Come facevo?

Un uomo da solo su una barca, in mezzo al mare, è costretto a trovare la sua rotta

Giorni di umore mutevole, come il tempo. Vivere in questa casa, così poco protetta, così dentro la natura, impedisce umori diversi dal vento, e col fortunale di stanotte, anche dall’acqua. In tre punti del tetto è entrata in casa copiosamente. Devo lavorare lassù, appena tornerà il sole. Bizzarra sorte quella dei tetti, condannati a cedere sempre all’assalto, prima o poi. Ci somigliano. Mi torna a mente “Una diga sul Pacifico” di Marguerite Duras, le battaglie perse, la natura temporanea e illusoria della prevalenza umana sulla natura.

Il duende se n’è andato, ormai da un po’, e non torna. Lo aspetto con trepidazione. Senza il duende siamo sacchi di pelle inerte, inadeguata a qualunque impresa. Non resta che aspettare, fare le minime cose quotidiane. C’è tanta dignità nella resistenza, nel riprendere tutto daccapo. Si scende dal piedistallo, senza mugugni, si rifà la lista: lavarsi i denti tentando di essere felici; cucinare tentando di essere sereni; pulire la casa tentando di essere spensierati. L’unica via è tentare da soli. Via dura, ruvida, che non fa sconti. Ma necessaria.

In questi giorni mi chiedo come si possa vivere senza solitudine. Penso a persone che conosco, e poi alle migliaia di lettori che mi scrivono da anni, con cui scambio opinioni, testimonianze. Viviamo tutti nella promiscuità. Non è vero, come si dice, che questa è un’epoca contraddistinta dalla solitudine. Al contrario: i giorni sempre uguali, i percorsi sempre segnati, gli incontri inevitabili, la città… Siamo costantemente immersi nella relazione, imposta, coatta, forzata. Buongiorno, ciao, come stai, hai visto come piove? Parole, fiato, rumore. Come si fa a non perdersi quando si è costretti all’assenza da sé proprio mentre ci si deve ritrovare? Come fanno gli uomini, la donne, quando sono a disagio, quando hanno finito l’energia, eppure devono andare avanti a parlare, commentare, sorridere, rispondere? Non me ne ricordo più, tanto è lontana la mia seconda da questa terza vita.

Ogni ricavo ha un costo, e dal loro rapporto capiamo il bilancio. Per ricavare equilibrio serve investire (anche) nella durezza salvifica dell’isolamento. Almeno per me. Come facevo quando la solitudine era solo un miraggio? Provo a rammentare, mi stringo nelle spalle, mi viene un brivido. Non ricordo più, e non so neanche immaginare. Oggi, tuttavia, se dovessi andare per forza, fare per forza, stare nell’umano consesso, per forza, credo che morirei. Forse è solo una questione di asticelle, posizionate dove. Oppure è un’altra prova, un’angolatura ulteriore con cui valutare il proprio percorso. Quando hai energia tutto sembra buono, ma è quando perdi il duende che la vita scelta deve sembrare possibile. Dunque anche oggi, anche questo silenzio così duro da masticare, serve. Il fatto di pagarne il prezzo, a ben vedere, ha molto a che fare con la comprensione.

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36 pensieri su “Come facevo?

  1. Ciao Simone e come sempre grazie. Questa però non l’ho capita…”non ho neppure voluto figli per viverla in valore assoluto”..(cosa vuol dire?) e poi altra cosa.. mica sei matusalemme puoi ancora averne di figli,sarebbe figo essere figlio di un cagnaccio come te!!

    • nel senso gianluca, che figli, lavoro, quasi tutto quello che facciamo è un additivo, o un oppiaceo, che forza a occuparti di, dunque a distrarti, a fare altro, ad essere così impegnato o stanco da non poter neppure riflettere, neppure sentire, neppure capire. quel genere di additivi è anche (anche…) meraviglioso, lo so bene. ma un uomo che voglia andare fino in fondo come individuo, alla ricerca della sua propria, vera, profonda, unica individualità, non può ammettere deviazioni, non deve perdersi in incombenze. E’ condannato a gioie individuali che nessuno conosce e a non conoscere gioie che solo chi prova conosce. ma d’altro canto a fare il percorso tutto tutto, fino in fondo, così com’è, a mani nude, coi denti se serve, senza alcun genere di illusione o di passatempo.

  2. Caro Simone
    e se fosse necessario stare un pò senza duende? Come l’autunno dopo i bagliori dell’estate…e’ tempo di quiete…poi di un po’ di silenzio…e poi il risveglio…di nuovo l’estate…non siamo mai sacchi vuoti…quando siamo connessi con il nostro io più profondo…con amore…verso noi stessi e anche verso gli altri…accettando il nostro io mutevole ed il mondo intorno a noi. Tu hai il grando dono di comunicare gli stati d’animo del tuo essere..della tua anima…cosa non da tutti…ed aiuti molto gli altri…ti ho già ringraziato per questo…e trovi linfa vitale nello scrivere…e dai linfa vitale a chi non ci riesce…e’ questo scambio di energie e sensazioni che da’ senso alle nostre vite? Non ci sono risposte certe a nulla della nostra vita. Siamo tutti pellegrini. Buon autunno a tutti ed un saluto speciale a te Simone..con gratitudine. Maria Teresa

    • Grazie Maria Teresa, sei gentile. Io credo sia normale, o dovrrebbe esserlo. Uno scrittore comunica. Come un artigiano realizza, un muratore costruisce, uno storico studia. Altra cosa è trovarsi in sintonia sui modi e i contenuti della comunicazione… naturalmente. In ogni caso uno scrittore che non comunica per me non è uno scrittore.

  3. “Quando ce lo domandiamo è un po’ tardi perché sia utile saperlo”….
    Non potrebbe essere altrimenti, così come non è possibile sia altrimenti dei tanti bei discorsi che ho seguito in egoistico silenzio da mesi.
    Credo che non si possa trascendere dal pensiero che siamo mortali; a volte viviamo, pensiamo, agiamo come se tutto fosse per sempre ! Pensate che noia infinita. L’idea del passaggio finale, certo per tutti, dovrebbe essere il tesoro nascosto del nostro pensiero.
    Viviamo nel mutamento continuo, evviva !!!
    Un caro saluto a Simone, ti seguo dagli inizi della tua nuova vita, e ce ne saranno delle altre.
    Ad Maiora

    • Pedro basta con gli egoistici silenzi. nella comunicazione cerchiamo di crederci un poco. grazie, dunque, di aver scritto. benvenuto. ciao!

  4. Questo luogo è un po’ magico come lo sono per me i libri.Mi arrivano sempre in mano quelli giusti nel momento opportuno.E passando di quì spesso trovo delle assonanze, delle sincronie pazzesche. Mi sento di dire che sto vivendo un momento emotivamente simile …vite inevitabilmente molto diverse nella quotidianità ma simili sotto l’aspetto della libertà ritrovata (via dalla banca da 7 mesi io) e di cosa farne, di questa libertà. Sapere di non essere l’unica a vivere certi disagi, certe stanchezze mi fa sentire più “giusta”, chè a lamentarmi ora che sono libera e piena di progetti e sogni non me lo permette nessuno.Ma se non ci sei nel mezzo, se non hai un determintato modo di sentire le cose non si può capire. Non si può intuire l’abisso che intravedo dentro e fuori di me, la vertigine di camminare su un filo solo mio, la gioia ma anche la responsabilità e la fatica di essere coerente, di non incontrare quasi mai nessuno in questo sentiero che mi sto inventando. Il non avere davvero,mai, nessun alibi perchè l’ho voluto e lo voglio, certo, ma non per questo a volte non sono stanca, ancora impaurita, spersa, sola.Penso che la vita in questo momento mi stia chiedendo di lasciarmi andare, affidarmi a qualcosa di più grande dei miei progetti, di me. E non parlo di Dio in senso stretto.Parlo di avere fiducia, togliere un po’ di controllo che forse, altro non è che paura di vivere fino in fondo la libertà.

  5. Ciao Mauro,
    come si possono conciliare duende e disciplina ?
    Bella domanda.
    Secondo me non c’e’ la regola aurea definitiva.
    Per me si tratta di un continuo aggiustamento.
    Ci sono periodi in cui mi sento come Simone e allora rivedo qualche cosa della mia vita.
    Ci sono periodi in cui tutto fila liscio, mi sento in perfetto equilibrio (ma di solito durano poco…)
    Ci sono periodi in cui ci metto troppo entusiamo e manco di disciplina.
    Boh, non so, penso che alla fine la vita e’ tutto un aggiustamento di rotta continuo.
    La cosa da cui scappo pero’ e’ sempre l’obbligo, il dovere.
    Se non sono felice, in equilibrio, se non amo cio’ che sto facendo, se non ho entusiamo cosa me ne faccio del ‘dovere’ ?
    Allora li’ mi fermo. Faccio una specie di lista dei miei valori e obbiettivi e tengo solo le cose che sono in linea con essi, che sono quelle che mi danno energia e felicita’.
    Butto fuori dalla mia vita tutto cio’ che mi stava frenando, dandomi un senso di pesantezza.
    Non sempre mi riesce subito, a volte passo mesi prima che me ne renda conto. 😉

  6. Ciao Simone,
    sono d’accordo con te sul fatto che per ogni scelta, per ogni rotta, si pagano prezzi.
    Pero’ questi prezzi sono molto relativi, possono essere riveduti e corretti. Dall’esterno la mia scelta a te puo’ sembrare che abbia un prezzo molto alto, magari per me no, perche’ la mia scala di valori e’ diversa dalla tua.
    Quindi io sono disposto a fare cose che tu non faresti.
    Perche’ io sono disposto a farle?
    Perche’ sono motivato, la mia scelta mi entusiama.
    Basta guardare un maratoneta che anche nelle domeniche fredde d’inverno si veste ed esce a correre. Chi glielo fa fare?
    Ma il punto e’ che anche le mie scelte col tempo potrebbero iniziare a diventare troppo ‘costose’.
    Costose in che termini ?
    Beh, se si tratta dalla rinuncia a uno stipendio fisso magari mi faccio due conti, trovo soluzioni alternative e supero il problema.
    Se si tratta di rinunciare a vivere in un bell’appartamento idem, ma se mi vengono a mancare il desiderio, l’entusiasmo, l’adrenalina, che poi sono il carburante che mi faceva superare ogni ostacolo ‘materiale’, io penso che il prezzo sia troppo alto.
    Se ti manca il duende da troppo tempo, al punto che te ne sei accorto, ne sei consapevole, non vale forse la pena di rivedere qualcosa del tuo percorso?
    Per esempio, apporre una variante, introdurre qualche ingrediente che si e’ perso per strada…
    In fondo nella vita non siamo mai obbligati a fare nulla.
    La stessa liberta’ che ci ha fatto fare delle scelte e’ nelle nostre mani anche quando queste scelte diventano troppo costose.
    Sta sempre a noi decidere che fare della nostra vita.

    Comunque, ogni cosa che fai e’ degna di rispetto.
    Alla fine siamo esseri umani.

    • hai ragione, ma non è il mio caso. credo anzi che le scelte fatte, la mia attuale configurazione di vita, mi stiano salvando la vita in queste settimane. Il problema dell’energia è tutto interiore. nessuna scelta di vita (come vivere, dove, con che denari, facendo cosa) ti mette al riparo dai grandi temi esistenziali. Anzi, proprio smettendo di stordirsi ci si entra dentro, senza scuse, senza scudi, senza alibi. ed era quello che volevo. ne pago il prezzo, di tanto in tanto, ma credo sia ormai la mia natura che emerge in tutta la sua evidenza. Essere uomini, vivere, senza pippe o scuse, è cosa irriducibile, irredimibile, inevitabile per chi voglia davvero farlo, per chi voglia vedere fin dove si arriva. non ho neppure voluto figli per viverla in valore assoluto. ed eccomi qui, in una fase complessa. rifiutarla sarebbe imperdonabile, adesso. va accettata. bisogna opporre (o assecondare) ciò che ci è e si ha. il prezzo da pagare non ha a che fare con la giustezza di una scelta, ma con la responsabilità di chi la vive.

      ma ti ripeto, dentro c’è tanto, molto altro, che qui sarebbe troppo intimo riferire o troppo lungo. scrivere, le mille domande che stanno dietro la scrittura, ad esempio, sono una delle ragioni, un enorme pozzo nero in cui è durissimo immergersi. Ed è solo un aspetto. L’intera complessità della vita è in gioco, le ambizioni, gli obiettivi, come trovare le forze per consentirseli, per raggiungerli. e’ lunghissimo il ragionamento. fattibile solo in una vita di libri in cui sono stemperate tutte le domande, tutte le possibili opzioni, tutte le domande inevase. Almeno, per me che vivo la scrittura come un arto, come una mente, come un corpo, non può che essere così. un caro saluto.

  7. Ciao Simone,
    riprendendo un po il post di Luca…è da molto tempo che mi chiedo come si possano conciliare duende e disciplina e sinceramente non trovo la risposta. Nel mio campo, la musica (tra l’altro suonavo in un gruppo che si chiamava “mi duende” :)queste due componenti dialogano continuamente ma spesso non si trova via d’uscita…a volte per me la via d’uscita è semplicemente smettere di cercare.
    Buona vita,
    Mauro

    • eppure in questa forbice duende-disciplina c’è gran parte dell’impresa. io credo che il genio abbia il 51% di duende. l’artigiano il 51% di disciplina. io mi sono sempre considerato un artigiano, ad esempio…

  8. Grazie, Luca.

    Grazie, Simone.
    Ho sempre apprezzato il tuo blog, Simone.
    Ma questa volta il tuo post ha una marcia in più.

    Profondamente grazie

    Carla

  9. Ciao Simone,
    avverto molta resistenza in cio’ che fai.
    La casa da sistemare, il silenzio, la solitudine che ‘servono’…
    Per quanto mi riguarda la vita non e’ solo ‘utilita’, soprattutto se questa utilita’ non ci porta alcuna forma di piacere ne’ soddisfazione.
    Quindi perche’ tutta questa resistenza se poi il duende non torna e lo aspetti con trepidazione?
    Se non ti piace quello che ti capita non sei obbligato a continuare.
    La vita e’ un flusso, tanto vale assecondarlo.
    La vita e’ programmazione, ma e’ anche “adesso”.

    • Ah, luca… ci vorrebbe un libro intero per rispondere alla tua domanda. Il libro che sto accingendomi a scrivere, tra l’altro. Il romanzo più denso, torbido e duro che abbia mai pensato o letto. e’ tutto nella mia testa, da anni. ho ripreso due giorni fa a studiare, ma sono mattoni. L’esprit della grande costruzione c’è già tutto, da tempo. E’ dentro di me.

      Mi limito qui a dire che hai colto un punto molto importante del mio kharma. E non ho una vera risposta, non c’è soluzione al tuo enigma. Forse è l’enigma stesso della vita, la sua misteriosa natura. So solo che per ogni scelta, per ogni rotta, si pagano prezzi. Prezzi talvolta a buon mercato, o cari. Dipende da noi, da cosa siamo diventati, da cosa ci possiamo permettere. Io non ho mai assecondato, o almeno non lo faccio da molto tempo. Ho sempre forzato la natura delle cose, ma non per stravolgerle, per tirare fuori quello che (mi pareva) vedevo nascosto al suo interno. Ho sbagliato? Ho fatto bene? E chi lo sa. Quando ce lo domandiamo è un po’ tardi perché sia utile saperlo.

  10. La solitudine è la cosa più bella che ci sia, l’interazione con gli altri è di una difficoltà estrema. Poi non c’è mai nessun riguardo o rispetto da parte degli altri. Ieri sera sono andata a vedere una specie di documentario in un cinema della mia città, era un’anteprima, la sala era stracolma, metà della gente era in piedi. Non lo potevano prevedere? Risultato: due ore passate in piedi e a sedersi per terra, mal di schiena enorme a fine serata. Vado a mangiare qualcosa al giapponese, ti servono un primo antipasto bollente, ti bruci il palato, stai male anche il giorno dopo per la bruciatura, possibile che chi prepara non sa fare il suo mestiere e non in grado di darti quell’antipasto alla giusta temperatura? Se ne fregano, non hanno nessun riguardo, la gente fa le cose fregandosene dell’altro, anche le piccole cose quotidiane. Poi ci si meraviglia se uno sta in casa… il posto migliore per passare la serata è casa mia, da sola con il mio divano e il mio gatto, e delle buone letture. Davvero, la solitudine è apprezzabile, il ricavarsi la propria nicchia, il proprio posto, il passarci più tempo possibile è sensato, l’insensatezza è continuare a partecipare alla giostra là fuori, la giostra della noncuranza. Prendiamoci cura noi di noi stessi, nessuno lo farà al nostro posto e la solitudine è un valore.

  11. Mi vengono in mente le parole di Rousseau nel ‘Taccuino del passeggiatore solitario’ riguardanti i suoi simili:

    “Preferisco evitarli che odiarli”.

    Saluti

  12. “tutto ciò che ha suoni oscuri ha duende”..scriverva garcia lorca…il duende è potere,agire energia,l’energia che si può trarre del contatto con la natura,dal silenzio dalla meditazione.
    difficile per chi vive in città ,ma ci si sforza ugualmente, ricreandosi piccoli spazi di solitudine…bello poter sognare un giorno ,di non ricordarsi più come era dura la frenetica e faticosa vita ..in città

  13. io non sono un grande fan della solitudine, ma quando capita(perche capita), bisogna saper stare da soli, bisogna anzi imparare a sfruttare quei momenti per prenderci cura di noi stessi e per fare le cose che ci piacciono davvero fare. però è bello anche stare con gli altri; fare una battuta, parlare del piu e del meno, e cosi via

  14. Come si fa a stare senza la solitudine? Non lo so, sinceramente. Io riesco a stare da sola perfino in mezzo alla gente; perfino in questo enorme (e mal frequentato) open-space che chiamano ufficio.
    Mi accorgo di estraniarmi completamente, di immergermi così tanto nei miei pensieri, da cancellare il rumore di fondo delle dita sulle tastiere… a volte perfino il telefono! E lavorando in un call-center è decisamente “pericoloso”.
    Sarà che in questi giorni ho tantissimi pensieri. A fine dicembre scade il contratto che mi sarà rinnovato… o almeno mi proporranno di farlo. E io? Io sono per il “no, grazie” e aprire la Partita IVA che è chiusa nel cassetto, sconsigliata perfino dagli esperti in materia, visto che il mio talento è solo “molto poco” spendibile sul mercato.
    Così, mi estraneo per pensare, riflettere (sognare talvolta), cerco di visualizzare la vita del “dopo”.
    Buona vita. Buon silenzio 🙂

  15. Anche io ultimamente mi sento più vulnerabile e questo è dovuto ad un naturale calo di energie. Credo che molto dipenda anche dalla stagione, l’autunno, con la malinconia che riesce a esprimere.
    Il problema è che l’autunno vissuto in mezzo alla natura che muore ha un determinato sapore, per cui l’uomo è preparato da quando esiste.
    L’autunno visto dalle finestre di un ufficio, in una grande città nevrotica e trafficata, dove i rapporti umani sono spesso insoddisfacenti, non è un naturale declino, ma è qualcosa di peggio, è un accumularsi di nevrosi e desideri insoddisfatti, è ben peggio di una parabola discendente.
    Il titolo del post io lo declino al presente 🙂
    Buon proseguimento, in ogni caso!

  16. Oggi, tornata a casa da lavoro, ho spento il cellulare ed ho staccato il telefono fisso.
    Non ho voglia di salutare nessuno, di parlare con nessuno, di ascoltare nessuno, di incoraggiare e sostenere e approvare qualcuno.
    Non ne ho voglia.
    Oggi.
    Oggi voglio stare così. Triste, ma senza guardare indietro.
    Voglio attraversare il dolore e capire cosa mi fa soffrire. Perchè.
    Oggi.
    Oggi voglio guardare avanti e costruire.
    Costruire sulle macerie costruire là dove prima c’era un edificio di certezze, di illusioni, di stereotipi.
    Ed ora è crollato.
    Per lasciare spazio ad una distesa immensa dove, se ne sarò capace, potrò finalmente imparare a conoscere chi sono.

    Grazie, Simone.
    Le tue riflessioni sono sempre uno stimolo a non mollare mai

    Carla Deidda

  17. ho sentito dire non ricordo da chi né quando che il meglio di un uomo viene fuori nei momenti di dolore e mi viene in mente il monologo di Marlon Brando in Apocalipse now…l’orrore che diventa meraviglia

  18. Caro Simone, credo che la solitudine possa essere apprezzata solo da chi coglie la necessità di isolarsi non per recidere il rapporto con gli altri, ma per prendere le distanze dal suo ego e, nel distacco, lasciare che inutili ambizioni, capricci, vanagloria, bisogno di accettazione e riconoscimento si stemperino e lascino emergere, insieme alla pace interiore, la propria verità. Chi porta alle estreme conseguenze il suo ego, decidendo di andare incontro a un destino ingrato, continuerà a vedere nella ricerca di isolamento una mera forma di misantropia quando non un disadattamento sociale. Il problema è che da ogni lato le persone sono incentivate a esorcizzare la solitudine e a non vederla come una condizione necessaria quanto mangiare, bere o dormire. In gamba!

  19. Ciao Simone , sempre bello leggerti (Ho comprato Zenzero e nuvole….appena iniziato….molto piacevole, di tuo avevo letto solo dei saggi ” Avanti tutta” ,”Ufficio di scollocamento” e “Dove sono gli uomini “.Ritornando al tuo post penso che per 8 ore sono tra le persone ..parole…parole…parole …quando torno a casa per la pausa pranzo ( molto lunga ben 3 ore) ho bisogno di silenzio ,niente televisione ,in questo momento solo il respiro del cane che dorme…un occhiata alle notizie su internet e una fb …..e penso molto al mio futuro . Ciao e come mi hai scritto tu in un post “Forza…vivi e scalpitanti ” 🙂

  20. Simone, io sono convinto che senza un po’ di serena solitudine non possa esserci nemmeno una vera socialità.
    Siamo presi di continuo -nelle nostre vorticose giornate- in pseudo-relazioni superficiali e forzate, in cui non portiamo nulla di noi stessi, e dalle quali riceviamo umanamente ben poco.
    E’ una continua immersione determinata un po’ da esigenze utilitaristiche, un po’ dalla noia imperante, un po’ dal timore che molti hanno nello star soli con sé stessi.
    Eppure in questo continuo chiacchiericcio smarriamo il vero senso della relazione, che è la consapevolezza e la condivisione.
    Abbiamo bisogno di stare un poco soli, per ritrovare la nostra consapevolezza, abbiamo bisogno di incontrare chi sa stare da solo per condividere davvero le nostre eperienze!

  21. Trovo la solitudine l’ultimo lusso in senso assoluto che dobbiamo a tutti i costi riservarci. Quella forzata può essere drammatica, ma non ricordo chi abbia detto che ci si può sentire soli anche in mezzo a una folla di persone. Una banalità e come tutte le banalità racchiude la verità. Abbiamo paura della solitudine perchè non vogliamo restare a tu per tu con noi stessi, un’altra banalità. Cosa potremmo rischiare di dirci, che potrebbe costringerci a creare una relazione con noi stessi?

  22. Sento queste parole molto vicine, avrei voluto scriverle io!!
    Sento le stesse cose, il bisogno di quella solitudine, quella, che non conosciamo più. Quella di mio nonno che se ne stava ore in silenzio con lo sguardo perso chissà dove. Quella di migliaia di persone che ogni giorno lavorano sole, perse in un posto sperduto del Mondo…quella solitudine che fa crescere i veri sentimenti e la conoscenza, che ci mette di fronte alle cose con chiarezza. Come vorrei vivere immersa in qualche mare.
    Hai ragione, ci appaghiamo con tutto questo rumore. Relazioni imposte le chiami, è così, siamo così falsi nel nostro modo di trattare con gli altri. Gli altri che non sappiamo chi siano.Un “profilo” che ci dà un’idea distorta.Immagini forzate, senza senso, giusto per voler dire la nostra in ogni fottuto momento della nostra giornata. Rumore senza contenuto. Grazie, vorrei leggere e ascoltare sempre pensieri così.Grazie!

  23. Dolce il respiro del silenzio, se in compagnia di una mente silente, il respiro si calma e pian piano gli occhi sorridono.
    Il duende è lì, che attende il mio ritorno.
    Adelante brother, abbraccia un albero anche per me.

  24. condivido pienamante questo stato di solitudine, con ccui mi trovo anchio. So pienamente che mi rafforza ma disocupato co una varieta di esperienze nel campo lavorativo e senza l’appogio di una compagna trascinarsi il tempo aspettando un non so che, dato che la nostra classe politica non da un senso alla gente con una dignita che ha dato un nome positivo dell’Italia all’estero .Noi italiani rimpatriati non abbiamo nessun diritto nel nostro paese , se non eravammo nella comunita europea. Nonostante tutto questo ho ancora un po di quell’energia che in qualche modo mi hai trasmesso Simone cerchero di teneer duro. CIAO (BUON VENTO)…..

  25. Il duende….pero il duende non scompare è così devastante che una volta scoperto non si è in grado di abbandonarlo, il duende è nel sangue che arde nelle vene

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