni, le previsioni del tempo (molto brutte) affollano il cuore. Non importa che il tempo a bordo sia tanto, quasi infinito, i pensieri fanno comunque fatica ad emergere.

D’altro canto, dopo le chiacchiere, le opinioni, gli scambi, le risate, sopraggiunge sempre il silenzio. Quando si hanno davanti 60, 80 ore di navigazione le parole perdono peso, si disfano, come sabbia nella scia della barca. Il silenzio è inevitabile sul mare. Come la solitudine. Si getta sulla tavola azzurra uno sguardo vuoto, che cerca invano la terraferma della comprensione. Si ricorda, si piange, ci si scopre immobili.

Ho il sospetto che questo non ci permetta comunque di capire. Se così fosse, quando uno deve capire qualcosa, potrebbe andare in barca, capire, e poi riprendere la sua vita. Ma non è così sempre, necessariamente. Tuttavia qualche metro in più, qualche miglio in più, il pensiero a vela lo percorre. Grazie all’azzurro, grazie al silenzio, grazie alla solitudine. Tornare, rimettere la nostra ombra al suo posto, cioé sul molo, lascia disperati. Ma non avevamo pensato che… ma non avevamo deciso che… ma il nostro intendimento non era di…? Sul mare, laggiù, non qui, non più, non sopra alla materia asciutta, dove il nostro peso torna ponderoso, dove nulla ondeggia a ritmo del dubbio. Tornare significa essere nuovamente fuori dal mare, dover ricominciare secondo un altro linguaggio. Forse è per questo che dopo poco, inesorabilmente, si vorrebbe nuovamente il largo.

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Un pensiero su “Ritorni

  1. Non subordinarsi a niente, né a un uomo né a un amore né a un’idea; avere quell’indipendenza distante che consiste nel diffidare della verità e, ammesso che esista, dell’utilità della sua conoscenza. Appartenere: ecco la banalità. Fede, ideale, donna o professione: ecco la prigione e le catene. Essere è essere libero. No: niente legami, neppure con noi stessi! Liberi da noi stessi e dagli altri, contemplativi privi di estasi, pensatori privi di conclusioni, vivremo, liberi da Dio, il piccolo intervallo che le distrazioni dei carnefici concedono alla nostra estasi da cortile.
    (Fernando Pessoa)

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