Grazie!

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94 pensieri su “Grazie!

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  2. Ciao Simone,

    ho letto Adesso Basta e per il momento ti dico solo: grazie.
    Sono nella prima fase di metamorfosi: credevo di essere un baco da seta e oggi sono consapevole di essere una semplice esca per il pesce, ma diventerò farfalla!
    Pensavo di aver contribuito al “PIL di Berlusconi” e invece il tuo libro è stato il miglior acquisto degli ultimi tempi.
    Magari più avanti riuscirò a dare un contributo di maggior spessore al blog. Per ora di nuovo grazie e buona navigazione.

  3. E’ tuto particolarmente complicato. Avevo “avanti tutta” in mezzo a tanti altri libri e scendendo dall’ufficio nel Microlocale (lo considero come vivere in un 34 piedi) ho decisodi prenderlo e portarlo in vacanza. Morale della favola… divorato in 2 gg. Quanto alle considerazioni meramente riguardanti la ettura. Piacevolissimo il tono, il modo di affrontare quelli che alle volte sono dei veri e propri drammi con disinvoltura e senso critico oltre che con palese conoscenza. Credo che il posto di “avanti tutta” nella mia libreria sia tra un Travaglio e un manuale di Vela. Mi piace. ora però sono pensieroso e, come risposta mi vado a leggere “adesso basta”; voglio vedere com’è leggere la storia al contrario, anche se poi dal secondo si capiscono molte analisi del primo.
    Per il momento ti lascio navigare, io rientrato stamattina in ufficio (fortunatamente/sfortunatamente mio) mi rimetto a disegnare una villa in campagna.
    Per il momento ti auguro un buon vento.

  4. Brava, Mariolina, non potevi tirar fuori un esempio più ad hoc: è successo anche ad un mio conoscente, sempre ilare ed allegro. Un bel giorno l’hanno trovato impiccato e si sono improvvisamente accorti che, nel suo ridere, c’era sempre una vena di malinconia alla quale non acecano dato peso. Delle due l’una: o siamo ciechi e non vediamo o vedere quel che uno ha dentro è impossibile, a meno che il diretto interessato non ce lo mostri. E quel che c’è fuori non racconta un tubo se non un’esistenza simile a tante altre.

  5. ” tutto cio’ che si vede fuori e’ la manifestazione di cio’ che c’e dentro”

    Si’ se solo fossimo in grado di vederlo Simone…Il ragazzo di una mia amica ieri si e’ tolto la vita……… Nessuno ha saputo vedere

  6. Perotti, santa miseria, a parer mio “aspetto, contegno o comportamento esteriore” è quel che si vede, cioè l’apparenza, ciò che appare! Te lo devo dire io che un sacco di gente mimetizza i propri comportamenti o adotta strategie nel tentativo di sembrare altro o di ottenere qualcosa? E alcuni diventano parecchio bravi, a farlo. Traduzione: ciò che si vede mi fa un baffo, non è sempre indicativo. Poi è vero che dire una cosa e farne un’altra rende evidente il contrasto: ma qui in rete, per dire, come cavolo fai a scoprire gli altarini? Adesso mi ci metti di mezzo i sentimenti e buonanotte, sai dove andiamo a finire?! Lo sai che esistono i timidi? Ho un amico, Andrea, quando lo conobbi era soprannominato Agonia, per quanto sembrava smorto. Non apriva mai bocca, sembrava incolore e apatico: col tempo si è rivelato sensibile, intelligente, simpaticissimo, un vero vulcano di trovate, scherzi, vitalità e interessi. Se mi fossi basata sull’apparenza e avessi giudicato i fatti, mi sarei veramente persa qualcosa. Era solo timido e introverso, invece, un tipo di persone che adoro: nascondono autentici tesori a chi ha la pazienza di scoprirli. E tu continua a pensarla come vuoi. Io pure!

    P.S. Perotti, una domanda indiscreta: tu in vita tua hai amato solo chi se lo meritava? Non hai mai trattato male qualcuno che amavi? Boh, quasi sempre i contrasti con le persone con cui hai una relazione di amore o di affetto sorgono per motivi che non c’entrano un tubo, con l’amore e l’affetto: differenze di vedute, intolleranze varie, caratteri incompatibili, pressioni sgradite, ecc. Alla fine si litiga in continuazione, ma i sentimenti non c’entrano un tubo!

    Ciao, Perotti, sei più zuccone di me, un vero spasso. Ti mando un abbraccio poco sentito, nel senso che è virtuale! Magari fattelo dare da qualche imbarcato o imbarcata che gentilmente volesse provvedere a nome mio, così rimediamo. Buon proseguivento!

  7. “Quello che si vede non ha nulla a che fare con l’apparenza, sono due cose che non c’entrano nulla una con l’altra).”

    APPARENZA: aspetto, contegno o comportamento esteriore (un giovane di bella apparenza; giudicare dalle apparenze); per lo più contrapposto a sostanza e realtà (l’apparenza inganna; salvare le apparenze);

    APPARENTE: ciò che non è;

    Ciao, Perotti! Scusami, Perotti, ma mi era rimasta sul gozzo, ‘sta cosa, e ho dovuto controllare! Come amo il mio Devoto-Oli.

    • Silver non mi sono spiegato. Io parlavo di una cosa: quello che si vede. Tu hai parlato di apparenza, che il tuo Devoto-Oli definisce perfettamente. Allora, quando l’ho letto sul tuo post, ti ho scritto che le due cose sono concetti diversi. Quando mi riferisco a “ciò che si vede” non mi riferisco affatto all’apparenza, ma ai comportamenti, a quello che avviene, che una persona fa, dunque è. Se vedi che una persona parla molto di rispetto, tolleranza, accoglienza delle diversità, e poi vedi che passa per una strada e dà uno spintone a uno che gli chiede l’elemosina, per me la cosa che conta è ciò che vedo, il suo comportamento. Se una persona dice che ti ama e poi ti tratta male io ne deduco che quella persona non ti ama, altrimenti ti tratterebbe bene. Trattare male o bene una persona non è cosa che abbia a che fare con l’apparenza. E’ la sostanza.
      Tutto ciò che si vede fuori (dunque, se vuoi ANCHE l’apparenza, ma soprattutto i comportamenti reali, le cose vere) è la manifestazione di ciò che c’è dentro. Mai visto una persona buona fare del male sistematicamente a qualcuno. Se uno fa del male è cattivo.

      Naturalmente potremmo discettare su questi temi per giorni, ma tu che sei sveglia hai capito cosa intendo. Considero un male di questa società ammettere che chi non fa quel che dice di essere o quel che dice di voler fare venga preso sul serio quando lo dice. Generalmente, più mi attengo a ciò che vedo e meno sbaglio. Almeno, ripeto, nel medio termine. Ciao!

  8. ciao Simone, ho letto i tuoi libri sulla “scelta di vita a misura d’uomo” ed ho trovato cose che già conosco e metto in pratica da alcuni anni, avendo scelto di fare di una mia passione la mia professione (terapeuta craniosacrale, gestendomi il tempo (l’agenda) e lo spazio (appoggiandomi ad alcune strutture con costi a percentuale – pago quando lavoro)avendo un’inquadramento fiscale (partita iva) e pagando contributi “a fondo perso” all’INPS che donerei volentieri in reali opere di beneficenza. La domanda di ordine pratico che ti faccio è relativa a quest’ultima parte del mio post: tu come ti gestisci l’aspetto fiscale? Un saluto con simpatia Luca B

    • ciao lucab. lo gestisco con un commercialista, perché è argomento per me assai ostico. e comunque io vivo di poco, dunque guadagno poco e pago poche tasse. è abbastanza semplice. ciao!

  9. A Simo’, ti seguo da un po’, in silenzio, in introspezione direi…
    Negli ultimi periodi mi è capitato sempre più spesso di intrattenere discussioni riguardanti il downshifting in generale e spesso anche il non voler più lavorare espresso da amici e colleghi. Poi, riflettendo con più attenzione, mi sono accorto che ciò capitava perché ero io che ne volevo parlare… ero io che volevo arrivare a capire me attraverso gli altri…
    Da qual momento ho iniziato a scrivere su carta o su PC quello che pesavo e… ti lascio un mio appunto, scritto come sempre a nessuno (faccio copia/incolla)…

    Parto da un importante presupposto: vivere da parassita è un errore sia nei propri confronti sia nei confronti dei propri simili. Se nel primo caso lo si può accettare a livello soggettivo, nel secondo caso l’azione non produce più un effetto sul singolo soggetto, ma si estende anche sugli atri e non può, pertanto, essere accettato. Ergo, non si può e non si deve “vivere senza lavorare”.
    Tuttavia diventa importante capire cosa si intende esattamente con il termine lavoro o lavorare. Credo si possa convenire nel dire che “lavorare” significhi esercitare un’azione naturale diurna o notturna finalizzata alla produzione di un qualunque bene materiale o anche immateriale.
    Da tale definizione si può facilmente dedurre come, nella realtà, non esistano molti esseri umani che non lavorano. Di più. Si può dedurre anche che il desiderio di lavorare potrebbe essere intrinseco nello stesso essere umano. Ma allora, se l’uomo è “istintivamente” portato al lavoro perché in molti sentono l’esigenza di non lavorare?
    La mia personalissima risposta a questo quesito è la seguente.
    Gli esseri umani sono nati liberi. Liberi di pensare, liberi di agire, liberi quindi anche di lavorare. Nella vita di ogni essere umano si alternano periodi di forte impegno lavorativo a periodi di totale o parziale apatia. Ogni essere umano inoltre sente un proprio “istinto produttivo”: c’è chi sente la necessità di produrre una sedia, chi un martello o un soldatino di bronzo, chi un orecchino, ecc, e tale “istinto” può mutare più volte nell’arco di una vita. Infine un uomo potrebbe non essere in forma e quindi non avere la forza (fisica o mentale) per produrre ciò che magari pure vorrebbe.
    Quindi per indicare la voglia di lavorare di un essere umano bisogna considerare almeno 3 variabili:
    – istinto del periodo di vita
    – livello di apatia
    – salute

    Il “lavoro” come inteso e praticato nei tempi moderni tiene in considerazione solo la terza di queste variabili, ignorando completamente la prima e quasi del tutto le seconda.
    Come ci si può meravigliare, dunque, se gli esseri umani sono sempre più stanchi di lavorare e dicono, molto semplicisticamente, “non voglio lavorare”???

  10. Ciao, Perotti, buon tour nel Mediteraneo visto che parti domani, se non erro. E a quelli che partono con te, auguro una vacanza a vele spiegate: che tornino sapendo almeno come si chiamano, insomma. E vedi di non darci giù con il vinello, con la scusa che è caldo e devi rinfrescarti il gargarozzo: o ti ribattezzo Capitan Trinchetto. Infine, ti auguro che chi è in barca con te sia simpatico: perché è molto meglio condividere uno spazio ristretto con gente simpatica che con gente antipatica; è proprio una legge di natura, specialmente in barca. E poi? Ah, che Eolo e Nettuno siano con te! Buone vacanze.

    @ Chefa, io ho il problema contrario al tuo! Il caldo, per di più umido, te lo puoi tenere! E’ tutto tuo!

  11. Cara Chefa, mi sa che erano bombe alla crema: oppure … non ho notato le dimensioni, ma spero non ci fossero seni prosperosi e siliconati a bordo. Saranno mica esplose quelle bombe lì?! Povero Perotti, un vero trauma, vedere esplosioni del genere in mezzo all’oceano!

    Ne convengo quella versione di Summertime è particolarmente suggestiva.

  12. Sai, Perotti, riguardando il video (che ha dei colori meravigliosi) sono rimasta colpita dall’uso della parola “ritegno”, detta quasi con pudore, il che mi fa tenerezza. Un’altra parola diventata quasi obsoleta è “vergogna”: tempo fa, un amico mi faceva notare che non ci si vergogna più di niente; una volta, facevi una porcata e ti vergognavi come un ladro, al punto di non mettere il naso fuori di casa per un pezzo; e anche lo “sdegno” è scomparso, non ci si sorprende più di nulla. Ritegno, pudore, vergogna, sdegno: hanno tutti a che fare con la consapevolezza di essere al limite di qualcosa. Sono molto contenta che tu abbia usato la parola ritegno. Non la usa più nessuno. E’ una bella parola. Riprendiamocela.

  13. Perotti, meno male che non sei d’accordo: fosse capitato il contrario, mi sarei preoccupata. Ma che cacchio c’hai?! Il ciclo in arrivo? Sembra che ti abbia morsicato una tarantola. Nervosismo da partenza per lidi ameni o per l’improvvisa promiscuità? Boh, saranno i preparativi. O gli ormoni impazziti. Ciao, Perotti: buon quel che ti pare.

  14. “Noi siamo ciò che facciamo nel nostro tempo libero”

    Credo sia profondamente vero, anzi verissimo. Dice molto di più del ruolo lavorativo, direi. E siamo anche quello che ci piace imparare e approfondire. Ma, a questo punto, quelli che nel tempo libero lavorano, cosa sono? E quelli che, nel tempo libero, si impasticcano o vanno a tirar giù sassi dai cavalcavia?

    • Non sono d’accordo. Siamo quello che facciamo nel nostro tempo. Punto. Il fatto che decidiamo di averne poco o tanto, di tempo libero, dice già qualcosa di noi.

  15. @ Chefa con gli optional estivi Lo sai che hai ragione? In questo post ci stava bene della musica, invece ci siamo imbarcati in una discussione ostica, che rischia di sembrare una critica delle scelte di vita e dei modi di essere altrui. Ma chi se ne frega, alla fine?! Ognuno paga gli sbagli sulla sua pelle, mica su quella degli altri. Per fortuna. L’importante è avere le idee chiare, piuttosto, e sapere cosa si vuole.

    @ Perotti, fatti un bagno anche per me. Grazie. Così l’abbraccio te lo do in acqua, al fresco: abbi pazienza, è un caldo boia!

  16. Simone, sei diventato troppo bravo…non rispondi più alle provocazioni, lasci correre in attesa che “vengano a Canossa”…quasi quasi mi preoccupo…spero di rivederti presto. Nel frattempo ti abbraccio.

    • Ma sai luigi, io capisco le perplessità. Ci possono essere… E mi fa anche piacere che ci siano, in un certo senso. Non le amo molto “a monte”, e allora preferisco attendere che chi è curioso legga i libri e poi se ne parli “a valle”. O in mare… 😉 ciao!

  17. Buonasera a tutti.
    Piccola provocazione: la prossima settimana leggerò “adesso basta”, ma lo prenderò in biblioteca.
    I miei corsi di vela me li fa un mio amico, in cambio di corsi di sub.

    Eliminare il superfluo quindi, ma poi Perotti come campa?
    Pratico quello che ora si chiama downshifting da almeno 1o anni, felicemente e senza costrizioni, non ho fatto nessun “percorso” ma mi è venuto naturale. Ma soprattutto non vado in giro a dire agli altri come si vive, cosa è giusto e cosa comprare. Perotti mi sembra di aver capito che trae sostentamento da attività superflue.
    Sono un pò confuso, tutto sto marketing…

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