Non siamo soli né pazzi!

Simona mi scrive su Facebook:

    “Buongiorno!
Ieri ho sentito al TG un servizio in cui si parlava del movimento Neo-rurale, ho cercato in internet e mi sono imbattuta in vari siti, tra cui il suo.
Le scrivo perchè penso di avere qualcosa in comune con lei, anche se fino a poco fa non lo sapevo. Anzi, fino a poco fa avevo la percezione che qualcosa stesse cambiando, ma in generale avevo la sensazione di essere “quella strana” che decide di abbandonare il lavoro per ritrovare una vita fatta di piccole cose. E soprattutto fatta di VITA.
È per questo che le scrivo e le richiedo l’amicizia, anche se non ci conosciamo. Se vorrà, sarà bello condividere questa libertà.
 
Sono decine, centinaia i messaggi di questo tenore. Sembra che “Adesso Basta” abbia dato la stura a un vero e proprio pozzo sconosciuto, un intero tessuto trsaversale della nostra società fatto di gente che da tempo pensa (o già vive) in modo diverso, e che era convinta di essere sola, pazza, strana. Non è così, sappiate che se poteste vedere tutti i messaggi che ricevo capireste quanti siamo, quanto siamo simili (anche se diversissimi), quanto abbiamo detto, tutti insieme, Adesso Basta! Siamo gente normale, sappiatelo, gente che ha deciso di vivere meglio che può e che si è assunta la responsabilità della propria vita pagando un prezzo alto, fatto di denaro, ruolo, limiti professionali, per accedere al mondo migliore possibile. Quello della propria libertà. Non molliamo. Stand up!
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4 pensieri su “Non siamo soli né pazzi!

  1. Beh, trovo che tu sia stato veramente bravo. Quando ho lasciato il mio posto di lavoro ho raccolto molta ammirazione, molti messaggi di solidarietà e persino un po’ di invidia. Ma nessuno, proprio nessuno ha fatto la stessa cosa.
    Oggi che guardo l’ultima somma del mio conto corrente, ahimé, ci sono momenti che capisco anche perché. E, allora, vado a passeggio in bici con i miei figli. Immagino tu mi creda se ti dico che mi passa…
    ciao Andrea Becca

  2. andrea grazie davvero del tuo post. condivido in pieno, ricordo tutto, è tutto davanti a me ogni giorno, per non dimenticare. sai di tutti quei colleghi quanti ne ho salvati? pochissimi. però quelli giusti. cambiare vita serve anche a questo, cioé a condividere tempo spazio ed emozioni non chi DEVI ma con chi VUOI. in questa differenza, c’è la libertà…

  3. Ciao Simone,
    dopo aver letto un articolo sul Corsera, ho cominciato a leggere il tuo libro. Vorrei ringraziarti perché, dopo tanto tempo, mi sono sentito meno solo.

    Il senso di solitudine, per chi ha fatto una scelta come la nostra, è incredibilmente profondo. Perché? Ma perché i miei amici – alla fin fine – erano solo colleghi!
    E si sa, un collega è soprattutto un concorrente. Una persona che fa buon viso al cattivo gioco di dover condividere con te la sua vita sprecata.
    Hai certamente visto un ex collega che torna sul posto di lavoro. Lo si saluta a mala pena, di fretta, si prende un caffè alla macchinetta – offro io, ci mancherebbe! – e dopo un po’ non si sa più che cosa dire.
    Lui esce e tu ti senti sollevato di poter tornare a trainare la slitta, come i buoni cani dei racconti di Jack London. Lui esce e si perde nel “mondo di fuori”, incerto, senza ticket e senza pause pranzo.
    Anch’io, anche tu, siamo usciti.

    Avrei moltissime cose da scrivere e da raccontare visto che la mia storia è, per molti versi, assolutamente uguale alla tua.
    grazie e ciao Andrea

  4. “Appoggiati contro una collina, guardiamo le stelle, i movimenti vaghi della terra che se va verso il Caucaso, gli occhi fosforescenti delle volpi.
    Il tempo passa tra tè bollenti, qualche frase, sigarette; poi s’alza l’alba, e s’allarga, le quaglie e le pernici si mettono in mezzo…e ci si affretta ad affondare quell’istante supremo come un corpo morto in fondo alla memoria, dove si andrà a ripescarlo un giorno. Ci si stiracchia, si fa qualche passo, leggerissimo, e la parola “felicità” parrebbe troppo misera e specifica per descrivere tutto ciò che vi succede.
    In fin dei conti, ciò che costituisce l’ossatura dell’esistenza, non è né la famiglia, né la carriera, né ciò che gli altri diranno o penseranno sia bene per voi; ma alcuni istanti di questo tipo, innalzati da una levitazione ancora più serena di quella dell’amore, e che la vita ci distribuisce con una parsimonia proporzionale al ritmo del nostro debole cuore.” (N. Bouvier)

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