Buon vento a tutti

Due giorni fa, a Saint Malò, al tramonto, con la bassa marea

Dove finire l’anno. Dove iniziarlo. Importante. Anche se lo è meno di: dove stare per tutto il tempo, per tutto l’anno. L’abitudine di tutti noi (paradossale!) è di “voler stare…” ma di non starci. Perché Mario, Luca, Marina, Francesca… vorrebbero vivere al mare, o in collina, o sulla vetta di un monte… e non lo fanno? Perché vorrebbero vivere tutte le loro giornate con Andreina, Patrizia, Mirko e Gianpaolo… e invece vivono accanto a sconosciuti che neppure stimano? Perché vorrebbero passare il tempo occupandosi di fiori, legname, orti, filatelia, sport o chissà cos’altro, e invece spendono 335 giorni all’anno, per tutta la vita, vendendo prodotti finanziari, o merci scadenti in un supermercato o chissà cos’altro di così diverso dai loro interessi? L’unica risposta che non è credibile è: “perché devono, perché è l’unica cosa che hanno trovato”. E’ l’unica cosa che hanno cercato.

Delle due l’una, dunque: o non vogliono davvero quel che dicono, oppure non cercano davvero quel che vogliono.

Lo so, detta così è forte. Prendetela come una provocazione. Ma ragioniamoci, per favore. Ogni giorno buttato altrove, è come se non fosse mai stato. Almeno, da quell’altrove, ragioniamoci su.

Un mio breve video su questo argomento:

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102 pensieri su “Buon vento a tutti

  1. Gent.mo Simone…ti ho seguito sabato scorso su Rai 1…sono rimasta colpita dalla tue parole, dal tuo sguardo profondo, dal timbro della tua voce…oltre che dai contenuti di cui ti sei fatto portavoce…
    Hai la forze delle idee..non temi il futuro…sai di avere un potere immenso, che pochi hanno: quello della parola…
    Sono da sempre “inretita” dal fascino delle parole…dalla capacità di “persuadere”, “stravolgere scenari”, “trasmettere emozioni”….tutto può avvenire “attraverso” le parole…
    Gli uomini non sanno più comprendere che i sentimenti devono essere “veicolati” dalle parole…per poter “essere”…
    Manca la poesia, negli uomini di oggi…

  2. Ciao Simone,
    qualche giorno fà ho esordito per la prima volta su questo blog sulla prima pagina che mi è capitata….non avendo ancora afferrato come funziona.
    In effetti è stato molto istintivo ed immediato, senza avere nessun fine di risposta o commento al tuo pezzo “Chissenefrega”, ma solo per esternare un’emozione e anche per provare ad entrare in contatto con te.
    Io non amo i blog in generale,così come non esisto e non esisterò mai su facebook, ma non avendo altro mezzo per entrare in contatto ti ho detto solo che se avessi saputo che eri a Palermo, sarei venuto a conoscerti con una chitarra brasiliana e una bottiglia di vino rosso….il resto lo sai.
    Ma il titolo di questa pagina “Buon vento a tutti” mi appartiene molto…
    Ho quasi 50 anni, sono sposato da 19 e ho due meravigliosi figli…
    .. tutta la mia vita “migliore” sino ad oggi è stata colorata dal mare in tutte le sue sfumature: vita di barca (quando l’aveva mio padre) , sono stato con i miei in giro per tutte le isole del mediterraneo , so cosa significa dormire in rada quando il bollettino è ok e le stelle toccano l’orizzonte invisibile senza luna, pescare a traina in navigazione e beccare pure scatoloni di Marlboro buttate dai contrabandieri inseguiti (anni 80…e non fumo!), o andare a rifugiarsi in porto all’arrivo di una tromba d’aria alle Eolie, l’odore dei porti, il mal di terra……
    poi a 17 anni comincio a fare windsurf da autodidatta e divento bravo, sempre più bravo….prima con le regate e arrivano anche le prime coppe, poi mollo le regate per il windsurf più estremo, sulle onde e con il vento forte..soprattutto d’inverno..il profumo del mare d’inverno è indescrivibile..

    Ovviamente tutto ciò nel tempo libero…(qualcuno potrebbe dire:”ma questo non fa un cacchio?…)

    Tutto ciò mi dava l’energia per riprendere il tran tran dei problemi del lavoro….che non mi è mai appartenuto!
    “Stavo nel proprio”…
    Sto nel proprio quando prima di andare al lavoro faccio 2 km a piedi sul lungomare di Mondello ritardando un pò…
    Sto nel proprio quando ascolto la vecchia bossa nova di Joao Gilberto, Luiz Bonfà, Joao Donato…
    Sto nel proprio quando tutti i giorni , in qualunque momento possa farlo, prendo una delle mie vecchie violao brasiliane e suono la mia musica…
    Sto nel proprio quando sono a Ustica e mi sento a casa mia…
    Sto nel proprio quando raccomando i miei figli di seguire le loro attitudini e passioni e non la cosa più comoda o a portata di mano che possa “sistemarli”..
    Sto nel proprio quando sento che lo scirocco cede alla meravigliosa forza del maestrale che alza le onde vicino casa..
    Sto nel proprio quando, dopo la prima fregatura, mi smonto da solo il pannello dello sportello dalla mia vecchia citroen per aggiustare la 4° volta l’alzavetro..senza spendere un centesimo…
    Sto nel proprio quando scappo dal lavoro per andare a nuotare tutti i giorni mezz’ora prima di prendere mio figlio a scuola…
    ..e 1000 altre volte “sto nel proprio”..ma
    altrettante volte purtroppo non ci sto….
    Io credo che sia importantissimo quanto meno cercare in tutte le maniere di “stare nel proprio” il più possibile….fino a restarci!

    Non m’interessa commentare chi ha torto o chi ha ragione nè attecchire a polemiche inutili..
    Per quanto mi riguarda Simone è una persona che mi sta aiutando a pensare ad un futuro dove possa “Stare nel proprio”..

    Federica,
    non te la prendere…
    a Palermo si direbbe: “minchia che arraggiata!” (cavolo che arrabbiata!)

    scherzo!
    Ascolta…bevi un buon Lamuri di Tasca D’Almerita alla salute di Simone Perotti…e di tutti vah!!!!

    Ciao

  3. ma infatti non ti ho accusato di un passato che non condividi più…e chi sono per farlo…però grazie a quel passato sai bene che i mezzi di comunicazione non sono cultura e comunicazione…nella maniera più assoluta.

    • diciamo così: io ho dimenticato una parola “solo” nella mia affermazione. Dunque non sono “solo” vendita le cose che passano sui media. Tu secondo me esageri quando dici, per converso: “non sono … nella maniera più assoluta” intendendo “nessuna mai”. Il che è tanto eccessivo quanto non dire “solo”. Quando in tv parla Magris o Travaglio, è vero che vendono i libri che scrivono, ma per me quella è cultura. E sono felice che siano lì. La mia vita migliora.

  4. e in quella paccottiglia vendono, o meglio propinano modus vivendi di infima qualità..fondamentalmente questo passa in tv.. poi si ci sono emittenti un pochino più tematiche e culturali e quindi ogni generalizzazione è errata ma io ho sempre grossi dubbi su chi, forte di ottima dialettica, vende qualsiasi cosa…qualsiasi! di marketing ti occupavi…sai che merda di messaggi mandano…in maniera molto subdola attraverso quei canali mediatici…

  5. “Ma il punto vero è che in tv, sui giornali, su internet, non avviene quel che tu dici “vendere” bensì comunicare.”

    simone questa tua frase non la condivido nella maniera più assoluta, passi il blog, ma questo in accoppiata alla tv e alla stampa è una miscela esplosiva e con questo tipo di miscela sono “passati” i messaggi più pericolosi degli ultimi decenni e siamo dove sai che siamo arrivati. Ora tu sicuramente avrai le migliori intenzioni ma su quei canali mediatici sai benone (di marketing dici che ti occupavi) non passa cultura ma paccottiglia..

  6. Marica,

    io non ho rabbia come dici tu. un certo Giulio ha scritto in ottima sintesi quello che penso anche io… vedilo. se inizio ad argomentare il mio pensiero arriva il linciaggio di nuovo, non ne ho voglia, anche perchè perotti è un asso nella dialettica, ottimo nello scontro, latitante nel dialogo (perotti io la penso così, fottitene). sì molte cose che perotti scrive di fare e sicuramente fa, le faccio anche io da molti anni ormai, non vado in tv a vendere un prodotto (legittimo farlo) e al contempo dire di essere uscito dal sistema (definizioni ne hanno date tante, scegline una a caso).

    scusa la brevità ma il mio pensiero si evince di sicuro dai commenti precedenti.

    • però federica, ragiona su una cosa. Tu dici “in tv a vendere libri”. Ora, come saprai, di libri (a meno di essere Faletti) non si riesce a vivere. io che sono già nei pochi fortunati che ha scritto dei bestseller, ho certamente guadagnato per cinque o sei anni (per me, da sobrio e monaco, per altri sarebbero sufficienti per un anno). Ma già dopo adesso basta, gli altri sono tornati a vendere meno, alcuni di più etc. Ma non ci si campa, fidati o chiedi in giro.

      Ma il punto vero è che in tv, sui giornali, su internet, non avviene quel che tu dici “vendere” bensì comunicare. Come vedi qui, come in tv o altrove, io comunico il mio pensiero. si chiama libertà, si chiama cultura, si chiama riflettere, scambiare parole e pensieri. Si chiama crescere, anche, se vuoi, io come gli altri. senza libri, senza tv, senza giornali si era come qualche secolo fa, quando in tre erano colti, studiavano, sapevano, e in milioni erano ignoranti come zappe, stupidi come bestie, violenti, incapaci di giudizio. si chiama cultura, appunto.

      se tu hai cose da dire “e non vai in televisione” fai molto male. Tieni per te quel che può essere utile a molti; non dici cose che altri potrebbero usare; non consenti dialogo e scambio; non fai pensare. Questo sì che è egoismo sociale, perché per una cosa detta sui media, possibilmente intelligente, uno può darsi che guadagni un piatto di pasta in più, ma molti si cibano di cibo prezioso. Per uno che non va a dire la sua, lui si sente santo e migliore, ma molti muoiono della fame peggiore: quella dell’anima.

  7. Mi sembra, nei commenti di Federica, di leggere molta rabbia. Nei commenti di Simone, invece, un po’ di stanchezza e insofferenza. E non mi piace mai sentir parlare di invidia. Per me è sempre un modo per tagliare corto e dare un giudizio sommario senza cercare di capire.

    E invece capire, come dice Dona, a me interessa molto.

    Federica, capisco i tuoi pensieri e ci trovo una sorta di purezza che mi piace molto.
    Quello che non capisco, però, è la rabbia. Non si tratta della rabbia di chi sta a guardare contro chi fa. Perché ci dici che anche tu fai le stesse cose che fa Simone e sicuramente fai molto di più di tante altre persone. Più di me, sicuramente.

    Quindi tu e Simone fate le stesse cose. Bene. Anzi, benissimo. Quindi, qual è il problema esattamente? Un problema di chiamare le stesse cose con un nome diverso? Il fatto che Simone renda pubbliche cose che molti fanno in silenzio? Il fatto che Simone guadagni dei soldi col suo lavoro criticando l’uso che spesso si fa del denaro e il fatto che sia diventato un fine assoluto invece che un mezzo?

    Ma su questo sono sicura che sei d’accordo anche tu.

    Il problema è sul credersi fuori o ancora dentro il “sistema” quando si sono fatte le scelte che sia tu che Simone avete fatto?

    O forse si confonde la parola sistema con la parola società? Mi sbaglio o quando si parla di togliere la spalla al sistema intendiamo qui tutti gli aspetti distorti, come diceva Ivo, negativi, dannosi del nostro modo di vivere?

    Non significa, Federica, rinunciare a ciò che di buono l’uomo è stato capace di creare, costruire, condividere. Per quale motivo uscire dal sistema dovrebbe significare uscire dalla nostra società? Per quale motivo si dovrebbe mai rinunciare a ciò che di buono il progresso ha prodotto? Avere la possibilità di andare a scuola, di curarsi, di usare servizi che ci permettono di vivere meglio. Perché rinunciare a questo?

    Non credo che rifiutare il consumismo più sfrenato, cercare di diventare più consapevoli e attenti all’ambiente in cui siamo, limitare gli acquisti all’essenziale che ci serve, sottrarsi a tutti i bisogni indotti, inutili e dannosi che ci vengono offerti significhi necessariamente dover rinunciare anche a quello che la nostra società, l’essere umano ha prodotto. Pena l’essere considerati incoerenti.

    Come mai pensi questo, Federica? Io, francamente, non riesco a capire.

    Ci puoi spiegare meglio?

  8. simone nel mio commento però io smorzavo i toni, ti ho detto che ad ogni modo la tua impresa è notevole degna di rispetto. ho aggiunto che tuttavia ho dei dubbi sulla coerenza di certi ambiti della tua situazione (e non sono sola, tutti pazzi? e chissene..) solo questo..anzi esaltavo proprio la complessità della tua discesa..(ok chiedo venia, ho usato “caduto”) … ma tu anche in tal caso rispondi nervosetto? eddai…. mi rendo conto che certi momenti del marketing sono stressanti come l’uscita di un libro ma che ci vuoi fare…fuori dal sistema è così!

    • “fuori dal sistema è così” è una bella battuta, lo ammetto. Mi piace chi ha senso dell’umorismo… ciao, sono molto allegro invece, arrivano i primi commenti al nuovo libro (io ci metto un anno a scrivere e qualcuno ci mette poche ore a leggere…). Insomma, come dicono i magut: tutto a bolla! ciao! 😉

  9. Simone
    Non ne faccio una questione di chi critica chi fa. A me interessa il discorso sulla “incoerenza” perché spesso ritorna qui e altrove.
    Come se uno dovesse inchiodarsi alla propria vita come a una croce.
    Il fatto è che la vita ci cambia, spesso lentamente, talvolta da un giorno all’altro, per scelta o per caso.
    Perciò chiedo a chi vede le “incongruenze” altrui di spiegarmi cosa sarebbe logico fare per vestire i propri panni e non quelli degli altri o quelli che ci vorrebbero vedere indossare gli altri.
    Non è polemica, ma voglia di capire.
    Cosa vuol dire essere “coerenti”? Non cambiare mai idea? Non cambiare mai prospettiva?
    Non sono esperta di barche, ma quando si naviga non si segue il vento? Non si adatta la rotta alle condizioni del mare?
    Penso che nella vita possa essere uguale: io inizio un cammino che poi, per forza di cose, subirà degli inciampi, degli aggiustamenti, perfino dei cambi di direzione.
    Io non sono quella che ero ieri e non sono quella che sarò domani.
    E’ incoerenza?

  10. @Federica:
    mi interessa, in particolare, il concetto di “incongruenza” o “incoerenza” che di tanto in tanto torna su questi schermi (ma anche in discorsi all’esterno della rete).
    Quando qualcuno vuole muovere osservazioni al modo di fare/dire/essere di qualcuno, arriva sempre puntuale “non sei coerente”.
    Mi chiedo cosa voglia dire a questo punto essere coerente: essere granitici e fissi nella vita?
    Ci sono cose che pensavo anni fa, che mi ripromettevo di non fare, che oggi invece fanno parte della mia vita. Perché nel mentre, la mia vita è cambiata e ho avuto la possibilità di sfiorare diversi punti di vista. Gli amici di quel tempo mi ritengono forse incoerente, io non ci vedo niente di incoerente ma soltanto una evoluzione (o involuzione, a seconda dei punti di vista).
    Ti faccio un esempio stupido: sono vegetariana e non amo le pellicce… però ammetto che in passato ho comprato un paio di bellissime giacche di pelle che mi piacevano. Incoerente? può darsi, ma credo si possa essere liberi di fare i conti con la propria coscienza senza dover rendere conto agli altri.
    Potrei farti una lista enorme di comportamenti miei personali, che io trovo specchio di ciò che sono, ma che agli occhi del mondo possono sembrare incoerenti.
    Il fatto è che queste sfaccettature le vivo sulla mia pelle e non impongo a nessuno di seguirmi nel mio percorso. Chi lo fa, non può pretendere che il mio cammino resti sempre uguale per sua pigrizia o incapacità di accettare i normali cambiamenti di una vita che cambia ogni giorno.
    Non c’è motivo di arrabbiarsi o di scaldarsi. Ognuno vive al meglio delle proprie possibilità. Io non autoproduco quasi niente, né faccio ricorso a medicine alternative (in realtà non faccio ricorso ad alcun tipo di medicina), ma sono “uscita” dal comune modo di pensare (sistema?) staccandomi da altre cose. A volte è un distacco “di spirito” più che materiale.
    Ti sembra una contraddizione?
    E’ la mia vita! piccola e imperfetta 🙂
    Buona giornata

  11. però la considerazione di Giulio non l’avevo considerata.. che sussistono nel blog critiche aspre all’uso dei soldi e al contempo il tariffario per il charter…

    No simone comunque non ho il culo parato come tu dici..non più di te almeno. Dovrei farti gentile menzione della mi vita per rendere considerabili le mie considerazioni? no no troppa fatica inutile…allo specchio mi ci guardo con amore verso me stessa e orgogliosa di come vivo…anche io autoproduco tutto ciò che posso, anche io non brucio idrocarburi per scaldarmi, anche io scelgo chi avere intorno, etc etc etc….ma non sono uscita da un bel niente. vivo come so vivere e come mi piace fare. con semplicità, coerenza e rispetto verso tutto ciò che c’è in natura e tutti (o quasi tutti).
    Non avrò nemmeno io la pensione simone, stanne certo. E io non provengo da livelli dirigenziali pluripagati.

    Ma non sono uscita dal sistema perchè se mi taglio un dito vado alla guardia medica e non taglio le erbe medicinali e faccio automedicazione anche per la bronchite…ci sto nel sistema, a modo mio simone a modo mio. Con i miei difetti e le mie attitudini e anche le mie insicurezze e contraddizioni, è un mio modo di stare nel sistema, il mio modo. Per uscirne in toto ci vogliono palle che non ho e non vedo nessuno qui che le abbia a quel livello. Solo questo simone, solo questo. Vedo contraddizioni in quello che dici di fare (io non so) e quello che dici di aver fatto e stare facendo. é forte e bello quello che hai fatto ne sono certa, ma scendi dalle stelle perchè hai solo fatto il tuo dovere se l’hai fatto in coerenza (e su questo posso avere dei dubbi, ma non importa anche se non sono la sola qui ad averli ho visto). E ti è venuto pure difficile scendere da quell’altezza…me ne rendo conto… ti sembrerà stato anche difficile in certi momenti, ma a molti mortali impiegatucci che invece lo fanno di prendere in mano la propria vita modificando il proprio stile di vita nel sistema verrà molto più semplice il salto perchè c’è meno dislivello. Quindi ..buona vita dici tu spesso…ecco buona vita a te simone perotti caduto dall’alto e ora felice di stare più bassino e con la sua vita in mano.

    • Non sono caduto. Sono sceso. Fa una bella differenza. Forse per te che hai le palle e consideri tutto normale, evidentemente servono sfide piu’ avventurose. Wonderwoman si diverte con qualcosa di piu’ forte. Beata te. Io faccio le mie fatiche e ne sono felice. A giudicare da quel che vedo la maggioranza ha paure e fatiche analoghe. Tutti senza palle al contrario di te. E che ci vuoi fare…

  12. “Tu dici poco e per di più senza che nessuno possa smentirti.”

    questa me l’ero persa….allora chi vuole criticare inserisca nell’apposito form il curriculum vitae in formato europeo, e codice fiscale e copia dell’ultima dichiarazione dei redditi così che la commissione possa verificare l’autenticità dei dati comunicati….

    auuu è un blog….togli i commenti se non vuoi obiezioni 🙂 ho solo detto che secondo me non sei uscito dal sistema ma ne sei parte e ho argomentato in qualche maniera mica t’ho offeso….oddio e che sarà mai…

  13. ma forse, leggendo anche quello che ha detto Giulio, e la dissertazione sulla concezione di “sistema” di simone mi appare che la vita del pre-perotti fosse davvero al limite della schiavitù. e allora forse il traguardo raggiunto da lui è in effetti un taglio di catene. non sto offendendo simone prima che poi ti pare altro. ma quella condizione di privazione cui lui si riferisce parlando del lavoro dipendente ad alti livelli e conaltri livelli di stress è in effetti avvilente dal punto di vista umano, però conti alla mano quella è una condizione davvero estrema e per pochi eletti. e allora certo che è uscito dal sistema, quel sistema estremo e per pochi a quel livello. sono considerazioni solo considerazione personali basati su deduzioni.

    o forse qualcuno qui oltre me ha da tempo già maturato e fatto consapevole riflessione sui limiti profondi del sistema (senso lato, non perottiano) e quindi questo eureka sembra molto acqua calda (senza combustione di idrocarburi)..

    • Che fai Federica, critichi e dai del grottesco ed altro a me e poi se ti rispondo per le rime t’incazzi e fai l’offesa e dai del santone, della setta…? Tu mi dici cose, io ti dico cose. Il tono tuo genera reazioni col tono mio. Se critichi e parli libera io ti rispondo e parlo libero. Senza che fai la fisimosa. Non possiamo parlare della tua vita perche’ non ce ne fai gentile menzione. Ideale per non essere criticabili. Ottima scelta, sempre col culetto parato. Atttacchi ma resti al coperto. Schema ben noto. Ma qui tu parli a ruota libera della mia, di vita, e questo se mi consenti mi riguarda da vicino. A quello che dici rispondo. Se non vuoi reazioni educate ma ferme e dure quanto basta, non attaccare. Altrimenti stai al gioco e ti prendi le risposte. Se pensi di venire qui a dire quello che ti pare coi toni che vuoi e non ricevere reazioni, per quanto mi riguarda, hai sbagliato posto.

      A me sta bene se resti. Vedo che non hai bisogno di autorizzazioni per dire la tua piatta e chiara. Io rispondo adeguatamente. Anche questo e’ comunicazione. Mai temuto lo scontro, anche duro. A me serve sempre. Ciao. Allegra.

  14. simone la tua vita…almeno quella che mostri…è pubblica e autorizzi la gente a dire cosa ne pensa… io devo farti la mia biografia prima di parlare? se ti dico…monteforte come cognome sei contento?
    la mia vita caro simone non vuole esser pubblica ma allo specchio io mi ci guardo con onore e rispetto verso me stessa, quindi tenendo conto che ho criticato qualcosa di pubblico tu hai criticato (anche sul filo della maldicenza) qualcosa che non conosci, quindi nell’ambito dell’illazione .

    comunque nell’ultimo post sei diventato di tono alterato, scusa se ho detto come la penso senza essere alla tua altezza, chiedo venia sparisco nel nulla, e come mi avvertirono quelche post fa…quelli che criticano vengono lapidati dal padrone di casa.

    non ci perdo altro tempo…non ne vuoi sentire di dialogare e ok, ma non tolleri nemmeno le critiche scritte su un blog… pensavo fosse un luogo in cui si può anche dissentire…ma cosa hai creato una setta simone?

  15. Di questi tempi scrivo pochissimo ma leggo molto, cosa che vale anche per questo blog che per me e’ stato e rimane una fonte di ispirazione o riflessioni profonde.

    Tra queste la questione di che cosa sia il “sistema”, termine che non mi piace perché ricorda troppo un certo modo radical chic di essere rivoluzionari in pantofole…

    Ho poco da dire, e poco da aggiungere alla discussione se non che ho apprezzato molto la definizione di Simone, la trovo dirimente e in fondo di aiuto. Anche per me.

    Perché mi ha ricordato la pagina migliore di “Adesso basta!”, quella che secondo me vale l’intero libro.
    Quella dove compare l’elenco delle cose che NON posso fare domattina.
    L’ho letta cento volte, ognuna con una stretta allo stomaco. Ognuna con un bruciante desiderio di cambiare.

    Ho passato AB a diversi amici, qualcuno lo ha trovato scontato… (In fondo OGGI e’ probabilmente così) Ma quando ho chiesto loro conto di quella pagina tutti hanno riconosciuto di aver avuto la stessa sensazione, qualcuno anche irritazione, rabbia.

    Beh, grazie a tutti voi, come sempre.

  16. @ANDREA
    trovo che il tuo post sia tutt’altro che banale, bensì equilibrato, dove l’equilibrio è la posizione più difficile,matura,io dico anche artistica della vicenda, talentuosa addirittura…troppo facile se no,troppo grossolano dire che “in the wild è utopico” (anche se no), la finezza è nei passi intermedi,nella MISURA. L’aggressività degli attacchi è una difesa di chi spesso quel superfluo non riesce a ridurlo neanche un po’ perchè è diventato necessità. Guardo la gente brulicare in giro per i saldi e NON COMPRO.così,in piena città,tra architetture contemporanee e tecnologia attacco il sistema.
    ciao ANDREA, mi sei piaciuto molto.

  17. Uscire dal sistema significa iniziare a pensare con la propria testa e dire no a ciò che non ci sta bene. E scontrarsi tutti i giorni con la gente e con la realtà, così lontana da come la percepiamo. Siamo una specie sociale con una struttura organizzata e strumenti evolutisi nel tempo a nostra disposizione (denaro, internet, tecnologia…) non possiamo rinnegarli ma scegliere come usarli. Uscire dal sistema non significa stare a casa a non fare nulla campando di rendita, non significa fare i buontemponi. Ma è comodo pensarla così.

  18. Per me la definizione di “uscire dal sistema” nella modalità seguita e proposta da Simone è sufficiente e accettabile, per il semplice motivo che, al di là della scelta intesa, giustamente, come individuale, se solo una sufficiente massa critica individui facesse altrettanto (cioè ad esempio una drastica, ripeto drastica riduzione dei consumi superflui), questo Sistema ne uscirebbe come minimo azzoppato. Irrimediabilmente.
    Ma per alcuni (tanti) scoprire in coscienza che molto si può fare senza dover ricorrere affatto a situazioni estreme alla “into the wild” inchioda la propria coscienza al muro, di lì la rabbia e/o frustrazione che una via per migliorare di molto l’esistenza c’è ma costa molta fatica e coraggio.

    Scusate un po’ la banalità dell’intervento ma ho dovuto farlo un pò di getto, vedendo che continuano ad arrivare commenti concentrati solo sulla parte più “facilmente attaccabile”, ma estremamente meno importante, del messaggio che sta portando avanti pazientemente Simone che tra l’altro sta usando il sistema stesso, non essendoci valida alternativa, per divulgarlo.

  19. Simone mi sembra come al solito un problema di nomenclatura..

    con la dizione “otttimizzare” non intendo un qualcosa di fino (non ho detto tuning) e facile alla portata di tutti, anzi..
    se osservi il mio post precedente:
    “guarda che è un traguardo, un merito, ci vuole grande capacità e coraggio.”

    non mi sembra alla portata di tutti…anzi il contrario. Con le tue parole mi confermi la mia idea che il tuo nella approccio si adatta meglio nella sua applicazione con le persone innovative, creative….. un po’ artisti della vita.

  20. diciamo che hai “ottimizzato” il modo di stare nel sistema….

    guarda che è un traguardo, un merito, ci vuole grande capacità e coraggio.

    ciao

    • Vabbé evidentemente ho perso la proverbiale capacità di spiegarmi, Giulio.
      Se lasciare carriera e stipendio per vivere in modo radicalmente diverso lo chiami ottimizzare. Tutto sommato l’ottimizzazione è un processo poco radicale, poco impegnativo, “di fino”. Dunque è facile. Buona notizia. Vuol dire che possiamo farlo tutti domattina!

    • “Che ci vuole? (…) Chiunque, con un po’ di pazienza, puo’ arrivare a fare qualunque cosa. Non è l’irrequieto, degradante escapismo dell’hobby, ma il suo contrario. Robinson Crusoe non puo’ scappare dall’isola e prende con calma le misure necessarie. Le risorse dell’uomo sono infinite, purché le circostanze lo costringano a cavarsela da sé, gli strappino di dosso tutte le pellicole – educative, snobistiche, mutualistiche, culturali eccetera – con le quali la società finge di proteggerlo e sotto le quali egli si crogiola stupidamente, ignaro delle proprie attitudini e ricchezze”. (Carlo Fruttero)

  21. @simone
    “Io sono uscito dal sistema eccome”

    ecco su questo o molti dubbi…
    sei uscito dal “sistema dei lavoratori dipendenti”, quello si. Fai servizi per la RAi, scrivi e vendi libri, organizzi vacanze estive in barca mettendo su questo blog costi e tempi dei pacchetti, corsi per lo scollocamento… vuoi che continuo.
    Quindi hai utilizzato questo tema importante anche per confezionare prodotti e servizi da vendere sul mercato. Non c’è niente di male. Ma concorderai che questo non significa uscire dal sistema.

    Mia definizione personale di sistema: macchina organizzativa costituita da persone, enti e macchine che produce ed eroga prodotti e servizi acquistabili tramite denaro.

    Devo riconoscere che, penso in buona fede, tu credi realmente di esserne fuori. Hai il merito di fare, di avere creato uno spazio di discussione su temi così importanti.

    Ciao
    (come vedi continuo a seguire questo spazio
    perchè mi sembra unico e sincero nel panorama nazionale.
    Per completezza sono un ingegnere elettronico che lavora da 25 anni)

    Giulio.

    • Mi fa ridere sentire parlare del sistema, a volte. Per qualcuno (sempre meno grazie a dio) uscire dal sistema è non tagliarsi più la barba, vivere su una colonna a tre metri da terra, senza mangiare, senza bere, senza parlare, senza vedere anima viva, senza telefono, senza internet, senza niente. Ma vedi se anche quest’uomo santone eremita vivesse di elemosine, qualcuno lo attaccherebbe ancora: “eh comunque non sei uscito dal sistema. Mangi quello che il sistema ti porta! Se vuoi veramente uscire devi morire di fame!”. E’ da ridere, pensaci…

      Il “sistema” sbagliato NON E’ il denaro, il commercio, il vendere quel che si sa fare. Quello è ciò che l’uomo è sempre stato, è come funziona il mondo. Non l’ho fatto io. Il problema è l’uso deviato di questo. Non il vino, dunque, ma essere alcolisti. A me bastano 9000 euro l’anno per vivere. Se devo fare questo denaro vendendo qualche libro, portando in barca qualcuno, a me va bene. Se non dovesse andarmi più bene ridurrò ulteriormente le spese. Fino al minimo possibile. Certo non voglio più farmi prendere per il culo dal denaro, dalle assurdità della vita corrente.

      Quando parlo di sistema non intendo affatto quello che intendi tu.

      Il “sistema” è quello che è diventata la vita oggi per la maggior parte della gente nella maggior parte del pianeta, contraddistinto da:
      – consumi come fine e non come mezzo
      – consumi ipertrofici rispetto alle esigenze reali
      – valori sovvertiti, in cui le persone sono tasselli quasi inutili di un puzzle di potere
      – sistemi mediatici in grado di coercire comportamenti e sentimenti umani
      – lavoro come fine, come asse, imprescindibile, a cui devolvere tutto il proprio tempo e tutta la propria vita
      – economia che determina tutto, cosa fare ogni giorno, dove vivere, come vivere, cosa mangiare, chi frequentare
      – denaro come fine, come metro di decisione perfino per le relazioni e i sentimenti
      – mancanza totale di tempo autentico, speso in base ai propri desideri
      – ansia e peso sul cuore costanti, dovuti a responsabilità generate dal sistema stesso, ma in realtà inessenziali
      – proprietà come unica definizione dell’essere
      – costrizione coatta a frequentare 10 ore al giorno persone non scelte
      – costrizione a vivere in posti dove non vivresti se potessi scegliere
      – costrizione al consumo di cibo industriale che non costituisce il meglio né coincide con i nostri gusti
      – costrizione ad aderire allo schema acquisto, uso, rompo, getto via
      – costrizione ad aderire al mondo del lavoro prescindendo da ciò che ameremmo fare, dal fatto che quel lavoro sia utile socialmente o no, dal fatto che il prodotto di quel lavoro nuoccia o meno a noi e agli altri
      – mancanza di tempo per i nostri amici, i nostri genitori, noi stessi
      – nostra incapacità a pensare, sentirsi, essere autenticamente ciò che siamo
      – inadeguatezza ormai quasi consolidata all’attività fisica, al lavoro manuale
      – spreco scandaloso di risorse energetiche e alimentari
      – mobilità surreale, tutti insieme, tutti alla stessa ora, con traffico, code, incidenti
      – nostra involontaria ma pesante adesione ad un modello di sviluppo inquinante, distruttivo, irresponsabile
      – ….
      – ….

      Devo continuare? se vuoi lo faccio. Riempio pagine…

      Ecco quello che io indico come “sistema”, senza grandi vecchi dietro. Anzi, con un grande vecchio dietro: noi.

      E io, se mi consenti, da questo sistema esco eccome, ogni giorno, con il massimo coraggio possibile, facendo le mediazioni che devo, che so, che posso, ma anche dicendo tanti, tantissimi “no”. E pago ogni prezzo necessario per questo.

      La barca su cui vado è stata costruita, certo. Ma il mio lavoro è tutto dentro, tutto orientato a considerare ANCHE la navigazione come qualcosa di fungibile. Vogliamo stressare il concetto? “La barca che ho con due amici un domani in cui il mondo cambiasse non ci sarebbe più?” va bene. Chissenefrega. Smetto anche di navigare. Oppure me ne costruisco una da solo, di legno (fonte rinnovabile). Ma non muoio. Capisci cosa intendo? NON MUOIO, perché ho capito da tempo che è dentro, non fuori, che occorre fare la rivoluzione.
      “e se non comprano più i tuoi libri?” questa me l’hanno detta mille volte. E chissene frega. Ho scritto senza pubblicare per vent’anni. Continuerò a farlo. Venti lettori li ho, li ho sempre avuti. Leggevano loro. Ne parlavamo come in un cenacolo. Era come su questo blog, ma di persona, o al telefono. Va bene così. Dentro, non fuori. Il sistema si cambia lì.

      Fae i puristi dell’antisistema è azione generalmente viene fatta a chiacchiere, col culetto al caldo, belli con la lingua sciolta, che quasi si sloga dal cavo orale, ma si parla di teorie, di ortodossie che non sapremmo mettere in campo. Il sistema siamo noi, sono i comportamenti. Non vendere un quadro o un libro. Il sistema è dentro. E quello si può cambiare. da noi, solo da noi, possiamo uscire.

  22. Forse l’espressione “uscire dal sistema” può essere ingannevole; riporta alla mente le immagini di una fuga in posti isolati (Into the wild), lontani da acqua luce e gas, dove se ti ammali fai bollire radici e foglie e canti strane nenie alla luna.
    Allora si potrebbe pensare a una espressione differente tipo “prendere le distanze dal sistema” o “non dare confidenza al sistema” 😉
    Il fatto è che questa “uscita” a volte si compie semplicemente rifiutando le regole che ci vogliono consumatori in massa di determinate cose (che non servono a niente tranne che a obbligarci a lavorare per comprarle e buttarle via).
    Si esce dal sistema evitando di fiondarsi a quel negozio ogni volta che lanciano una nuova versione del prodotto che abbiamo già e non sfruttiamo neanche per metà delle possibilità; oppure evitando di riempire il carrello della spesa di qualcosa solo perché alla pubblicità sembrava così bello; oppure comprare un auto da millemila euri che dovrebbe portarci verso mete esotiche alla velocità della luce (e che invece ci inchioda alla scrivania dell’ufficio per pagarne le rate e non possiamo neanche correre per i limiti di velocità)… e via dicendo.
    Si può uscire dal sistema uscendo dai vestiti che ci vogliono fare indossare per andare “nudi a modo nostro”
    Buona serata a tutti!

  23. @Sara
    mi dispiace se ti ho attribuito pensieri che non ti appartengono, non era mia intenzione. Ed è vero che non ho letto tutto quello che hai scritto in questo blog essendo io nuovissima di qui! Ho preso le preziosissime suggestioni che mi sono arrivate dalle tue parole per chiarire anche a me stessa alcune questioni. Non è facile….comunicare in generale e, per quanto mi riguarda, lo è forse ancora di meno utilizzando “solamente” la scrittura. A me mancano i vostri volti, le voci, i colori….ne ho molto bisogno per capire e per farmi capire. Ciao.

  24. si più o meno quello che hai fatto tu, a parte andare in tv, e vendere libri.

    ah ma senti, per andare in bretagna (o normandia, non ricordo) ci sei andato col carro trainato dai buoi? e le manovre di ormeggio in porto le fai esclusivamente a vela?

    ma non capisco come mai se una persona confuta qualcosa di te, deve firmarsi nome e cognome e invece per fare l’applauso basta il nickname..

    • Federica, vedo che continui ad avere remore a mettere cognome e faccia e a raccontarci cosa fai… Va bene Federica X, fai lo sport preferito dall’italiano medio: stare seduto al bar senza fare niente a criticare chi fa. “Troppo” “troppo poco”. Ma sempre senza muovere un dito. Quando metti nome e cognome e ci dici che fai in concreto diventi forse credibile. Fino a quel momento sei nascosta, pontifichi su chi si fa un culo quadro tentando, e non servi a molto.
      Diventa umile, non perdere tempo a criticare, fai tu. Il mondo ne avra’ un duplice vantaggio. Un profeta del nulla in meno e un attore reale del cambiamento in piu’.

      Certo che per un complimento basta il nickname. Lo capisce anche un bambino: un complimento non implica verifica, dunque puo’ essere anonimo. Una critica anonima e’ la solita italietta delatoria a maldicente. Una critica si fa a fronte aperta, argomentando, dicendo cosa si e’, cosa si e’ fatto. Altrimenti e’ aria compressa su una laringe buona solo per il gossip. Passo e chiudo. In bocca al lupo. Per andare a Samoa ne avrai bisogno. Ancor di piu’ per giustificarti allo specchio quando non ci sarai andata e sara’ ormai tardi per tentare.

  25. @Cecilia il problema a mio avviso è che certe scelte estreme come smettere di lavorare uscendo dal sistema, sono scelte definitive, nel senso che tornare indietro poi è molto difficile. Penso ai molti che hanno lasciato il lavoro per aprire un rifugio, una fattoria, coltivare la terra ecc… e magari prima erano impiegati in banca… se si pentissero della loro scelta difficilmente potrebbero tornare indietro, e difficilmente avrebbero i mezzi per cambiare ancora, perchè per cambiare vita servono un po di soldi, e se scegli di vivere con pochi soldi, poi non ne hai per un eventuale nuovo cambio.

    La difficoltà di cambiare vita quindi è doppia, perchè richiede uno sforzo enorme e la certezza che quello che andrai a fare ti starà bene per tutta la vita… ma, se vogliamo dirla tutta, nella vita spesso si cambia idea, quindi non è facile come decisione.

  26. simone, non ti basta il nome “federica” ?? di me ho detto tanto e io non sostengo di avere soluzioni geniali.. ma quello che fai tu lo faccio regolarmente da sempre ma non mi permetto di dire che sono uscita dal sistema.. sarebbe grottesco!

    e vabè non siamo d’accordo su cosa significa uscire dal sistema dato che tu sostieni di esserne uscito e a me sembri molto bene inserito nello stesso.

    • quello che ho fatto io intendi avere un lavoro e lasciarlo, rinunciare alla pensione,rinunciare al riscaldamento da idrocarburi, autocostruirsi la casa, autoprodurre etc?
      No Quando si parla di sé Federica non basta. Uno dei modi di uscire dal sistema è mettere nome e cognome, dunque faccia e tutto, sotto alle proprie parole. Altrimenti io dico cose che tutti quelli che mi conoscono potrebbero confutare e non lo fanno. Tu dici poco e per di più senza che nessuno possa smentirti. Non funziona così la comunicazione.

      In ogni caso, sì, la pensiamo diversamente. Ma tanto diversamente. Tra fare niente e dire di voler fare tutto non c’è alcuna differenza. Solo si fa più bella figura. Al tutto che non accadrà mai e serve solo per fare dialettica sui blog preferisco il tanto che costa fatica e genera testimonianza. Le cose che dici, del resto, le ha molto ben stigmatizzate Gino Strada, anche nell’intervista che gli ho fatto io. Tu sei per la fine della guerra sul pianeta, obiettivo nobilissimo, ma irrealizzabile. Lui (io, molti) è per curare tutti quelli che si riesce, adesso. Fare diverso, adesso. Nei fatti.

      Ciao.

  27. Anch’io sono uscita dal Sistema. Avevo un’attivitò autonoma(studio amministrativo immobiliare), costruito dal niente, con fatica, sangue e sacrifici.
    Ho preparato l’uscita (non la fuga)per due anni e a fine anno ho lasciato. Ovviamente fra il consenso di pochi e la “disapprovazione” di molti. Cosa, quest’ultima, che se non avessi sviluppato consapevolezza, fiducia in me e nelle mie possibilità e accettazione delle responsabilità della scelta fatta, probabilmente sarei prostrata dall’angoscia e dalla paura.
    Paura che ogni tanto bussa, come succede agli umani, ma che poi, trovando ad aprire coraggio e fiducia, se ne va via
    Ora cerco di realizzare il mio sogno, di vivere quella che ho sempre percepito come una vita adatta a me, non la migliore, sicuramente scomoda a volte, ma che però è la MIA. E una delle cose più belle è che lungo la via si trovano compagni di viaggio che hanno fatto in modo differente e per altre vie la stessa scelta. E non ho visto nessuno di loro morire di famedi fame o essere infelice. Buon cammino a tutti!

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