Non fatelo…

La Rochelle, sul porto, vicino al Joshua di Moitessier

Tre giorni di vita per “Dove sono gli uomini?”, un pargolo, un neonato appena. Eppure intorno a lui avvengono cose grosse, quelle che mi sarei aspettato, in minima parte, più avanti.
Discussioni forti, confronto duro tra persone, tra generi. Quando un libro appena uscito spacca l’opinione l’autore è felice, sente che ha colto un punto, che c’è qualcosa di cui discutere, su cui si agitano le emozioni. E invece no: io sono preoccupato

Mi ha colpito il messaggio di Fly33, su un forum. E’ apparso alle 7.30 del 10, il giorno dell’uscita del libro, a librerie ancora chiuse: “Non è vero, gli uomini ci sono. Sono le donne che non ci sono più, sono distratte, hanno perso la loro femminilità, non ti cagano. Da quando portano i pantaloni non si sa più cosa sono e cosa vogliono. Noi siamo sempre gli stessi, sono loro che sono cambiate”.
Senza aver letto il libro, senza ancora aver sondato di cosa si discuta, senza neppure aver seguito qualche dibattito…. Così, d’impulso: una difesa d’ufficio. Paura.

Nelle ore seguenti ne ho visti tanti di messaggi simili. “Sono tutto intorno a voi, donne, ma non li volete, o fate loro una radiografia e decidere che non fanno per voi perché: uno ha un molare scheggiato, l’altro ha un neo sul pisello, il terzo non ha il giusto colore degli occhi, il quarto non si fa la barba… and so on”. Oppure: “femminilità, classe, eleganza, raffinatezza, il corteggiamento, il portamento, la galanteria, il romanticismo, il pudore…. sono tutti aspetti che si sono persi… I pantaloni sono una bella metafora… la donna ha indossato i panni dell’uomo e l’uomo non sa cosa mettersi…. non può di certo mettersi la gonna! Io mi alzo in piedi e chiedo che le donne tornino a portare la gonna!”. Negare tutto, prima di ogni valutazione, o chiedere all’altro di cambiare lui.
Oppure l’ironia, lo scherzo. Uno scherzo nervoso, di chi la vuole mettere in barzelletta, purché non doverci riflettere, non doversi fermare a pensare, ammettendo qualcosa, confutando altro, stilando un meditato elenco di invocazioni. E poi gli arrabbiati. Commenti durissimi, che rivelano ferite profonde. Dolore che non viene da ieri o dall’anno scorso, ma da molto lontano…

Le donne invece leggono. Qualcuna mi ha scritto alle 10.00: aveva comprato e finito il libro. Pare che l’eBook fosse in vendita su Amazon già dalle 8.00. Lo commentava interessata, questo sì questo no, aveva un’opinione articolata, ci ragionava con me. Qualcuna ci si vedeva. Qualcuna si sofferma sulla lettura che faccio di “Cinquanta sfumature di grigio”. Altre mi raccontano la loro storia, come se potessi ancora inserirla nel libro. Tantissime mi dicono, di qualche capitolo: “è successo anche a me. E’ stato orribile…”.
Molta voglia di discutere, di comunicare. Di capire.

Non fate così, amici miei, uomini sconosciuti che siate. Non perdiamo l’ennesima occasione. E’ troppo tempo che dentro di noi c’è silenzio. E’ troppo tempo che sentiamo la pressione sul cuore, il peso del ruolo, che non ci sentiamo liberi. Qui non c’è da ammettere colpe, questo non è un processo, gli uomini non sono gli imputati. Questa è una riunione, dove si parla, si cerca di capire. Non perdiamo la chance di comprendere che ci manca coraggio e parola, che dobbiamo capire a parlare, invocare le nostre istanze frustrate, le nostre debolezze, che dobbiamo costruire un modello di uomo che ancora non c’è, ma che noi siamo già. Non siamo come gli eroi dei film, non abbiamo la loro durezza, la loro umiltà. E allora cosa siamo?

Quando si diventa qualcosa bisogna dargli un nome, altrimenti è come essere fantasmi: ci siamo ma nessuno ci vede. Ecco, noi, i fantasmi, gli uomini tra trenta e cinquanta di questa epoca in declino, che non abbiamo contestato, che non ci siamo capiti mentre cambiavamo, che non sappiamo neanche chiedere, perché per chiedere occorre avere una domanda, e noi abbiamo solo risposte a domande scadute… noi, cerchiamo di darci un nome, cerchiamo di tornare corporei, di tornare visibili.

Non facciamolo, non neghiamo l’evidenza, non tiriamoci fuori con un “no”. E’ troppo facile. Proviamo a leggere cosa ci dicono le donne, cosa raccontano. Oppure, anche senza il libro, facciamo delle domande alle donne che abbiamo accanto. Possono mentire tutte? Possono essersi sbagliate tutte? Perché mai, com’è possibile? Quello che vedono di noi non ci piace, forse, ma in questo momento della nostra storia è più vero di ciò che vediamo noi da dentro. E soprattutto, costruiamo qualcosa, proviamoci. L’uomo che era nostro padre, nostro nonno, noi non lo siamo più. Non lo siamo mai stati. Ma attenzione: forse nessuno ci sta chiedendo di esserlo.

Share Button

157 pensieri su “Non fatelo…

  1. Ti ho ascoltato a Melog, è una ricerca interessante la tua. Peccato che spesso, anche a Melog, il discorso si restringe al problema delle donne carine e brillanti che non riescono a trovare un compagno adeguato.
    Ma la questione è ben più ampia perchè le relazioni tra uomini e donne non sono solo di coppia, c’è il rapporto con i colleghi, gli amici, i fratelli, con le persone che si incrociano per caso. Fuori dallo schema della seduzione, le relazioni sono tutte da inventare. La donna che descrivi tu, la figlia della sessantottina, autonoma, curiosa e aperta è un’aliena per i suoi coetanei maschi, suscita diffidenza e li fa mettere sulla difensiva. Ci vorrà almeno una generazione per risolvere il problema, ma solo se riusciamo a essere brave educatrici di figli maschi.

  2. complimenti per le varie attività e per l’entusiasmo e la scelta della Val di Vara
    per la barca e ovviamente per il libro
    Io ho appena terminato il mio ultimo
    10 regole per vivere col partner (Giovane Holden di Viareggio) e penso che avremmo vari punti di incrocio
    un cafè da qualche parte prima o poi.. chi sa
    con simpatia, paola

  3. ..chiedo venia…la mia conclusione sull’autonomia c’entra come i cavoli a merenda!! Ho saltato “qualche” passaggio logico tra l’incipit e la conclusione….. 🙂

  4. ciao simone. la fragilità vissuta come peccato, con senso di colpa o peggio con un sentimento di vergogna… è un sentire che spesso accomuna i due sessi. la cultura nella quale viviamo non ci aiuta. anzi. il “discorso” nel quale siamo immersi ci rende bulimici, dipendenti dagli oggetti, ossessionati dal possesso e dal controllo. è un condizionamento vero e proprio attraverso il quale ci illudiamo che la fragilità insita nella natura umana possa essere colmata, riempita,vinta attraverso il possesso di beni (persone, posizioni…..). L’autonomia è rivoluzionaria secondo me, anzi è La rivoluzione e tu certamente ne sai qualcosa 🙂

  5. @Giuseppe Messinese
    Che belle parole le tue! Umane, empatiche, piene di affettività…mi è piaciuto molto questo desiderio di abbracciare le persone e rassicurarle, va tutto bene, non ti preoccupare… ce ne sarebbe davvero bisogno! Siamo tutti così pieni di ansie e di fragilità ed anziché abbracciarci ci guardiamo con ostilità, gente che ha paura della gente…Qualche mese fa in una piazza della mia città mi sono imbattuta in un gruppo di giovani con addosso dei cartelli che dicevano:”Abbracci gratis”. I passanti inizialmente erano disorientati, soprattutto quelli di una certa età, ma dopo un pò tutto si è sciolto miracolosamente davanti ai sorrisi di questi ragazzi e alle loro braccia aperte…è stato bellissimo e un pò irreale, si abbracciavano tutti, giovani, vecchi, uomini, donne….e tutti sembravano meno rigidi, più leggeri..Chissà, la soluzione forse è proprio quella, guardarsi di nuovo negli occhi, riscoprire l’altro, superare le barriere anche fisiche tra gli individui, toccarsi, abbracciarsi e poi ascoltare….grazie Giuseppe per la tua riflessione, mi è piaciuta molto

  6. due anni di part time Simone, quasi, e si sta bene: più tempo, meno denaro, tante passioni e forse un futuro su queste, pronto a decollare dall’ufficio. Sarà il mio lato femminile a fare questo, perchè quello maschile è ancora lì che si chiede come vivere 🙂 (fortuna che ho il lato femminile sviluppato)
    “dove sono gli uomini” dovrebbe essere in standby perchè sto leggendo altro, ma il tuo libro si presta bene alla sana pratica dello “spulciare”; bello e “duro”, come al solito rifletto molto su ciò che scrivi (tu ed altri). La paura è quella di riconoscermi in quelle righe, ad ogni passaggio mi chiedo se ci sono dentro: ascoltare, fare domande, chiedermi se sono capace di sognare e realizzare… fa male ma è giusto così.
    Buona Vita
    Uolly

  7. leggendo gli ultimi post ho avuto l’impressione che si corra il rischio di considerare la fragilità degli uomini il problema.io non credo che la fragilità, i limiti, insomma l’umanità degli uomini costituiscano il problema, le ragioni per le quali le donne si sentano disamorate o sfiduciate. a me non interessa un uomo che “non deve chiedere mai”, uno che non abbia “crepe”, ferite, dubbi,……non sentirei di potermi fidare di qualcuno che offre di sé una immagine così uniforme e piana…

    l’essenziale per me oggi, che ho compiuto 40 anni, è che un uomo si assuma però la responsabilità di ciò che è e di ciò che vuole essere.

    io come donna ho imparato a lasciare l’uomo da solo. mi rendo conto che è un affermazione forte e discutibilissima e che contrasta con il tuo invito simone a non cedere alla tentazione dell’autosufficienza o peggio ancora alle lusinghe mortifere della malinconia (vedi prncipesse tristi).
    non sono autosufficiente e mi manca il rapporto con un uomo, il dialogo, l’intimità (a tutti i livelli). lasciare da soli gli uomini lo vivo come un estremo atto di fiducia nei confronti degli uomini e della loro capacità di trovare strade a partire da loro stessi. voglio credere che questo vuoto possa generare qualcosa di nuovo e di diverso. non so se quando hai parlato di stop and go intendevi qualcosa di simile a quello che sto dicendo.

    • Carlotta, ciao. sono gli uomini a considerare la fragilità un problema. Un peccato, addirittura. Di cui vergognarsi, da nascondere. siamo noi che dobbiamo ammettere, accettare, e poi dire e rappresentare. Nessuno lo farà per noi.

  8. ciao Simone,
    complimenti per l’intervista e la bella risposta data allo psichiatra, che condivido…come ho scritto precedentemente il tema lo sento molto…ma la lettura del libro mi ha lasciata molto sorpresa…

    l’ho quasi finito, il libro…ho trovato molta delicatezza nel tuo trasporre le storie e narrare di tanta sofferenza..
    a dire il vero mi trasmette un enorme senso di tristezza ed impotenza leggere di queste storie di donne, che danno poco spazio alla speranza e alla crescita…
    mi sento anche perplessa, e mi sto ancora interrogando sul perché mentre vado avanti con la lettura…manca poco alla fine..
    non riesco bene a ritrovarmi in molte di queste storie…empatizzare si sempre e comunque nella sofferenza di queste donne, eppure le sento lontane…da me, dalle donne che conosco, eccetto forse qualche rara eccezione, ma sopratutto le sento spesso lontane loro stesse dagli uomini..
    non mi pongo assolutamente da giudice, sto risuonando solo con le mie emozioni a caldo rispetto a quel che ho letto…non sento in esse, salvo appunto qualche eccezione, modelli positivi, sereni…non sento apertura e completezza, e scorgo anche nella capacità di qualcuna di stare sola, una forza determinata e “bruta” una volontà quasi cieca…ma sopratutto una grande sofferenza…sono storie di solitudine profonda e sofferenza, mascherata a volte da finta forza, da corazze che suonano metalliche…
    non mi sembra in queste storie vi sia molto spazio psichico ad un vero incontro tra uomo e donna..e mi chiedo sempre più davvero se a questo punto siano gli uomini i veri ed unici assenti….

  9. @ simone (del 18.01 alle 12:48)

    Tasti di condivisione: per crearli, devi andare in Impostazioni/Condivisione e, in basso, dove dice “Show buttons on”, attivare solo le caselle che ti interessano (direi solo Posts).
    Ti ho mandato comunque una mail con la videata di come fare.
    Ciao,
    Andrea

    PS
    Ho appena preso il tuo libro: finché non lo avrò finito, non leggo e non scrivo nulla, in merito. Ciao.

  10. Ciao Simone.
    Mi chiamo Giuseppe, leggo questo blog abitualmente e con grande interesse, penso di aver letto tutti i tuoi scritti, da Zenzero e nuvole a questo ultimo che mi ha incuriosito e stimolato non poco!
    Pratico il teatro da molti anni, microcosmo di giganti e nani, cuoricini scodinzolanti, esseri anomali, deformi nel sentire e nell’agire. Abituati allo scavo, al tuffo dentro, siamo minatori che ogni giorno faticosamente cercano di rimuovere le macerie che anche non volendo si accumulano e schiacciano a pressione.
    Macerie, scorie di questo nostro vivere impazzito e consumato nel consumo.
    Nell’esperienza quotidiana, del lavoro che svolgo per vivere (con il teatro non si mangia in questo paese), entro in contatto con una umanità che sento smarrita, impaurita, schiacciata, consumata, allarmata!
    Provo dolore, dolore vero, vorrei andare da ognuno e abbracciandolo dirgli, ehi, tranquillo, non c’è allarme, è vero, piove ma non c’è allarme maltempo, c’è il sole ma non c’è allarme caldo come dicono in TV, e non c’è allarme zingari, banditi, omosessuali…
    E allora per tornare al libro, dove sono gli uomini? Gli uomini (e le donne) sono sepolti, siamo sepolti sotto questa massa di ansia, di consumo, di vita rubata, di pericolo artificiale.
    C’è speranza? Dove possono ritrovarsi gli uomini (e le donne)? La mia personale risposta è che gli uomini si possano ritrovare solo scavando, a mani nude, dentro, con forza, con vigore, fino giù nell’anima, a togliere, togliere, togliere! A ritrovare la spiritualità, gli occhi negli occhi, l’ascolto, giù a far pace con la nostra parte femminile, ad armonizzarla con quella maschile in un tutto, pieno, rotondo! Giù a scardinare l’immagine “plastic fantastic” di uomo che non deve chiedere mai, a scaraventare la Tv fuori dalla finestra e tutta la stampa patinata a pioggia! E distruggere le parole, ormai logore, contaminate, trovarne di nuove, tutto con azione quasi marinettiana, con gesto deciso, con coraggio, con ardore, con passione tornare alla vita, ri-svegliarsi, click!

    Grazie sempre!

    Giuseppe.

  11. Simone, ti seguo da molto tempo, sebbene non abbia mai lasciato alcun commento sul tuo blog. Quanto al downshifting, hai tutto da insegnarmi. Attraverso la tua esperienza, ho acquisito una nuova consapevolezza e pianificato un percorso alternativo della mia vita lavorativa, molto simile alla tua vita di prima.
    Diversamente, il titolo del tuo ultimo libro non mi incuriosisce, in quanto ho la presunzione di conoscere la risposta. Sono cresciuta insieme agli uomini, ho giocato da bambina insieme a loro, ho fatto sport, studiato viaggiato e lavorato in ambienti prevalentemente maschili. Li ho amati, riamata, gli uomini che ho incontrato nella mia vita, come amica e confidente, come compagna e come amante. Ho amato mio nonno, mio padre, mio fratello. Agli uomini sono andata incontro, non all’assalto come il cerbiatto di fronte al cacciatore. La mia vuole essere solo una testimonianza positiva, fra le tante conflittuali.
    Mi permetto di suggerire un breve romanzo, che mi ha tenuta sveglia fino ad ora, dal titolo appropriato al tema: Mancarsi, Diego Da Silva, Einaudi.

  12. L’insicurezza in cui vera l’uomo è iniziata quando da produttori siamo diventati consumatori. Quanti di noi oggi sopravviverebbero se ci dessero una zappa e un pezzo di terra da coltivare? Ormai siamo insicuri perchè fuori dal sistema non possiamo vivere, facciamo lavori che ci sfamano solo perchè la società in cui viviamo ha bisogno di molte delle cose inutili che produciamo.

    Una volta era diverso, l’uomo aveva in pugno la sua vita, coltivava la terra, allevava gli animali, cioè provvedeva direttamente e concretamente a se stesso e alla famiglia. Dalla rivoluzione industriale ad oggi, siamo diventati tasselli sostituibili nel mosaico del consumismo.

    Per questo oggi l’uomo è insicuro.

  13. Caro Simone, ho appena finito di leggere la tua ultima creatura. Ho atteso che la biblioteca della mia città ne acquistasse una copia (chiedo venia, ma il downshifting e la decrescita mi hanno insegnato anche questo) e ora sono qui a ringraziarti della piacevole lettura. Pagina dopo pagina, storia dopo storia, sono entrata in empatia con tutte le “tue” donne. Ho rivisto una parte di me in quasi ognuna di loro, compresa la forza, che è quella che rimane del nostro meraviglioso mondo e che vorremmo condividere. Bel lavoro, grazie! Francesca

  14. Ciao Simone, ho guardato la tua intervista su Rai New… Mi è piaciuto il modo in cui hai risposto all Dott. Cancrini. Ancora una volta hai saputo dare voce a noi donne.
    Grazie

  15. Era l’errore che tutti gli uomini fanno da sempre.
    Cercare di mostrarsi forti e sprezzanti vincitori quando forse basta avere il coraggio di chinare la testa e dire: ho paura.
    Giorgio Faletti

  16. Decalogo: dal 7 al 10 è la sintesi perfetta di quello che le donne potrebbero tentare di fare… nel loro e nel nostro interesse.

  17. Certo siamo smarriti, impauriti, fragili… Forse è perchè ci poniamo domande che i nostri padri non si ponevano, impegnati com’erano a sfondarsi di lavoro per tirar su la famiglia.
    Forse perchè cerchiamo di essere padri e compagni migliori che ci siamo scoperti deboli e impreparati… alcuni cercano di lavorare su di sè, magari risultando patetici e inadatti alle donne che hanno la “sventura” di sollecitarne le confidenze.
    Ok dovremmo essere dolci ma forti, compassionevoli ma decisi, sensibili ma coraggiosi… Bella sfida da affrontare, magari con l’aiuto delle donne che ci precedono in quanto a evoluzione.

  18. Sì, Nat… grazie… mi riferivo al fatto che gli incontri per la presentazione del libro possono essere occasioni anche per incontrarci noi…:-)

    Comunque sì, Simone, te lo chiedo allora!

    Grazie Nat
    🙂

  19. per favore Simone, mettu un “piace” non mi piace ai tuoi post, in modo da poter dare un voto a ciò che leggiamo. e magari anche la possibilità di rispondere direttamente al post come succede su altri forum.
    grazie

  20. ciao Simone,
    mi spiace dirlo, ho commentato altre volte questo argomento, penso che il problema alla base di tutto è la perdita di identità morale e sociale dell’uomo.

    • alessandro, è quello che accade quando applichi un modello vecchio, inadatto ai protagonisti di oggi e alle condizioni sociali, economiche, morali attuali. quando non hai una nuova frontiera decadi. è la storia dell’uomo. ci serve una nuova frontiera di identità morale, di consapevolezza, di sogno, di avventura. siamo diversi, ma facciamo cose che facevano altri uomini. da qui l’alienazione. ciao!

  21. Ciao Simone, la tua richiesta di aiuto racchiude, pur nella sua semplicità, ció che per noi donne significa CONDIVIDERE. Lo so, puó essere difficile da comprendere, nel suo significato più profondo, ma a me , donna e femmina, piace un casino.
    Mi spiace , in questo caso, nn poterti essere utile.
    Bacio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.