Una buona notizia

Sta per uscire un nuovo quotidiano. Evviva la democrazia. Si chiamerà “Il Fatto Quotidiano” e non avrà padroni politici, né istituzionali né partitici, e neppure finanziamenti pubblici o privati in grado di orientarne il lavoro. Per una volta, quel che questo giornale sarà potrà essere del tutto imputabile alla sua redazione, al suo direttore (Antonio Padellaro).

Qualche giorno fa Lorenzo Fazio (Chiarelettere, socio della società editrice del nuovo quotidiano) ha indetto una riunione allargata per assumere opinioni e consigli, commenti e pensieri, da parte di un gruppo di intellettuali, scrittori, giornalisti. Questo gruppo si riunirà periodicamente, insieme alla redazione, per fare “il tagliando” al giornale, per avere un confronto, e molti dei suoi componenti faranno anche da collaboratori, se lo vorranno. A questo primo incontro c’erano Curzio Maltese, Furio Colombo, Sabina Guzzanti, un paio di magistrati antimafia, Marco Travaglio, Peter Gomez, Pino Corrias, Oliviero Beha, Bruno Tinti, Rodolfo Brancoli, Paolo Flores D’Arcais, Carlo Freccero, Antonio Pascale e molti altri. Una trentina in tutto. C’ero anche io, invitato come gli altri a dare un possibile contributo e domani, perché no, a collaborare.

Bell’incontro. Una riunione ordinata, ben organizzata, per nulla un happening di briosi intellettuali o di frondisti barricaderi. Una riunione di lavoro con una prolusione di Padellaro e Fazio, l’illustrazione di obiettivi, linea (“la Costituzione”), layout, e poi commenti e interventi a raffica, privi di moderazione contenutistica, solo d’ordine. Grande ottimismo in sala, un ottimismo realista, che non si fa illusioni, consapevole del valore di questa iniziativa nel panorama del Paese. La piccola redazione (come l’ha definita Carlo Freccero: “la sporca dozzina”) sembra motivata, vogliosa di partire. Insomma, una bella scena.

Tra le cose che ho apprezzato di più, la meno politica, la meno centrale apparentemente: un richiamo al linguaggio della scrittura, fatto da Marco Travaglio. Più o meno suonava così: “In vista dell’uscita del Fatto Quotidiano, il giornale che ho contribuito a fondare (…) affiggerò in redazione l’elenco delle frasi fatte e luoghi comuni che mi danno l’orticaria sugli altri giornali e che non vorrei mai trovare sul nostro. La cosa che più detesto sono i titoli contenenti espressioni sciatte del tipo “è polemica”, “è bufera”, “è scontro”, “è guerra”, “è giallo”. Quest’ultima, soprattutto se applicata a qualche delitto irrisolto, la trovo di un raro umorismo macabro, ovviamente involontario. “Trovato cadavere in un fossato, è giallo” fa immediatamente pensare a un caso di itterizia. Un’altra parola che abolirei volentieri dal vocabolario della stampa è “emergenza” (…) emergenza immigrazione, emergenza criminalità, emergenza incendi, emergenza stupri (…) e così via. (…) A ogni escalation di delitti si dice invariabilmente “emergenza sicurezza” o “emergenza criminalità”, come se fossero sinonimi: ma la sicurezza non è un’emergenza, semmai lo è l’insicurezza.

Chi scrive male pensa male e vive male, potremmo dire. Questione non collaterale. Primo punto per chi lavora in un giornale: saper scrivere, evitare i luoghi comuni, dribblare la banalità, rendere accattivante e scrivere correttamente una notizia. Poi viene tutto il resto, che non è poco. Ma già questo mi sembra un ottimo avvio. (leggi il blog che anticipa l’uscita del giornale).

A questo giornale, come a ogni altro, più che a ogni altro, non bisognerà fare sconti. Mi dissocerò da qualunque giustizialismo, da qualunque moralismo, da qualsivoglia accanimento, da ogni minoritarismo para-rivoluzionario, dalla pur minima faziosità. Certo è che, come diceva Enzo Biagi, “in questo Paese, per non essere di parte, bisogna essere estremisti”. Suppongo che la migliore garanzia sia quella data da Padellaro nel suo intervento: “La nostra linea, la linea del Fatto, sarà la Costituzione”. Mi sembra una garanzia più che convincente. Almeno per chi ritiene l’Italia un Paese democratico nato dalla resistenza al totalitarismo e regolato da un’ottima (perfettibile, ma ottima) carta dei valori comuni.

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