Essere Re

Hope Written In Sand

Mentre cenavamo gli ho chiesto: “Ma tu ci pensavi che avresti avuto ottant’anni? Quando ne avevi quaranta, intendo dire…” E lui mi ha risposto: “Proprio per niente”. Forse è questa la differenza tra me e mio padre. Io ci penso da quando ne avevo quattordici.

Piccolo nella Genova dei bombardamenti. Piccolo per i carruggi a cercare mattoni da pulire e rivendere. Piccolo quando smontava le bombe lasciate dai tedeschi per togliergli il rame e venderlo (valeva come l’oro nel dopoguerra). Forse piccolo quando la vita chiedeva già, bussava alla porta che pareva volesse sfondarla. Ragazzo quando ha dovuto smettere di studiare. Uomo quando doveva essere ancora un ragazzo. Lavoro, lavoro, lavoro, una famiglia, una moglie, i figli. Da niente, il qualcosa deve essere sembrato tutto.

C’è un punto, però, che contraddistingue mio padre: ha sempre voluto qualcosa che era adatto a lui. Dopo la fatica per raggiungerlo, infatti, se lo godeva. Si piazzava lì, dovunque fosse quel luogo, quella condizione, e se lo godeva. E diceva “Ah, che meraviglia. Guarda là!” e indicava qualcosa. Tu ti giravi e ti pareva che fosse bella davvero. Quando uno è persuaso, finisce che diventa persuasivo.

Godersela. Immaginare, sperare, lavorare per quella cosa, poi avvicinarsi (“ci siamo quasi!”), toccarla (dentro, suppongo…) e poi esserci. Essere lì dove avevi immaginato che saresti stato. E constatare… che è proprio quello che pensavi. Anzi, meglio. Non potevi sapere, prima, quanto valore avrebbe aggiunto la fatica. Godersela, godere di quello che c’è, che è arrivato. Non per caso.

Mi piacerebbe essere sempre sicuro non di farcela, non di questo o di quello, ma di godermela. Di immaginare e agire, poi di provare piacere. Essere Re della propria vita, in questo. “Muori schiavo, ed eri un Re” cantava Renato Zero. Avevo quattordici anni. Appunto.

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37 pensieri su “Essere Re

  1. Ciao Simone,
    ho finito ora il tuo libro “adesso basta” ti volevo fare i complimenti mi piaciuto molto. Non so se dovevo scriverlo qui.. non credo comunque sei un problema. ciao michele

  2. Simone, vabbè che alle superiori avevo un 6 risicato in italiano….pensa che il mio professore di tale materia, era preoccupatissimo all’esame di maturità; alla fine, ho sbalordito tutti, professori e compagni di scuola, è stato un successo!
    Ma nel mio secondo post intendevo l’oggi di oggi anch’io: 20 luglio 2012 ore 15:55! Perchè di solito il mio oggi era appunto l’oggi di domani….:-)

    Comunque grazie per la delucidazione, adesso mi è ancora più chiaro…:-)!

  3. a proposito dell’episodio che ho raccontato con i 2 colleghi.

    Cavoli se poi penso a quanta gente, per lo meno nelle aziende che ho conosciuto da vicino e in quella in cui sono ora, sta in ufficio (non ho scritto volutamente lavora) dalle 8 alle 18 ma passa il tempo a fingersi occupata (internet, pause caffe…).
    Alla fine spesso chi sta in ufficio tanto non puo essere produttivo in maniera proporzionale.
    Per questo per me e’ relativamente facile ridurre gli orari di ufficio e raggiungere risultati almeno pari agli altri. il problema principale che ho e’ quando vengo “beccato” in entrata o in uscita.

    uno dei due colleghi citati, un venerdi mi ha detto: “ahhh…. la tale cosa deve assolutamente funzionare per settimana prossima. E’ gia 2 settimane che faccio tardi in ufficio (notare che la parola tardi assume per lui e per me significati mooolto diversi). Se per lunedi prossimo non funziona e’ la fine! Mi sa che ci devo lavorare sopra tutto il weekend”.

    Io gli fatto gli in bocca al lupo e ho pensato “poveretto, non lo invidio proprio, mi seccherebbe tanto dover giocarmi il week end per lavoro”.

    poi, passato il week end gli ho chiesto interessato come fosse andata e se era riuscito a far funzionare la tal cosa.

    Lui: no, e ci ho lavorato tutto il weekend anche la sera.

    IO: Cavoli, allora poi sara stato un problema!

    Lui:Ma noh, figurati era comunque solo uno tra i tanti “nice to have”…..

    Sono rimasto allibito: ha investito serate e weekend per fare una cosa che non era nelle sue responsabilita’, che probabilmente si poteva gia capire prima senza tentare fino allùltima sera che non era realizzabile. E tutto per una cosa che non era veramente necessaria!

    Da quel giorno penso che io e lui ci capiremo difficilmente su certi argomenti.
    Una cosa e’ passare tempo in ufficio a lavorare un’altra e’ buttare via il tempo in maniera cosi chiara.

    chissa perche certa gente fa cosi? che debba mostrare agli altri e a se stesso che e’ impegnata e fondamentale? me lo chiedo veramente.

    @Francesca
    pero hai ragione sul fatto che “non fare” e’ un conto e criticare chi “fa” e’ un altra cosa.

    saluti
    m

  4. @m:
    Sì, hai ragione. Ho generalizzato. Avrei dovuto dire: io sono diversa (e basta).
    E quelli che non vogliono fare (e non vogliono che si faccia) si chiamano accidiosi, ed io non ho rispetto per gli accidiosi, proprio no. Posso comprendere, certo, ma “rispetto” è una parola troppo grande e bella.
    E la paura deve esserci. E’ il nostro controllo. Aver paura è un segno della percezione della realtà. La paura ci permette di cogliere il pericolo e di trovare la soluzione per superarlo.

  5. Mi fa molto piacere la citazione di Renato Zero, tutto sommato coraggiosa in questo blog, trattandosi di un cantautore che viene spesso snobbato, ma le cui canzoni non di rado hanno testi profondi e sono eseguite con vera passione.

    • Di Renato Zero, cantautore che certamente ha saputo dire qualcosa a un paio di generazioni, ho sempre apprezzato una cosa: era un individuo, aveva una specificità, non si è mai accodato a nessuno, non faceva parte di nessun clan. Fu isolato per questo, mai sostenuto o coinvolto nelle grandi kermesse. Lui non faceva parte del solito gruppetto, coeso anche politicamente. Non cercava sponde. Come lui Loredana Berté, come la sorella Mia Martini (che pure una sponda in uno di quelli molto inseriti, la cercò e la trovò, seppure per amore e non per convenienza. E ne morì). E’ un po’ la stessa cosa che si potrebbe dire per Battiato, anche se un poco meno nell’ultima parte della sua carriera. Io ho il sacro rispetto (a prescindere dal valore artistico, su cui si potrebbe discettare) per chi si cimenta in modo originale, autonomo, non fa parte di nessun carrozzone. Io credo di essere così, vedo che molte volte vengo ignorato dall’establishment letterario, editoriale… ma non è una novità. Senza padroni, mai. Amici di tutti, nemici di nessuno. Ma liberi. Quelli così, più li ignori, e più si impegnano. Poi arriva un giorno in cui non puoi più ignorarli, e allora i poteri si capovolgono. Non lo si fa per quel giorno, ma quel giorno è bello quando arriva. Si sorride…

  6. Sono OT ma apprezzerete. Sulla mazzata del governo spagnolo alla classe media, in particolare agli statali
    http://www.repubblica.it/esteri/2012/07/20/news/spagna_pochi_soldi_e_tanti_sacrifici_la_classe_media_cos_ci_soffocate-39372664/?ref=HRER3-1

    In particolare:
    “Fioriscono in rete appelli al razionamento, al boicottaggio dei consumi per contrastare l’aumento dell’Iva. Un decalogo diffusissimo inizia così: “Quando vuoi comprare qualcosa chiediti se è realmente necessario o se può aspettare. Non consumare energia: usa le scale per scendere e se puoi anche per salire. Spegni le luci, la sera usa candele. Limita l’uso di tv e computer: gioca a carte, leggi libri”.

    Eccola la decrescita, l’arma letale contro il turbocapitalismo moderno: abbattere il PIL, ingrippare il sistema, ammazzarlo da dentro. Se si ferma il consumo europeo, si fermano le locomotive cina india brasile russia. Un loop chiamato depressione: il terrore puro di liberisti e keinesiani, cioè della filosofia economica moderna

    Il sistema ci vuole morti? no, siamo noi che uccideremo il sistema. Ognuno di noi è una bomba.

    Da questa crisi qualcosa di buono nascerà. Ne son sicuro. Che ne pensi Simone Perotti. Un Perotti fa curiosità. Tanti Perotti fanno target di mercato. Milioni di Perotti, diventano una bomba.
    PS: per Perotti intendo un militante come te della decrescita, non il navigatore… 🙂

    • cinico senese, è così. lo dico da anni. basta manifestare, basta lamentarsi, basta partecipare. A cosa dovremmo partecipare? E’ esattamente il contrario: occorre togliere la propria partecipazione, smettere di collaborare. Chi manifesta e urla sta collaborando, sta solo interpretando l’altra metà del sistema, necessario quanto la prima. Interrompere ogni collaborazione (con tutte le nostre necessarie, inevitabili contraddizioni) e agire in modo differente. questo fa paura la sistema. gli fa orrore.

    • Piera, scusa se rompo. Dire “l’oggi” lascia intendere “l’oggi di domani”, cioè un oggi generico. Io intendo proprio oggi, alle 12.29 del 20 luglio 2012. E’ importante. Le parole sono importanti. Non l’oggi di tutti gli oggi che verranno. Proprio oggi oggi. Adesso.

  7. Noi ci pensiamo alla morte, i nostri genitori no. Son andati sottoterra (ci andranno) senza pensarci. Non riesco a capire perchè io si e loro no. Sarà stata la fame che han fatto a caricargli di energia cieca a lavorare e fare senza pensare alla morte. Ma io ci penso da sempre, come te. Epperò loro son arrivati più sereni, al momentum. Io non ci arriverò mai. Non terrorizza la fine, ma arrivarci col rimorso di aver buttato gli anni migliori, cioè l’ora e adesso. Le mie energie son tutte focalizzate a capire come godermi questi anni come voglio io.

  8. Re ci nasciamo tutti e alcuni muoiono schiavi per scelta. Nel mezzo c’è la felicità che stamattina alla radio dicevano essere “…non ottenere quello che desideravi, ma desiderare quello che hai…” e siccome sono colta sapevo di chi era sta citazione, e siccome ho bevuto troppo, ho sonno e senza caffè…non ricordo di chi era.mi perdonerete và, sia per la citazione e peggio ancora per il mancato citato.
    Ciao a tutti carissimi, scrivo poco( megghiu accussì), leggo sempre.

    N.B. Simone con il post precedente mi hai fatto quasi conrdialmente e affettuosamente incazzare và! ormai mi pare troppo tardi per scriverci sù, non mancherà occasione.

  9. @Francesca,

    tu scrivi ancora “non siamo come loro”.

    E invece io non mi sento diverso da loro o almeno non troppo.

    E’ che fino ad ora non ho potuto fare a meno di fare certe scelte, di andare in una certa direzione. Anche se ha volte fa paura.

    Poi chissa, magari ci saranno momenti in cui per paura non faro certi passi.

    oppure magari uno di quei 2 colleghi un giorno non ne potra proprio piu e stara cosi poco bene nella sua pelle da “fare”.

    No, non mi sento tanto diverso.

    Ciao
    m

  10. @Francesca

    grazie dell’incoraggiamento.

    tu scrivi “non vogliono fare (non vogliono!) e non vogliono che altri facciano, perchè altrimenti la differenza c’è e si vede, e si vedrebbe”

    hai ragione. io tempo fa me la ripetevo spesso una frase del genere per farmi un po forza e anche perche era un tempo in cui sentivi molto il confronto.

    ora un po mi sono abituato a questo tipo di commenti e frecciatine e un po ho anche piu rispetto per quelli che “non vogliono fare”.

    Sai perche’ ho piu rispetto? perche ho anche fatto esperienza di quanto siano forti alcune paure che ti tentano a non fare. Quante volte ma la son fatta sotto (si dice cosi vero?) e quante volte me la faccio ancora sotto oggi facendo le scelte che faccio. Pero son contento pero mi sembra anche di capire cosa ti puo frenare e ne voglio aver rispetto.

    ciao
    m

  11. “un padre compiuto”
    Non credo di avere un padre “compiuto”…
    Ha 84 anni e soffre di non poter più fare quello che amava di più: scalare le montagne… Purtroppo non si dà pace, ha troppa nostalgia….lo sento dire: peccato di non aver fatto questo,quello….

    Io ho 45 anni e da quando ero ragazzina dicevo: a 20 anni andrà meglio, poi lo dicevo a 30 e poi a 40; adesso mi dico deve andare meglio giorno per giorno senza pensare a come sarà più avanti. Certo adesso mi rendo conto che forse un domani avrò ottant’anni ma non la vedo una cosa immininente….:-))))!!!
    Non so come dire, ma da adesso voglio vivere il presente, senza guardarmi indietro o nello sperare troppo nell”avanti”!
    Piera

  12. @m: …e tra gli altri, il punto è anche che loro non vogliono fare (non vogliono!) e non vogliono che altri facciano, perchè altrimenti la differenza c’è e si vede, e si vedrebbe… Monocoli in terra cecorum… Ecco, io, e noi che siamo qui, non siamo come loro. I nostri occhi dell’anima e della nostra dignità umana ci vedono benissimo. Vai M, vai bene così. Avanti, sempre, sulla strada che ti sei scelto, con libertà.

  13. Ieri sono arrivato in ufficio alle 9:50. Di fronte alla porta del mio ufficio ci sono 2 colleghi che commentano in maniera amichevole ma al contempo critica: “e’ pero, voi (io e il mio gruppo generalizzando) avete un orario di lavoro bello rilassato”.
    Io, mentre mi sto togliendo le scarpette da bici, gli rispondo (con tentata non curanza) “beh, in qualche modo devo pur bilanciare tutte le ore di trasferta che mi faccio quando devo viaggiare”.
    E tra me e me penso “se poi tu sapessi che son riuscito anche a ridurre drasticamente i viaggi di lavoro e che guadagno almeno il doppio di te ….”
    E poi ho anche pensato: bel giro in bici stamattina nei boschi prima di arrivare in ufficio.

    Poi pero ripensandoci:
    Pero (a parte che il alvoro che faccio io e le qualifiche che ho non sono oggettivamente paragonabili con quella dei 2 altri colleghi che lavorano dalle 8 alle 18): e’ la mia vita, e’ il mio progetto e sono rischi che ho preso io.
    io ho deciso di ricavarmi piu tempo libero. io per questo devo darmi da fare per mostrare che, nonostante sia meno presente di altri porto un valore col mio lavoro. Io devo sostenere le discussioni spesso spiacevoli e comunque sempre non facili quando qualcuno dei piani piu alti (e con voce in capitolo) mi fa notare che il mio modo di lavorare non rientra negli schemi classici e accettati dall’azienda. io mi confronto con i rischi che questo comporta. io sono coscente di questi rischi e soppesando la scelta li afronto. io devo affrontare le mie paure (a volte anche forti) delle conseguenze della mia scelta. Io mi sudo il mio tempo libero in piu.

    E, credo senza arroganza, penso: i 2 che criticano probabilmente non se la sentono di fare cose simili e a quel che faccio io (le motivazioni possono essere sacrosante). Loro accettano una certa situazione e si lamentano.
    Non tentando di cambiare qualche cosa e’ difficile che le cose cambino (per lo meno come le vogliamo noi).

    Poi io non conosco bene quei 2 e non posso giudicare se fan bene o male….

    Pero mio e’ il progetto, mia la via che tento di aprire, miei i rischi e le responsabilita. Allora sono miei anche i risultati positivi o negativi che siano. (e per ora il bilancio e’ assolutamente positivo)

    questo commento serve soprattutto a me per chiarirmi questa idea.

    magari qcun altro lo trova interessante.

    saluti,
    m

    • Sì m, è interessante. la differenza tra te e i due (anche se magari ce ne sono altre che non conosciamo) è nella consapevolezza. tu usi tutti i tuoi strumenti, loro meno. coscienza di sè, consapevolezza, strada fatta interiormente, consentono cose fuori, esteriori, pezzi di vita che cambiano. Lidea dell’ufficio di scollocamento nasce proprio da qui: come portare tanta gente ad un livello di coscienza di sé e di consapevolezza che consenta a tanti, e non solo ai pochi già avanti, di dire dei no e poi dire dei sì originali? il punto è questo. più di altri è questo.

  14. Ciao Mauro,

    posso rispondere volentieri alle tue domande. pero preferirei farlo per email per una questione di privacy.
    chiederei a Simone se possiamo approfittare di lui per uno scambio degli indirizzi email.

    @ Simone,
    Ciao Simone, se non ti scassa troppo potresti farmi avere l’indirizzo di mauro e a lui il mio?

    Saluti a tutti,
    marco

  15. Ciao Marco !
    Ero curioso di sapere, se ti va di condividerlo, come mai hai scelto di andare a vivere in Germania….Di solito si va per lavoro ma non mi sembra il tuo caso…o….per amore 🙂 ? Ti vorrei fare anche altre domande sulle differenze in positivo e in negativo tra Germania e Italia e se allo stato attuale ti senti soddisfatto etc. non voglio approfittare 🙂
    Grazie !
    Mauro

  16. Essere Re. Come godersi la colazione nella campagna dell’oltrepo’ pavese mentre una farfalla si posa sulla tua marmellata.
    E dimenticare ciò che vuoi scivere, perchè condividere la propria gioia è ancora più grande di qualsiasi commento.
    Un invito a lasciare le armi, le nostre. Lasciarsi andare leggeri come una farfalla, senza rabbia. Senza rabbia. Putroppo in questi giorni molti cercano soluzioni attraverso la rabbia. No! non è la via. Siamo ciò che vogliamo, possiamo raggiungere qualsiasi obbiettivo e poi la soddisfazione di godercelo arriva. Ma oggi non sappiamo più distinguere il piacere dalla felicità, tuo Padre Simone mi sembra ha sempre avuto la capacità di rapportarsi a “cose adatte a lui” qui vedo il segreto ( conosci te stesso) era un uomo che bastava a se stesso che aveva chiaro lo sforzo per raggiungero ciò che l’avrebbe appagato.
    Grande lezione Simone. Buona Giornata.

  17. @Red,

    Io ho 37 anni e miei bimbi sono proprio piccoli ancora.
    Tu per curiosita quanti anni hai?

    interessante quel che dici. E vero, se io penso a mio padre, che era bambino durante la 2nda guerra. Lui ha investito parecchio nel lavoro impiegatizio facendo anche un po di carriera e essendone soddisfatto. Perche col lavoro poteva dare un livello di vita che, per chi ha vissuto il dopoguerra era comprensibilmente desiderabile.

    un po di tempo fa, quando mi son deciso a mettere da parte la carriera e rischiare il lavoro per stare piu tempo in famiglia, gli ho raccontato quel avrei fatto e mi ero accorto che lui (pur senza criticarmi) non riusciva a condividere e a capire perche lo volessi fare.

    solo 2 mesi fa mi ha detto: “io all’inizio non ti capivo. ti prendevo quasi per matto. pero ora mi sembra di capire il tuo punto di vista e la tua situazione e penso che sia giusto quello che hai fatto”

    E’ vero, le diverse generazioni si trovano in situazioni diverse e e’ difficile capire cosa sara importante per le generazioni future.

    Poi cosa ne so io del modo in cui vivranno i miei figli quando saranno adulti?
    per esempio:
    Sicurezza economica: E chi dice che potranno usufruire dei risparmi dei genitori? chi dice che quei risparmi non vadano in fumo. (futuro euro?)

    Tensioni sociali: io vivo in germania e ho entrambe le nazionalita. Mi sento sia l’uno che l’altro (e anche ne veramente italiano ne vermante tedesco).
    Ultimamente (con la crisi dell’euro) ho letto tanti articoli sulla stampa delle due nazioni che riportavano notizie in maniera erronea. come risultato, la gente in italia si fa un idea distorta e negativa dei tedeschi e e viceversa.
    Chissa, puo anche essere che in un futuro le tensioni crescano cosi tanto da arrivare a crisi ancora piu profonde.

    Non so in che mondo vivranno i miei figli.
    La cosa migliore che posso fare per loro e’ vivere bene io oggi.

    Grazie Red per il commento intelligente e interessante.

    Saluti dal sud della germania,
    marco

  18. Credo che ci si godi veramente le cose per le quali si ha lavorato sodo, intellettualmente e mentalmente, per se stessi, un traguardo raggiunto con le proprie forze, una cosa costruita da se, o una parte di se meravigliosa, come un figlio.

    Solitamente traggo grande soddisfazione quando realizzo qualcosa con le mie mani, anche fosse il semplice aggiustare la ruota della mia bicicletta…

    …forse il segreto per godersi le cose è averle attese e sognate per tanto tempo.

  19. @marco
    Non so di che età siano i figli di cui parli, credo che per quello che dici conti anche l’ età in cui si trovano e quanto sono coinvolti. (parlo come figlio)
    C’é quella tendenza a stravedere per i genitori quando si é piccoli, a contestarli e vederne i limiti quando si cresce, cercando di sperimentare la propria libertà, e infine a riconsiderarli almeno parzialmente in una età assai più matura dopo avere sperimentato le proprie mediocrità e anche il fatto che almeno quelle cose da poco che si supponeva non gli sarebbe costato molto affrontare e cambiare non erano poi così di poco conto quando le confrontiamo con quelle nostre che fatichiamo a fronteggiare.
    Ciò che descrivo é una sensazione, una ammissione personale, che mi sta facendo capolino ultimamente. Una necessità di maggiore tolleranza, di minori pretese, aspettative nei confronti dei miei genitori. Mi stupisco che io ci abbia messo tanto tempo ad avvicinarmi a questa possibilità.

    Di recente con mio padre é capitato di parlare in maniera più estesa del suo periodo di giovinezza. Ci sono delle cose che mi hanno fatto pensare. Tipo racconti sull’ abitazione dove viveva che, anche se prossima al centro città, era sprovvista di impianto di riscaldamento. Del fatto che era contornata da un giardino davvero grande dove coltivavano ortaggi e frutta e pure tenevano qualche piccione, coniglio, gallina. E che da bambino non gli sembrava una cosa così speciale, ma di cui negli anni ne ha poi avvertito la nostalgia. Allora il miraggio era potersi mettere nelle condizioni, anche economiche, di approdare in un appartamento di città, ad una situazione ritenuta più moderna. Anche caricandosi l’ esistenza di fatiche che hanno portato a godersela non così tanto di frequente, ma accettandole perché erano ritenute utili, che conducevano nella giusta direzione.
    Ci sono un po’ rimasto tempo fa quando mi ha fatto vedere la medaglia d’ oro per i quaranta anni di lavoro consecutivo che i datori di lavoro avevano assegnato come encomio a mio nonno paterno, che non conobbi mai perché morì un bel po’ prima della mia nascita e non molto dopo avere raggiunto il pensionamento a 60 anni.
    Lavorare e lavorare, come presupposto infallibile del fatto che ciò migliorava la vita.
    Se lo poteva immaginare che se ne sarebbe andato a quella età? Se lo poteva immaginare che sarebbe giunto a quella età? Lui che nel ’44 era stato condotto assieme a uno dei figli al cospetto dei tedeschi che avevano raggruppato varie persone da fare partire su treni (deportazione) ed hanno scampato questo esito solo perché all’ ultimo un fascista aveva detto che loro due non erano di quelli politicizzati, che erano gente che non c’entravano e facevano parte del “popoletto”.

    Mio nonno ebbe un lavoro impiegatizio e se lo confronto con la testimonianza che ho recentemente ascoltato in tv di un anziano contadino, che raccontava come allora si lavorava in condizioni davvero estenuanti un terreno duro con gli atrezzi a mano per ricavarne di che essere pagati per mangiare, allora posso ritenere mio nonno un piccolo privilegiato e capire anche lo stimolo di mio padre a perseverare. Nonostante io sia differente.
    Credo sia il discorso della generazione “di riflusso” che Simone ha evidenziato nei suoi libri.

    Cercare di trovare un qualche paragone tra la mia odierna situazione fatta di attese non pretenziose, tuttavia condizionata da un contorno della cui importanza non mi rendo davvero conto, che non é scontato, con quella della vita di allora mi lascia perlomeno un poco frastornato sul come pormi.
    Mi appaiono come ere diverse.

  20. Ciao Simone, il mio non e’ un commento ma una domanda che nasce dalla curiosita’ suscitata da queste grafiche marchiate dreamstime.com. Chi ne e’ l’autore? Le trovo sempre molto suggestive.

    • è un motore di ricerca per foto shareware, dunque che si possono usare senza problemi di violazione del diritto d’autore. se ci vai e ti registri lo vedi. è un sito anglosassone, uno dei due maggiori del genere. ciao!

  21. Essere Re, ossia Re di te stesso quindi Re-sponsabile…
    Acquista un discreto fascino questa parola se vista da questo punto di vista.
    Diventiamo sovrani di noi stessi, delle nostre azioni, diventiamo REsponsabili

  22. Qualche anno fa, prima di leggere i tuoi libri, durante un viaggio di lavoro trovai sul cuscino nella camera d’albergo un foglietto con la citazione “Ci sono due scopi nella vita: il primo e’ di ottenere cio’ che vogliamo; il secondo di godercelo. Solo gli uomini piu’ saggi riescono a raggiungere il secondo” (L.P.Smith).
    Lo conservo tuttora nel mio portafoglio (complimenti al marketing manager dell’hotel!), proprio perche’ anche io, come te, vorrei essere piu’ bravo a ‘godermela’.
    Pero’ riconsiderando la cosa sulla base della tua esperienza, mi vengono due pensieri: il primo e’ che se tu non fossi cosi’, non avresti fatto downshifting e ti saresti goduto la tua carriera (e qui dico “ben venga allora l’insoddisfazione”); il secondo e’ che, da aspirante downshifter, credevo che la liberta’ raggiunta fosse l’eccezione alla regola, mentre questo post sembra quasi sottintendere che in fondo nemmeno quella, forse il piu’ straordinario obiettivo raggiungibile da un uomo, faccia eccezione…… ma e’ davvero cosi’?

  23. Per mio padre essere felici voleva dire lavorare, avere sempre lavoro, lui era un artigiano ed il lavoro se lo doveva cercare tutti i giorni. E io lo vedevo alla sera, stanco ma felice. Ho seguito le sue orme e Per anni anche io ho provato quella felicità. Poi qualche cosa è cambiato e il desiderio di cambiare si è fatto forte e finalmente ho potuto farlo. Ma la felicità è sempre la stessa. Alla sera quando pensi a cosa ho fatto, sono felice solo se ho proseguito a realizzare i miei progetti, anche solo di poco. Aver scritto un altro capitolo del mio libro o continuato i lavori alla casa del lago o anche solo se ho fatto un giro in barca e ho trovato un buon vento. Se non ho fatto almeno una di queste cose mi sembra di aver sprecato un giorno. Fare ciò che mi piace mi rende felice e quando lo sono riesco a vivere meglio con chi mi sta vicino.

  24. (…) C’è un punto, però, che contraddistingue mio padre: ha sempre voluto qualcosa che era adatto a lui. Dopo la fatica per raggiungerlo, infatti, se lo godeva. (…)
    A me, questo figlio, sembra tale a quale al padre!
    Auguri, padredisimoneperotti, puoi ben dirlo “Ah, che meraviglia!” …Hai trasmesso la libertà di essere… Un bravo maestro, un ottimo allievo, insieme…bella immagine. Auguri! Evviva!

  25. ciao simone, grazier per questo bel post che centra molto con i “pensieri da padre” che mi tengono un po occupati ultimamente.

    a proposito delle domande che mi ponevo:
    -mezzi economici per i filgi
    -tempo per stare coloro e messaggio che gli si passa
    -ma qual’e’ il modo di vivere che mi fa contento?

    avevamo detto che la terza domanda e’ quella importante.

    pensandoci, sono anche problemi che hanno a che fare tra loro ma complessita di dimensioni assai diverse.
    -la scelta di vivere sobriamente e lavorare meno e trovare il proprio modo di farlo non e’ una cosa facile.
    -pero la domanda: “ma io in che modalita di vita sono felice” implica la domanda “ma io come faccio ad essere felice?”
    Beh, questa e’ la domanda cruciale di ogniuno di noi, e’ qui che si gioca tutto. E qui la risposta e la difficolta di trovare la risposta e’ di parecchi ordini di grandezza piu complessa che la prima domanda.

    il modello di vita che seguiamo puo influenzare la nostra felicita. ma potremmo anche essere infelici anche con modello di vita “giusto”.

    penso che questo abbia molto a che fare con quel che scrivevi sui tuoi libri:
    e’ inutile ricavarsi piu tempo libero se poi non si ha in PROPRIO progetto, se poi di quel tempo libero non si sa che farne.

    Ecco, trovare “il proprio progetto” e’ il compito a cui siam chiamati nella vita. trovare quel che mi rende felice.

    porsi la domanda: meglio stare di piu con i figli o fargli avere piu soldi di prima puo essere un modo per non occuparsi del problema principale.

    perche che io lavori di piu o passi piu tempo con i figli, alla fine, quel che conta e’ io sono contento? la mia vita e’ compiuta almeno a tratti?
    riuscire a vivere (io) in maniera compiuta: questa e’ la cosa migliore per me e sicuramente per i miei figli (l’avere un padre “compiuto”).
    il resto e’ un dettaglio anche se importante.

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