Il coraggio è solo l’inevitabile

Prendiamo i primi tre della storia: Gilgamesh, Giasone e Ulisse.  I primi a incarnare l’idea del coraggio. Gilgamesh, re sumero, andò alla ricerca del segreto dell’immortalità. Il secondo andò alla ricerca del Vello d’Oro. Ulisse varcò i confini dell’ignoto sfidando gli Dei. Tre eroi. Tre uomini coraggiosi. Quasi tutto quello che è stato scritto dopo si è ispirato a loro (dall’Eneide a Orcynus Orca).

Erano dei coraggiosi? Potevano scegliere cioè una vita comoda, agiata, con meno patemi, meno rischi, e hanno invece coraggiosamente scelto il pericolo e l’ignoto? Chissà…

Gilgamesh, tiranno di Uruk, costringe i suoi giovani guerrieri a a una sfinacante vita di addestramento. La popolazione invoca gli Dei, che plasmano Enkidu, giovane ed eroico. Con lui Gilgamesh combatte senza riuscire a prevalere. Impressionato dal suo valore, Gilgamesh se ne innamora. Insieme affrontano il Toro celeste che sconvolge la città, mandato da Ishtar innamorata di Gilgamesh. Ma Enkidu, per volere sadico degli Dei, si ammala e muore. Gilgamesh è distrutto, non sa come continuare a vivere. Non può che partire, andare lontano, alla ricerca di Utnapishtim, l’unico sopravvisuto al diluvio universale, per chiedergli il segreto dell’immortalità.

Il piccolo Giasone, figlio del legittimo Re della Tessaglia, vede Pelia uccidere il padre, di cui il genitore è fratellastro, rapire la madre, costretta a diventare sua consorte, e usurpare il regno di cui è legittimo discendente. Una volta adulto, invoca quanto gli spetta, ma Pelia gli chiede in cambio, prima, il Vello d’Oro, la pelle dorata di un ariete capace di volare. Giasone parte con 50 coraggiosi eroi (tra cui Laerte, il padre di Ulisse, Ercole, di Dioscuri etc) a bordo della nave Argo, diretto nella Colchide (l’attuale Georgia), dove si trova il Vello. Non ha altre chance, se vuole emanciparsi da una vita da mendicante e recuperare il suo regno.

Odisseo (Ulisse, secondo il nome latino, Odysseus per i greci, col significato molto emblematico: “colui che è odiato”) parte da Troia dopo dieci anni di conflitto con l’intenzione di tornare a casa, a Itaca. Lungo la via, in dodici tappe, deve fronteggiare l’ira di Poseidon, che ostacola il suo rientro in patria. Non ha che la motivazione di tornare a casa, ma diventa il mito del coraggio e della curiosità, del valore e dell’arguzia.

Cosa potevano fare tutti e tre, questi grandi eroi, se non quello che hanno fatto? Il primo è disperato, e dove vive non c’è più il suo amore. Il secondo è rovinato, e dove vive non ha più niente. Il terzo vuole solo tornare a casa, perché dove si trova non è la sua partia. Le loro motivazioni sono inviduali, inevitabili, private. Il primo agisce sotto l’influsso del dolore e della paura della morte, che traduce in sogno dell’immortalità; il secondo sotto quello del desiderio di giustizia per quanto gli è stato rubato, che gli impone un viaggio avventuroso; il terzo per nostaglia e amore, che lo costringono a lottare contro gli Dei.

A tutti e tre viene attribuita la virtù del coraggio, cioè il Cor Habeo latino. Il cuore di chi sceglie, che i pavidi non hanno. Ma Gilgamesh, Giasone e Ulisse non scelgono. Stanno solo seguendo la via più semplice, quella per cui sono nati, la loro linea di minore resistenza. Hanno un sogno, non possono che partire al suo seguito. Chi non ce l’ha, non parte, anche se si racconta di averlo e di non partire perché…. Per loro, restare sarebbe stato impossibile. Andare, inevitabile. Come per noi

 

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70 pensieri su “Il coraggio è solo l’inevitabile

  1. Mi sono guardata il video sull’ultima presentazione che hai fatto, Perotti, in due volte: la prima volta ho visto il tuo intervento e ora mi sono guardata le risposte al pubblico presente, che non avevo visto per esasperazione, visto che le domande sono sempre le stesse, gira che ti rigira. Mentre rispondevi, mi sono ritrovata a pensare che ti ritrovi a pagare lo scotto di qualcosa di cui non mi ero resa conto: la perdita generale di credibilità, la gente non è più abituata a credere a quello che uno dice, ci siamo talmente assuefatti alla stortura di gente che parla, fa proclami e disattende puntualmente ciò che dice che viene naturale, ormai, mettere in dubbio qualsiasi cosa uno affermi, per quanto sia convinto. Probabilmente, la banalità delle domande ricorrenti dipende anche da questo, oltre che dal fatto che il punto nodale nella vita della maggior parte degli individui è sempre il fattore soldi. Paghi un dato di fatto relativo a chiunque si esponga pubblicamente, dunque: così come la responsabilità indiretta di costituire un esempio o un precedente per chi è già orientato a modificare la sua vita e non mette in dubbio la bontà di quanto affermi. Caro Perotti, mi sono resa conto che sei tra l’incudine e il martello: una posizione un po’ scomoda, direi, che spiega bene il desiderio di rifugiarsi nella solitudine dopo tanti bagni di folla.

    • hai ragione silver, per certi versi è così. anche quella sera la gente, alcuni, fuori, dicevano “ma sarà vero che…?” “ma la sua camicia era firmata?”. E’ normale. Però io vado in giro anche per questo, per testimoniare, per spiegare di persona, per far capire che questa storia è vera e possibile. Poi certo, credano quello che vogliono… ma io non mollo.
      ciao!

  2. Caro Marco,

    Penso che anche una singola persona che manifesti, che esprima la sua opinione, sia importante.

    Il presidente della Soka Gakkai internazionale,Daisaku Ikeda, nell’introduzione al libro “La rivoluzione umana” scrive che il cambiamento di un singolo individuo porterà al cambiamento dell’intera società e del mondo.
    Certo che è importante la partecipazione di ogni cittadino, ma questa non deve essere imposta nè pretesa.
    Ognuno deve sentire nel suo cuore di voler e dover lottare per il bene comune.

    Conoscerai sicuramente questo discorso di Piero Calamandrei, ma è sempre bene ricordare e fare propri, certi prìncipi

    http://www.napoliassise.it/costituzione/discorsosullacostituzione.pdf

    Buona giornata

    Carla

  3. Grazie della risposta. Ora ho capito meglio ciò che intendevi anche se la comprensione piena della categoria/concetto/significato di “sogno” mi sfugge ancora. Così come il suo intreccio con il concetto di “desiderio”. In effetti “saper desiderare” nn è così scontato…
    Era così anche quando leggevo di “decrescita” nei tuoi libri e non capivo bene…ora capisco. Ripenserò meglio anche al significato di “sogno/desiderio”. Non è un mistero che oggi tutto sembra volto a depotenziare la nostra capacità di sentire, insonorizzando soprattutto il sentire interiore. Anyway a presto…and glad to know your home is still safe.

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