Dieci

Con e senza fascetta

Siamo in dieci, in famiglia. Dieci libri, con questo. Dal dieci gennaio 2013. Cominciamo a essere una voce larga, un piccolo coro. Ognuno dice la sua, naturalmente. C’è sempre una grande confusione a casa. Ognuno dice almeno una cosa: quello che sono, che penso, che studio, che vedo. Uno scrittore è questo: uno che fiuta, pensa di capire un filo almeno della grande trama, e allora prova a vedere, poi guarda, infine scrive. Dunque comunica. Con che beneficio? Ogni volta uno diverso: informare, far porre domande, oppure emozionare, riconoscersi, sentire. Sentirsi.

Ecco. “Dove sono gli uomini?” è nato oggi. Non è ancora in libreria, ci sarà dal dieci gennaio. Ma c’è, fisicamente. E’ venuto alla luce, uscito dalle rotative. E’ nelle casse, finirà nei pacchi, verrà portato in tutta Italia, e anche altrove. Farà chilometri. Oppure percorrerà veloce le fibre ottiche, l’etere, si farà compresso e poi si dilaterà in qualche lettore di eBook. Coglierà il suo obiettivo? Qualcuno si emozionerà, saprà, inizierà a farsi domande, a tentare flebili risposte? Chissà

Io l’ho scritto dopo anni di interrogativi, di cose che non mi tornavano. E non l’ho scritto io: lo hanno scritto decine di donne tra i 30 e i 50 anni. Io ci ho messo solo cuore, testa e soprattutto penna. Donne single o in compagnia, non fa differenza, perché sono comunque rimaste sole. Sole nel dialogo, nell’azione, nel sesso, nell’emozione, nel progetto, nella quotidianità minuta con cui, forse, ci si accompagna davvero a qualcuno. Sole. Per la prima volta nella storia.

Non c’è mai stata una generazione di donne sole. E’ la prima. Come non c’è mai stata una generazione senza uomini. Le due cose sono collegate, ma come? Il nostro mondo, fatto dagli uomini decenni fa, decàde velocemente, inesorabilmente… Che sia anche per questo?

Per voi, in anteprima, un breve brano del libro. Il dieci gennaio. Ciao.

Un uomo colto che stimo molto, di poco più grande di me, mi ha confidato che per lui trovare un amico con cui passare una serata piacevole non è mai stato facile: «Per quasi due decenni ho sudato sette camicie ad avere amici maschi, e con profonde e memorabili delusioni. Quando penso: “Stasera berrei una birra con un amico parlando di tutto, dal calcio alle donne, dalla vita ai viaggi, dall’economia alla politica, e magari discuterei volentieri un progetto per l’anno in arrivo” vengo colto spesso da una grande tristezza. Mi rendo conto che per una serata così sarebbe meglio un’amica. Sarebbe certamente più divertente, avrei la sensazione di poter dire e ascoltare di tutto, magari riuscirei a buttare sul tavolo una buona idea, a programmare qualcosa che poi, con buona approssimazione, potrei realizzare, coinvolgendo altre persone. Una donna mi parlerebbe di sé e saprebbe riferire storie che altre le hanno raccontato. Potrebbe perfino trascorrere tutta la serata senza lamentarsi mai, o solo lo stretto necessario. Sarebbe quasi certamente informata sui libri appena usciti, avrebbe seguito qualche dibattito sui giornali, facendosene un’opinione personale.
Tra cena e dopocena potremmo avere momenti d’ironia e di serietà, alternando gli argomenti, riuscendo a divertirci e a  commuoverci. Ci saluteremmo grati e senza imbarazzi». Mi è parso, con qualche eccezione, di non potergli dare torto.

Ho chiesto a un’amica cosa ne pensasse di questa situazione. Mi ha guardato con gli occhi sgranati: «A noi lo dici?!». Pare che le donne di oggi tra i 30 e i 50 anni facciano sforzi sovrumani per trovare un normale interlocutore maschio, né genio né somaro, con cui avere un rapporto disinteressato e autentico, di qualsivoglia natura, senza dover fare necessariamente le mamme, le zie o le badanti. Tanto che molte hanno smesso di cercare. «Troppa fatica, troppo lavoro, troppa concorrenza, troppe delusioni.»
Una resa incondizionata.

Ma che succede? Dove sono gli uomini, fisicamente e metaforicamente? Soprattutto, che cosa fanno mentre un esercito di donne li cerca e non li trova? Perché le donne sono tutte in giro, in viaggio, da qualche parte, spesso tra di loro, intente a fare o progettare qualcosa, mentre gli uomini sembra che si siano nascosti e non rispondano alle invocazioni che giungono da ogni parte? Dove sono i protagonisti di sempre della scena sociale, quelli che sono sempre stati al centro della piazza, della spiaggia, del bar, delle storie? Perché sul palcoscenico ora sembra che ci siano soltanto donne?

Nel mio ruolo di osservatore attento e quasi maniacale della società mi pongo spesso domande impossibili. Servirebbero chissà quali strumenti sociologici e psicologici per capire, analizzare, confrontare, decodificare. Ma le domande sono lo scandaglio più democratico e popolare della realtà, e io me le pongo. Anche perché il fenomeno è macroscopico, talmente consolidato da costituire tra le donne argomento corrente, e lascia spazio a un’evidenza: parlare degli uomini, in questa nostra età del mutamento, è assai difficile. Per farlo, oggi più che mai, occorre parlare con le donne, ascoltare le loro storie, farsi raccontare
le loro avventure e disavventure, sfidando le leggi della riservatezza e i limiti della buona educazione e tentando di collegare fatti e circostanze che ogni donna considera isolati, e rispetto ai quali magari prova sentimenti di colpa, ma che invece sono profondamente collegati tra loro e inseriti in una dimensione collettiva. Ne emerge un affresco mai visto, a tratti orribile, profondamente diverso da quello che pensavamo di conoscere. Una «normalità anomala», diversa da qualunque quadro offerto dalla letteratura, dalla cronaca, dall’iconografia e dalle convinzioni. Ecco perché questo libro è fatto soprattutto di racconti. Per comporre il quadro complessivo occorre usare la tecnica del mosaico, posando le tessere le une accanto alle altre e prendendosi la responsabilità di lasciar emergere gradualmente immagini deprimenti, perfino agghiaccianti, capaci di coinvolgere autore e lettori nella visione d’insieme finale.

Nelle storie che racconterò, tutte autentiche (pure se con nomi e circostanze cambiate), raccolte direttamente da me o riportate dalle tante donne che hanno contribuito per anni alla mia ricerca, è possibile trovare qualche risposta e molti nuovi interrogativi. Storie, dati, ricerche, opinioni, tutto concorre a costruire un quadro molto diverso dal passato, e soprattutto a rilanciare una domanda: dove sono gli uomini?

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88 pensieri su “Dieci

  1. Un libro di storie vere….. molto interessante. A me piacerebbe avere delle amiche con cui parlare ma mi sono accorto che non ne ho anzi non ho neppure amici veri e questa è una cosa veramente triste… leggerò con attenzione il tuo libro come ho fatto con i precedenti grazie un saluto e un buon natale a tutti

  2. Amare verità, caro Simone. Io potrei dare una risposta su donne e uomini dai 20 ai 35 anni, in base alle riunioni di famiglia appena trascorse. C’è una causa comune che unisce questa solitudine di uomini e donne: i computers e gli smartphones. Sia a tavola che al termine del pranzo o della cena, gli uomini a rimbecillirsi di fronte ai giochini idioti del proprio Samsung o iPhone, le donne con What’s up a messaggiare. Ogni giorno che passa, mi convinco sempre di più che devo comprare uno smartphone il più tardi possibile!

  3. Forse Simone è perchè gli uomini sono più pigri, spesso esauriscono le energie sul lavoro e nel resto del tempo cercano svago a basso livello di impegno e coinvolgimento. Siamo anche mediamente più egoisti e meno disponibili a metterci in gioco delle donne che, in definitiva, ritengo abbiano una marcia in più se solo la vogliono innestare…

  4. Io non ce la faccio proprio più a passare giornate e serate al bar sotto casa a “disquisire di calcio” (per cui ho avuto un’autentica passione) o al massimo a ricordare la tal mitica serata del secolo scorso… e sono pure stanco di frequentare locali che impediscono di conoscere nuove persone (almeno per un timido come me) a causa della musica a palla e della mancanza di spazi dove incontrarsi. Non mi sento a mio agio su un terreno dove bisogna apparire più che essere, così sto limitando le mie frequentazioni… sarà che sono anche diventato più esigente e preferisco un libro a chiaccherate di circostanza. Quindi non penso sia una questione di genere, ma di trovare luoghi e occasioni di incontro dove si possa trovare un’affinità con gli altri.

    • Non hai torto Michele. Resta da capire come mai, comunque, le donne ci provino, tentino, siano curiose, si giochino quel che hanno (mediamente…) e gli uomini no. La reazione dei due generi a un identico problema è abbastanza diversa.

  5. Condivido in pieno tutte le cose che hai scritto sulla follia Simone, le condivido in pieno. Ne hai dato delle immagini esatte.

  6. @Redl
    i libri di psicologia sono anni che me li leggo da sola, ed ormai leggo solo libri “tecnici” e per gli addetti ai lavori di psicologia, quindi ho già attuato quello che tu suggerisci. A questo punto però tanto vale leggere i libri proposti dal percorso universitario e certificare la propria conoscenza, magari potrà tornare utile per poterci fare qualcosa di concreto, per poterci lavorare, ad ogni modo è qualcosa che puoi presentare. Scrivere sul curriculum che hai la passione per la psicologia serve a poco, scrivere che hai una seconda laurea in psicologia è già un altro paio di maniche, è un percorso che hai fatto, certificato tra l’altro.

  7. Marica, ho riportato i versi di Steve Jobs proprio nel caso tu non ti riferissi alla follia patologica di cui Borgna scrive solo marginalmente, ma all’accezione di follia cui ti riferisci.

  8. No, Sara… non mi riferivo ai libri dello scrittore di cui parli perché non lo conosco. Mi riferivo al termine follia e a quale fosse il significato in questo contesto: la visione, la sensibilità, la capacità di prevedere, di sentire prima, di intuire, di andare contro, di avere coraggio…

  9. @ Simone, ben ritrovato! Grazie per tua cortese risposta.

    @ Marica, se ti riferisci ai libri di Borgna psichiatra, di cui io ho accennato, sappi che il taglio che lui dà ai suoi capolavori letterari sono alquanto lontani dalla pura psichiatria e dai tecnicismi: scrive per lo più di poesia, di letteratura, di genialità creativa, di follia fantastica, di sogni, di anime ferite, di arcipelaghi di emozioni…, e lo stile con cui ne scrive è unico e travolgente, di acuta, immensa, profonda sensibilità.

    Invece, di Steve Jobs, riporto il suo elogio della follia:

    A tutti i folli
    I solitari
    I ribelli.
    Quelli che non si adattano.
    Quelli che non ci stanno.
    Quelli che sembrano sempre fuori luogo.
    Quelli che vedono le cose in modo differente.
    Quelli che non si adattano alle regole.
    E non hanno rispetto per lo status quo.
    Potete essere d’accordo con loro o non essere d’accordo.
    Li potete glorificare o diffamare.
    L’unica cosa che non potete fare è ignorarli.
    Perché cambiano le cose.
    Spingono la razza umana in avanti.
    E mentre qualcuno li considera dei folli, noi li consideriamo dei geni.
    Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo sono coloro che lo cambiano davvero.

  10. Red,
    grazie del video! Molto interessante… A scuola si fanno intere lezioni su questo argomento e i miei studenti si divertono sempre moltissimo :-).
    Faccio l’insegnante di Italiano L2 (italiano per stranieri).
    🙂

  11. Mah, io non credo che Antonella, che qui per prima ha usato il termine “follia”, si volesse riferire a qualche patologia psichiatrica o a qualche comportamento studiato dalla psichiatria… A me sembra che in questo contesto siano applicabili altre accezioni come la capacità e il coraggio di fare una scelta diversa, la voglia di buttarsi, provare, andare fino in fondo ai propri sogni, sganciarsi da ciò che ci tiene impigliati in qualcosa che non ci fa star bene… E quello che si fa contro corrente e di diverso dagli altri di solito è giudicato folle. Tutti ce lo siamo sentiti dire almeno una volta nella vita da qualcuno (che magari ci voleva anche bene)perché le nostre decisioni o scelte erano diverse dalla “norma”…

  12. @ Red, non so a quali testi tu ti riferisca; quelli che leggo, rileggo, studio io – tra i quali tutti quelli dell’eccelso scrittore e psichiatra Eugenio Borgna, di cui ho scritto in mio intervento precedente – sono più che adeguati all’argomento in questione e non sono affatto solo di contorno ai temi cui tu fai cenno, tantomeno all’ambizione.

    @ Simone, constato, a malincuore, che non ‘dialoghi’ più con me. Sopravvivo, ma un po’ mi dispiace e mi chiedo cosa ti abbia tanto urtato.
    Oggi che è Natale… facciamo Pace? (o almeno un armistizio).
    Grazie.
    Buoni i gamberi? Come li hai cucinati?

    • auguri sara. non sono urtato, di cosa dovrei esserlo? i gamberi erano ottimi. “Alla Giovanni”, alla moda dei miei amici chef ponzesi. ciao a te e a tutti.

  13. @Sara
    I testi ci sono anche, ma non sono studiati nel modo adeguato, insegnati, pubblicizzati né dal sentire comune né dall’ educazione, scolastica o di altra sorte. Mi sembra che vengano tuttalpiù riconosciuti come di contorno ad altri temi che sono ripetuti allo sfinimento: crescita, formazione, merito, pil, famiglia, fare impresa, eccellenza, consumi, ambizione. Ecco, quest’ ultima é particolarmente subdola, perché viene inculcata l’ ambizione a realizzarsi materialmente, senza fare menzione a quando diventi eccessiva.

    @Simone
    Penso che tu stia introducendo il tema della follia come la intendevano gli antichi greci. Non ne so molto, mi pare venisse detto che ci si doveva semmai guardare dagli individui tremendamente razionali piuttosto che da quelli “invasati” perché questi ultimi erano tali per via della loro prossimità alle cose divine, trascendendo gli aspetti puramente materiali della vita.

    OT Ieri sera sono incappato in questo (italian hands gestures) su youtube e per promuovere un po’ di leggerezza d’ animo in ambito delle festività ve lo segnalo:
    http://www.youtube.com/watch?v=aHZwYObN264

    • più o meno Red. La follia è come la potenza del motore, i cavalli. Quel motore può essere spento, con la macchina in garage. Oppure può andare dritto alla prima curva. Serve il volante. E qualcuno che lo tenga saldamente in pugno.

  14. Un vecchio proverbio tao diceva che

    La serietà é la radice dell’allegria
    La fermezza é l’origine del movimento

    Io aggiungerei che l’equilibrio é la base della follia

    Buon natale
    Mauro

  15. Simone, ma come fai a dire che la follia geniale, creatrice e distruttrice al tempo stesso, è un’invenzione, un mito, un’assurdità ???
    Tra i numerosi libri che smentiscono la tua tesi ti consiglio di leggere “Di armonia risuona e di follia”, di Eugenio Borgna, un autore (psichiatra) che scrive reali capolavori letterari sul tema follia.
    Nel caso non lo conoscessi t’invito a leggere di lui e dei suoi libri, sul web; quando avrai finito di pulire i gamberi, ovviamente…

  16. Forse qualche volta si scambia per follia quello che è solo coraggio, visione, intuizione, sensibilità… ma anche io sto facendo il detersivo…
    🙂

  17. “…perchè la vita è un brivido che vola via, è tutta un equilibrio sopra la follia…” chi lo diceva, Vasco Rossi mi pare… Sono d’accordo con te, un’asse ci vuole, ma anche un pizzico di follia e tu, secondo me, per fare le scelte che hai fatto non ne sei del tutto sprovvisto :))…Grazie Simone, auguro un felice Natale a te e a tutte le persone che condividono qui i loro pensieri…

    • ah! la follia… tocchi un punto cruciale, su cui potremmo scrivere o parlare per settimane. L’immagine corrente è quella della follia come contrapposta alla ragione e al giudizio. Ma quel tipo di follia, cioé vivere a caso, farsi portare dalle emozioni senza alcuna selezione,s enza alcun governo, è un inferno. Le persone più letteralmente folli che ho conosciuto nella mia vita erano estremamente equilibrate. La loro follia era una ferrari, ma loro erano al volante. Non so se mi spiego… La follia, come l’amore, come l’amicizia… tutte le forti emozioni della vita, possono essere sfrenate solo nell’equilibrio. L’idea della follia geniale, creatrice e distruttrice al tempo stesso, è un’invenzione, un mito, un’assurdità. La follia si tempra, si estrae, si raffina, e poi si usa. E questo non è razionale, al contrario. Ma per potersi far guidare dalla follia senza l’influsso eccessivo della ragione, occorre lavorare molto, essere molto evoluti. La follia non ha niente a che fare con l’istinto. Ma ripeto, potremmo parlare per ore e io sto pulendo i gamberi… ciao!

  18. Non so, l’equilibrio perfetto e costante mi sembra un’ aspirazione, difficilmente una condizione stabile della quotidianità…anche il bel titolo del tuo ultimo libro era una metafora di quest’equilibrio instabile che è soggetto a continue sollecitazioni…credo che più ragionevolmente si possa aspirare ad essere individui liberi, magari un pò incoerenti , a volte incerti, ma il più delle volte in pace con se stessi…poi è anche questione di caratteri…A cosa ti riferisci quando parli di un metodo più universale?

    • Certo antonella. le oscillazioni sull’asse dell’equilibrio sono continue. ma, apunto, su un asse. se non c’è quello sono sbandamenti continui senza asse. un asse occorre trovarlo, per stare dritti sulle gambe.
      quanto al metodo, invece, non ce ne sono tanti quanti siamo noi, ce ne sono alcuni, molto simili tra loro. Ognuno deve trovare il suo equilibrio ma non in un modo ogni volta diverso. ci sono cose che chiunque deve, prima o poi, fare.

  19. Profondo il tuo intervento per Marica e Antonella, Simone: sono del tuo stesso parere.
    Solo in chiusura mi cadi…:
    … ‘Ecco il motivo per cui questo lavoro dentro, individuale, nessuno lo insegna e lo promuove’. Nessuno???
    E’ un tema tra i più trattati in letteratura, filosofia, religione, discipline orientali e non.
    C’è una ricchissima bibliografia sull’argomento, libri che, più che insegnarlo e promuoverlo, stimolano profonde riflessioni personali che valgono ben più di qualsiasi insegnamento.
    Siamo noi, e solo noi, che dobbiamo diventare guide di noi stessi per diventare liberi dentro, e trovare l’armonia e l’equilibrio di cui ben argomenti; nessuno ce lo deve ‘insegnare’.
    Auguri, a te e a tutti.

  20. Una volta ho sentito, ma tantissimi anni fa e mi torna in mente solo adesso…credo fosse Silvano Agosti che usava questa immagine: immagina un cane. Un cane legato con una catena molto, molto lunga. Potrà muoversi, correre, saltare ed essere felice perché crederà di essere finalmente libero (magari dopo molto tempo legato con una catena corta)… in realtà non è libero, è solo la catena che è più lunga. E alla fine della catena si dovrà fermare…

    Queste non sono certezze per me, solo dubbi, riflessioni in libertà… Non smetterò di crederci né tornerò indietro…

  21. Simone, alle cose che dici credo profondamente… ognuno secondo sé, le proprie condizioni, ecc… Ci credo e funziona (parlo per me)e cominciare la strada rende il cammino più facile, possibile…
    Sono d’accordo su tutto… ma… è come se a un certo punto, magari quando tu invece saresti pronto per andare avanti, qualcosa ti si ponesse davanti come un muro d’acciaio con un bel cartello scritto su: “ehi tu! Dove credi di andare? Ci avevi creduto, bella eh”? Una cosa del genere… Certe volte, ma solo a tratti, ho quasi paura che tutta l’energia che mi muove in quella direzione stia andando sprecata…
    Io quando parlo con qualcuno che può capire come mi sento dico sempre che talvolta mi sembra di fare del “downshifting estremo”, non perché il mio rallentamento sia al massimo (anzi)ma perché le condizioni in cui si vuole attuarlo sono estreme, proibitive, contrarie … Poi mi riprendo e continuo per la mia strada che mi ha fatto trovare infinite risorse che non conoscevo, nuove opportunità, nuove sensazioni e perfino nuovi sentimenti… ma ogni tanto quel “che” di scoramento affiora…

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