Premesse di un naufragio

 

Avevo già segnalato il problema, settimane fa, ma ora ci torno. Non posso non tornarci, quando le cose si aggravano. Il 20% delle e-mail che ho ricevuto lascia pieni di speranze, l’80% le spazza via. Per un commento maschile a “Dove sono gli uomini?” che suona così: “Non condivido del tutto. Ma devo ammettere che la questione c’è, esiste, e ci siamo tutti dentro!” ne ricevo centinaia del tipo: “Le donne dell’est sono migliori, ti stanno a sentire” oppure “sono tutte stronze qui, non ti cagano se non sei ricco”, “Per tutte le donne del mondo il Sesso è un PIACERE per quelle italiane, invece è un PROBLEMA” e perfino “le donne dovrebbero tornare a essere disponibili, dolci, gentili. Così diventano come gli uomini. Anche peggio”. E questo non va. Non va il tono, non vanno gli argomenti, non vanno le misure, non va il punto di vista. Così non si fa un metro. Rotta sbagliata, vele al vento, timone in bando: tutte le premesse di un naufragio.

Lunedì mattina: alzarsi, vestirsi, tornare al solito posto, per la solita strada intasata, fare la solita cosa, per tornare a casa a ritroso, la sera, nelle stesse orme del giorno, come sempre… non ci fa bene. Il “mondo fuori del mondo” ci ha atteso ancora invano. Lì c’è tempo per l’ascolto, per la visione terza, per capire che siamo molto di più, siamo altro: umanità sconosciute se non saremo noi stessi, per primi, a vederle. Credetemi, possiamo sentire, dare, fare esperienze del tutto diverse. Non accontentiamoci dell’ovvio, non tentiamo di far finta di essere foolish e hungry, perché quello è uno slogan. Il fatto è che non è vero, ed è peggio di accettare la sbobba quotidiana dicendo “che buona!”.

Per quanto pazze, sfasate, fuori di tono, le donne ci sono. Puoi prenderne una da parte, farle così sul mento perché ti guardi dritto, chiederle cose. Poi ascoltarla, e non per imparare, per fare quello che dice, ma per essere-un-uomo-che-ascolta. Ma puoi decidere che prosegui per la tua strada solo se una strada ce l’hai. Ce l’abbiamo una strada? Abbiamo notizie della nostra vita tra cinque anni? Stiamo lavorando a qualcosa, un progetto, un’idea concreta?

Cercano uomini ricchi, dite… Ma non sarà che il denaro serve a colmare il vuoto di idee, di energia, di risorse che constatano in noi? Non sarà un accontentarsi che presto, in un lampo, il calore per una nuova vita nei nostri occhi, farebbe sfumare? Non sarà che abbiamo qualcosa di più attraente, che non stiamo usando, che pensiamo di non avere, senza il quale non rappresentiamo più niente ai loro occhi? Non sarà il minor grado accettabile di dignità convincersi di questo?! Passione contro denaro; sogni contro denaro; furore dell’azione contro denaro.

Voi ascoltereste, seguireste, accudireste, un uomo come noi, che ha in mente il nostro attuale finto “progetto”, che fa quello che facciamo noi ogni giorno? Sicuri…?

Muscoli da azionare ne abbiamo. Vedremo risorgerne la nascosta prestanza sotto la nostra pelle da vecchi, avvizzita anzitempo. Idee non è vero che non ce ne sono, basta cercarle, formularle, credendoci quanto basta per dar loro la luce. Ogni cosa, ogni giorno, proprio se ci appare insuperabile, vuol dire che siamo noi a non ammetterne l’ipotesi. Facciamo così con la mano, dietro quelle ragnatele c’è spazio, modo, c’è un’occasione. E quell’occasione siamo noi, è la chance di uscire dalla storia che ci raccontiamo per sopravvivere. Prendiamola. Nel prenderla guardatevi intorno. Occhi acuti e attenti vi staranno osservando…

Sono preoccupato. Dove ci dobbiamo accontentare c’è morte e disperazione. Non dichiariamoci fermi prima di esserci mossi. Tante cose avvengono, quando si fa un passo. La prima è sembrare nuovamente vivi. E il primo passo di ogni eroe si chiama umiltà. L’umiltà di dire “così non va”, “non sono quasi più niente”. Subito seguita dalla vita che scorre, che urla: “non sono ancora morto!”. Come Papillon: “non mi avrete mai!”.

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123 pensieri su “Premesse di un naufragio

  1. Per Maurizio, sì volevo dire proprio quello che dici…

    Per Antonella,
    già… e poi chi non deve farsi vedere nel dolore, nella difficoltà, nella debolezza sono proprio gli uomini. E’ sempre stato così… Purtroppo.

    Per Ratzinger,
    pensa che invece per me è proprio il contrario. Mi piacciono molto gli uomini che sanno esprimere il dolore quando ce l’hanno o che sono sinceri se sono in difficoltà. Io li considero segnali di forza e non di debolezza o vittimismo. L’uomo che “non deve chiedere mai” come quello della pubblicità non mi è mai piaciuto. Forse perché mi sembra fragile e si nasconde dietro una forza che non ha.

    Esprimere ciò che si ha dentro richiede coraggio.

  2. @ratzinger
    Perchè dolore e tristezza non possono essere esternati? Perchè questa società ci vuole sempre vincenti, sorridenti, carichi a pallettoni e marchia come vittimismo l’esternazione di sentimenti che sono profondamente umani? E’ forse il luogo sbagliato per dirlo perchè spesso in questo blog si esalta l’individualismo ed in parte concordo sulla necessità di percorsi individuali, dentro di sè…ma si è perduto completamente il senso della solidarietà, del tendersi la mano nei momenti di difficoltà, quel senso di comunità che, nemmeno tanti decenni fa, aiutava le persone a non cadere vittima dell’isolamento e della depressione. Tutti prima o poi sperimentiamo momenti di dolore o di difficoltà e, se le persone che ti sono vicine scappano davanti al dolore, se ti abbandonano perchè hanno paura di essere “contagiati”…allora non è davvero un bel mondo…

  3. Ciao …ho finito di leggere il libro “Dove sono gli uomini?”,non avevo intenzione di comprarlo in quanto dai 18 anni ad ora (quasi 50) sono stata single non più di due anni ..un uomo vicino c’è… ma ero troppo curiosa !!! Nessuna delle storie mi appartiene ma in ognuna di quelle donne c’è un pò di me , piccole cose ma ci sono , mi è piaciuto e lo darò alle mie amiche da leggere. Nel post definisci le donne “pazze e sfasate” …siamo proprio così ma VIVE …. voglia di fare …di rialzarci dopo ogni batosta (ne ho avute anch’io) ..non mollare mai !!!

  4. @Marica
    …scusami mi è partito il messaggio prima che finissi di scriverlo.
    Premetto che non è il mio caso, penso che “essere ricchi di famiglia” nel senso che hai descritto tu, è, da un lato, una partenza in salita di quelle da incubo, ma penso anche che imparare presto ad affrontare e gestire certe tematiche dia una sensibilità ed una capacità di crescita superiore rispetto a situazioni più normali. 😉

  5. @ratzinger
    Sono d’accordo con ciò che dici ma non credo si parlasse di “esternare” certe sensazioni, anzi, ma di accettarle come parte integrante della nostra vita e pure come qualcosa di prezioso anche se ci fanno star male, non come qualcosa da rifiutare a tutti i costi o da affrontare in modo sprovveduto facendo sì che si aggiunga anche una depressione o altri fenomeni negativi indotti.

    @Marica
    Credo che tutto sommato sia meglio non avere quel tipo di vocazione perchè in quel caso il rischio di vivere sulla linea di confine potrebbe facilitare il cadere in un baratro,

  6. Ma, non so, dolore e tristezza sono sentimenti molto intimi, che non credo vadano esternati e non tanto per vergogna quanto perché potrebbero essere percepiti come vittimismo, uno dei comportamenti peggiori che l uomo possa mettere in atto, ma forse sbaglio, chissà

  7. Sì Maurizio… l’anestesia in amore è molto praticata. Lo penso anch’io.
    Qualche volta è necessaria. Quando il dolore è del tutto inutile e distrugge tutto. Oppure quando non abbiamo ancora imparato a gestirlo ed è troppo per noi.

    Mi è sembrato di capire però, almeno nella mia vita, che tutte le volte che l’ho fatto entrare dentro di me invece di rendermi impermeabile, sono riuscita a conoscerlo meglio, a gestirlo io invece che farmi gestire da lui. Ho imparato a conoscere i miei modi per diluirlo e pian piano integrarlo, assorbirlo… Fino a trattenerne ciò che mi cambiava. Che mi metteva più in contatto con me stessa. In meglio.

    Il dolore può essere pericoloso. Capisco chi se ne vuole tenere alla larga a costo di rinunciare a vivere profondamente. Può renderci persone peggiori.

    Il dolore non è per tutti. C’è chi può permetterselo e chi no.

    Bisogna essere ricchi di famiglia oppure avere un’autentica vocazione…

    🙂

  8. @Marica
    Non avevo letto tutti i tuoi commenti, l’ho fatto ora… sono ammirato, e molto d’accordo.
    Dolore, tristezza, anche angoscia, sono componenti sempre presenti dove ci sono sentimenti forti e veri, perciò passa anche dal saperli riconoscere ed accettare la possibilità di crescita e di miglioramento delle persone.

    Nella mia vita ho creduto per un pò che per essere felici bisognasse eliminare e negare ogni forma di sofferenza, poi ho capito che farlo significava isolarsi, vivere superficialmente, sicuramente restare immobili dove si era, nessuna crescita, un graduale e deprimente accartocciarsi su se stessi facendo bene attenzione a rifiutare ogni confronto che potesse minare la “serenità”.
    Bleah

  9. @simone
    Non ho capito molto della tua risposta. Ma sono io l ignorante e spesso mi capita di non star dietro al ragionamento del post… Ma oggi non lavoro e ci ragiono su. Famiglia permettendo… Eh eh

  10. “Il dolore e la tristezza possono accompagnare i sentimenti molto forti così come il bisogno dell’altro.”

    il pathos di greca memoria

    che sia oggi l’individualismo e l’egoismo ad allontanarci dalla “passione” ? ad allontanarci dall’amore e quindi dalla forte intensità di un sentimento?

    rischio..bello il rischio… se può permetterci di aggiungere intensità alla nostra emotività

    certo se uno è terrificato dal rischio a due e preferisce il rischio singolo…benissimo, basta che funziona…ma non è la regola: PER FORTUNA!

  11. Il desiderio e il bisogno. Entrambi producono dolore se non vengono soddisfatti. Ma il desiderio produce meno dolore del bisogno. Sono d’accordo.

    Ma cosa c’è di male nel dolore da doverlo evitare a tutti i costi quando nasce dal bisogno della persona che si ama?

    Quasi come si dovesse evitare, escludere o negare a tutti i costi.
    Se si ha la fortuna di non provarlo mai insieme al desiderio si è molto fortunati. Se invece si prova (perché non è affatto detto che i nostri desideri vengano sempre soddisfatti) è meglio riconoscerlo e accettarlo.

    Ho l’impressione che certi sentimenti debbano essere negati, esclusi, tenuti lontani. Un po’ come la tristezza che in una società come la nostra è considerata una malattia da curare o quasi un crimine da nascondere.

    Il dolore e la tristezza possono accompagnare i sentimenti molto forti così come il bisogno dell’altro. Magari non succede a tutti, certo. Ma succede a molti.

    Capolavori di letteratura sono nati da questi sentimenti generando pagine meravigliose e universali.

    Fino a quando il bisogno non degenera in ossessione e il dolore in violenza contro se stessi o gli altri mi sembrano entrambi “collateral” accettabili. L’amore può essere anche così. Può capitare.

  12. @fabio
    “il bisogno se trascende in dipendenza è deleterio”
    chi sei per dirlo?
    la dipendenza è bella o brutta, non può esserci prova empirica. se è una prigione presumo sia brutta. ma lo presumo soltanto. un pò come la libertà. che cos’è? far quello che ci pare e non dover rendere conto a nessuno? quando è capitata a me è stato angosciante non poterla condividere. Come se fosse troppa, esagerata. Un pò come se mancasse il senso. In fondo perchè le persone cercano di stare assieme? Anche per compagnia ma soprattutto perchè è meglio della solitudine. A volte si dice meglio soli che con quella persona. Non credo, meglio con un’altra persona forse. Non mi è mai capitato di conoscere nessuno felice da solo.
    @simone
    “l’amore non ha niente a che fare con la dipendenza”
    concordo, difatti non ho mai parlato di amore. Tu sai forse di cosa si tratta? La dipendenza buona è molto più reale e rende indispensabile l’altro e viceversa. Credo sia ben oltre l’amore. E’ di sicuro bisogno. Come si può pensare di non vedere una persona che si dice di amare per un’intera settimana senza il bisogno di condividere tutto quello che ci accade attorno? Come si può non avere nemmeno il tempo di litigare? Certo si veleggia comodamente senza stress, seccature ne affanni, ma quanto cresce quella coppia? O vedere quella persona nel weekend e poi la domenica sera avere voglia che se ne torni a casa sua per poter stare da soli e riprendersi tutte le proprie cose, i propri tempi, le proprie abitudini? Ci può stare, basta vada bene a tutti, a me sembra più un’amicizia condita da qualche momento di passione che non un rapporto orientato verso una qualsiasi meta.

    • Ratzinger, ciao. “Tu confondi il bisogno col desiderio” dice R.Redford a Maryl Streep nella scena madre de “La Mia Africa”. E tu fai un po’ lo stesso, mi pare.

      Guarda cosa accade se cambio solo queste due parole nel tuo ragionamento:

      “Come si può pensare di non vedere una persona che si dice di amare per un’intera settimana senza il desiderio di condividere tutto quello che ci accade attorno? (…) O vedere quella persona nel weekend e poi la domenica sera avere bisogno che se ne torni a casa sua per poter stare da soli e riprendersi tutte le proprie cose, i propri tempi, le proprie abitudini?”

      Ora, a parte il discorso della domenica sera che per me non vale (io non bisogno del lunedì per stare da solo), come vedi ho sostituito le due parole. Tu usavi bisogno e io ho scritto desiderio. Poi tu usavi “aver voglia” e io ho scritto bisogno. Per me è al contrario di come tu dici quindi, e non vorrei che non fosse la stessa cosa per la mia compagna. Di una donna che ha bisogno di me davvero non saprei come non spaventarmi. Di una donna che nonostante non abbia bisogno di me ha però un genuino e libero e forte desiderio di me… ho bisogno. Lo stesso per il mio tempo di uomo: non ne ho desiderio, ne ho bisogno.

      Ti ricordo cosa differenzia i due termini/sentimenti:
      – il bisogno è quello stato in cui l’eventuale mancato assolvimento dell’oggetto del bisogno produce dolore
      – il desiderio è quello stato in l’eventuale mancato assolvimento dell’oggetto del desiderio produce aumento del desiderio

      Non so se sono riuscito a spiegarmi.
      ciao!

  13. il bisogno se trascende in dipendenza è deleterio. ma il bisogno in se non ha una accezione negativa, non priva la libertà del singolo. ma qui di assolutismi…c’è abbondanza.
    desiderare la presenza dell’altra è desiderio per star meglio e non per star bene: è un surplus dettato dalla nostra inequivocabile componente emotiva. Poi se per strutturare un rapporto ci vuole il ragioniere che pianifichi i margini di contatto… a me sa di squallore. La condivisione è strutturale per un rapporto (anche di amicizia), ma la condivisione anche delle “rogne” individuali, dei momenti grigi, non solo dei momenti in cui si ha solo positività da donare…è facilissimo altrimenti. Se poi, per come si è strutturati individualmente, si è incapaci di modellare la propria persona perchè si teme di perdere libertà…allora non parliamo di “dialogo” tra i partner….mi pare grottesco.

  14. Simone, quando scrivo “nella maggior parte dei casi, però, non è così” non intendo dire che la maggioranza delle persone vive la coppia diversamente da te,(che ne potrei sapere io…?), mi riferisco al fatto che la maggioranza non fa percorsi di autoconsapevolezza per arrivare a capire ciò di cui ha realmente bisogno, ma sventola bandiere libertarie solo per coprire delle mancanze… Ma poi, tanto per concludere il discorso, a chi importa se le scelte d’amore sono insolite o convenzionali? La domanda da farsi dovrebbe essere un pò quella che chiudeva le tue puntate: “Ma tu, anzi voi, siete felici?”. Se sì, il resto non conta…

  15. Simone, non volevo certo che tu entrassi nel merito della tua vita privata, mi dispiace…le mie considerazioni nascevano dall’osservazione di Andrea e dalla replica di Ratzinger…Sicuramente la tua scelta di vita non è comune, per molti (me compresa) può essere difficile da capire ma, come fa osservare giustamente Marica, esistono tante forme di amore quanti sono i cuori umani e nessuno può decidere quale sia giusto e quale sbagliato, è questione di incastri. Nel tuo caso credo che non si possa dubitare che sia frutto di una profonda conoscenza di sé e non certo di immaturità… E non è un caso, poi, che proprio in virtù di questa consapevolezza tu abbia incontrato una compagna con le tue stesse esigenze e siate entrambi felici in questo equilibrio tra amore e libertà. Ma come hai ben sottolineato è il “vostro” percorso e nasce da un precedente lavoro su di sé. Nella maggior parte dei casi, però, non è così…quello che mi premeva sottolineare nel post precedente è che spesso dietro il baluardo della “libertà” si nascondono ben pochi scavi interiori, ma tante “sindromi di Peter Pan”…Non voglio generalizzare nemmeno in questo caso, non tutti gli uomini sono degli immaturi sentimentali, ma, credimi, ce ne sono davvero tanti… Non mi piacciono le parole “dipendenza” o “bisogno” perchè sono davvero pericolose, ma è pur vero che i rapporti vanno verificati anche nella condivisione della quotidianità…troppo spesso capita che, anche dopo anni di fidanzamento felice, le coppie vanno in pezzi quando uno dei due si trova ad affrontare un problema serio o un imprevisto (es. una gravidanza non programmata…). Che si fa allora, si sta insieme solo nella cosiddetta “buona sorte”…?

    • Antonella, tu dici che la grande maggioranza vivre le sue storie d’amore diversamente da me. A me, guardando qua e la’, sembra che anche nell’amore si seguano stereotipi e regni l’omologazione. Se vedessi 100 diversi modi di vivere la coppia sarei piu’ tranquillo. Vedo qualcuno che tenta una via propria e tutti gli altri che fanno la stessa cosa, con gli stessi tempi, negli stessi modi…

  16. Eppure io credo che il bisogno dell’uomo o della donna che si ama non sia affatto innaturale o negativo. Bisogno non significa dipendenza, è una cosa diversa.

    E’ perfino bello se è semplice, naturale, accettato invece che respinto. Soddisfatto.
    A meno che non si tratti del bisogno di possedere l’altro. O del bisogno d’amore tout court e non del bisogno di chi si ama.
    In questi casi faccio fatica a pensare che sia amore.

    • Marica, certo. Ma il bisogno e’ un po’ come l’improvvisazione: bisogna studiare molto per potersela permettere.

  17. Simone ma la tua tesi proposta nel libro non ha nessun elemento di oggettività scientifica (anche tu l’avevi detto in qualche commento), hai dei dati che la sostengono, che per quanto possano essere ben organizzati e strutturati al fine da te richiesto, sono comunque dei dati numericamente non statistici quindi valgono quanto un “secondo me, in base a quello che ho visto e sentito”.

    Se poi per poter confutare la tesi di un libro (e non è un manuale di diritto o di microbiologia) bisogna averne scritto un altro libro….allora shhhhhh zitti tutti! 😀

  18. @antonella
    naturalmente concordo con te
    @andrea
    chiedendoti della tua libertà non pensavo a niente in particolare, è che m’incuriosisce questo inseguirla come se tutti non ne avessimo nemmeno un pò.
    @simone
    in pratica la tua compagna prima fa le sue cose poi si dona a te. E a te va bene così? Allora i casi sono due: o hai gran poco rispetto di te o ti fa molto comodo perchè anche tu fai altrettanto. Capisco la necessità di solitudine ma mi sa che a te sfugge completamente il concetto di dipendenza sentimentale dall’altro/a. E così ad occhio non credo sia la persona con cui stai a potertelo insegnare. Però sono certo che state molto meglio di tante coppie antiquate che dividono ancora lo stesso tetto.

    • Ratzinger, l’amore non ha niente a che fare con la dipendenza. C’e’ grande differenza, abissale, tra bisogno e desiderio. Il bisogno e’ una cosa che se non assolvi ad essa stai male. Tu hai necessita’ che una donna ti viva cosi? Io preferisco il desiderio, ovvero essere desiderato da qualcuno che non ha alcun bisogno di me. Potrebbe stare dove sta, fare quel che vuole, e sceglie, senza bisogno, di stare con me. Capisci che valore ha? Io faccio altrettanto. Tutto scelto. Nessun bisogno primario o secondario. E ogni giorno vale, perche’ viene scelto di nuovo.

  19. Di solito pensiamo che l’amore sia uno. Quello che proviamo noi nel significato e nella forma che noi gli attribuiamo.

    Se proviamo a chiedere a qualcuno: dimmi, ma per te cos’è l’amore? Qualcuno avrà difficoltà a rispondere, qualcuno dirà che significa dare senza condizioni, qualcuno dirà che l’amore è attrazione e passione. E senza passione non può esserci amore.

    Qualcun altro dirà che è essere insieme. Creare un legame. Qualcun altro ancora dirà che significa qualcosa simile al “per sempre” nella sorte felice e in quella sfortunata. Qualcuno pensa che sia fedeltà e non potrebbe amare senza questa. Altri credono che sia la libertà la condizione per amare davvero.
    Qualcuno non permette che il senso di responsabilità dell’altro si allontani dal suo concetto di amore. Per altri ancora è condivisione totale di ogni esperienza.

    Se qualcuno non ama nel nostro stesso modo, ci viene il dubbio insopportabile che quello non sia amore. Qualcuno pensa che l’amore non sia conciliabile con le lacrime e il dolore e se ne libera se il sentimento che sta vivendo lo fa stare male. Altri non riescono a concepire l’amore senza risvolti amari ed emozioni ai limiti.

    Qualche volta ho la sensazione che esistano tanti modi di amare per quanti cuori battono sulla terra.

    E mi sembra che sia spesso per questo che uomini e donne non riescono a capirsi. Un modo diverso di amarsi. Forse ugualmente forte e intenso ma profondamente diverso.

    Forse riuscire a trovare qualcuno che ci ami nel nostro stesso modo. Quando succede è bellissimo ma estremamente raro. E così raro che quando ci capita magari non lo riconosciamo.

    Il resto sono fraintendimenti, prove, speranze di cambiare i reciproci modi, conversioni improvvise e labili, spinte e slanci, visioni, sonni profondi, società per azioni, consociate, cooperative, assicurazioni per la vecchiaia.

    Ma credo che per molti anche questo sia amore autentico e perciò degno di ogni rispetto.

    Ho la sensazione, stasera, che tutto sia così semplice e così triste al tempo stesso. Ma forse è la serata un po’ così.

  20. @simone

    “Senza contare il fatto che quel che emerge da alcune storie del libro è esattamente il contrario.”

    echisene..? è la Bibbia? possiamo provare a confutare o no?

    • Fabio per confutare un’inchiesta ampia e articolata occorre un’inchiesta ampia e articolata. Altrimenti dici “secondo me”, “per la mia esperienza”, che è diverso. ciao

  21. @Michela certo che possiamo riprendere la comunicazione ma finchè si dialoga come facenti parte di una categoria diversa dalla categoria dell’interlocutore…i presupposti dialettici mancano, io non ti considero di una altra categoria, non ho mai considerato me stesso come elemento di una categoria.
    Ho posto una mia considerazione, basata su esperienze, anche io ho avuto (in passato) per lavoro contatti con soggetti di diversa etnia, ho viaggiato tanto per conoscere (e io viaggio camminando per strada e non nei musei) e ho tirato un paio di somme. Tu hai le tue esperienze e tiri altre somme. Non pongo però in conto, non metto nella somma i dati menzionati nel libro di Simone, perchè non avrebbe senso, io parlo per quello che vedo e quello che sono. Magari sbaglio, è probabile, ma come tu vedi gli uomini che scrivono quì come elementi che si pongono sulle difensive, io non ho mai sentito dire qui una frase del tipo: “chissà forse sbaglio io, o forse no”. Ti ripeto può essere che sbaglio io, ma è altrettanto probabile che sbagli tu; tu mi hai citato esperienze che negano la mia tesi, ci sta! Metto in dubbio la mia, è dialogo questo, ma sarebbe sano che entrambi i “dialogatori” per rendere utile il confronto mettessero in dubbio la propria tesi (almeno per un po’)…diciamo che questo metodo strizza l’occhio al metodo popperiano.. Invece mi capita spesso quì di notare che se si propone una tesi differente, se si mette in dubbio una ipotesi, si viene segnati di maschilisti, di chiusi, di soggetti che ponendo un dubbio sono segnati quindi di maschi che si mettono sulle difensive.. così non so come dialogare, io per dialogare devo mettere in dubbio tutto, devo provare a confutare la mia e le altrui tesi, porre dei quesiti, discutere, scannarsi anche e penso che sia un modo non sbagliato, legittimo e anche sano..non mi pare una chiusura. scusatemi…non pensavo di aver sparato a nessuno!

  22. @Michela
    Per curiosità: a quali nazioni ti riferisci riguardo la tua esperienza di vita all’ estero?
    Lo chiedo, perché ritengo che l’ emancipazione delle donne sia molto diversa fra, ad esempio, Svezia e Portogallo.

  23. @Giulio
    “se mi dicevi prima che non ti gradiva sentire il parere degli altri partecipanti al blog… mi dispiace che ho messo in discussione la tua percezione di fare azioni non omologate.”

    Ti sbagli Giulio, a me piace molto sentire i pareri altrui, soprattutto quando sono diversi dai miei. Ma solo finchè li ritengo interessanti e intellettualmente stimolanti.

    Io ho fatto cenno al fatto che, complice la crisi, qualcuno stia sperimentando la possibilità di far mutare forme di commercio canoniche (ad es. il franchising) in qualcosa di nuovo, proponendo un sistema di scambio alternativo alla logica del profitto e che vada in direzione dell’ecosostenibilità e della qualità della vita.

    A questo tu hai contrapposto la definizione di franchising tratta da wikipedia. Non esattamente una dimostrazione di curiosità e apertura nei confronti delle novità.

    Detto questo, credo anche che si sia sottratto fin troppo spazio all’argomento del post originale, ben più interessante della nostra trascurabile diatriba.

  24. Vorrei sinceramente che qualcuno di voi uomini liberi mi spiegasse come conciliate l’amore con la libertà…Il buon De Crescenzo in “Così parlò Bellavista” diceva che ci sono due categorie di uomini diversi: “gli uomini d’amore” e “gli uomini di libertà”…a prescindere dal significato che il simpatico downshifter ante litteram attribuiva a queste definizioni, io vorrei davvero sapere come si fa ad essere uomini liberi e ad avere una relazione duratura. Come funziona praticamente…? Ognuno a casa sua, ci si incontra quando capita o quando se ne ha voglia, ci si defila quando c’è una difficoltà o quando ci si rompe le scatole, nessuna progettualità, nessuna responsabilità…questo è? Ma allora non chiamatelo amore, cercate delle avventure, delle “emozioni” come le definiscono oggi molti uomini…e allora non si può pretendere pure di capirle le donne, di dialogarci, di avere rapporti autentici… Magari vi sfugge che prima di tutto dovreste ESSERCI, sia quando le cose vanno bene sia quando ci sono dei problemi (e nella vita può capitare che ci siano dei problemi…), che dovreste ricordarvi di “progettare” la felicità di un rapporto così come siete in grado di fare con il lavoro o con il non-lavoro, che se si vuole dividere la vita con una persona bisogna anche assumersela qualche volta una responsabilità, non si può sempre scappare davanti agli ostacoli…si chiama CRESCERE…
    Ma non è un obbligo, se ne può fare a meno, basta essere consapevoli che non è l’amore che si sta cercando…ci sono tante soluzioni alternative: avventure occasionali, donne già impegnate, le disilluse, le donne in carriera ecc.
    E’ ovvio che ogni scelta comporta inevitabilmente una rinuncia, basta che la facciate questa scelta! Volete essere “uomini d’amore” o ” uomini di libertà”? Le due cose insieme… io la vedo difficile…

    • Antonella, per un uomo, per una persona, secondo me…, la cosa che conta maggiormente, che è imprescindibile, è il proprio percorso interiore, individuale,. la ricerca dell’equilibrio e dell’armonia. Noi siamo uno, prima di ogni altra cosa. prima si essere due, ad esempio.

      Per far questo, per assolvere alla responsabilità di questo dovere/stato di fatto, occorre trovare una via, adoperarsi, lavorarci. Almeno, io che umanamente non sono nato imparato, devo lavorarci. Sono partito anche da molto lontano per farlo, e ho fatto tanta strada, e tanta ancora ne farò.

      In ciò, lungo la via, ho capito alcune cose di me. Cose importanti, a cui si collega il mio stesso stato di benessere, di equilibrio, di vita. Una di queste è la necessità della solitudine operosa. pensare, studiare, scrivere, fare sculture, dedicarmi alla casa, navigare… Da solo. Ne ho bisogno, se non sto da solo una certa quota del mio tempo, sto male.

      Una volta capite queste cose, di cui la solitudine è un esempio, posso immaginare di relazionarmi con qualcuno, amici, una donna etc. Diversamente non avrei nulla da dare. Così almeno posso provarci.

      In quest’ottica vivo da solo, in una città diversa dalla mia compagna, la quale a sua volta vive in modo diversissimo da me ma con elementi abbastanza simili ai miei. Ha una casa, fa le sue cose, dipinge, ha bisogno di leggere, stare da sola. Quando ha fatto le sue cose può darmi e regalarmi e relazionarsi con me.

      Entrambi, senza questo, non potremmo amarci.
      Ecco perché viviamo così, cercando libertà e amore in egual misura.

  25. @Ratzi
    non certo quello che potresti pensare tu .. 😉 solo per un fatto che le storie possono finire oppure l’altra parte ha bisogno giustamente di altro e/o di più e tu egoisticamente (cioè io) non sei in grado di garantirglielo, tutto qua

  26. “State tranquilli le donne la danno, ad altri” … uauuu che dimostrazione di forza e superiorità cinica nei confronti di chi ha il coraggio di provare a dire le sensazioni di tanta parte dei maschietti (quelli non “alfa” voglio dire, ossia quelli a cui voi la date 😉 e che dicono ok parliamone senza falsi pudori e con umiltà …

    “Un pò ve la siete cercata…” eh si eh, non andate a toccare voi maschietti meccanismi che in fondo ci fanno un tantino comodo …

    Sul fatto che simone attribuiva alla fortuna il suo successo o buon rapporto con le donne l’avevo capito che era solo umiltà anziché dire che ci vuole “il cervello” per “farsela dare” (giusto, si dice così)

    Scusate io adoro le donne ho avuto discreti successi e pure i fallimenti avuti (neanche poi tanti) erano per lo più da attribuire al mio altro grande amore: la libertà, .. e non sono strafigo, ne ricco ne alfa …
    Sono cresciuto in una famiglia di donne ed anche fuori da essa ho sempre provato grande interesse nell’osservarvi, ascoltarvi e cercare di capirvi … avere letto le vostre tristi battute un po’ piccate mi fa sospettare che qualcosa anche voi dovreste rivedere oltre che ovviamente anche noi uomini, ma su quello è gia stato scritto un libro…

    Ci sarebbero tante altre cose da dire ma il tempo e tiranno e provo a replicare come e quando posso. saluti

  27. @Fabio
    la mia frase era chiaramente una provocazione. Come dice Mari “un po’ ve la siete cercata”…ho riletto i tuoi post e ci sta che io non abbia capito e non certo per una questione di linguaggio più o meno forbito.
    Il mio post voleva dire: non credo alla separazione Italia=senso di colpa/difficoltà a vivere la sessualità in modo libero, Estero=libertà sessuale senza condizionamenti.
    Ho vissuto molti anni all’estero, ho amiche di varie nazionalità e sono assolutamente convinta che sia solo una questione individuale (ovviamente parlo della mia esperienza). I preconcetti di cui sono spesso intrisi i post sono l’ostacolo alla comunicazione. Leggo il blog regolarmente, non intervengo quasi mai ma devo purtroppo (per la mia categoria) dar ragione a Simone che la capacità di porsi all’ascolto e al confronto come individui liberi è stata smarrita. La maggior parte degli uomini si pone sulla difensiva e questo devi ammettere che non depone a vostro favore. Non è mia intenzione generalizzare né fare sterile polemica (odio chi usa questo spazio per esibizionismo o parlare di fuffa) ma post come quello di DVA e di chi gli da credito inevitabilmente meritano risposte quanto meno sarcastiche…
    Riprendiamo la comunicazione adesso?

    • Senza contare il fatto che quel che emerge da alcune storie del libro è esattamente il contrario. Sono le donne ad essere più desiderose di ebrezza, anche sessuale, per la quale non trovano sponda negli uomini. Del resto il sesso è la conseguenza del benessere, mentre fa a cazzotti col disagio. E in quest’epoca il disagio è maschio.

  28. @Michela io non adduco il problema della comunicazione a condizionamenti religiosi sulla donna.
    Non avrò scritto in maniera forbita ma non penso che una lettura attenta possa far passare questo messaggio.

    Non perdo tempo a spiegare cosa intendevo dire a chi come chiusa mette, “State tranquilli le donne la danno, ad altri” ..insomma lo stesso livello di chi diceva “quando si scopa?” se ci pensi bene…

  29. …. Oggi non ho letto i post precedenti, non ho voglia, mi sento sconfitta!
    Si, proprio così mi sento : in 2 giorni 2 suicidi. Anzi peggio : il primo suicidio dopo 2 omicidi!
    “Dove sono gli uomini” Simone?
    Ecco dove sono ! E io mi sento sconfitta :
    Primo come facente parte di una società che ha creato un sistema che prima ti toglie la pelle e poi ti uccide!
    Secondo come donna : questi 2 uomini hanno alzato dei muri, e le loro mamme, compagne, amiche, colleghe, conoscenti, non sono riuscite ad abbatterli questi benedetti muri!
    Terzo come consulente aziendale vedo tutti i giorni casi disperati di imprenditori che non ce la fanno più, e che cerco di aiutare con consigli cosi detti utili…ma loro cominciano ad essere senza pelle e io li vedo e non so che fare!
    Quarto come amica di donne in carriera in grosse aziende o nel pubblico, con cui ho pochi contatti ma quei pochi sono richieste di aiuto x uscire da un sistema che travolge anche loro! Tralasciando il fatto che si dimenticano di essere mogli e madri!
    No oggi non ci sono gli uomini, si annientano, ma ci sono anche poche donne e quelle che ci sono non sanno che fare! Oggi non è un buon giorno, e domani è la festa della donna!
    A noi donne dico : non festeggiamo! Anche noi facciamo parte di un sistema che uccide! Però invito tutte voi che siete sul blog a vedere questo documentario:

    http://www.youtube.com/watch?v=EBcLjf4tD4E

    Ci possiamo dedicare 25 minuti ?
    Simone, scusa se approffitto del tuo blog per sfogarmi

    • Maria Luisa, ti capisco… Io sono 5 giorni che non vedo anima viva. Come spesso accade. Per tanti motivi. Alcuni molto simili a quanto elenchi…

  30. @fabio @andrea
    credo che il libro di Simone si fondi proprio su questo atteggiamento e da questo nasca il suo successo. I commenti che continuo a leggere (per la maggior parte) lamentano una scarsa disponibilità delle donne adducendo pesantezza, condizionamenti sociali e/o religiosi, scarsa capacità di comprensione dei desideri (e del desiderio) maschile.
    Beh, le cose sono assai più semplici vi assicuro. Anche per noi il sesso è una forma di comunicazione e non necessariamente legata a promesse di amore eterno o di famiglia da Mulino Bianco. Certo nessun essere pensante, risolto e indipendente prenderebbe in considerazione il ruolo di bambola di gomma proposto con un sensuale “quando si scopa?”.
    State sereni, le donne la danno. Ad altri.

  31. chiedo venia…ma sono passato dal pc…e ho visto che uno era passato e l’altro rimasto appeso…e siccome so che può capitare e che da solo quel commento nn aveva senso…te l’ho chiesto..scusaaaaa

  32. ” Il problema di una bugia non e’ chi la proferisce, ma chi ci crede.”

    Che frase orribile. Oltre il danno anche la beffa. Non diventerò mai diffidente come un cattolico, amante del prossimo a parole e settario e razzista in pratica. Tutti potenziali ladri e assassini tranne lui, naturalmente, che va in chiesa tutte le domeniche.

  33. un ultimo pensiero…che sono stanco e qualcosa la scordo:

    tu, simone, parli di sesso come “conseguenza”, giusto perfetto, ma non che il sesso sia SOLO il “led” dello stato della comunicazione, io attribuisco al sesso una forma di comunicazione e, uscendo dagli schemi sociali che anche tu tanto odii, per me almeno il sesso non è conseguenza di una comunicazione d’ “ammmmmore”, cioè lo può essere ma un buon modo di vivere il sesso non è Condizione Necessaria della presenza di ammmore.. 🙂

    questo per chiarire quel commento che ho fatto…che chiarissimo non era.

  34. si certo il mordi e fuggi non è assolutamente segno di qualità..anzi come tu dici: tutto il settore fast-X è sempre di scarso gusto del “bello”, non so se mi so sapendo esprimere in maniera chiara.

    Quello che noto io, non so DVA che nota, è che fuori dai confini, in culture non solo anglosassoni ma anche espaniche vi è una più serena disposizione nei confronti del sesso, ma non del tipo “touch and go” ma proprio in termini di consapevolezza del proprio corpo e di come la sessualità sia parte integrante della comunicazione e una sana consapevolezza del piacere sia utile al singolo e alla dinamica tra i due partner. In soldoni… io sostengo, e qui mi riallaccio al tuo libro, che una difficoltà di comunicazione esiste eccome (ma si manifesta in maniera diversificata e non come la tesi del tuo libro sostiene) ma io la attribuisco ad un “antico” senso di colpa infuso dalla cultura cattolica (penso sia fuori discussione che in italia l’ingerenza di questa sia stata ed è forte più che altrove). Questo senso di colpa (lo chiamo così ma contiene innumerevoli particolarità, lo sai) ha generato una strana consapevolezza del proprio corpo e della sessualità, a questo si potrebbe far risalire la difficoltà di comunicazione (con tutte le differenziazioni dei singoli casi, singole comunità, dinamiche, contesti sociali e economici etc.).

    Ora, ad uno sguardo superficiale uno se ne esce con frasi fatte di tipo cameratesco (stile DVA) ma ad una analisi poco poco più profonda..i strani margini di come la sessualità in italia si presenta ci sono se comparati con molti (non dico tutti) paesi e culture straniere.

    Non so se sono stato chiaro.

  35. @ Andrea , io come donna tendo a ignorare la “stupidità, il luogo comune ” e Simone che dice di non riscontrare i problemi che ha DVA non è questione di fortuna ma di cervello !!!

  36. simone però guardando oltre il proprio entourage, non noti che in italia la sessualità in genere abbia dei contorni molto strani? DVA attribuisce a questi contorni una responsabilità prettamente legata all’atteggiamento delle donne, io non la farei così netta, e neppure penso che sia il minore dialogo che c’è tra i due sessi in italia, anche perchè non ho visto mai all’estero nelle dinamiche comunicative una migliore qualità di comunicazione, anzi. e nonostante questo i contorni della sessualità sono molto differenti. le cause? parliamone, io ho delle mie opinioni.

    • Fabio non so esattamente cosa intendi per sessualità. come in ogni cosa della nostra epoca regna il mordi e fuggi, la mancanza di racconto, l’assenza di sensualità e di creatività. penso che sia questo, spesso, il punto. il sesso come il cibo, come il lavoro… ogni cosa fatta meccanicamente, senza idee, senza cura, è mediamente uno schifo.

  37. Splendido post! Complimenti.
    Sto leggendo il tuo “Ufficio di scollocamento”. Interessante e illuminante. Mi ha fatto riflettere su molte cose e anche molto diverse tra loro, ma collegate da un filo sottile.
    Paola

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