A cosa servono i tetti

Tetti, particolare

Io amo i tetti, sempre invidiato i gatti, infatti, fin da piccolo, minuscoli Arsenio Lupin, o Gary Grant in Costa Azzurra, se c’era una finestra che dava su un tetto mi veniva naturale scavalcarla e andarmene a zonzo sulle tegole, attento che si rompono, e guardare tutto da lassù, che intanto sei solo, e questo aiuta, poi vedi le cose dall’alto, e questo è anche meglio, ma soprattutto sopra di te non c’è un ramo, un ombrellone, il soffitto e nemmeno un tetto, e questa cosa fa respirare, soggetti a niente, nessun ostacolo, nessun peso, anche se l’aria fa pressione, ma io non l’ho saputo che di recente, e quanto tempo ho passato seduto sul punto più alto del tetto della casa dove sono cresciuto, tanto, a fare foto, a fumare di nascosto, a guardare il tramonto, perfino a leggere, Hermann Hesse, mi pare le perle di vetro, o narciso, insomma, io adoro i tetti, e per un giorno e mezzo sono stato lì in alto, attento che cadi, sopra a tutto, a costruirne uno, tutto fuori squadro, un rebus architettonico, ma alla fine ce l’ho fatta, e c’era anche un gran cielo azzurro, un sole aranciato e stanco fin dall’alba, di quelli che ti sfiniscono addosso i raggi, e ho pensato (perché si pensa quando si costruisce un tetto, credo più che in ogni altra azione umana) che quando uno non si trova deve costruire un tetto, anche se non gli serve, soprattutto, primo perché non sa come si fa e deve ingegnarsi, poi perché un tetto è anche una metafora, proteggersi, trovarsi un angolo e starci sotto, ma soprattutto perché ci stai sopra, al tetto, antenna umana, comignolo energetico, bandiera esistenziale, e l’aria cambia subito verso, direzione, perché mentre guardi la valle da lassù non sei quaggiù nella valle, uno a zero, e vederla da sopra quelle tegole la fa sembrare tutta un’altra cosa, la valle, e anche tu, laggiù sembri diverso, piccolo, un po’ sghembo, un po’ ridicolo, ed ecco a cosa servono i tetti, mica per riparare dalla pioggia, mica per la neve, ma per salirci sopra, smettere di pensare dal basso, salvarsi l’anima scalino per scalino, alzandosi con la mente, che il pensiero da sotto in su riesce poco e male, e gustarsi il cielo a ditate, invece che subirne il peso, leccarselo con gli occhi, bello e leggero com’è dove sta lui, sereni, per un attimo, guardando in giù, che tutto sembra più piccolo, e anche te.

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14 pensieri su “A cosa servono i tetti

  1. Su quel tetto è bello salirci, credo, anche perché per farlo bisogna usare mani e piedi, non è così? E forse, per alcuni, ancora prima costruirlo, come tu fai Simone. Insomma la manualità la fisicità. Esserci arrivati su quel tetto vuole dire usare il corpo, smettere di avvizzirsi, di raggrinzirsi in posizione seduta, come ci costringe a fare la nostra vita corrente. Bello questo invito tra le righe, senza neppure dirlo. Grazie, come sempre. Ricordi almeno a me quello che dimentico di continuo

  2. Nella casa nuova un po’ fuori città c’è un tetto. Un tetto dove si può andare. Sì, ma guardi che… non so…non ci va mai nessuno… Sì ma io ci vorrei andare.
    Mi faccio dare le chiavi. Sono mie.

    Su, sul tetto dove c’è un terrazzo con la lavanderia (sempre sognato di avere un terrazzo con la lavanderia) di quelle costruite con la vasca in discesa per lavare i panni e col piano zigrinato…

    Così da qualche mese ho scoperto il tetto di casa mia. C’è un terrazzo a distesa e una parte coperta con i fili per stendere i panni. E’ un posto bellissimo, silenzioso di solo vento che c’è sempre. Sempre. Vento e sole, vento e pioggia, vento e freddo, vento e caldo. Già liberare i vestiti ad asciugarsi al vento e al sole ha un sapore che non conoscevo. Bellissimo.

    E’ un posto dove possono andare tutti e invece non ci va nessuno. Incredibile. Ci vado da sola attraverso quella porticina che sembra portare in un’altra dimensione. E infatti piace ai miei bambini che lo trovano un po’ magico…

    Questo post, però, mi ha fatto venire in mente quella storia di Roberto Piumini…

    Si chiama L’imbianchino e fa più o meno così:
    Un uomo chiamò un imbianchino e disse:
    – Vedi il soffitto?
    – Certo che lo vedo, – disse l’imbianchino.
    – Dipingilo d’azzurro.

    L’imbianchino prese della vernice azzurra e dipinse il soffitto.
    – Va bene, così? – domandò.
    – No, non va bene, – disse l’uomo. – Questo azzurro non mi piace… Vorrei un azzurro davvero azzurro, capisci?

    – Proverò, – disse l’imbianchino, con pazienza, e preparò una vernice azzurro brillante, e ridipinse il soffitto.

    – Va bene, ora?
    – no, non va bene… Io volevo un azzurro…un azzurro come quello del cielo, capito?
    – Ho capito, – disse l’imbianchino, e preparò una vernice colore azzurro-cielo, e dipinse il soffitto una terza volta.

    – Così va bene? – chiese alla fine.
    – Non tanto, – disse l’uomo. – L’azzurro va bene, ma non ci sono le nuvole, gli uccelli…

    L’imbianchino che era anche un po’ pittore, prese vernici di vari colori, pennelli piccoli, e dipinse sul soffitto le nuvole e gli uccelli in volo. Poi disse:
    – Va bene, adesso?
    – Non lo so… Non mi pare… – rispose l’uomo.
    – c’è qualcosa che non va: le nuvole sono troppo ferme… e gli uccelli non si muovono…

    L’imbianchino, che era anche un po’ muratore, prese gli strumenti e cominciò a levare il soffitto e il tetto della casa.

    – Cosa fai? – chiese l’uomo.
    – Aspetta e vedrai, – rispose l’imbianchino.
    E schioda, scardina, strappa, sega, scalza: in poco tempo il tetto fu levato e sopra si vedevano l’azzurro del cielo, le nuvole in movimento e gli uccelli in volo.

    – Va bene così? – chiese l’imbianchino.
    – Sì, va bene… Che belle nuvole! Quanti uccelli! E’ proprio il tetto che volevo… Però…
    – Però?
    – Però, quando pioverà, come farò? – disse l’uomo.
    – Ecco qua, – disse l’imbianchino, che era anche un po’ ombrellaio, e gli diede un bellissimo ombrello azzurro: azzurro come il cielo, come l’acqua, come il mare quando è azzurro…

    : – )

  3. La gratitudine è immensa. I tuoi ultimi due post sono stati scritti per le persone come me, che cercano e non si arrendono.
    Che cadono.
    E si rialzano.
    Ieri ho desiderato morire.
    Ho immaginato come fare, per causare la fine della mia vita.
    Un dolore acuto nel petto, perchè non posso avere quello che desidero.
    Poi però mi sono detta che non posso tigliermi la vita, da sola. Che qualcosa c’è, al di là del muro, al di là della notte, al di là di quel pavimento che ora ospita le mie ginocchia.
    Ci sono i tetti.
    Dai quali, con una nuova prospettiva, puoi vedere la vita da un’ottica diversa.
    Dall’alto e non dal basso.
    Magnifico panorama.
    Magnifico.
    Grazie, Simone

  4. E’ per questo che detesto l’architettura moderna, quella delle grandi città, che presenta questi enormi palazzi anonimi di cemento che ti opprimono e costringono il tuo sguardo che sale verso il cielo a guardarli per molti metri prima di liberarlo…
    Ed è anche per questo che mi piace l’alta montagna e quando è innevata ancora di più con tutto quel bianco, da lassù i nostri “problemi” quotidiani non fanno più male, anzi sembrano ridicolmente piccoli e insignificanti…bisogna ricordarsene.
    Anche ai bambini piace “andare sul tetto”… e allora prendiamo spunto ogni tanto da loro… e a tutti noi piace vedere le cose da lì, sentirle diverse a svariati metri di altezza, provare anche un po’ di vertigine, svincolarsi dalla solita prospettiva.

  5. Crescendo si disimpara a fare un sacco di cose belle, belle perchè semplici e banali…chissà come mai si perde questa capacità? La capacità di lasciare perdere le cose “importanti”! Siamo sempre a rincorre cose più grandi di noi e in questa corsa continua diventiamo insensibili ed incapaci di godere e apprezzare piccoli e semplici gesti, che in realtà, rendono la vita di tutti i giorni più serena: ci aiutano a mettere a fuoco e ridimensionare i “problemi” grazie al potere di farci riconciliare con noi stessi. Forse è per questo che si rimpiange sempre la “gioventù”, il periodo più bello della vita! Quando non ancora contaminati dal pensiero e dal fare comune, incuranti di ciò che si deve o non deve fare, di ciò che può o non può pensare la gente…ci si lascia andare a quello che vogliamo! Non c’è un gap da colmare dentro di noi, nessuno scollamento tra ciò che si vuole e ciò che si fà. In quel periodo, nessuna riconciliazione è necessaria, semplicemente perchè si è quello che si vuole essere. Ammiro molto le persone che nonostante gli anni, sono riuscite a conservare questa capacità. Io la rimpiango molto.

  6. Condivido, pienamente in tutto e per tutto.
    Ho passato tanto tempo su quello del lago, cambia tutto d li.
    Qualche mese fa ne ho costruito uno, ma era per dei box per cavalli, ma è stata la stessa cosa…stesse sensazioni. 🙂

  7. Bella metafora! E pensare che in città, se vivi in un condominio, nemmeno ci puoi salire sul tetto, rigorosamente invaso dalle antenne e presidiato dall’immancabile portiere padrone delle chiavi per accedere al cielo…moderno San Pietro…e il pensiero non si può liberare verso l’alto, ma si ingobbisce sempre più, si schiaccia verso il basso, verso la strada caotica, si infogna nelle miserie quotidiane…Avrei proprio bisogno di un tetto su cui arrampicarmi in questo momento della mia vita, ma uno di quelli spioventi, a tegole, di quelli che al sud, per ovvi motivi climatici, non sono diffusi, uno di quei tetti che oltre a farti guardare dall’alto alla tua vita, fa scivolare via tutti i pesi, i pensieri che ti ingorgano, uno di quei tetti che assomigliano tanto alla libertà…grande Simone, riesci sempre a colpire nel segno…

  8. etuttodifilasenzaneancheunpunto

    Ma poi alla fine un punto c’è.
    Per darti il tempo di toccare il cielo.
    E respirare.

    Bello! Grazie!

  9. nel 2011 ho acquistato una vecchia casa in un borgo medioevale in Umbria,zona L.Trasimeno,ritrutturata in economia recuperando l’impossibile.Per ispirarmi ho acquistato alcune riviste e,una tra tutte è stata x me grande ispiratrice.Quella con un servizio della tua casa che ora rivedo in qs foto.Ammetto di aver cercato di copiarti in alcuni particolari,non so se ci sono riuscito,magari ti posterò delle foto.A proposito di tetti,il mio fa un po’ d’acqua dovrò trovare un po’ di poesia x salirci su

    • Francesco ciao. Bello copiare un po’ chi ci piace. Lo faceva (e teorizzava) Picasso, direi che possiamo farlo anche noi, alla ricerca poi, comunque, del nostro stile. pubblica delle foto, sono curioso. ciao!

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