Qualcuno ha bisogno di una scusa?

Questo sistema è sbagliato. E sbaglia anche chi se ne lamenta ma vi aderisce. La promessa che saremmo stati felici era una balla, e noi ci abbiamo creduto. Io da questo sistema mi sono tirato fuori il più possibile e continuo a farlo. Molti, per questo, mi accusano di radicalismo. In modo del tutto controintuitivo e paradossale, data l’attuale corsa all’occupazione, ho ipotizzato la nascita di un Ufficio di Scollocamento. E’ nella pagina finale di Avanti Tutta (Chiarelettere).

Quando il libro è uscito (gennaio 2011) non ho ricevuto una sola voce di biasimo per quell’idea, anzi, moltissime suggestioni, contributi, plausi, incoraggiamenti. La sua provocatorietà, in un momento di ansia da collocamento, ha convinto e interessato migliaia di persone, con mia grande soddisfazione e curiosità. Qualcuno (l’associazione PAEA e il Cambiamento) ha studiato e realizzato quell’idea, che io potevo registrare ed esercire e che invece, per parte mia, ho regalato. Immagino che tutti sappiano che le idee sono la cosa di maggior valore in questo mondo dominato dall’intellectual property. Quante persone conoscete che regalano idee di un qualche valore? Io nessuna.

Per altro, ho anche dedicato tempo e risorse per svilupparla, sempre gratuitamente. Mi è parso uno dei benefici effetti della mia scelta: poter dedicare tempo gratuito a quello che mi interessa, stando con gente che incontro per la via e che mi piace, che stimo, che è da tempo impegnata nella controcultura, nel cambiamento del mondo (che se non ci lavora nessuno, non cambierà mai. Le idee sono belle, poi bisogna sporcarsi le mani e tentare di realizzarle, altrimenti sono inutili. Per me, come si sa, è uno sforzo vano, e infatti non mi ci metto, ma ammiro chi non perde le speranze e se posso lo aiuto). Qualcuno dice che questo è una contraddizione, ma io non vedo in cosa. Semmai ci vedo continuità col mio pensiero.

Segnalo che in questi due anni e mezzo qualche migliaio di persone (oltre a un buon numero di società del settore) mi ha proposto di organizzare corsi, seminari, meeting per aiutare chi non ha idea di come cambiare. Cosa dalla quale mi sono garbatamente sottratto (va già bene se riesco a cambiare io), inclusi PAEA e il Cambiamento, che mi hanno gentilmente offerto di essere della loro iniziativa in modo integrato e protagonista. In ogni caso, se ne avessi organizzato, anche solo a cento euro a testa, adesso avrei un mucchio di quattrini, che però, come si sa, non cerco se non per sostentarmi, e in questo momento (grazie ai libri) non mi servono.

Quanto al problema di come si cambi, e se sia possibile farlo da soli o se sia necessario farsi aiutare, direi che ci sono casi e casi, come sempre. Come per chi voglia smettere di fumare o di bere o di drogarsi, c’è una minoranza che trova dentro di sé le risorse, che ha la forza, in qualche angolo del proprio spirito, per risollevarsi, liberarsi e ricominciare. Io sono uno di questi. Poi c’è la maggioranza che, invece, quella forza non ce l’ha. Me lo scrivono tutti i giorni. Traggono beneficio e a volte stimolo dai libri, o dalle frequentazioni o hanno bisogno di amici, guide, qualcuno che li aiuti. Io a questa seconda ipotesi, lo ammetto, ci credo poco. Non so come si possa aiutare gli altri veramente. Tuttavia, ammetto che psicologi, uomini saggi, scrittori, filosofi, pedagoghi, esperti hanno un ruolo sociale importante: fanno da stimolo, offrono occasioni di riflessione, indicano la via per alcuni passaggi del guado, confortano, danno informazioni, qualche strumento, testimoniano. Per chi non ha forze proprie bastanti, non è poco. Migliaia di persone leggendo i miei libri sul cambiamento mi hanno scritto dicendomi “grazie, mi hai cambiato la vita”. Io mi sono schermito e non ho idea di cosa avrei cambiato, ma loro questo dicono e io questo riporto.

Mi pare dunque che abbia senso, da parte di Paea e del Cambiamento, che questo fanno per missione e mestiere, tentare. Non io, loro. In tutto ciò, che ha carattere di proposta, di iniziativa che può essere semplicemente accolta, osservata o tralasciata, non vedo contraddizioni. A me le iniziative, le azioni, piacciono più delle parole. A me chi si incammina piace più di chi se la racconta troppo. Tentare è già riuscire, in qualche modo. Non farlo è certamente fallire. Le modalità del tentativo, poi, sono insondabili. Sapete voi quale sia quello giusto? Lo so io? Direi di no. Le iniziative personali riescono sempre? I corsi falliscono sempre?

Ma tutto questo mi fa riflettere molto. La corsa a cogliermi in contraddizione continua e diventa sempre più accesa. E vedrete che si inasprirà ancora. Quando poi qualcuno passa all’azione e io lo sostengo capisco che molti vadano in crisi: “aderisco al corso, visto che volevo tanto cambiare, o lo critico? Oppure non dico niente?”. Le azioni spaccano, è sempre stato così. Le parole volano.

Io, naturalmente, sono sempre qui, esattamente dov’ero quando questo blog è iniziato, non ho mosso il timone di un grado bussola dalla mia rotta. A casa mia fa sempre freddo ma ci vivo bene, le tentazioni sono sempre forti ma non mi paiono irresistibili, la mancanza dello stipendio resta un problema ma non irrisolvibile. Sono quasi cinque mesi che scrivo, in solitudine, sereno, come avevo progettato. L’ispirazione che ho, il senso che trovo nelle mie scelte, sono gli stessi.

Ma il tempo corre. Come ogni fidanzamento, anche questo nostro dialogo entrerà in crisi. Chi si è manifestato entusiasta del cambiamento e della mia storia non potrà venire su questo blog per tutta la vita parlandone e basta, senza fare niente. Dovrà fare, prima o poi, i conti con la realtà. Dopo i fidanzamenti, nella vita, o ci si sposa e si fa un figlio o ci si lascia. Prevedo che, prima o poi, qualcuno avrà bisogno di una scusa per abbandonare questo blog. Magari accusando me di essermi contraddetto, o di averlo deluso.

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174 pensieri su “Qualcuno ha bisogno di una scusa?

  1. L’arco temporale ampio più che un timore io lo vedo come un auspicio, i cambiamenti rapidi sono spesso traumatici e personalmente non ho una visione romantica delle rivoluzioni, se posso evitarle sono più contento, il cambiamento è più accettabile generalmente se abbiamo il tempo di gestirlo.
    la cosa più difficile per me è riuscire ad immaginare un tipo di vita alternativo, ma sono convinto che è una questione di libertà interiore, la metafora del “muscolo” che hai usato tu mi è sembrata molto pertinente, e in fondo con la mia piccola attività sul fronte politico ho capito di non aver fatto altro che un po’ di “palestra” in quel senso, ma mi sa che mi aspettano ancora duri allenamenti prima di scendere in pista sul serio 🙂
    ti augurerei buona vita se non avessi come l’impressione che ne conduci una ottima
    a presto

  2. ciao simone,
    riguardo la discussione che abbiamo avuto all’ufficio di scollocamento, ho continuato a pensarci ed oggi ho letto questa dichiarazione di Befera (direttore Agenzie Entrate) con cui faccio fatica a non essere d’accordo:
    “Abbiamo un deficit di intelligenza sociale verso i Paesi con i quali ci confrontiamo – dice Befera – : spesso non si capisce che l’uso del bene privato esige l’esistenza del bene pubblico, così come un’automobile non si può usare se non vi sono le strade, i controlli e forse anche gli ospedali”

    continuo a vedere la soluzione che proponi come un ripiegarsi nel privato (leggittimo e che anch’io mi auguro di riuscire a fare nel tempo per dirla tutta e a scanso di equivoci) ma che però vedo possibile solo se ci sono i servizi garantiti da quello stato/ sistema che viene portato avanti da quelli che continuano ad accettarne le regole e le imposizioni

    • caro stefano, ciao. In un mondo come l’attuale (che ha questi obiettivi e poi questri strumenti per raggiungerli) hai in qualche modo ragione tu.

      Pensare a un mondo che non c’è non è facile, per chiunque. Immaginarlo in modo così diverso, poi, suona come una boutade, una goliardata neppure utopistica, semplicemente provocatoria, irrealizzabile. L’errore che si fa, in questi casi, è ipotizzare che al mondo come lo conosciamo oggi, come lo vediamo e viviamo, con i suoi costi, le sue attività, sia possibile provvedere in modo del tutto diverso, senza lavorare tutti in modo indefesso, senza essere tutti immersi fino al collo nella produzione e nel consumo. Ma la questione è mal posta. Questo capitalismo appare anche noi come l’unica risposta a questo nostro mondo. L’unico modo per modificare la risposta, infatti, è cambiare la domanda.
      Lo scollocamento progressivo non è un modo diverso per vivere nello stesso mondo che vediamo oggi. E’ una risposta diversa a una domanda diversa.

      Deve cambiare l’impostazione stessa del nostro modo di vivere per smascherare la mancata promessa e consentire un ampio processo di scollocamento. Certo è che, in un sistema in cui si consuma diversamente, assai meno, in cui l’energia si risparmia e non si spreca, anche le risorse necessarie per gestirlo cambiano, diminuiscono, e il lavoro necessario per produrle va di pari passo. Se spendo meno ho bisogno di lavorare meno, non è così?! Lo stesso vale per i servizi e tutto il resto.

      Nessuno qui dimentica che la sanità, la difesa, i trasporti, l’energia, l’amministrazione e quant’altre attività necessarie al funzionamento della cosa pubblica richiedono lavoro, risorse, applicazione e soprattutto piani nazionali di armonizzazione e organizzazione. Tuttavia, eliminando gli sprechi, organizzando la produzione e il consumo di energia in modo del tutto diverso, focalizzando le attività su obiettivi e con metodi differenti, operando un controesodo dalle città al territorio…, il costo di gran parte dei servizi nazionali può essere enormemente inferiore, come anche le strutture e il peso lavorativo che gli addetti devono sostenere. In un mondo che si muove ottimizzando e riducendo il consumo, il sistema dei trasporti ha bisogno di ferrovie diverse; in un mondo che consuma meno, si vive con meno denaro, dunque si può lavorare meno, facendo turni leggeri anche negli ospedali, dove pure è necessario mantenere servizi e presidi, anzi, incrementandoli; il sistema dell’ordine pubblico e della difesa, cambiando l’organizzazione e le finalità del Paese, cambiano radicalmente, non necessitando di gran parte delle risorse attuali. Certo la nostra aviazione non ha bisogno di comprare cento caccia americani di ultima generazione, solo per fare un esempio.

      In sintesi: in un periodo di transizione, con una società che è ancora simile all’attuale e gente che si scolloca a petto di gente che non si scolloca, si vive probabilmente quello che tu descrivi. Ma a tendere, applicando i principi di un progressivo scollocamento (ormai necessari credo, salvo voler essere scollocati a forza da una società morente), si può trovare un nuovo ordine di organizzazione e coesistenza senza che vi siano differenze tra chi usufruisce e chi produce beni e servizi.

      Le cose, temo, vanno viste in un arco temporale ampio. Dunque la risposta alle tue domande non può che essere articolata.

  3. @ chefa: bella la tua trovata sul “bicvirus”; mi piace!
    Magari potesse diffondersi in questo spazio una bella epidemia, che dico? una pandemia di bicvirus: tutti sarebbero più autentici; al bando false lusinghe, ipocrisie, contraddizioni, dipendenze da approvazione altrui, invidie, gelosie, deliri di onnipotenza ecc. ecc. ecc.

  4. Sbaglio o vedo una coppa porta filtro, nella macchinetta del caffè? Le capsule che fine hanno fatto? Erano capsule spaziali? Aaahh, ma allora devono essere volate fuori dalla finestra.

  5. Mah, Mino, io qui vedo tanti interventi autoreferenziali… del tipo IO ho risolto tutti i miei problemi e VOI invece ci sguazzate dentro, quindi a ME mi fate una pippa perchè IO sono più bravo/brava e via strombazzando.
    (vediamo se qualcuno mi corregge l’anacoluto)
    Mi interessano invece molto gli interventi di chi ha un modello alternativo di vita da proporre perchè lo ha sperimentato, o chi ha riflessioni da offrire per aiutare a capire le contraddizioni che troviamo, e anche le confessioni e le paure di chi vorrebbe ma non ce la fa, almeno per il momento (più o meno come me).
    Finchè sarà frequentato da persone come loro (e non c’è bisogno che faccia i nomi, vero?) tornerò sempre a leggere questo blog.

  6. Cara Anna, ma quanto sei umile. Chi ha detto che l’umiltà é l’ipocrisia dei deboli? Eh, mi fa figo la memoria. Sarà la troppa carne che mangio.

    Scusate, non aggiungo altro. Non mi sento abbastanza stritolata per aprire bocca in questo blog.

    Caro Mino, se ti dà fastidio l’acidume prenditi il bicarbonato.

  7. quoto enrico. anna grazie mille del tuo intervento. provo molto fastidio per questo acidume del tutto sterile che circola. anzi, qui ce n’è poco… ma internet ormai è diventato uno sfogo continuo per persone arrabbiate. che naturalmente discutono senza porre alcun tema. grazie Anna

  8. Anna propone ancora un tema interessante, quello dell’aggressività; anche a me è capitato spesso, nei miei percorsi aziendali, di fare i conti con l’aggressività ed i tentativi di prevaricazione. E anch’io ho sempre rifiutato sia questo modello, sia il suo corollario “moderato” che è il tentativo di fare passare la propria idea facendo leva sulla posizione gerarchica.
    Credo che uno degli elementi del cambiamento che stiamo cercando a che stiamo realizzando, dovrebbe essere anche la capacità di confrontarsi con atteggiamenti di apertura, di dialogo e di rispetto.
    Anna lo sta facendo con garbo ed efficacia.
    Il suo contributo alla discussione è per me assai utile e stimolante.

    Grazie Anna per la bella dimostrazione di stile.

  9. Cara ANNA,
    come tutti i luoghi di incontro
    ci trovi di tutto.
    Dov’ è la novità?
    Ognuno ci mette del suo,
    con pregi e difetti,punti di forza e debolezze.
    Personalmente cerco di cogliere ciò
    che mi interessa, lasciando perdere
    il resto.
    Capita anche la scintillata , in forma isolata,
    ma poi per quanto mi riguarda taglio corto.

    Continuiamo a crescere con le idee chiare
    ed in serenità.

    Buona giornata
    VALE

  10. Beh, sicuramente qualcosa lo sto imparando: darsi in pasto a perfetti sconosciuti tira fuori, dai perfetti sconosciuti, dei lati della personalita’ umana quantomeno interessanti. In effetti, non solo in questo blog ma anche altrove vedo insulti o piu’ modestamente giudizi sull’altrui essere sparati per iscritto come se fossero verita’ inconfutabili… Ma perche’, e a che serve? Visto che lo sapete che sono una donna d’azienda, vi “rivelo”, come se non lo sapeste, che in azienda di aggressivita’, spesso gratuita e a volte addirittura simulata, ce n’e’ davvero tanta. Non mi piace, io non la uso mai nemmeno in azienda, mi stufa come modo di rapportarsi agli altri e non la trovo proprio minimamente interessante. Se a Silver sembro piagnona, mi fa piacere notarlo perche’ mi fa riflettere: il resto mi sembra gratuito.
    Io cerco di non offendere nessuno: se non ci riesco o se sbaglio, per favore fatemelo notare, possibilmente con gli stessi toni che uso io. Di scaramucce del tipo “tu hai detto xxxx, ma ti rendi conto che cosi’ in realta’, cicca cicca bum” ne vivo TALMENTE tante sul luogo di lavoro che vi assicuro che il mio interesse a riguardo e’ veramente basso. Grazie comunque a tutti, a chi la pensa come me oviamente di piu’ 🙂 , sono stupefatta che sia scaturita tutta questa conversazione dal mio post

  11. “Cara Silver, mi spieghi, allora, cosa te ne viene a doverti sentire “titolata” per aprire bocca in questo blog? Se non per sentire il coro di vocine che ti dice “ma no, cara, non essere così aggressiva e cinica”?! Ma fammi il piacere di essere onesta con te stessa, almeno. Se lo sei o meno con me, non me ne frega un tubo, posso farne a meno.. A differenza tua non ho bisogno di dimostrazioni.”

  12. @Anna

    non stare a sentire. C’è gente che fa le beghette, le polemicucce, per sentirsi viva. E le fa con gli sconosciuti… A me interessava invece il tuo discorso. Era piuttosto ricco e profondo. Dietro quei temi c’è molta della nostra paura e della nostra possibilità di parole e azioni. Tutti si sentono autorizzati o meno. Cambiano parole, si fanno condizionare. Però si vogliono sentire dei Rambo dell’indipendenza. Mah… ciao

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