Ri-solversi

Il cantiere del pontile sul bosco

Sulle difficolta’. E’ da ieri che ci penso, dal messaggio lasciato da Red al mio ultimo brano “Settimane”. Citava il blog di un anziano velista nordico che parlava dei probllemi da risolvere, di come lui ne avesse tanti e della societa’ com’e’ strutturata oggi, che ci chiede di barattare la nostra liberta’ con la garanzia di averli tutti risolti. E’ un grande punto questo. Uno di quelli centrali.

Ci pensavo mentre costruivo il mio pontile nel bosco. Una scaletta, un molo e, in fondo, uno slargo. A picco sul bosco scosceso, invece che sul mare. Tutto di legno. Mi sono accorto, a un certo punto, che erano le tre di pomeriggio. Non avevo preso che due caffè’, verso le sette del mattino. Poi avevo lavorato otto ore senza interruzione, ma anche senza accorgermi del passaggio del tempo. Mi capita quando lavoro manualmente, quando costruisco qualcosa, che siano le mie sculture o una piccola opera per la casa. Anche quando lavoro a bordo va cosi’. E quando scrivo. In ognuno di questi casi sono concentrato, mi perdo nelle prospettive, nei tentativi. Il tempo scompare, come la fame, la sete, la stanchezza.

Anche quando ristrutturavo questa casa andava cosi’. Arrivavo il venerdi’ sera da Milano e in pochi istanti era domenica sera. Dovevo gia’ rientrare. How long is a minute?

“Datemi una vasca da fare a nuoto, una barca da condurre in burrasca, una montagna da scalare” esclamava Jack London nel suo slancio vitalista. Datele anche a me, come anche il freddo quando mi sveglio e fa quasi paura uscire dal letto, come la legna da spaccare quando devi accendere il camino, come la stufa da non usare se non quando e’ proprio necessario, perche’ il pellet costa, come i piatti da lavare a mano, come la casa da pulire perche’ non ho donne a servizio, come cucinare, come fare la spesa, come curare l’orto, come tappare la via d’acqua del tetto, come bordare le vele quando s’alza il Maestrale, come ormeggiare da solo, senza spazio per la manovra, in un porto sconosciuto… Datemi queste difficolta’, che non siano superiori ai miei mezzi, perche’ siano affrontabili con coraggio e determinazione. Datemele perche’ io possa tentare, sorridendo, ma con impeto e ottimismo. Datemele perche’ senza questo, senza piu’ muscoli e tentativi, senza ostacoli superati da guardare con soddisfazione, non saprei piu’ vivere. Datemeli e lasciatemi la liberta’. Non la baratto per quel po’ di fatica che risparmierei. Vale molto, molto di piu’. Ed e’ fatta di fatica buona.

Spunto molto importante, grazie Red.

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47 pensieri su “Ri-solversi

  1. Le risorse sono spesso dentro di noi o molto a portata di mano… Solo che non c’è la giusta luce per vederle. E una piccola risorsa che prima non vedevamo ha la capacità, direi magica, di produrre altra luce che ci fa vedere altre piccole risorse che non sapevamo esistessero… Il cambiamento è interiore, del tutto personale e può nascere solo quando noi siamo pronti per attuarlo o la vita ci indica (anche nostro malgrado) le condizioni favorevoli affinché questo si sviluppi e cresca…
    Ogni giorno, quella piccola cosa che ho scoperto di saper fare mi indica una strada che c’era anche prima e mi stupisco di come io possa non averla vista e di come fosse stata sempre lì, vicino a me e pronta per essere percorsa…

  2. Ciao Simone,

    sono un ragazzo di 18 anni. Seguo il tuo blog e la tua storia con profonda stima e ammirazione. Volevo chiederti un parere, per certi versi un consiglio: come può un futuro neodiplomato “scollocarsi” se sostanzialmente non è ancora “collocato”? Non voglio perdere il piacere di scoprire autonomamente chi sono e che cosa voglio percorrendo strade già fin troppo battute e imposte da un sistema ormai in fin di vita: temo che frequentando un’università, cercando un posto di lavoro e accettando catene di compromessi non valorizzerei anni preziosissimi, rinunciando per sempre alla possibilità di fare ciò che mi rende davvero felice.

    Grazie per il tuo tempo.

    • Daniele, fai quel che devi e puoi. Oggi però “scollocarsi” significa fare le cose diversamente:
      – non sempre e solo per interesse, ma cercando di coniugare passione vera con quel che ti serve
      – occupandoti di ciò che davvero ti appassiona
      – con uno stile di vita sobrio, che tagli tutto il superfluo e badi a quel che ti serve davvero
      – focalizzando denari ed energie, smettendo cose, azioni, gente che non ha a che fare col tuo sogno
      – accettando il prezzo delle proprie scelte.

      Questo e molto altro è scollocarsi. dunque vale per tutti. ciao!

      • simone says:

        12/12/2012 at 18:57

        …e non ho mai, tantomeno ora, provato la tentazione o la voglia di dire agli altri quello che devono fare.

        (!)

  3. A lato di quella palificazione ci starebbe bene una Vinca major aureovariegata; ne basta una pianta, poi è sufficiente interrare gli stoloni per ottenerne di nuove per propaggine. Altrimenti provvede la pianta stessa. Darebbe colore tutto l’anno con le foglie di un bel giallo crema e in più ha una splendida fioritura, il blu pervinca della casa, in primavera; inoltre ammorbidirebbe l’impatto visivo della palizzata, visto che è in un bosco.

    http://www.verdiincontri.com/piante/V/Vinca_major_Variegata.htm

  4. Ho letto commenti stimolanti che condivido. Provo ad aggiungere qualche riflessione.
    Ciò che identifichiamo come problema non deve per forza assumere una connotazione negativa.
    La capacità -in sè- di ragionare dietro a qualcosa a cui far fronte non é delegabile ad altri, se non ne veniamo a capo possiamo avere bisogno di una valutazione esterna, o comunque un confronto anche con persone che condividano le nostre priorità può apportare spunti sempre utili, ma ad ogni modo la fatica di applicarci non la possiamo delegare ad altri. Sennò si abbassa sempre più il livello dell’ asticella. É un impigrirsi che non fa bene, come quando si vede una persona che per fare due conti al supermercato prende in mano il cellulare per usare l’ applicazione calcolatrice…
    La creatività va allenata. Le cose a cui riusciamo a dare risoluzione ci danno soddisfazione, autostima; se la loro risoluzione la delegassimo sempre agli altri verremmo a perdere l’ appagamento di essere stati proprio noi, capaci in un qualche modo, ad averle gestite.
    Mi torna in mente una confidenza di tanti anni fa di un mio buon conoscente che mi aveva raccontato quanto era stato impegnativo il corteggiamento (entro i limiti della correttezza) di una ragazza del suo gruppo di amici che inizialmente gli aveva detto che non ci poteva essere possibilità fra loro e in seguito si sono messi assieme per alcuni anni. Mi ricordo che mi raccontò quanto aveva faticato, sperato, desiderato di potere essere preso in considerazione, ma poi che soddisfazione gliene era derivata da una conquista che era stata così impegnativa adata a buon fine. Sì, certo, l’ avere a che fare con una relazione, con un’ altra persona é affare differente da quello di cui si sta parlando in questa discussione. Però lo spirito con cui aveva affrontato questa esperienza era stato positivo, non si era buttato giù per un rifiuto; un poco sì, ma aveva reagito. Quante volte invece sento raccontare che le persone quando vengono rifiutate la vivono davvero male.
    Per me é salutare uscire dalla logica diffusa dell’ idea di fallimento quando si affronta una difficoltà e non si hanno subito esiti positivi. É facile trovarsi accerchiati da persone pronte a gufare e cambiare velocemente opinione riguardo le conseguenze delle nostre sperimentazioni. Sì sperimentazioni, perché non nasciamo imparati. Ma, come abbiamo detto altre volte, il darsi da fare, l’ attivarsi, il cambiamento in sé non può fallire, in quanto é un processo di apprendimento. Forse non arriveremo alle aspettative che avevamo pensato o perlomeno si realizzeranno in maniera un po’ differente da come le avevamo immaginate, ma ci troviamo comunque in cammino e questo da qualche parte conduce.
    Non esiste una migliore maniera in senso assoluto di ottenere risultati, sono persuaso che abbiano eguale diritto differenti interpretazioni personali sia di ciò che rappresenta un problema per ognuno di noi che di conseguenza la maniera di dargli risposta.

    • Sentir parlare di riuscire o fallire nell’ambito delle relazioni personali mi fa accapponare la pelle. Manco fosse una competizione con un obiettivo da raggiungere. O una tacca in più da incidere.

      • No. Non mi riferivo alle relazioni mettendole sullo stesso piano di ciò che (di natura inanimata) ci si prefigge individualmente di organizzare per raggiungere obbiettivi. Mi riferivo all’ attitudine a non buttarsi giù di fronte ad aspettative che non trovano immediato riscontro.

        Scusa, ma da cosa si evince da ciò che avevo scritto che il riuscire a formare un legame é assimilabile a potere segnare una tacca in più di cui potersi vantare?

  5. ciao Simone. Dove hai trovato le assi che delimitano il percorso? devo recuperarle pure io per il mio nuovo orto ma in falegnameria costano troppo….buona costruzione. ciao

    • Stefano, ciao. Un amico che sta samntellando un cantiere perché chiude l’attività della sua piccola impresa edile e si mette a lavorare meno come individuo. Sta vendendo tutto e quel che non vende ma gli costa di rimessaggio lo regala. A me! Viti, un badile, assi da ponteggio da 5, quadrelli 10×10, travetti da tetto… Fantastico. Forse però non mi basteranno. Vedremo. ciao!

  6. A volte ho le impressioni che le mie giornate durino più di 24 ore, perché riesco a farci stare tantissime cose (tra ciò che devo e quello che voglio fare). E quando sono concentrata verso un obiettivo, non mi accorgo di fame e sonno. Sono completamente assorbita da ciò che faccio.
    I problemi sono una “palestra” per la nostra vita, servono a farci sviluppare talenti e istinti che spesso ricopriamo di fuffa.
    Hai mai fatto caso che le persone che hanno davvero problemi, anche seri, sono quelle che più si danno da fare senza lamentarsi? sono quelle che trovano sempre il modo di inventarsi una via d’uscita.
    Poi ci sono quelli che invece di risolvere preferiscono lamentarsi, aspettando che arrivi qualcuno o qualcosa a risolvere tutto… fortuna o provvidenza che sia!
    Buona costruzione!

  7. Dai, Simone, che il pontile viene bene!
    Scusa per l’OT, ma oggi l’ISTAT ha parlato di soglia di povertà. Io, per loro, sicuramente sarei sotto questa soglia. Eppure non mi manca niente: ho una piccola casa, riscaldamento gratis (basta prendere la legna caduta), un vecchio camper con il quale mi posso permettere vacanze da favola, cibo in parte gratis, non vado mai al ristorante perché so cucinare (magari invito gente), eppure spendo pochissimo, quindi devo guadagnare e lavorare pochissimo, quindi per l’ISTAT sono povero!!!
    Non ti sembra un pò come l’inganno dell’inflazione di cui tu parli nei libri?

  8. La fortuna è il catalizzatore
    È l’ingrediente fondamentale senza la fortuna non vai da nessuna parte
    Non conta se ne serve in grammo o un kilo, senza non si accende la reazione, non succede, il risultato non arriva. L’impegno é importante, ma senza catalizzatore, non basta.
    Ciao

    • Ciao Marco,

      non so bene cosa intendi tu quando parli della fortuna.

      Io spesso non sono daccordo all’importanza che si da alla fortuna.
      Il caso gioca sempre un ruolo importante distribuendo momenti piu o meno forunati sui nostri cammini.
      Io penso che se ci impegnamo, se riusciamo a persistere con i nostri progetti e se ogni tanto mettiamo in discussione i nostri progetti e la via che stiamo percorrendo, allora prima o poi riusciremo a proseguire. Magari non nella direzione o nel modo esatti che avevamo immaginato pero andremo avanti.

      poi alle volte la fortuna si fa attenedere anche tanto o troppo.

      tu cosa intendevi dire?

      Saluti
      Marco

      @ Simone,
      bella foto, le assi che hai messo giu mi ricordano il lavoro che ho appena iniziato nel mio giardino per delimitare quello che sara il mio orto.

      • Ciao Marco
        Il senso é che si, ognuno è artefice del proprio destino, perché se non ci si da da fare, se non si persegue qualcosa con costanza e spesso con fatica, non si ottiene nulla. Ma non basta, serve quel piccolo aiuto dalla fortuna, che se arriva allora da significato ai nostri sforzi, ma se non arriva gli sforzi restano vani, il risultato, l’obiettivo non arriva. È non c’é niente da fare se non accettarlo serenamente
        Ciao

    • Qualche fortuna, prima o poi, arriva per tutti. Il punto e` che, quando arriva, bisogna sapere riconoscerla e saltare in fretta sul suo treno. La maggior parte delle volte ci rendiamo conto che era proprio lei, la fortuna, solo quando e` passata e il treno e` ormai lontano. Oppure non ce ne rendiamo conto affatto.

    • io non credo molto alla fortuna, ma all’energia. Noi siamo come automobili, se non metti la benzina si fermano. Solo che se si ferma un’auto noi diciamo: “cavolo, la benzina!”. Quando qualcosa va male a noi parliamo di sfortuna. Ma non avevamo messo la benzina! Quale sfortuna! Perché nessuno si preoccupa mai di far andare bene e manutenere il motore della propria vita? E’ imperizia, mancanza di cautela, mancanza di cura. L’energia dentro di noi finisce, e tutto va storto. Perdiamo mogli, mariti, lavoro, amicizie, affari… e la chiamiamo sfortuna. Mai visto una persona che si prende cura della sua energia, di produrla, di rigenerarla quando sta finendo, essere… sfortunata! Come mai?
      Il tutto al netto di ciò che fa parte della nostra vita e a cui non pensiamo mai, naturalmente, come fulmini, frane sulla nostra testa, incidenti automobilistici. Ma si tratta comunque di casi percentualmente irrisori rispetto alla gran massa degli uomini. Ancora una volta, a me interessa la maggioranza.

  9. Possiamo anche vivere nascosti in una grotta, ma le difficoltà della vita prima poi ti vengono a cercare. Non c’è niente da fare, quelle sentono il tuo odore, il tuo respiro, seguono ogni tuo piccolo movimento e come cani impegnati in una battuta di caccia ti tirano fuori dalla tua tana, ti alitano sul collo, mordono i tuoi polpacci fino a farli sanguinare.
    Se però riusciamo a portarle sul nostro terreno più congeniale, a giocare la partita in casa, a viverle e ad accettarle sulla nostra linea di minore resistenza, a renderle per quanto possibile fisiologiche all’interno di un percorso liberamente scelto, anche le difficoltà possono diventare stimolo, assumere valore, guadagnare senso.
    La fatica invece, diventa quasi insopportabile quando gli ostacoli si presentano su una strada che già percorriamo trascinando i piedi, quando ansimiamo sfiancati da una corsa scomposta verso illusori miraggi, quando vaghiamo senza direzione, ‘Aspettando Godot’, indeboliti dall’inesorabile passaggio di tanti anni persi in una vita che non ci corrisponde.
    Ciao

  10. Questo post sviluppa tutto quello che è contenuto in una mia tipica espressione che ormai conoscete “da quando non lavoro, lavoro tanto” e non è mai troppo aggiungerei. Questo e altri meravigliosi paradossi apparenti sono stati l’aspetto più rivoluzionario ed vivificante del mio personale percorso. Ed ecco che quel “tempo libero” tanto sognato non lo voglio più,non ESISTE più neanche il concetto, perchè è “occupato” da qualcosa di talmente essenziale, gratificante (per te e per gli altri), primario…che non potrei essere altrove, mi fa sentire a posto, non vorrei essere altrove, non in un posto più caldo quando ho freddo, non in un posto più pulito quando è tutto incasinato,non meglio vestita di come io sia adeguatamente malvestita stamattina, in preda a cucinare preparati , scorte, conserve per la settimana (si risparmia un sacco!)Non ho un “posto” ma non mi sono mai sentita più a posto di così.
    Sì Sì datemi tempo occupato,occupazioni antidoto alle preoccupazioni,mettetemi in difficoltà che imparo (elisir di giovinezza),fatemi stirare montagne di roba mia e per la banca del tempo,non superarare il budget è il mio videogame, camminare, fare le scale, 200mq di mocho sono la mia palestra, guardare in vendita tutto ciò di cui non ho bisogno mi dà quel potere che non avrei la sensazione di avere se potessi comprare tutto.
    E chi era poi Montaigne? che diceva che la “povertà non è avere poco, ma avere bisogno di tanto”. E con una citazione incerta,imperfetta, forse ignorante, di cui mi scuso sempre ma ormai non mi vergogno più, vi bacio. Ciao.

    • Carmen Maira… Come non essere d’accordo con te? Se si possono riassumere i concetti che esprimi in una parola direi: “decontaminazione”.
      Il mio nonno, che era un uomo veramente saggio, classe 1907, una guerra da bambino e l’altra da prigioniero in Germania, a proposito del boom economico degli anni ’60 diceva: “Tutti bravi a guadagnare soldi… Voglio proprio vedere se saranno altrettanto bravi a non spenderli quando si accorgeranno che il denaro non basta mai…”.

      • io sono nata 68 anni dopo e dico le stesse cose a mia madre che è ancora convinta di “non avermi fatto mancare niente” grazie al suo lavoro… punti di vista!

    • Finora avevo avuto la possibilità di conoscere solo la tua simpatia, ma ti confesso che questo post mi ha colpito davvero molto. L’idea di sentirti nel posto giusto, l’unico dove vorresti e potresti essere, la certezza di non poter essere altrove…è ciò che rincorro da molto tempo, ma io vago ancora “altrove”…complimenti a te e alla serenità che traspare dalle tue parole…

      • simpatica io? grazie,sono commossa,perchè storicamente passo per cinica machiavellica… e stronza và! come si cambiaaaaaa …per non morireeeeeeee….

  11. questa mattina, e altre mattine farei volentieri anche io queste fatiche che mi fanno sentire stancamente bene, invece di affogarmi nel traffico della metropoli cittadina e ubriacarmi con le ondate di parole nel palazzo della regione! AIUTO! prima o poi troverò il coraggio e la consapevolezza di un tempo per scelte sane. Ma per questa mattina, con un sole e una neve che mi inviterebbero ad andare altrove, mi tocca, ma non ancora per molto. Buona mattina a tutti!

  12. Tra l’altro fosse vero che rinunciando alla propria libertà si risparmia fatica. Vivo a Colonia e sono in piedi dalle 5 per andare a Shannon ad incontrare, nell’era di Skype, un collega americano. Arrivo a Düsseldorf e sono costretto ad aspettare per via di uno sciopero del personale adibito ai controlli di sicurezza. Non mi arrabbio, anche se questo vorrà dire arrivare a Shannon questa sera, alle 21. Penso con soddisfazione a come un piccolo gruppo di persone sia in grado di fermare questo sistema incrociando le braccia. Mi preparo anche io ad incrociarle per iniziare ad utilizzarle veramente.

    • O mio dio Michele… Dusseldorf, EssenN Gelsenkirker… Che brutti ricordi. Non sono molti in europa i posti piu’ brutti di quelli.
      Ma soprattutto tu che vai a Shannon alle 5 di mattina… Mi hai fatto ricordare tutto… In bocca al lupo…

        • non è brutta? Una città in cui il monumanto civico è un cumulo di carbone, in memoria dei minatori… a parte due viette del centro “storico” è un posto orribile… alle 19.30 a parte il grande albergo dove c’è un ottimo ristorante giapponece con teppaniaky, non si riesce più a mangiare…
          Ma comunque, fosse stato anche bello, io non ne avrei potuto godere. Lavoravo a basta. Forse anche per questo me lo ricordo orribile…

          • Il carbone:
            il peccato e’ che in molti posti della nostra regione. (abito a un’ora da Düsseldorf). Anche tante case siano state costruite in un contesto di poverta (minatori) con materiali (quelli che avevano a disposizione) che col tempo son diventati grigi o neri e danno quasi l’impressione che si respiri ancora carbone.

            io per fortuna vivo in un angolino felice che ha meno l’aria da posto da carbone e quando passo da düsseldorf Gelsenkircher un po tristi li trovo.

            Pero niente paura, si vede la luna persino da qui…

            Anche da ste parti per esempio sai quante famiglie ci sono ancora che hanno anche un pezzo di terra attorno alla loro casa di sta pianura che sembra sempre uguale e ci vivono bene?

            anche da ste parti un prato al sole su cui giocare con i bambini o su cui coltivare qualche cosa c’e’ e il contatto con la terra fa bene anche alle persone di qui.

            Poi anche io preferirei abitare dove abiti tu, ma a me la vita m’ha portato qui. e la mia vita fin’ora mi piace: ha i problemi che sono adatti a me…

            Saluti
            Marco

            p.s. oggi e’ una di quelle tipiche giornate uggiose autunnali in cui i muri grigi tipo carbone sembrano ancora piu tristi

          • marco i luoghi dove ci porta il lavoro non sono mai un granché, e neppure come siamo costretti a viverli. però è altrettanto vero che come il lavoro ci porta lì ci porterà anche altrove. io sono vissuto 9 anni a Milano, dunque sai, di posti non proprio una meraviglia me ne intendo abbastanza. quando da milano andavo a dusseldorf e ritorno sembravo uno che aveva proprio sbagliato tutto… ciao! (scusa se sono stato ruvido su Dusseldorf, non volevo parlar male del posto dove vivi. E’ che mi è uscita così… Ricordi…)

          • Simone,
            non me l’ero presa.
            tra laltro io vivo in una cittadina che e’ decisamente un po piu carina e vivibile per i miei gusti. per lo meno nei quartieri dove abito io.

            saluti

          • Pero ripensandoci, povero simone. Non puoi dire sul tuo blog che un posto non ti piace e subito io ho voluto dire la mia.

            Che fatica deve essere la comunicazione. Scusami,
            Marco

  13. Ciao Simone, la libertà … ho sempre pensato che è la cosa per cui vale la pena lottare fino a che ne hai le forze e …lo penso ancora, ma, accidenti, scopro sempre di più che a privarmi di essa non è la società, sono io stessa , che intrappolata nelle gabbie costruite negli anni , adesso non mi autorizzo, non ho il coraggio di viverla la libertà e riempio la mia vita di alibi , nell’attesa di un valido pretesto o di qualcosa più grande di me che mi tiri fuori, facendo melina e prendendomi in giro … ma forse questa è un’altra storia, un altro tipo di libertà.
    Grazie
    Donatella

    • Donatella e’ sempre cosi’, per tutto. La storia piu’ fantasiosa che l’uomo ha saputo costruire e’ quella per cui cio’ che ci accade sarebbe in massima parte casuale e soprattutto non dipenderebbe direttamente da noi. E allora da chi?

      • dipende dalle risorse…

        se hai tante risorse (perchè le aveva la tua famiglia o per altri motivi) la probabilità che tu possa non essere schiavo è piu’ elevata altrimenti è molto alta. Le altre cose sono solo percezioni

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