Come state?

La mia "clinica", vista dal lato di sinistra

Vi ricordate i politici della Prima Repubblica? Molti di loro si ammalarono e morirono appena perduto il potere, o in prigione o in esilio. Fino al giorno prima stavano benissimo.

Oppure pensate a quando ci ammaliano il venerdì sera, giusto in tempo per il weekend, appena finito di lavorare, e lunedì mattina stiamo già meglio, forse vado in ufficio… Oppure quando ci ammaliamo in vacanza, nonostante il sole d’agosto: mal di gola, un po’ di febbre, ma tu guarda, proprio in vacanza!… E durante le feste natalizie?! Mai successo? Per non dire di quelli che si ammalano e muoiono appena andati in pensione, o dopo aver perduto il lavoro. Insomma: l’istante dopo potere, lavoro, attività, ruolo… “normalità”. Cioè quando la stampella viene via, quando “molliamo”, forzatamente o per il meritato riposo. Fino a un attimo prima il virus c’era già, la cellula neoplastica anche, il blocco arterioso pure, ma il sistema immunitario non consentiva, sbarrava il passo: “Non ancora!”.

In questi giorni ospedali e malattie, biopsie ed esami istologici. Viaggio dove non avrei voluto andare. Ma viaggio, ad ogni modo, come sempre. Dunque luogo “altro”, mai visto, da guardare con la bocca aperta, memorizzando, collegando, scoprendo. Pensando

Fateci caso: siamo tutti così attenti a mangiare cibi senza pesticidi, a non fumare, alla carne bruciacchiata sulla griglia, non mangiarla che è cancerogena! Siamo ossessionati dal colesterolo, dai trigliceridi, dalla pressione arteriosa, dal diabete… Non facciamo che occuparci di quello che ingeriamo, inaliamo, beviamo. Se c’è una muffetta su un formaggio, oddio! Fa malissimo, buttalo! Facciamo anche sport, per questo: serve contro l’infarto, fa bene al cadiocircolatorio. E i detergenti? Attenzione, la pelle ne risente. E il sole? Occhio che fa venire il tumore della pelle. E la postura? L’ernia. E parlare troppo? Il tumore alla laringe. E stare zitti? Quello credo non sia grave, anzi…

Ma se poi ci ammaliamo nel weekend, o il giorno dopo che il nostro evento è andato bene, o dopo la causa in tribunale, dopo il rush finale prima di Natale?! Ci siamo persi qualcosa?

La verità è che curiamo metà della vita: il corpo. Come se cambiassimo solo le gomme di sinistra alla nostra auto, sperando che basti a non andare fuori strada. L’altra metà è mente, cuore, spirito, sistema emotivo, sentimenti. In una parola: energia. Tanto essenziale da valere il 51% della nostra salute. Ma per quella non facciamo niente. Mettessimo nella produzione d’energia la metà della metà dell’attenzione e dei sensi di colpa che abbiamo quando fumiamo una sigaretta o quando mangiamo un pezzetto di grasso d’agnello abbrustolito, forse saremmo salvi.

Nelle corsie degli ospedali si vedono molte cose. Bisognerebbe farci un giretto, di tanto in tanto. Non solo per rinverdire alcune frasi di Seneca. E neppure per ricordarci cosa capita se fumiamo. Anche per quello, ci mancherebbe. Ma c’è dell’altro, molto altro. E vale parecchio. Soprattutto perché non lo sappiamo, perché nessuno lo studia (chi finanzia gli studi clinici mira a medicine, non a gente sana che si cura da sola. Buono che lo faccia, ma così ci curano a metà). Noi amiamo le pillole, quelle che se hai un problema (dopo) ne prendi una e tutto passa. Senza pillole è tutta un’altra storia. Il lavoro ci sarebbe. Prima.

E voi, come state?

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33 pensieri su “Come state?

  1. A me succede il contrario, mi sento male quando devo lavorare, quando devo partire per lavoro, quando devo esercitare il mio ruolo, mi sto impegnando per cambiare la mia situazione lavorativa e avere più tempo libero, ma non è facile. Infatti la libertà conta più dei soldi, se mi chiedessero se preferisco avere un aumento di 1.000 euro o 30 giorni di ferie in più, opterei per quest’ultima opzione naturalmente, ma non mi faranno mai questa offerta. Inoltre la pensione si è ulteriormente allontanata grazie alla strega Fornero. La libertà mi servirebbe per fare una vita semplice, stare sul mare, fare una passeggiata, passare più tempo con le persone a me più care, leggere, scrivere, viaggiare che sono le mie passioni.Comunque il fatto che stia benone quando riesco ad essere una donna libera forse significa che godo di ottima salute dell’anima. Ciao a tutti

  2. Le cose cambiano quando riesci a cambiare il tuo paradigma. A non sentirti più un corpo che ha anche un’anima, ma un’anima che possiede momentaneamente un corpo. Allora le cose cambiano e capisci che non sono le sigarette che ti fanno morire, ne la carne di maiale…

  3. “Non mi mancherete”….avevo espresso questo sentire alle sorelle e ai fratelli incontrati su Mediterranea.
    Ho passato un tempo di spensieratezza ed emozione nel bioritmo naturale dell’elemento acqua.

    Non mi mancherete… perché vi porto nel Cuore.

    La stessa cosa vale con le persone che son partite per il Grande viaggio, quando, nel limite dei miei limiti, ho provato ad accompagnarle.

    Nel cuore le cerco, nel cuore le trovo.

    Nascita, crescita, maturazione, malattia e morte altro non sono che parte integrante della vita.

    Simone dear brother, sto col sorriso che naviga sottopelle!

    …tento di accompagnare gli eventi sia quando provocano dolore sia quando son messaggeri di gioia.
    Madre morte non mi induce a “toccarmi le palle” , mi incita alla crescita, alla poesia dell’incontro, all’ascolto del silenzio, mi indica quanto un giorno può esser lungo e profondo se vissuto con presenza, mi indica quale occasione profonda crea la malattia per sanare cose mai fatte e parole di cuore mai dette…Bellissimo.

    Il dolore nella vita, lo sento come una medicina, indica cosa cambiare nello “Stato della mente”, a volte mi sussurra:
    “non ti sei ancora rotto i coglioni di vivere in questo modo” .
    Se ascolto il dolore, lui mi strattona al cambiamento, indicandomi che solo io posso dare un passo alla mia vita.

    Adelante Brother, manteniamo la rotta, ci incontreremo sulla Via.

    Ti porto nel Cuore,

  4. CAMBIARE.
    « Ma noi, siamo pronti a cambiare la nostra vita che nella maggior parte dei casi giusta non è? Cambiare è una delle cose più difficili da fare. Il cambiamento ci fa paura e nessuno vuole davvero correggere il proprio modo di vivere. Per questo siamo più favorevoli alla terapia oggettiva; per questo preferiamo curarci l’asma con l’aerosol, l’allergia con gli antistaminici e il mal di testa con l’aspirina. Questo è molto più facile, e molto più sbrigativo, che mettersi a capire che cosa provoca in noi questi malanni. Se scoprissimo poi che sono dovuti all’abitare in una casa che ci è poco congeniale, alla compagnia di gente insulsa, al mangiare cose sbagliate e al fare un lavoro privo di significato, saremmo disposti a cambiare? Cambiare, come si fa? Questo senso di impotenza aumenta la nostra predisposizione al mal-essere. »
    ─ Tiziano Terzani, http://tinyurl.com/sullagiostra

  5. Ciao Simone,
    domande valide, vale la pena porsele.
    A)Io come sto?
    B)cosa succede quando abbandono il normale, quando lascio il ruolo?
    C)Qual’e’ la mia “clinica”?

    A)Sto (abbastanza) bene. Sto decisamente meglio di 2 anni fa (periodo duro) ma devo (devo?) rideterminare la rotta.

    B)Per esempio nelle ultime 3 vacanze che ho fatto non mi sono ammalato cosa che prima mi succedeva quasi sempre

    C)come mai sto meglio? Ok, da una parte non ci sono piu proccupazioni e carichi di stress forti dovuti a cuase esterne che son passate. Dall’altra ho fatto di necessita virtu e ho imparato a prendermi piu cura di me. Queste sono le mie “cliniche per la prevenzione”:
    -mi prendo tempo per me in cui faccio cose che mi fan bene
    -Nuotare, pedalare e correre ma non come un tempo con la prestazione da raggiungere. Invece fatte perche cosi gusto questi gesti, questi movimenti in cui mi sento a casa. Questi gesti che ho imparato a fare in maniera metodica quando ero un adolescente e che ora posso fare con naturalezza (e neache tutti insieme) gustandomeli senza dover dimostrami niente.
    -silenzio
    -rapporti con altre persone
    -altre cose

    Sto continuando a leggere Stojan anche se ho fatto una lunga pausa. Cavoli quanto mi fa pensare qto libro. Grazie per lo scambio di opinioni sui tuoi libri.

    In bocca al lupo per la tua vita privata.

    Saluti Marco

  6. Con preghiera
    di considerazione:

    ————————————–
    L’EMANCIPAZIONE dei POPOLI della TERRA
    ————————————–

    ANTEFATTO

    Quando i vari PAESI della TERRA divennero democratici, le minoranze che ereditarono dai precedenti regimi gli incarichi a vita delle rispettive Funzioni Pubbliche, invece di restituirli ai cittadini, così come democrazia richiedeva, continuarono a tenerli per sè. Con le sopraggiunte democrazie, queste primarie risorse collettive avrebbero dovuto iniziare ad essere partecipate tramite assegnazioni a TEMPO DETERMINATO. I loro accaparratori hanno invece approfittato delle posizioni di potere per mantenere gli indebiti privilegi d’epoca tirannica.

    ASSUNTO

    La democrazia si distingue dalla tirannia nel fatto che ogni ruolo pubblico, tanto in AMBITO DECISIONALE quanto in AMBITO FUNZIONALE (nell’apparato scolastico, fiscale, giudiziario, etc.) dev’essere periodicamente RESTITUITO al POPOLO. Ogni pubblico incarico, dal più umile al più elevato, contiene un certo potere e per questa ragione non può essere detenuto a vita. Pena lo scadere nella tirannide. TUTTI noi cittadini siamo SOVRANI e PROPRIETARI della Res Publica. Quelli che l’hanno accaparrata a vita l’hanno fatto contro il fondamento della democrazia.

    EFFETTI

    Per via di un apparato pubblico rimasto tirannico, le società hanno continuato a svilupparsi secondo un modello organizzativo distorto e ribaltato. Ad es. l’associazionismo ha assorbito un gran numero di fresche energie umane che andavano invece indirizzate, ben preparate ed a scadenza, all’interno dei pubblici impieghi. Il settore economico privato ha beneficiato di gran denaro pubblico che doveva invece servire ad alimentare e far crescere la RES PUBLICA, venendo per contro caricato di pesi sociali che competevano la sola basilare economia pubblica.

    CONCLUSIONE

    Gli assunti a vita nelle Funzioni Pubbliche dei Paesi democratici sono dei veri e propri ABUSIVI e vanno pertanto immediatamente RIMOSSI. Il PUBBLICO IMPIEGO a TEMPO DETERMINATO è EQUO e SOLIDALE. Esso realizza quella DEMOCRAZIA OPERATIVA senza la quale la DEMOCRAZIA PARLAMENTARE diviene un continuo ciarlare senza progressi. La democratizzazione del PUBBLICO IMPIEGO va compiuta con assoluta priorità così da permettere ai cittadini di riorganizzare e condurre, direttamente, le pubbliche attività e servizi nel modo che ritengono opportuno.

    Quanto appena detto non è una mera proposta. Trattasi di presa di coscienza e vera e propria SCOPERTA STORICA. I POPOLI della TERRA, proprio divenendo consapevoli di essere stati traditi e truffati per decenni dai PREDATORI di POTERI che, una volta divenuti DEMOCRATICI, andavano regolarmente CONDIVISI, possono vivere un epocale processo di EMANCIPAZIONE che li renderà immediatamente LIBERI. Dai Paesi del Nord Africa a quelli d’Europa fino a quelli del Sud America e dell’Oriente, un’unico moto ci animi: liberare e far crescere le nostre sacre RES PUBLICHE.

    In modo assolutamente pacifico, legale e civile, questo èsito sìa nostro!

    Danilo D’Antonio

    Piazza del Municipio
    64010 Rocca S. M. (TE)
    Italia – Europa

    tel. ++39 339 5014947

    PUBBLICO IMPIEGO DEMOCRATICO
    il diritto che ancora non conoscevamo
    http://www.hyperlinker.com/ars/index_it.htm

  7. Simone… Mi dispiace. Mi dispiace che nella tua vita tu ti sia comunque dovuto trovare ad affrontare questo “altro” viaggio. Mi dispiace perché fa male. Mi dispiace perché assorbe tutte le energie, tutti i pensieri, tutti gli istanti in un unico lungo momento di attesa. Io ho aspettato a rispondere alla tua domanda del post “e voi come state?” perché da quando hai scritto ho continuato a pensare come invece potevi stare tu, sentirti tu in questo momento. Il viaggio che stai affrontando tu è un viaggio che lascia senza parole. Ti fa sprofondare nella palude del silenzio perché capire diviene difficile e cercare di trovare una ragione impossibile. Non ci sono risposte. Questo immobilizza, attanaglia. Il tempo unico compagno di viaggio, con il tempo riusciamo passo dopo passo a dare una dimensione più ragionevole a quelle che nei fatti e’ una enormità. Una voragine all’improvviso. Che stravolge la vita di chi deve affrontarla e ne scardina tutti i punti di riferimento come un uragano su granelli di sabbia. Deserto. In un viaggio di cui non ci è dato di comprendere il senso di tutte le tappe, ma solo di alcune. Questo fa male. Ed il dolore ci spinge a trovare una strada dentro di noi che prescinda dalla strada fuori di noi, una strada interiore che possa essere sempre illuminata dal nostro incondizionato amore per la vita e dalla speranza di riuscire a viverla esprimendo a pieno il nostro potenziale di Uomini. Io non sono riuscita a rispondere subito a questo tuo post perché non sono riuscita a trovare le parole giuste per starti vicino. E’ un viaggio duro, spietato questo. Che ti costringe anche a scontrarti con la pochezza di molti, con la fatiscenza di tante strutture non adeguate. Con i limiti della scienza in questo campo. E con i limiti di chi non ne ha fatto o non ne ha voluto fare adeguato uso. Ci sono innumerevoli limiti. In tutte le cose, e’ vero, ma specialmente in questa. Molta incertezza, nessuna strada sicura. Forse il più arduo ed esasperato dei viaggi. E tu sei li. Su questa ripida salita. Per questo vorrei io, vorremmo noi, simone, chiedere a te…….. Come va….. Simone…..? Come stai……..?

  8. ciao simone
    grazie!!! abbastanza bene!
    a volte quando la carica di negatività prevale mi viene una specie di brufolo nell’orecchio,ma poi dopo un primo fastidio lentamente passa e io mi dico che se riesco a scaricare la negatività in un brufoletto fastidioso va ancora tutto bene!
    mi sono deciso a leggere un tuo libro di storie,avevo paura di restare “deluso” da perotti narratore e non mi ero mai spinto oltre ad ADESSO BASTA/AVANTI TUTTA/UFF.DI SCOLLOCAMENTO,ovviamente deluso sulla base delle mie aspettative, non per le tue capacità di scrittore.
    oggi ho cominciato zenzero e nuvole e scopro un simpaticissimo simone,contortamente simpatico,mi hai fatto venir voglia di cucinare,di scrivere,e di darti del “pirletta” nella stessa maniera bonaria e compiaciuta con cui lo dico a mio figlio quando fa una marachella divertente.
    leggendo come da ogni situazione hai colto,valutato,immagazzinato, giungo alla conclusione che sei nato già con un faro acceso sulla via e rendendotene conto hai fatto sempre il possibile per tenerlo acceso.
    quelle barche che non hai preso mi danno la conferma che ogni cosa ha un suo momento e noi dentro lo sappiamo…..
    a prima o poi…..
    saluti
    morris

  9. Mi piace questo post sulla malattia che, come la morte, è uno dei tabu della nostra società. Ci teniamo sempre più distanti dalla condizione di dolore rinchiudendoci in gabbie dorate ma ecco che, non appena si aprono le gabbie tutto quello che è stato rimosso ritorna prepotentemente sconvolgendo le nostre vite. Terzani diceva di aver sviluppato il cancro vivendo una vita triste 5 anni in Giappone…beh in questo senso quì credo che la malattia possa essere addirittura un evento psitivo, un’ultima ancora di salvezza da un mondo sensa senso e una potente sveglia per riflettere su quanto sono preziose le nostre vite.

    Grazie Simone, buona vita,
    Mauro

  10. SERATA PEROTTI

    Immagino che su un blog sia ammesso il “fuoritema”.
    L’altra sera ero fra le quasi cento persone che affollavano il salone principale del Castello di Padernello per ascoltare Simone Perotti sul tema “il senso della vita” affrontato utilizzando il suo libro “Adesso basta”.
    Abbiamo assistito alla magica materializzazione di due sogni: Perotti con la realizzazione di un progetto per i più immane: “cambiare vita”, rappresentato nella cornice di un castello che da rudere, grazie alla determinazione di un gruppo di sognatori, è tornato ad un sobrio splendore, diventando luogo di incontro e di cultura.
    Lunedì sera, in un paese che conta un numero di abitanti poco più del doppio dei presenti in sala, sperduto nelle brume padane autunnali, eravamo un gruppo di ribelli non disposti a farsi appiattire il cervello dall’apertura di improbabili pacchi televisivi o da inutili quanto sterili dibattiti politici che ricordano discussioni calcistiche fra tifosi al bar.
    Intensa l’attenzione alle provocatorie parole dello scrittore pronunciate nel silenzio della “foresta che cresce”, evocata fra i tanti spunti offerti dall’intervento. Temi che trovavano terreno fertile nel ricordo delle tradizioni rurali ed artigiane dei presenti e che si intonavano perfettamente con i principi ispiratori della fondazione NIMPHE, organizzatrice dell’evento. Il castello ritrovato come luogo di cultura, manifestazioni che spaziano dal teatro alla musica, scultura, pittura, fotografia, letteratura, cinema, enogastronomia tutte declinate nella massima semplicità e disponibilità ad ospitare momenti che coinvolgono e divulgano messaggi ispirati al massimo rispetto dell’ambiente e del territorio.
    PIANO B – UN’ORA AL GIORNO – MONACALE, sono diventati un mantra per amici presenti alla serata.
    Trovare tempo per pensare, godere ed apprezzare ciò che offre la vita, rivedere la scala dei valori, ritrovare il piacere della manualità nel costruire, maggiore attenzione ad un consumo consapevole…
    Continuare a lamentarsi ed essere insoddisfatti è peggio che fallire ma almeno averci provato.
    Sono tempi cupi, di povertà intellettuale e di valori. Salutato Perotti e lasciato Padernello ci siamo sentiti più ricchi.

    Grazie Simone

  11. come sto? bruciore di stomaco (100g di cioccolato a colazione sono troppi)a corredare la mente confusa.
    è come se mi svegliassi adesso da un torpore mentale che dura da tutta la vita. adesso “scopro” l’importanza della progettazione. quella che io, per me, non ho mai fatto.
    è anche grazie a te (ai tuoi libri, alle conferenze e poi al tuo programma e a questo blog)che finalmente sto cercando di prendere in mano la mia vita. ad un’eta non più verdissima. anzi, nemmeno più verde.
    un misto di tristezza (per quel che non è stato) e sbuffi di adrenalina per quel che ancora potrà essere.
    adesso devo trovare il modo di far prevalere i secondi sulla prima e non sarà facile senza aggiungere un pò di incoscienza.
    in bocca al lupo per i tuoi viaggi ospedalieri. è vero, si impara tanto, forse anche un pò a starne alla larga.

  12. “Nelle corsie degli ospedali si vedono molte cose. Bisognerebbe farci un giretto, di tanto in tanto.”
    Simone,mi soffermo su questa tua frase, perchè l’ho ripetuta a me stessa, e non solo a me stessa, molte volte.
    Negli ospedali c’è dell’altro, molto altro: io direi che c’è un’ intensa percezione emotiva del valore della vita.
    Un corpo sano, efficiente, attivo è il veicolo fondamentale , che ci consente di viaggiare nel nostro tempo, ma senza il motore, che gli procura energia, il veicolo rischia di rimanere fermo o di muoversi lentamente, più lentamente del tempo materiale, che ci viene concesso.
    Ho frequentato le corsie di un ospedale, quelle di un reparto di oncologia, per ben tre mesi.
    Nonostante le biopsie, le cure invasive, le diagnosi drammatiche, ho visto nelle persone malate, che stavano perdendo progressivamente la padronanza del proprio corpo, una grande forza emotiva, una voglia di godere e di trasmettere le” piccole” emozioni, che si possono cogliere in una sola giornata di vita , una qualsiasi fra le poche, che potrebbero restare.
    A volte rassegnate, ai limiti che la medicina o la scienza non sono ancora riuscite a superare, le persone malate cercano la luce di una piccola gioia nella gentilezza e nelle parole di un amico, di un parente, di uno sconosciuto che per caso incontrano in corsia, fra la gente che passa a volte distrattamente e di fretta con gli occhi bassi e persi altrove.
    Nelle corsie degli ospedali chi è malato non attende soltanto la cura, l’iniezione, la pillola , che potrà attutire il suo dolore fisico, o guarire un male dall’incerto destino; i malati pensano anche ed ancora ai propri sogni, hanno bisogno di parlare con qualcuno dei sogni che sono riusciti a realizzare e che hanno portato loro loro gioia e soddisfazione, hanno bisogno di riflettere e di condividere con qualcuno anche il rimpianto per i sogni non realizzati, hanno bisogno di trovare le parole giuste per esprimere la voglia di poter sognare ancora, hanno bisogno di leggere nello sguardo di chi li ascolta quel guizzo di ottimismo, che li aiuti a credere e a sperare in un sogno nuovo per domani, sia quel che sia il dolore fisico , che in quel momento li affatica e li annienta fisicamente.
    Nelle corsie degli ospedali i malati al mattino appena svegli cercano la luce , che entra dalla finestra, e sorridono se possono affacciarsi a guardare il mondo fuori: osservano più di altri il tempo che cambia, se piove o se è sereno, la gente che si muove fuori, i colori ed i rumori dello scorrere delle ore e dei minuti.
    Dopo una giornata, una settimana, un mese in una corsia di un ospedale, hai una dannata voglia di portare le tue gambe, la tua testa, i tuoi occhi e tutto quanto ti appartiene ancora, verso la meta delle emozioni e dei sogni, che ti fanno sentire viva.

  13. Mentre mangiavo due uova al tegamino, poco fa, ho pensato a mia nonna e mi sono chiesta come faceva a sapere quante proteine alla settimana doveva cucinare o quanti carboidrati…noi, così attenti a contare le calorie e lei così saggia nel portare in tavola cibi buoni e genuini. E’ morta a 95 anni. Mio nonno a 97. Altri tempi?
    Non sono nostalgica del passato, ma molta modernità ostentata con superficialità mi sgomenta.
    Ho letto il libro di Ludovico Guarneri, che si definisce Un malato esperto, dopo aver letto Terzani.
    Non abbiamo niente da imparare perchè sappiamo già tutto.
    L’abbiamo dimenticato.

    Ciao Simone

  14. mi ha avvicinato ad un tuo libro un’amica.Devo ancora leggerlo e pensavo di farlo in un momento di riposo…ma dopo ciò che hai scritto non vorrei mai che il mio riposo diventasse eterno…la mente ed il corpo hanno necessità delle stesse cure…ma solo di tipo emozionale…ma quali pastiglie e pillole…io mi ammalo quando non trovo qualcosa che mi faccia sentire vivo…che mi emozioni appunto.

  15. …e si Simone non potevo non dire niente sull’argomento, mi sta troppo a cuore!
    Siamo giornalmente, tutti, alla ricerca di un equilibrio all’interno del folle squilibrio nel quale viviamo.
    Se ci rendessimo veramente conto della fatica e della volontà che il nostro corpo adopera, integrando il tutto, per farci “star bene” ed “andare avanti” probabilmente ne saremmo commossi e sicuramente ci vorremmo più bene.
    E’ verissimo che quando si cambia dentro, la risposta esteriore e’ immediata, accadono miracoli…raro ma avviene!!
    E’ anche vero che il PRIMA e’ importante molto più del DOPO solo che bisogna farlo emergere, accettarlo e poi tirarsi su le maniche consapevolmente!
    …sentire….accettare…integrare…agire e questo vale a tutti i livelli!!
    …per poter di nuovo ricominciare!!
    Non potevo non dare un piccolo contributo a quello che, secondo me, e’ la nostra vita in viaggio all’interno di noi stessi.

  16. Condivido in pieno le considerazioni di Vi e mi permetto di suggerire a quei pochi che ancora non li conoscono i libri di Louise Hay ” Guarisci il tuo corpo” e ” Puoi guarire la tua vita”…aiutano molto a comprendere la connessione mente-corpo e quanto i traumi, le convinzioni negative, le sofferenze siano alla base delle malattie del corpo…l’ho sperimentato personalmente 2 anni fa, per fortuna si è tutto risolto…

  17. Sono un osteopata pero’ mi piace definirmi un “meccanico del corpo”. La prima seduta e’ solo verbale ed e’ gratuita, e’ il mio biglietto da visita ma non e’ di carta!
    Così’ mi presento ai miei pazienti, dicendo loro che “noi siamo macchine, pensanti, governati da sentimenti ed emozioni che hanno partenza dal nostro spirito e dalla nostra anima. Insomma che siamo ESSERI OLISTICI”
    C’e’ chi rimane li a guardare senza dire una parola ma sicuramente pensa “dove sono capitato…”, chi sorride…ma intanto l’emozione e’ partita, chi capisce..
    In ogni caso io continuo a dire che, per me, anche il pensiero e’ un organo…che quando si ammala o diventa contorto ha la potenza di far ammalare il corpo o di farlo torcere. Che le emozioni, come le viviamo e se le blocchiamo hanno effetto sull’armonia del corpo e che questa “disarmonia” crea dolore, rigidità, limitazione al movimento. Che la mente può diventare il nostro peggior nemico ed nostro più impietoso carceriere. Che non basta trattarsi bene con cibo, movimento, abitudini sane…certo quello e’ già qualcosa ma, per me, e’ ancora mentale o imitativo. Che se il corpo si ammala l’origine e’ lontana. Che la reazione a catena che li porta da me si e’ innescata in tempi remoti, in molti in traumi per lo più emotivi generati nella loro infanzia (eccetto chi e’ vittima di un movimento malfatto nei giorni precedenti…ovviamente). Che la malattia e’ l’ultimo compenso, l’ultima strategia che il corpo adopera per dire che qualcosa in quello che facciamo/non facciamo, subiamo, non vediamo non e’ più sostenibile. Che bisogna imparare e disporsi a SENTIRSI cioè a creare equilibrio tra chi si e’, cosa si fa e cosa si sente…SEMPRE…a provare almeno a farlo, che questo e’ già il qualcosa che può segnare una differenza!
    Che se pensano di buttare sul lettino il loro corpo mentre sono con la testa da un’altra parte….io non posso fare nulla per loro.
    Che se credono che il loro star meglio dipenda esclusivamente da me e dalla mia capacita’ di capire cosa e’ che non va….io lavoro con possibilità’ limitate.
    Che la manipolazione e’ la cosa più superficiale che io possa fare loro, che quando escono dalla stanza devono portarsi via un’informazione più profonda e su questa lavorare per conto loro…ancora pensare…ancora sentire!
    In linea di massima prendono tutti appuntamento per la prima seduta, quella vera e propria, non fosse altro per la curiosità di vedere dove si può andare insieme.
    Da qui’ comincia il nostro lavoro, comincia quello che so fare e che e’ realmente significativo per me e per loro… Io non sono capace a lavorare diversamente e vi assicuro che “lavorare sull’indivisibile” (come dice Marica) e’ tutta un’altra cosa!!
    P.S. Grazie Simone!

  18. Anni fa cominciò un periodo fatto di diete (non sana alimentazione ), prescrizioni di psicofarmaci (rapidi risolutori di effetti indesiderati), insoddisfazione e persistente malessere.
    Poi l’incontro con il life coaching, perché abbiamo allenatori per tutte le discipline ma pochissimi allenatori alla vita)
    Ho ripulito me stesso da innumerevoli scorie, perso il peso che dovevo perdere e sono 6 mesi che i miei esami medici sono tornati ai bei tempi.
    Hai ragione tu, non esiste il mare cattivo ma solo cattivi marinai. Dobbiamo studiare, allenarci, mettere sempre e comunque la barca in acqua.
    Verrò domani a sentirti..
    Stay Health…Keep on Moving
    Un abbraccio

  19. Non credo affatto che sia come dici, Simone. Non ci occupiamo affatto di curare il nostro corpo. E per questo il nostro corpo si ammala. La gente non sa cosa significa mettere dentro il nostro corpo cereali raffinatissimi, carni di ogni genere, zucchero, sale, cole, caffè e ogni sorta di veleno facilmente disponibile e spesso benedetto dai medici.

    Siamo primati…scimmie. Scimmie evolute e “neanche troppo evolute” come diceva la Hack. Ma lo abbiamo dimenticato.

    Lo slow food non è tanto meglio del fast food ma viviamo nell’ignoranza più totale coccolati dai cibi morti, devitalizzati, cotti, mummificati, cadaverizzati, conservati, impacchettati e infiocchettati.
    Eppure molto è lì.
    Ma non ce ne preoccupiamo più di tanto perché poi tanto in caso di necessità ci aiutano le multinazionali dei farmaci che risolvono i nostri problemi rendendoci schiavi di farmaci velenosi, tossici e pericolosissimi che quasi sempre scatenano patologie e distruggono il sistema immunitario rendendoci sempre più dipendenti.

    E il corpo non è cosa così lontana e distinta dalla nostra mente, dal nostro spirito. Noi l’abbiamo reso tale in una dicotomia spesso irrecuperabile.

    Il mio percorso in questo senso è stato una specie di risveglio e mentre cambiava il mio corpo cambiavo dentro. Moltissimo.

    Come se il corpo fuori si ritrovasse con quello che era dentro. E man mano che cambiavo dentro cambiavo anche fuori di conseguenza.

    Abbiamo dimenticato anche questo, però. Non siamo due cose distinte e ogni cosa si riflette sull’altra.

    Se stiamo male fisicamente quando qualcuno a cui vogliamo bene ci fa male, se il nostro cuore accelera e sembra impazzito quando abbiamo paura, se abbiamo conati di vomito e ci lasciamo andare a terra senza forze quando la vita si abbatte su di noi con violenza, se ci ammaliamo quando siamo tristi, non rispettati, derisi, ignorati, calpestati… significa che siamo qualcosa di indivisibile, uno.

    Dobbiamo solo ricordare.

    Come sto io? Bene. Consapevole di non poter essere quello che non sono e che altri vorrebbero che fossi. Specialmente in questo momento.
    Sto bene quando capisco che quello che mi fa male di più è scendere giù sotto di me dove non ci sono io e ci sono compromessi, capricci, necessità che non sono mie ma di altri, costrizioni, ricatti e superfici al di sotto delle quali non si guarda mai.

    L’incontro con la malattia è violento, inaspettato e incomprensibile. Il più delle volte. Ma anche quello può insegnarci qualcosa. Una donna che entrò un giorno, di passaggio nella mia famiglia mi disse un giorno: “il cancro mi ha salvato la vita”. Aveva visto l’opportunità ancora non persa del tutto di cambiare punto di vista, di cercare di capire e di capirsi, di recuperare quell’unità persa all’interno della quale la vita non si può perdere che apparentemente.

    Le cose forse non stanno poi davvero così o sempre così. E ogni cosa dipende…

  20. E’ stato un brutto periodo, il mio di malattia. E’ abbastanza lontano nel tempo, però è comunque vicino e presente nella mente.
    E’ passato.
    Da allora un po’ mi sono fissata per certe cose e convinta di altre.
    E’ difficile da dire, o forse, non mi va.

    Ho i due libri! Stojan Decu e Zenzero e nuvole. Adesso vedo quale leggere prima.

    Con affetto
    Luisa

  21. Finchè mi sono ostinata a portare avanti un lungo ma malato rapporto di convivenza, frequentavo il medico di base come il panettiere… Faringite, herpes, male al ginocchio e annessi e connessi… Poi la coppia scoppiò, e tutto passó!!! Da due anni non vado dal medico, faccio soltanto dei controlli di routine di prevenzione per quanto è possibile, perche sono un soggetto – a rischio, ma per il resto mi occupo della mia anima, mi occupo della mia felicità, del mio star bene dentro. E questo modo di vivere ha portato beneficio a me, alle mie tasche , ed anche a chi mi sta intorno che assorbe da me energia positiva! Domani mi aspetta un volo per Torino, è previsto freddo e pioggia, ma io so che ci abbracceremo forte ed uniremo gli ombrelli dell’amicizia… Ed anche se non riusciró ad esportare il sole siculo, sicuramente portero con me tanto calore ed euforia e brinderemo anche a te e a Med.!A Torino, domani sera, si incontreranno alcuni nomadi!!! Asse Sicilia-Piemonte!

    • molti equipaggi di questa lunga estate su Mediterranea si stanno incontrando per mezza italia, lo so… non sapete come mi fa bene sentirlo… ciao Pupetta

  22. vero vero, come anche nelle carceri… si dovrebbe aver il coraggio di andarci. Non è un caso che nel vangelo veniamo invitati a visitare ammalati e carcerati. Facendolo non solo aiuti loro ma potresti aiutare anche te stesso.

    Ed io come sto? Hai visto giusto, il corpo sta bene perché sto attentissimo.
    Lo spirito invece sta inguaiato a confronto. Però c’è la volontà di equilibrare le due cose e se potrò, non a discapito del corpo. Volontà seguita anche da .

    Oggi sono stato ad un mercato storico della mia città, molto noto: a Porta Nolana.
    Non ci ero mai stato, del resto sta dall’altra parte della città, chi va a fare la spesa così lontano?
    Però si dovrebbe conoscere: sento continuamente dire, quando vado da amici che abitano lontano “ah, quante cose hai visto in questi pochi giorni, conosci la città in cui vivo da anni meglio tu di me”. Sentilo oggi, risentilo domani, ho capito che è così per quasi tutte le persone che conosco, me compreso: non conosciamo il posto dove viviamo.
    Ma l’assurdo è quando uno vive in un piccolo centro: in teoria non dovresti conoscerne ogni pietra?

    Questo mercato è spettacolare e ti fa capire quanto è assurdo il mondo in cui siamo abituati a vivere: il pesce Simò, a prezzi mai visti! O meglio, a prezzi umani. Ed una qualità ed abbondanza ricchissime, ho visto pesci che non vedevo in vendita da anni, altri mai visti prima.
    Ed gli indumenti, praticamente regalati. E se ti accontenti dell’usato poi, non ne parliamo. Usato per modo di dire oltretutto.
    In quel piccolo mondo scopri che, nella tua stessa città, che un tempo era molto economica ed oggi tra le più care d’Italia, potresti vivere con la metà o meno di quello che spendi a pochi KM da lì.
    Oltretutto mangiando cose che vanno davanti al Re e vestendo pure bene 😀

    Tutto questo per dire cosa? Che è dura, proprio quando come alleni il corpo.
    Prendersi del tempo, prendersi anche il lusso di “perderlo”, facendo cose diverse. Quando sei talmente drogato del modo di vivere mainstream, quando passare qualche ora a zonzo per la città invece di essere “al tuo posto” ti fa sentire in colpa… meglio fare piccoli passi e di tanto in tanto “osare”.

    Sapete… mi sento un po’ stupido a raccontarvi tutto questo. Però come disse qualcuno, in un certo libro di un certo scrittore, “non si dovrebbe giudicare un uomo non da dove è arrivato, ma da dove è partito”.
    Per me tutto questo è già molto, considerando da dove sono partito.

  23. Benissimo, grazie! Io non mi curo e non faccio prevenzione, non vedo un dottore da non mi ricordo più quando anche se non sono sempre in salute le mie medicine sono il riposo quando serve e la gioia di vivere, inoltre cerco di fare quello che amo, ma sono fortunata…

  24. ma le biopsie e gli esami istologici li hai fatti per te? Puoi anche non rispondere (giustamente)…è che mi sto preoccupando!

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