Il puntino accanto

Il Golfo dall'Altavia, stamattina presto

 

Il viaggio è lungo. E ogni volta che pensi di essere arrivato a una tappa importante, scopri che su una carta geografica sei in un puntino accanto a dove eri partito. Le miglia non si misurano con la fatica, ma col solcometro, strumento freddo e ignaro. Dunque… un po’ di strada la fai ora, capendo la distanza vera

Giorni a casa, giusto due o tre, dopo mesi tra mare e strada. Su “Adesso Basta” l’avevo scritto: “viaggerete molto…”. Ma non pensavo così tanto… Ora qui, giorni per pensare, immerso nella nostalgia e nel caos. La famiglia, l’amore, la scrittura,  nuovi progetti che attendono solo il loro tempo per farsi spazio nel cuore. Quante cose può contenere il cuore di un uomo? Quante la sua mente? Quante ne riesce a fare, a elaborare, senza che nessuna patisca? Un altro metro di strada, dunque, ha a che fare con la capienza, col volume.

Stamani, sul presto, passeggiata tra i boschi dell’Altavia, a prendere qualche fungo per il pranzo, a guardare il Golfo dall’alto. Poi lavori nell’orto: cipolle, cavolo nero, aglio, finocchi, insalata. I pomodori danno e danno, quest’anno, sono gli esseri più generosi che frequento. Lavori anche alla casa, rimasta ultima in tutte le liste. Serve organizzazione, metodo. Un pezzetto di strada si fa col foglio e la penna, tirando righe sugli avvenimenti.

Quasi sera. Quando mi sono fermato, poco fa, mi sono accorto che ero stanco. Steso sul divano, ho pensato al tempo che verrà: mia madre, i miei pensieri su di me, su dove sono. La trasmissione che partirà il 25. Il libro da consegnare il 28. E poi vuoto, un’agenda immacolata. Pagine bianche da scrivere, fino in fondo. Un miglio in più si fa anche con l’immaginazione.

Ho riguardato la carta. Il puntino era un poco più avanti. Una giornata in più. L’àncora che non tocca mai il fondo della stessa baia.

 

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27 pensieri su “Il puntino accanto

  1. Un abbraccio Simone… Mia mamma sta male da vent’anni e più con la “testa” e da quest’anno con il “corpo”….
    E’ durissima, è sempre stato odio e amore verso questa donna un pò “strana” ma sto cercando di starle vicino come sento e a vivere giorno per giorno….

  2. per quel che può contare ti abbraccio da lontano, non serve a molto, lo so, ma saperti nel dolore mi fa desiderare di abbracciarti, altro non saprei. è un piccolissimo ringraziamento per avermi (involontariamente?) spinta a guardare il mondo e me stessa con altri occhi, attraverso i tuoi libri e bevendo le tue parole alle conferenze.grazie sempre.

    • grazie luna nera. non è niente di anomalo o strano. tutti soffrono per i genitori, prima o poi. io lo sapevo che non ero pronto, l’avevo anche scritto… ma va così. è la vita. non l’abbiamo fatta noi, nn possiamo che subirla. certo, in questi giorni, tutte le riflessioni sui tempi buoni, gli anni felici, mi paiono ancora più importanti… ciao!

  3. Simone,
    mi è capitato poche volte in vita mia di non avere parole… Questa è una di quelle.

    Mi sento una merda. E sono IO a chiedere a TE di perdonarmi. Non tanto per l’invasione di campo (che in fondo è implicita in un blog), ma per la pochezza delle mie argomentazioni di fronte alla trasparenza dei tuoi sentimenti.

    In bocca al lupo per tua mamma,
    Andrea

  4. Ciao Simone,
    io invece ti scrivo per proporti un’idea.
    Non so se sia una proposta malsana, la mia. Ma credo che l’Italia sia ormai “matura” per affrontare il tema del ds in chiave sempre meno “individuale” e sempre più “strutturata”.

    C’è un dibattito, in corso qui da me con un paio di lettori, sull’opportunità di affrontare il tema del ds in chiave “soggettiva” (come tu ed io sosteniamo), oppure in chiave “collettiva”, il ché richiederebbe regole, modelli economici e, per farla breve, tutta una serie di argomentazioni più “hard” e con un appeal certamente meno immediato.

    Io ho dalla mia un bagaglio di esperienze e conoscenze (per il mio vissuto) di cui – come ti avevo accennato – ho parlato a Paolo qualche tempo fa. Il mio progetto (non necessariamente a breve) è quello di proporre in Italia una trattazione assimilabile a quella di “Twilight Manager” (di M. Stweart), basato sulla realtà professionale italiana e veicolata dall’esperienza, quale appunto la mia, di un esponente del middle-management entrato in rotta di collisione con certe “logiche”.

    Se ti va di scrivermi, mi piacerebbe se non altro un tuo parere in merito. Premetto che non voglio pestare i piedi a nessuno! Vorrei soltanto mettere la mia esperienza a disposizione di chi potrebbe averne bisogno. E, per farlo, ho però prima bisogno io di te! 🙂

    Ciao,
    Andrea

    PS
    Come al solito, non occorre che pubblichi questo mio commento!

    • Andrea, ciao. mia madre sta molto male. io ho una grande tristezza nel cuore. Ce la faccio a malapena a portare avanti le mie scelte senza compromessi eccessivi. Perdonami, non è menefreghismo. E’ che tutto mi sembra così privo di senso. Io non ce la faccio. E forse non ci credo neppure. Ma ti ripeto, hai tutta la mia stima in ogni tuo tentativo. sono solo io che non riesco ad andare oltre. Farò delle cose, le ho in mente, appena posso. Ma per il momento, hai solo il mio piccolo e individuale incoraggiamento.

  5. Ciao Giulia, ho visto che stai preparando una tesi sul lavoro (università di Genova). Anche io scrivo un capitolo della mia riguardo al cambiamento del lavoro in favore del benessere personale, e anche io ho iniziato con i libri di Simone. Potremmo scambiarci qualche idea, se ti interessa la mia mail è tommella90@hotmail.it
    Chiedo scusa a Simone se sfruttiamo il suo blog!

  6. Ciao Simone,
    sono una laureanda in “Comunicazione e società” all’Università degli Studi di Milano.
    Vorrei, nella mia tesi, approfondire l’argomento legato al cambiamento del lavoro per raggiungere il benessere personale.

    Oltre alla teoria, ho bisogno alcune interviste per dimostrare che un cambiamento di questo genere è possibile.

    Mi piacerebbe inserire all’interno anche un tuo intervento, visto che utilizzo come base i tuoi libri.

    Forse sto chiedendo troppo, ma io ci provo lo stesso.

    Grazie

    Giulia Flamà

  7. Io invece ho un’altra curiosità : come fai a gestire un orto che non curi per mesi?
    Io il mio basta che lo trascuri una settimana e sono cavoli ( metaforicamente parlando…).
    Specie quest’anno che c’è stata cosi tanta siccità …

    • gianluca, ciao. intanto il mio non è affatto un orto perfetto, al contrario! a volte è pieno di erbacce, a volte è lindo, a volte sono in ritardo, a volte riesco a fare la pacciamatura, a volte… La cosa che funziona meglio è l’irrigazione goccia a goccia, e piano pinao anche la scelta delle cose da coltivare. mi rendo conto che è un piccolo orto mediocre, ma cresce piano piano, migliora di volta in volta. sempre come posso, come viene, ma anche senza mai smettere di farlo. il miglior orto per me sarebbe impossibile. A volte vengono bene le cose, a volte meno, a volte no. un po’ come tutto il resto, se ci pensi. ciao!

  8. Non ti fermare, Comandante..quel puntino, anche quando pensi di essere fermo, finalmente all’àncora nella tua baia, continuerà a spostarsi..un’oscillazione costante tra due punti di dimensioni infinitesime..emozioni e pensieri che si rincorrono. Quanto può contenere il cuore di un uomo? quanto la sua mente? Io non so rispondere. Per me ogni pensiero aggiunto, ogni emozione, scinde e rimoltiplica lo spazio. Nell’umano sentire, la Fisica non regge..

  9. “Quante cose può contenere il cuore di un uomo? Quante la sua mente? Quante ne riesce a fare, a elaborare, senza che nessuna patisca? Un altro metro di strada, dunque, ha a che fare con la capienza, col volume.”

    Credo che la risposta a tutte le tue domande sia “infinite cose”, Simone.

    Le nostre risorse – le risorse di chi “vive davvero” – sono inesauribili. Solo chi le ha messe a dura prova, con il proprio coraggio, la propria intraprendenza, a volte con la propria incoscienza, può capirlo!

    Ci vuole immaginazione a fare un miglio in più, a fare spostare quel puntino. Ma ci vuole la determinazione dei Grandi, a fare girar la pagina della cartina…!

    In “Camminare”, Thoreau concepisce così lo spostamento di quel puntino…:
    “Se sei pronto a lasciare il padre e la madre, e il fratello e la sorella, e la moglie e il figlio e gli amici, e a non rivederli mai più; se hai pagato i tuoi debiti, e fatto testamento, se hai sistemato i tuoi affari, e se sei un uomo libero, allora sei pronto a metterti in cammino.”

    Un caro saluto a tutti i puntini in marcia,
    Andrea

  10. @ Red Ma grazie, anche se mi sembra un po’ molliccio l’impasto. De gustibus. Interessante video, me lo son visto tutto, splendidi panorami. Se sei andato oggi, a Camaldoli, non ci siamo visti per un pelo, causa pigrizia. Ma tanto non ci saremmo riconosciuti comunque. Eh, le conseguenze ovvie della virtualità.

  11. Ciao Simone, mi chiamo Tommaso, mi sto laureando (se va tutto bene gennaio) e sto preparando la tesi sulla decrescita e sulla semplicità volontaria. Qualche anno fa ho letto Adesso basta e diciamo che l’idea e poi tutto quello che ne sta venendo fuori è nata lì.
    Se ti interessa ti mando quel che ho scritto (non ancora molto). E volevo anche chiederti se ti posso citare come esempio (se me lo fanno fare: la parte “empirica” non è richiesta).
    Grazie! Tommaso

  12. Meraviglioso l’ appennino!
    Sono stato a Camaldoli e la zona é idonea alle emozioni, a rivolgere il pensiero verso altre cose rispetto al quotidiano. Sarà anche per quella
    suggestiva ambientazione che vi hanno costruito l’Eremo.
    Luogo da funghi! E da gambe assai buone, il terreno ha pendenze anche superiori a 50°. Vale la pena che consideri l’ acquisto di ramponi se volessi tornarci e inerpicarmi per i
    tragitti più impegnativi.
    Poi ho appreso lì in zona dell’ esistenza di un castagno plurisecolare davvero da vedere. Ne avevo già visti alcuni, ma come questo no!
    http://it.wikipedia.org/wiki/Castagno_Miraglia

    @Silver
    per cui ero in debito per la spiegazione della minestra celestina, portare il video a 6:10 per dei signori canederli
    http://www.youtube.com/watch?v=hG2J-HatyRk&feature=related

  13. Ma non sono i verbi a denotare l’azione? Il resto indica oggetti, soggetti e sfumature legate a questi. Tutta questa incitazione all’azione e poi niente verbi, bah.

  14. Bello fare miglia, poi fermarsi e vedere quante da dove… Che bello misurare la rotta, anche se sappiamo già dove ci troviamo. Basta correre così veloci, senza capire neppure dove ci troviamo! Oggi, per me, è un giornata importante. Oggi per me è una giornata importante. Me lo ripeto anche se non succede niente di speciale…

  15. E provare a rallentare ? E lasciar andare alcune delle “opportunità” o dei possibili impegni ?
    Io ci ho messo molto a capirlo e a trovare i tempi giusti per me. Penso di non esserci ancora riuscito del tutto (il lavoro fa ancora la parte del leone), ma almeno riesco a concedermi un tempo interiore più ampio per risistemare i pensieri, per dar loro il tempo di sedimentarsi e di dare un rimando di senso e sul come andare avanti (forse anche in ciò consiste quell'”apprendere dall’esperienza” di cui parlava un noto psicoanalista).

    • nelvento, ciao. Dal 28 ottobre avrò esaurito qualunque impegno. Qualunque, non c’è niente in agenda. Più di così… POi, naturalmente, mi verrà voglia di fare mille cose. Ma poi. E allora vedremo. Al momento devo uscire in barca coi Nomadi a vela il ponte dei morti, ecco. Nulla più. In questo momento è anche meglio… ho il cuore in subbuglio, la mente piena di pensieri. Non posso fare molto, se non scrivere. ciao!

  16. Perché usi pochi verbi nei tuoi scritti? Accosti parole che descrivono sensazioni, azioni, stati d’animo come se volessi evocare più che dire, segnare, incidere. Mi piace come scrivi, ma mi chiedo se hai mai riflettuto su questo aspetto: è paura di scalfire il mondo? É voglia di lasciare incompletezza intorno? È perché non ti viene la parola?

    • Ciao Fulvio, non lo so. Penso dipenda dal media. Scrivere un articolo, un saggio, un romanzo, un post su un blog, un pecco online… implicano linguaggi diversi. Qui, su questo Piccolo Cabotaggio, io registro sensazioni, momenti. Su un diario di bordo si scrive in modo analogo, magari senza altre cose. E’ tipico della letteratura di viaggio, della diaristica, delle note o degli appunti su un foglietto. E questo sono le pagine che vedi. Appunti, a volte senza verbi… Spero con qualcosa dentro, tuttavia. Ciao!

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