Importa eccome…

Su LinkedIn ho trovato per caso un articolo che ha questo titolo: “How to Get a Job – No Matter What!”. Ho subito pensato che avrei scritto l’opposto: non cercate qualunque lavoro. Soprattutto, non fatelo.

Molti lavori non sono adatti a voi. In altri lavori invece soffrireste, fareste le cose mal volentieri, con pessimi risultati. Dunque non vi conviene. Ma c’è di più: molti lavori sono nocivi alla società, e tantissimi sono inutili, dunque sprecano la vostra prestazione, le vostre fatiche non costruiscono nulla. Noi siamo mal messi anche e soprattutto per questo.

Quando dico che potremmo vivere già oggi, domattina, in un mondo più simile all’idea che ne abbiamo, intendo dire proprio questo: fare un lavoro rispetto a un altro non è la stessa cosa, cambia tanto, e non solo per voi, anche per il mondo. Non lavorate nell’industria bellica o collegata ad essa, siete corresponsabili della morte delle persone su cui quelle armi verranno usate. Non credete alle balle sulle deterrenze, pensate a cosa dice Gino Strada: “cominciamo a non fare questa guerra…”. Non lavorate nelle banche dove si strozzano i clienti, dove si propongono derivati alle amministrazioni comunali o dove si vendono fondi speculativi alle vecchie signore. Non lavorate in Novartis e Roche se i vari gradi di giudizio diranno che è vero che hanno fatto cartello e pressioni per diffondere un farmaco da 900 euro invece che uno, identico, da 80. Non lavorate nell’energia che inquina, nella produzione o vendita di prodotti inutili e nocivi per l’ambiente, non lavorate nelle aziende che imbottigliano e commercializzano acque minerali, non lavorate in finanza. Non lavorate nelle aziende che calpestano i diritti, che trattano male i dipendenti, che spingono gli impiegati a mettere il lavoro prima della vita. Non lavorate dove si mettono sul mercato cazzate, dove gli spot impongono mode inutili, dove escono milioni di prodotti che non servono, che ci rendono schiavi dei mutui, dei debiti, del lavoro. Non lo fate.

Silvano Agosti dice che “siete opere d’arte” (chi più chi meno…)… Non so se sia così, ma se lo siete davvero, dimostratelo. Non sprecate i talenti che avete stando male, facendovi del male, contribuendo al degrado, alla decadenza di questa civiltà, solo per avere un impiego, per denaro, per noia, o solo perché diventare sobri, gente che vive con poco, vi sembra misero, vi spaventa, non ne avete la forza. Non siate gente comune, che si sente niente se non ha, perché non siete comuni, siete solo persone qualunque, dunque identiche a tutte le altre, e potete fare le stesse cose che fa ognuno che abbia detto “no”, chiunque sia cambiato, abbia accostato la sua rotta per l’isola dove ha davvero senso atterrare. Non rinunciate all’idea di seguire quello che siete, e dunque di inventarvelo un lavoro che serve, che è utile, che ha senso per voi come esseri umani e per il mondo in cui vivete. Prima di dire che non si può, dovete aver tentato ed essere falliti almeno cento volte, altrimenti è solo un alibi.

Non gettate via il vostro tempo, l’unica risorsa totalmente non rinnovabile della vita, la più preziosa che avete. La via per la salute, interiore soprattutto, matrice di tutti i possibili stati di benessere della vostra vita, quando la cominciate? I compromessi ci sono, nessuno sostiene il contrario. Ma che siano temporanei, se proprio dovete accettarli, e non, mai! sulle questioni di fondo. Io ho dovuto fare due o tre cose, nei quasi vent’anni che ho lavorato, di cui mi pento. Mi salva solo il pensiero che ne ero consapevole, che già allora avrei voluto fare diverso, e soprattutto che poi l’ho fatto.

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84 pensieri su “Importa eccome…

  1. Questo post è davvero molto ghiotto per tutti quelli che frequentiamo questo blog. Io sono uno di quelli e ne approfitto per salutare e fare il mio primo commento.
    In questo genere di argomenti non mi piacciono le parole che non abbiano un corrispettivo in azioni, ed è anche per questo che stimo Simone. Il dibattito tra le tesi “si può fare” e “non si può fare” potrebbe andare avanti molto a lungo senza portare a soluzione e sarebbe pertanto inutile. L’unica soluzione è quella di iniziare ad agire: provare. Il fato che “ci ha già provato mio cugino” non è sufficiente, è solo una giustificazione. La vera differenza è tra chi ci prova e chi no. Qualcuno vorrebbe provarci, ma non ha il coraggio e allora cerca giustificazioni. Intendiamoci, lo so che la vita per alcuni è più dura che per altri, ma anche il cambiamento può essere più radicale per gli uni piuttosto che per gli altri. Provare a cambiare è qualcosa che va misurato innanzitutto sulla propria dimensione personale non è necessario buttare subito tutto all’aria, il cambiamento può essere graduale come del resto è in natura. Per quanto mi riguarda ci sto provando.

    • giusto Emidio. Chi non tenta può contribuire al dibattito dicendo “ho paura che non sarei capace, ma ora vedo. Se ci provo torno e vi dico com’è”, mentre chi ha tentato può contribuire dicendo “ho provato a fare qualcosa, vi dico com’è andata”. Invece accade assai spesso che chi non prova dica “cazzate, non si può” (Vedi Ignazio Visco oggi sul tema decrescita) e chi ha provato non dica nulla (quanti mi hanno accusato di parlare… “Conosco gente che ha cambiato vita ma non dice niente, sta zitta e fa, non come te che ne fai una solfa…”. Grazie mille utilissime testimonianze che purtroppo non conosceremo mai). Paradossi…

  2. Bei discorsi, mi piacciono.
    Aggiungo che tutti hanno ragione, anche quelli che non fanno e criticano chi fa.
    Gli accusatori di Simone, per intenderci.
    Infatti a queste persone non capita niente di cio’ che capita a chi fa.
    Non e’ possibile fare quello che ha fatto Simone.
    Hanno ragione. Non e’ possibile, infatti non ci riescono.
    Solo chi ci ha provato davvero con mente, cuore e braccia puo’ dire che e’ possibile.
    Solo chi ha provato a saltare il fosso delle nuove esperienze, chi e’ andato oltre le proprie convinzioni, i propri limiti, le proprie paure.
    E’ come se ci fosse una linea immaginaria di demarcazione tra fare e non fare, tra provare e non provare. A un certo punto ti devi buttare.
    Non puoi restare incinta a meta’!
    Questa e’ l’esperienza.
    Chi non e’ disposto a cambiare stara’ sempre dall’altra parte.
    Del resto e’ cosi’ che nasciamo, si spezza il cordone ombelicale, fa un po’ male, ma poi ci si abitua volentieri.
    E’ la vita e se vuoi davvero una cosa, non rinunciare mai. Solo la morte puo’ mettere la parola fine all’avventura di ognuno di noi.
    Tra la nascita e la morte c’e’ in mezzo l’infinito. Possiamo fare un mucchio di cose.
    Se non riesco a risolvere a un problema, posso cercare un modo diverso per affrontarlo.
    Posso cambiare il mio modo di vedere le cose. Posso dire ‘scusa, ho sbagliato’.
    Non si muore per queste cose.
    Siamo esseri plastici in un mondo plastico
    Tutto puo’ essere plasmato, adattato, cambiato.
    Siamo noi gli unici che possiamo decidere di farlo e non puo’ farlo nessuno al posto nostro.

  3. Claudia, tu scrivi: ” l’unica cosa che ho sempre detto ai miei figli, studenti, dottorandi e tesisti è di fare con passione quello per cui si sentono portati”

    Inutile dire che condivido il tuo messaggio a loro e lo giudico prezioso.

    il punto però è che quel bisogno di dirlo fotografa una situazione paradossale, simbolo dell’acme di gravità della nostra condizione umana in questa parte del mondo e in questa epoca. MA CHE DEVE ESSERCI BISOGNO DI DIRLO DI FARE QUEL CHE UNO DEVE FARE PERCHE’ E’ FATTO COSI’???!!!

    Che vi sia la necessità di dire “segui le tue passioni” implica che, in assenza di tale esortazione, la deriva sia di NON FARE ciò che la nostra indole-propensione-passione ci guiderebbe a fare. E questo, esattamente questo punto, è la cifra più tragica della nostra cultura.

    Basterebbe questo a dimostrare che siamo fuori strada. Tutto, ma proprio tutto, deriva per caduta da questa follia.

  4. Barbara il valore delle cose è farle. E poi raccontarle. Le due azioni congiunte si chiamano testimonianza. Grazie per quel che scrivi, per me è importante. Qui e dovunque ho avuto gli accusatori di opportunismo, di paraculsimo, di snobismo, di teoricità e inapplicabilità delle cose dette (e fatte)… ma la cosa che conta, guardandomi indietro, è che io sono qui, non ho mollato, sono andato avanti senza riscaldamento, senza spendere, facendo progetti, movimentando la gente, le oltre 600 presentazioni valgono come venti piazze, gli articoli, i post… oggi c’è qualcosa con cui necessariamente, quando ti lamenti, quando vivi, ti devi confrontare. e questa cosa bella o brutta è vera, avviene, genera, prosegue. Ognuno di noi, a proposito di quando racconti cosa avviene quando si parla di downshifting, deve fare e poi dire: testimoniare. Il mondo cambia solo così. La politica, la cultura, l’economia, seguono, prendono atto, sono schiave. Non come adesso, in cui gli schiavi di economia, politica, media siamo noi.

  5. sì isa, ed è quello che ci fa paura: scegliere. Qualcosa si ferma, qualcosa decolla. Il cambiamento fa terrore proprio per questo

  6. Claudia, direi alla tua studentessa di credere nelle sue capacità di non arrendersi alle porte sbattute in faccia…e perchè nò ,anche di andare all’estero, di provarci,non c’è nulla di più appagante che lottare per le proprie passioni.In bocca al lupo!!

  7. In attesa che Simone risponda…Ho letto il post di Max. Posso partecipare anche io? facciamo un bel libro a 6 mani o più e con un nome di donna in copertina? eh? No, a parte gli scherzi, davvero l’argomento di chi “sa, davvero, ascoltare” è importantissimo…A come Ascoltare. Prima lettera dell’alfabeto. Prima cosa da imparare e da insegnare. Le persone sentono (e non il cuore..). Io immagino spesso un tubo che corre da un orecchio all’altro e il tutto fuoriesce senza rimanere niente. Cioè non attecchisce. Fanno si o no con la testa, qualche mugugno. E quando parli di “downshifting”? ah è un momento da fotografare. Bocche semi aperte e sguardo vagamente vacuo e fuoriuscita di qualche “ah sì, già, eh bellloooo”. Punto. L’Attenzione per gli altri nell’ascolto è fondamentale. Così come lo è imparare a comunicare meglio anche se io non credo nella comunicazione di cui si studia all’università, quella per intenderci un po’ da “persuasori occulti”…Poi Max però una cosa. Tu dici “decidere di fare un figlio”. E chi lo ha già deciso? Che fa? Non so se già 10 anni fa ci fosse qualcuno a parlare di “decrescita”. Può essere, ma dubito. E se ora l’esperienza di Simone (e di altri), veicolata anche dai suoi libri e da Mediterranea, fa uscire allo scoperto una nuova visione del mondo contrapposta totalmente a quella precedentemente vissuta dalla maggior parte di noi, questo non vuol dire che “pronti via!”. Tutti i cambiamenti, soprattutto quelli a così grande impatto sociale, politico e economico, devono avere tempo…So che non c’è n’è granché data la situazione attuale ed è per questo che sarebbe almeno auspicabile che Simone o altri come lui, continui a pubblicizzare la loro esperienza ma non in presentazioni di nicchia, magari nelle piazze…sarebbe bello…NB: Per Claudia. Il tuo è UN argomento, e per quanto mi riguarda, L’ARGOMENTO…da cui partire per poi in effetti parlare di tutto il resto. Avrei molte cose da dire in proposito…ma sono già andata troppo per le lunghe…

  8. Una donna é stata uccisa a calci e pugni. C’é chi pensa che 40% a 60% sia parità. Importa, eccome se importa. E un nesso ci deve essere. Motivi di ottimismo?

    • ogni giorno muoiono donne, uccise da parole che sanno dire, pensieri che sanno formulare, vite che possono vivere, di fronte a uomini a cui quelle parole, quei pensieri, quelle vite mostrano l’inevitabile divario, il baratro profondo. Alzi le mani quando hai finito le parole. Hai finito le parole quando non hai più pensieri. A quel punto o muori tu, o uccidi.

  9. Questa la mia esperienza: laureata nel 2000, passata da un contratto all’altro, nel 2007 sono stata assunta che ero incinta della mia prima figlia nata nel 2008. A 2 anni di età di M.V. decido di chiedere il part-time(che mi hanno concesso subito) e di mandare la piccola al nido (530 € mensili). I miei orari: 3 giorni 7-18, 2 giorni 7-15! Ero arrivata ad alzare le mani su mia figlia per stanchezza e vuoto lavorativo! Ho avuto gran sensi di colpa verso il lavoro ma quando ho iniziato il part-time mi è sembrato di rinascere, nel frattempo mi hanno alzato di livello così il mio stipendio è rimasto lo stesso. 2013 nasce la mia seconda figlia e chiedo di essere trasferita vicino a casa, mi viene concesso in 9 mesi. Ora vado a lavorare in bici (3 minuti, sto pensando di vendere la macchina) dopo aver accompagnato le mie figlie all’asilo!Decisione comunque non facile, ho rinunciato al lavoro per cui mi sono laureata, mi sono sentita persa, priva di riferimenti, a dover ricostruire un nuovo equilibrio … penso che sia così quando si fanno grossi cambiamenti!

  10. Ciao Simone,
    ti riscrivo dopo tanto.

    La mia esperienza da neo “scollocato” mi impone questo ragionamento.
    Quando pensiamo di cambiare la nostra vita spesso rimaniamo concentrati sugli effetti e sui risultati (se mollo tutto come faccio con il mutuo, la scuola…ecc). In realtà spostiamo l’attenzione dal più importante obiettivo che dobbiamo porci: COMINCIARE DA SUBITO A MODIFICARE LE NOSTRE ABITUDINI.
    La cosa straordinaria è che attraverso il cambiamento dei nostri comportamenti si apriranno orizzonti che non prevedevamo.
    Proveremo emozioni nuove, conosceremo persone migliori per noi e sposteremo di qualche grado il nostro punto di osservazione sulla vita.

    Ma costa parecchia fatica.
    E allora dovremo riabilitare il significato della fatica.

    A mio parere cambiare significa:
    -scoprire il valore della rinuncia
    -fare una lista di cose importanti e metterle in discussione (voglio davvero un figlio? amo davvero mia moglie? fare il fornaio part time sarebbe peggio del mio lavoro attuale? e se anche avessi più tempo cosa farei?…)
    -diventare curiosi nei confronti degli altri e della natura
    -leggere. Leggere. Leggere libri in grado di stimolarci e far crescere la nostra consapevolezza (autostima, cambiamento, coaching e poi Thoreau, Perotti, Ermani, Bauman, Latouche, Mercalli, Pallante, Segrè, Bianciardi, Klein…e magari tornare ai classici della letteratura)
    -spegnere la tv
    -smettere di essere dei consumatori compulsivi
    -imparare ad ascoltare (Simone, ti propongo il prossimo saggio a quattro mani: “Chi sa davvero ascoltare? “)

    Sono questi i cambiamenti che fanno trovare le risposte.
    Alla fine, cambiare lavoro o meno può essere un dettaglio.
    E il corso di scherma del pupo è salvo.

    Max

  11. Comunque, Simone il significato di “no matter what” in quella frase non è “non importa quale (lavoro)”, bensí qualcosa come “ad ogni costo”…. Non so se alla fine fa differenza, ma credo di si…

  12. Il giorno in cui sui giornali (ma non solo, ovunque) si consiglierà ai giovani di non considerare solo l’università ma anche altri percorsi formativi più “terra terra” (in senso buono, parlo di manualità), sarà un gran giorno.
    Invece no, ci vogliono tutti laureati, però poi ci dicono che c’è posto per 1 su 50 e ci conviene emigrare, solo che emigrando non sempre la tua laurea viene pienamente riconosciuta e va a finire che ti ritrovi a fare il cameriere a Londra. Niente di male nel fare il cameriere in qualsiasi parte del pianeta, ma è il percorso ad essere insensato.

  13. Claudia, se potessi tornare indietro farei le valigie il giorno dopo la seduta di laurea…credo che il talento della tua studentessa non vada sprecato né il suo entusiasmo smorzato dalla miseria e dall’ottusità che il mondo lavorativo offre oggi ai giovani. All’estero avrà opportunità, stimoli, possibilità di crescere professionalmente, cosa che al momento qui non è possibile. Il mondo universitario è un potentato in mano ai baroni e, se non puoi garantirle un percorso gratificante, non lasciare che si perda nella miriade di tirocini, borse di studio, contratti a progetto che portano i ragazzi alla disperazione…gli anni passano in fretta e il mercato del lavoro è spietato superati i 35, ma tutto questo lo saprai sicuramente meglio di me. Io trovo un’offesa che un giovane che ha investito tempo, denaro e passione in un percorso formativo sia poi costretto a ripiegare, a mortificarsi, ad implorare, a scoraggiarsi…Indirizzarla all’estero non è una sconfitta tua, forse del sistema-Italia che non sa valorizzare le straordinarie professionalità che ha a disposizione, ma al momento la situazione su cui ragionare è questa…trasmettile tutto il tuo entusiasmo e aiutala a volare via…

  14. Ciao Claudia
    dai il consiglio giusto alla tua studentessa: dille di emigrare all’estero. Ho conosciuto delle ragazze molto brave negli studi, quelle che sono emigrate in paesi avanzati stanno davvero molto bene, fanno un lavoro adeguato alle loro competenze di alto livello e hanno pure messo su famiglia con degli “autoctoni” del posto. I talenti all’estero hanno buone possibilità e possono davvero fare delle buone vite, le ho viste con i miei occhi!

  15. Oggi sul Corriere si parla dei laureati italiani che stanno sempre peggio a livello di retribuzione e mancanza di lavoro, ecco il consiglio che viene dato:

    “Scegliere la laurea giusta, fare presto e conoscere le lingue: ecco le dritte per gli studenti”

    Evvai, sempre più criceti crescono!!! Correte nelle gabbiette e non scegliete nemmeno più in base alle vostre attitudini!

  16. Tiziana, io la penso piu’ o meno come te, nel senso che ho poca pazienza con chi si lamenta.
    Vorrei fargli capire che ho ragione io, che se smettesse di lamentarsi e lavorasse nella direzione che vuole, potrebbe ottenere cio’ che voleva.
    Pero’ poi penso che anche loro, i pessimisti, hanno ragione a lamentarsi, la vita non va come vorrebbero loro.
    Io lo so perche’: perche’ non fanno nulla per farla andare come desiderano.
    Quante volte ho provato a convincerli e mi rispondevano ‘hai visto? ci ho provato, ma non ho ottenuto nulla’.
    Ed era vero, non ottenevano nulla.
    Dunque io ho ragione, ma anche loro hanno ragione.
    Io ho fiducia che posso cambiare le cose, e avviene puntualmente.
    Loro hanno fiducia che le cose vanno male, e avviene puntualmente.
    Si chiama FEDE.

    Due rette parallele non si incontrano mai.
    Pero’ esistono entrambe.
    Passa avanti e non ti curar di loro, e’ tempo sprecato.
    ciao !!

    Luca

  17. Secondo me si potrebbe parlare all’infinito. Che ci siano categorie lavorative in cui da sempre esiste uno sfruttato e uno sfruttatore non lo dico io, lo dice il sistema “capitalista”. Funziona da secoli così, e ora che mancano i soldi, i miei capi sono arrivati a invidiare la certezza del mio stipendio della 13ma…e rinfacciarmelo! E’ tutto ampiamente assurdo, considerando che loro per anni erano pagati a giornata almeno 500 euro…fatevi un po’ i conti…io le fatture mensile le ho viste. Certo non avevano malattie nè ferie ma quando partivano mica andavano ai lidi ferraresi…eh, ragazzi…Assunto tutto ciò, ho visto enormi risorse buttate vie, spese fatte senza nè capo nè coda. Quadri costosissimi per abbellire l’ufficio…che ora non riusciamo nemmeno a vendere per pochi euro…cioccolatini e piante ornamentali per mostrare…cosa? competenza? Ho subito non sempre in silenzio. Il ricatto è là sul tavolo: o così o sei fuori! Allora l’idea di poter dire: sai che c’è? sono fuori sì, perchè disprezzo il lavoro che faccio e che fate, venditori di aria, venditori di niente! Ma quando ci provavo tutti lì a dirmi: ma che vuoi fare? vuoi cambiare il mondo? sei pazza? Gli altri le altre accettavano, accettano, piegano la testa, e tu, tu chi ti credi di essere? E’ stato un bel lavoro quello che hanno fatto, manipolatorio. Hanno creato una persona triste…quando era allegra e ci voleva provare, l’hanno infangata, presa in giro e come dicevo allora e dico ancora adesso, hanno spezzato le ali che mi sentivo di avere, io ci volevo provare…Non è indifferente il lavoro subdolo e costante che gli altri fanno quotidianamente per ammansirti, per chetarti…Qualcuno mi ha suggerito del lexotan…Così mi stordisco e continuo ciecamente per quella strada, quella che non crea problemi a nessuno, quella comoda per tutti. Certo che importa, eccome se importa! Importa prendere coscienza di sè…discutere, confrontarsi e magari anche combattere un po’, lavorare, creare legami…Il mio è un punto di vista femminile, che parla rispetto a una esperienza personale. Non posso prescindere da questo…Ma sono convinta, in effetti lo sono sempre stata, che importa…eccome se importa…esserci, discutere, parlare, condividere…provarci…

  18. Steve Jobs é stato un po’ sopravvalutato come talento.
    http://guiodic.wordpress.com/2011/10/07/steve-jobs-non-era-gesu/
    Ricorderei piuttosto figure come Torvald Linus.

    Sono d’ accordo sul fatto che parlare, più che di downshifting (dei consumi), di riduzione delle proprie energie, dello slancio a una persona che é ben lontana come età mentale dal tirare i remi in barca sia insensato. Riflettendo sulle sorti della studentessa di Claudia mi viene in mente che ci sono carriere -non vite- che dipendono più dal contesto rispetto ad altre carriere. Chi necessita l’ accesso a laboratori di ricerca come condizione di base per esprimere il proprio talento si trova in una situazione di dipendenza nettamente maggiore rispetto coloro che facendo tutt’ altro sono assai più liberi. Però l’ eventuale mancato accesso ad una di queste posizioni lavorative, notoriamente scarse numericamente, non implica che sia da accantonare il proprio entusiasmo. Si può non riuscire a fare ciò che si sperava, ma l’ entusiasmo, la vivacità non te la possono togliere gli altri, questo é un danno che possiamo infliggerci solo da noi stessi.
    Comunque servirebbe che venissero narrati più frequentemente esempi di persone che hanno trovato modo di incanalare le proprie energie, vuoi per fame, per passione o altro ancora, esempi che non mancano.

  19. Mamma mia!!! Rileggo a mente lucida e metto insieme i pezzi:

    Vi eravate messi d’accordo…
    Altro che Bilderberg, qui!

    E pure “danke”, gli vai a scrivere…
    (Lasci pure le impronte digitali, sul luogo del delitto!)
    😉 😉 😉

    Ciao.

    PS
    E adesso, Simone, come minimo ti becchi almeno questo mio commento incomprensibile!

  20. Marco: l’unica cosa che ho sempre detto ai miei figli, studenti, dottorandi e tesisti è di fare con passione quello per cui si sentono portati (che è poi quello che ho fatto io, in barba a ogni scetticismo, e facendo lavoretti disparati per autofinanziarmi gli studi, un sacco di anni fa). Le idee le ho chiarissime anzi di piú. A giugno la mia allieva conseguirà la sua laurea magistrale, e poi? Potrá fare la specialistica, e poi magari un dottorato o un master, ma se si ferma? Al momento non ho risposte da darle, a parte trasmetterle il mio entusiasmo immutato per la disciplina. Non sono disfattista, troppo semplice sparare giudizi sulle persone, stiamo ai fatti e siamo obiettivi, il problema esiste, e lei di certo non si aspetta stipendi a 4 zeri, che manco io ho (qualcuno dei miei colleghi maschi si, ma qs è un altro problema ancora) ma di poter vivere facendo quello per cui ha studiato, e che saprebbe fare molto bene… Paradossalmente non avrei difficoltà a trovarle delle risposte all’estero…e probabilmente finirà cosí…e resteremo qui noi cinquantenni o quasi, o poco piú, a fare downshifting…per me c’è qualcosa che non torna;-) Ciao e grazie del tuo commento.

  21. Stefano,
    non tutti hanno una casa di proprietà in campagna per fare l’orto, dici. E infatti. Io non ce l’ho. Io l’orto me lo sono fatto verticale sul mio balcone di un metro per un metro.
    Poi però ho cambiato casa, un po’ fuori perché costava meno (sempre in affitto e non di proprietà come dici perché a Roma tutto è troppo caro, almeno per me).

    Però nella casa nuova c’è un terrazzo dove potevo fare il mio orto.

    Adesso finalmente ce l’ho un orto grande in campagna. L’ho cercato fino allo sfinimento un pezzo di terra che qualcuno mi desse in affitto. E l’ho trovato. Il mio orto sinergico è lì. Non nella casa in campagna di proprietà che ho provato a comprare, sì. Ma fino ad ora non è stato possibile.

    Il mio orto però ce l’ho lo stesso.

    Sul lavorare meno: certo spesso non è possibile. Qualche volta però si può tentare di cambiare.

    Si può tentare, Stefano. Tentare. Non dico che sia possibile sempre fare ciò che ci piace. Dico che qualcosa si può almeno immaginare.

    E dico che quando inizi a pensare, immaginare e progettare si scatenano una serie di forze più grandi di te che ti aiutano in quella direzione e persone che puoi incontrare che ti aiuteranno in quella direzione e strade che ti si apriranno proprio in quella direzione.

    Questo l’ha detto Goethe, non io. E penso che sia vero.

    Dico solo Stefano, che non è tutto bello e facile, dico solo che si può tentare di mettersi su una strada diversa e iniziare a camminare. Tentare. Solo tentare. Non buttarsi e lasciar perdere tutto con l’affitto da pagare. No, solo cambiare strada esplorando centimetro dopo centimetro, secondo il nostro passo e le nostre possibilità.

    Ma capisco molto bene quello che dici.

  22. Scusa Claudia ma il tuo problema di non sapere cosa dire alla tua studentessa deriva secondo me dal fatto che non hai le idee chiare e che forse non hai mai esplorato fino in fondo, tentato fino in fondo, tutte le opportunità che un lavoro fatto con passione può presentare, le soddisfazioni, i successi, le possibilità di fare della vita ciò che si vuole. Si legge solo di pessimismo e rassegnazione su questo blog e una idea sbagliatissima del lavoro visto solo come vessazione e schiavitú. Non si può parlare ad un ragazzo/ragazza di 25 anni di downshifting, vivere con 500 euro o con 1000 o con 2000. Io direi alla stdentessa di fare con infinita passione ciò che vuole fare e che non ci sono limiti a quello che potrà fare nella vita. Direi a lei così perché è quello che ho provato colla mia esperienza e che ho condiviso con tanti compagni/amici/colleghi. Chi si è già rassegnato non potrà mai dare alcuna fiducia nel futuro ai giovani che si affacciano alla vita, alla vera vita in cui realizzare tutte le proprie ambizioni, senza limiti né mentali né fiskci. Di alla tua studentessa che una laurea, un dottorato fatti con passione sono TESORI che daranno INEVITABILMENTE i loro frutti!! Dille di non accontentarsi di una vita a metà, frenata dalle paure e dalle incertezze! Dille che sí a venti anni la soddisfazione può anche passare per uno stipendio a 4 zeri e che ogni obiettivo si puó realizzare se si ha la passione e la “fame” , la fame di cui parlava Steve Jobs. Poi a 50 anni avremo la libertà di rinunciare, di eliminare quello che non sarà più necessario, ma a 25-30 anni tutto è possibile e tutto si deve tentare. Tutti i miei studenti hanno trovato rapidamente impieghi altamente qualificati e gratificanti, avranno il tempo di fare le loro esperienze, alcuni di loro torneranno indietro, altri si perderanno, tutti avranno avuto la consapevolezza di aver strizzato la vita come un limone per assaporarne anche il gusto agro, ma senza piagnistei e rinunce!!! Ciao!!

  23. Simone, grazie ancora una volta.
    – Per le cose che (forse) sai già di me, anche se non c’è bisogno che te le scriva, qui e adesso.
    – Perché il problema non è mai il denaro, ma la sua idolatria.
    – Perché il weekend passato in Umbria con Paolo, Alessandro & C. è di quelli che ti cambiano la vita (e la cambiano a loro).
    – Perché la prossima volta sarà qualcun altro a ringraziare me.
    – E perché se noi cambiamo, il mondo cambia con noi.

    Andrea

  24. Buonasera a tutti, il post di Simone e i vostri commenti mi hanno scatenato una ridda di pensieri, anche contrastanti. Vorrei il vostro parere:
    – una studentessa ha chiesto di fare la tesi con me; é brillantissima, motivata, acuta e con un talento naturale per la disciplina. É felice di quello che fa, non vorrebbe cambiare, ha sicuramente scelto secondo le sue inclinazioni e non per opportunismo o nella speranza di un lavoro qualsiasi;
    – attualmente in Italia la possibilità per una figura professionale come la sua di trovare impiego a breve, dopo la laurea, è minima se non nulla;
    – cosa le dirò all’indomani della laurea? Vai in Francia o in America? Mi sbatterò per farle avere una borsa di studio da 500€/mese x 6 mesi, per cui dovrò cmq indire un bando pubblico cui risponderanno in 350? E poi? La faccio vincere manipolando il concorso? Le faccio avere una borsa privata vendendo il culo (chiedo scusa) a qualche ditta farmaceutica? La invito a cercarsi qualsiasi altra attivitá le permetta di avere in minimo di indipendenza economica (anch’io penso che ogni lavoro sia degno), e a passare ogni tanto a trovarmi e nella speranza esca qualcosa (ben sapendo che se esce è per il genero del barone?)
    – o le dico di spendere poco, coltivare l’orto e usare le mani? Inventarsi qualcos’altro? Certo, si inventerà qualcos’altro, ma sará un ripiego, non una scelta libera.
    Da parte mia ho un orto, ho rifiutato posizioni che non mi interessavano o erano contrarie ai miei principi, mi sono permessa il lusso di campare facendo il lavoro che amo e di riprodurmi quanto ho voluto, ma ne ho avuto la possibilità. Non mi é stato regalato niente, ma ho avuto la possibilità di un punto di partenza su cui costruire. Ho fatto delle rinunce perchè ho voluto, non perchè non c’era alternative. Non so se mi spiego, sono d’accordo con Marica, anche con Stefano, Barbara, e Tiziana…ma cosa dico alla mia studentessa, che potrebbe essere mia figlia, tra l’altro? Mi vien da piangere. Scusate.

  25. @Barbara
    In riferimento a Renzi, quando scrivi: ” E pero’ il nstro buon renzi va a bruxelles e scimmiotta…lavoro…crescita…crescita e lavoro. Ma di che parla?” intendevo solamente sottolineare il suo ruolo teatrale (non é il solo). Ovvero riguardo a come parla di lavoro ed altre tematiche (protagonismo, battute ed effetti speciali a parte della persona in questione) ricorda il rendiconto del discorso di fine anno dei vari direttori di Banca Italia: discorsi generici, limati, senza entrare troppo nei fondamentali di cosa ha determinato quelle dinamiche di mercato. Il mio intervento riguardava soltanto questo non altri aspetti di quello che hai scritto. (Comunque accetto la critica, potevo specificare meglio citando e virgolettando da subito quella parte di discorso del tuo scritto) Nello specifico provo a riprecisare la mia personale convinzione: secondo me tanto più i decisori politici si agitano a parlare, per attrarre l’ attenzione, sul tema ancora generico del lavoro, spaziando dalla variazione dei contratti, al job act, e altre raffinatezze, tanto più riescono ad evitare che l’ attenzione sul da farsi entri nel merito e si focalizzi su scelte economiche e politiche mirate su cui devono metterci la faccia.

    Con il resto del discorso intendevo tutt’ altro. Ciò che mi capita di osservare più di frequente é che ci si abitua tanto a certe routine di comportamento che spesso quando capitano anche piccole esperienze/variazioni/occasioni per molti non vale la pena di fare la fatica per vedere di cosa di tratta (apatia). Conosco persone che non dicono altro che non vedono l’ora di fare qualcosa di diverso -non parlo solo di lavoro- e magari non gli si presenta esattamente (cadendo dal cielo!) quello che vorrebbero, ma qualcosa di assai minore che però potrebbe avere qualche potenzialità, approfondendolo, (come anche rivelarsi una perdita di tempo!) e loro che fanno: voltano la faccia dall’ altra parte, aspettano che passi. Magari, forse, cosa porta cosa, ma se le persone come primo comportamento (forse un’ azione riflessa?!) si lamentano pure delle novità che incontrano oltre che delle cose che già le affliggono allora non vedo come questo atteggiamento possa favorire una qualsiasi ventata d’ aria fresca. L’ altra cosa che dicevo é che noto che in taluni casi (ribadisco: non la maggior parte) é più facile assumere delle decisioni anche gravose, onerose, come il mettere su famiglia, per imitazione di modelli che ci stanno intorno (e magari proprio prendendo spunto da altre persone che alla fine si lamentano!) piuttosto che arrovellarsi su cosa davvero si potrebbe cercare di fare che generi entusiasmo. Io sto iniziando a convincermi che non tutti riescano a decidere in merito e che poi adottino comportamenti dominanti come esempi su cui basarsi. Il che non sarebbe nemmeno sbagliato se i risultati fossero gagliardi… …

  26. Ciao Marica.
    Come molti qui dentro ho letto i libri di Simone (apprezzandoli), nonché altri libri sulla decrescita. Da allora ho iniziato a cambiare molte mie abitudini e il modo di vedere la vita di tutti i giorni. E da questo punto di vista sono soddisfatto perché so che sto facendo una cosa giusta.
    Quello che ancora non mi torna, dal punto di vista della mia esperienza personale, è il concetto “se spendi meno puoi lavorare meno”. Io non so voi, ma conosco diverse persone che lavorano 40-50 ore a settimana prendendo 900-1000 euro al mese. Come si fa a lavorare meno? Ammesso che te lo diano un part-time, con 450-500 euro come fai a vivere se devi pagare anche solo un affitto modesto? (Eh sì, perché non tutti abbiamo una casa di proprietà in campagna dove fare l’orto per auto-sostentarsi).
    Insomma, a me sembra che il trend del lavoro sia sempre più quello di avere uno stipendio basso e un orario lavorativo sovraccaricato, per questo storco il naso quando sento parlare dello spendere meno per lavorare meno. Io spendo meno sì, ma per ora questo non mi aiuta a trovare un lavoro sensato.
    Poi per carità, non voglio ergermi a possessore della verità assoluta, riporto solo la mia esperienza personale da disoccupato di una cittadina del nord-ovest. Spero davvero un giorno di trovare un lavoro che mi permetta di lavorare il giusto e senza far arricchire imprenditori disonesti.

  27. Ciao Stefano,
    scusa non avevo letto il tuo post. Ti rispondo.

    Hai ragione. Ma solo in parte. Bisogna guardare in faccia la realtà come dici tu, è verissimo e guai a non farlo e a sognare solo.

    Si riuscirebbe ad essere comunque indipendenti senza il lavoro? No, certo.

    Sul fatto, però, che solo quelli che hanno messo soldi da parte perché avevano un lavoro molto ben pagato possono uscire dalla trappola e che gli altri non hanno alternative non sono d’accordo.

    Chi ha avuto la possibilità di mettere da parte molti soldi è stato fortunato e può contare su quelli e su quello che verrà (magari poco ma non fa niente) dalle sue nuove attività.

    Chi non ha niente e parte da zero, come dici, ha in realtà moltissimo da fare. Moltissimo.

    Intanto si può cominciare a pensare a qualcosa di diverso. Sembra poco, vero? Ma non lo è. Pensarsi in un modo diverso. Pensare che c’è un’altra strada e che tutti possono farla. Certo, bisogna averlo un progetto. Fosse anche solo quello di capire che non siamo felici come stiamo.

    Secondo: siamo sicuri che le cose di cui pensiamo di aver bisogno siano tutte necessarie? A pensarci bene le cose necessarie sono pochissime: la macchina nuova a rate per tutta la vita non serve, 10 paia di scarpe sono inutili, l’ultimo dispositivo elettronico sul mercato non mi è necessario. Indebitarmi per fare una vacanza è inutile.

    Terzo: riscoprire le mani: produrre da sé stimola l’ilarità di molti al di fuori di qui eppure è la soluzione a molte ansie e preoccupazioni da denaro.

    Sono solo tre cose e non voglio essere troppo noiosa ma di cose da dire ce ne sarebbero ancora: riutilizzare, riciclare, creare e trasformare.

    Allora, in questo caso hai ragione a dire che non puoi lasciare il lavoro ma ti accorgerai che i soldi basteranno per fare una vita semplice ma piena di tutto il necessario. Ti sembra poco?

    Inoltre, se hai bisogno di meno soldi hai anche bisogno di lavorare meno e puoi avere più tempo per altre cose.

    Stefano, io non parlo per sentito dire. Parlo per quello che ho fatto io. E non ho mai avuto un lavoro ultrapagato, non ho una casa ma pago l’affitto, non ho una famiglia ricca né un marito che mi mantiene.

    Il lavoro che faccio l’ho scelto a quasi 40 anni dopo tredici anni in un ufficio dove facevo quello che non mi piaceva.

    Adesso guadagno molto meno ma ho anche bisogno di molto meno e faccio una vita diversa. E mi piace. Vivo con meno eppure sono più ricca. Mi sento felice, con un senso, una prospettiva personale.

    All’epoca non fu una mia scelta. Mi hanno buttato fuori come tutti gli altri colleghi e in più incinta al sesto mese di gravidanza. (Tanto per dire che non si possono licenziare le donne incinte).

    Da lì però per me è stata una partenza, una fortuna, un’opportunità. Da lì è cominciato il mio percorso e come vedi ognuno ha una sua strada personale.

    Per alcuni è più facile? Sì.
    Per tutti gli altri non ci sono alternative: no!

    Secondo me.

  28. Ciao Barbara,
    condivido assolutamente tutto. E quello che dici sulle donne è realtà, purtroppo.

    Solo una precisazione: non erano le mie uscite mensili e per fortuna non parlavo della “me” che sono oggi ma di quello che vedo intorno a me. A parte nidi e prescuola dei figli che invece mi riguardano da vicino.

    Faccio un lavoro che adoro (con partita iva, certo, se no non lavorerei neanche)e ho imparato a fare ed autoprodurre praticamente quasi tutto. La mia macchina l’ho comprata usata a 2000 euro 5 anni fa e va che è una meraviglia. Non sento la necessità di una macchina nuova.
    Il mio pranzo lo porto da casa.
    Adesso ho finalmente un orto sinergico a cui sto lavorando dopo averlo tanto sognato… Insomma cerco di fare, mi piace e sono contenta di quello che faccio…

    Quello che volevo dire è che quello che vedo intorno è esattamente ciò che ho descritto. Per chi non fa percorsi simili a quelli di tanta gente che è qui rimanere intrappolati è molto facile: debiti, dipendenza totale dai soldi, infelicità, frustrazione… Una specie di spirale che ti stritola…

    Il lavoro serve spesso solo per mantenere il lavoro. E contemporaneamente sei in un sistema che è come una morsa. Fino a quando non decidi di liberartene, certo. O almeno di provarci.

    E’ possibile. Anche solo in parte ma è possibile…

  29. Non comprendo perché bisogna sempre schierarsi, parteggiare. Io non sono pro o contro. Esprimo un pensiero e argomento sui fatti. Sui diritti io non cedo di mezza unghia. Io parlo di diritti delle donne e di conseguenze sociali e economiche disastrose. Non condivido per nulla invece il solito pensiero (e mi ripeto ma è importante) che coloro che non fanno sono quelli incapaci, un po’ coglioni e lamentosi. Esistono queste persone ma sono sempre esistete. Bisognerebbe stanarle così come dovremmo stanare che so gli evasori fiscali. Ma se una mamma chiede un asilo nido pubblico non si sta lamentando e poi cavoli suoi. E’ un problema sociali sia di chi quei figli li ha sia di chi non li ha. Perché invece potrebbe essere tua sorella ad avere questo problema, una tua amica…Così si ragiona da soli e per se stessi e questa visione per quanto affascinante, mi sembra oltre che molto limitante anche un tantino narcisistica…

  30. Tra “praticoni” e “idealisti”, mi schiero anch’io con gli idealisti. Ne ho visti e ne vedo troppi, tutti i giorni, di “praticoni” e gente di buonsenso che ogni santo giorno non fa altro che lamentarsi della noia per il proprio lavoro, salvo poi restarci attaccato a vita pur di avere l’elemosina dello stipendio a fine mese.E, attenzione, tra questi ci sono persone che sanno fare anche altro e/o hanno chiare le proprie passioni, eppure si trincerano dietro motivazioni apparentemente valide. I figli da mantenere, il mutuo della casa, la poca redditività delle loro reali passioni, la mancanza di idee alternative.. Qualcuno forse salterà dalla sedia quando dico che i figli da allevare non sono un motivo valido,ma mi chiedo: quando queste persone hanno sacrificato i loro interessi al desiderio di avere figli, non hanno scelto forse pensando a ciò che li rendeva più felici? Evidentemente no. Il mutuo della casa: ce l’ha forse ordinato il medico che dobbiamo possedere una casa? Ma qui alcuni dicono: “è per lasciare almeno un tetto ai miei figli”. E così in nome di queste discutibili sicurezze trascorriamo intere vite sbattendoci e sopportando l’intollerabile, in alcuni casi anche sconfinando nell’immorale e nell’illecito (non fatemi fare esempi, ma vi parlo di situazioni reali!)pur di raggiungere l’obiettivo. A quelli che poi si trincerano dietro la poca redditività delle loro passioni, direi che forse basterebbe un minimo di creatività per “sfondare”. A quelli che proprio non sanno che altro fare, a patto che davvero abbiano cercato delle alternative (e spesso non lo hanno fatto) e non abbiano proprio trovato, dico: vi prego, non voglio sentire le vostre lamentele.
    A Stefano R che mette lo spazzino, il magazziniere, il cameriere tra i lavori poco degni di nota direi che, secondo me, qualunque lavoro, se scelto liberamente e fatto con impegno è un capolavoro e non credo che il discorso di Simone volesse dire: fate tutti gli artisti, i cantautori, i designer, gli chef d’alta cucina etc. Sono stufa anche di sentire giovani ed amici lamentarsi del lavoro che non c’è, ma nello stesso tempo rimanere ognuno aggrappato al proprio isolamento (tutto questo nell’era dei social network, paradossalmente!)invece di fare gruppo con tutti gli altri che sono nella stessa situazione per mettere in comune idee, risorse e abilità. Non voglio insegnare niente a nessuno, sto cercando anch’io la mia strada, però almeno non inizio la mia giornata di lavoro lamentandomi puntualmente come tanti miei colleghi e ho sempre svolto qualsiasi lavoro abbia fatto al meglio di quanto potessi, anche se non era il lavoro della mia vita. Ho constatato inoltre che tutte le mie proposte pratiche di reazione alle loro situazioni, fatte a tutti questi “lamentoni”, cadono nel vuoto. L’esperienza mi dice, perciò, che ha ragione Perotti.

  31. Red sai che non ho capito nessuna delle 3 risposte che hai dato? Io ho posto una questione di “genere” da cui partire per avere una reale libertà di scelta. Io non ho parlato “vagamente” nè di lavoro nè di denaro. Di denaro ho parlato sì, concretamente, come Marica che ha elencato le sue “uscite” mensili. E non è per fare i “conti in tasca” a nessuno, e non è nemmeno per quella “invidia” sociale di cui sento ogni tanto blaterare. Io chiedevo il “come”…Ognuno deve scegliersi un percorso e attivarlo. Ognuno però ha dentro di sè una storia, un vissuto personale e alcune scelte da cui non può non prescindere. Tra le quali, se mi è concesso, c’è quella di aver fatto un figlio. Una società che impoverisce, criminalizza quasi, emargina in tutti i modi e le maniere, chi ha fatto questa scelta, per me non ha più niente da dire.

  32. @Barbara
    Personalmente, penso che tutti i politici che parlano di lavoro (non solo Renzi, ma tutti, mi sembra) prendano per il naso la gente a meno che non chiariscano assieme quale piano industriale e che visione hanno per il futuro. Ecco, di questo proprio evitano volentieri di esprimersi, ma abbondano, perseverano a prodigarsi in discorsi sul lavoro, sull’ occupazione. Secondo me tutto ciò é per distogliere l’ attenzione da quanto conta: l’ esporsi e quindi chiarire la loro visione a 5, 10, 15, 20 anni delle questioni che riguardano la gente a cui chiedono il voto. Parlare di lavoro in sé é qualcosa di asettico, come il parlare di denaro, il quale ha caratteristiche molto generiche.

    @Stefano R
    Non ritengo che per davvero tanta gente aspiri a fare qualcosa di più di operatore ecologico, magazziniere, cameriere (come anche bancario, ragioniere, impiegato nei call centers e così via anche per professioni meno “manuali”). Almeno lo suppongo relativamente all’ assenza diffusa di un autentico impegno (apatia) ad aggiungere qualcosa alla loro vita, sia che comunque rimangano intrappolati ancora per del tempo in una attività a loro non gradita, sia che abbiano già i presupposti per cambiare. Semplicemente credo che tanti non desiderino davvero qualcosa di diverso e di conseguenza siano indisponibili a provare, cercare, informarsi, impegnarsi, etc. più di quanto già facciano nella routine instaurata nella loro vita. Routine che sfortunatamente comprende lamentele, alibi…

    @ Francesco
    Ma forse di sogni non ne hanno! Tuttalpiù dei non bene definiti desideri. Dubito che non ci siano anche coppie che decidano di mettere su famiglia, ad un certo punto della loro vita, più per riempire un vuoto di idee che non per una vera vocazione al fare famiglia.

  33. Un altro eccezionale Manifesto del Senso del poeta dell’Anima Simone Perotti.
    M-I-T-I-C-O!

    Danke

    Paolo Ermani

  34. In effetti il post di Marica mi ha impressionato per il suo realismo. Nidi privati al posto di quelli comunali, pre e post scuola (parcheggi) che costano parecchio, la “ragazza” o baby sitter che va a togliere altri euri da un budget già risicato…poi il mutuo, le spese “vive” e quelle che comunque ognuno si meriterebbe, una sacrosanta vacanza. Come non spendere una parola, una sola parola, al di là della retorica di questa giornata omaggio alle donne, che invece per tutto il resto dell’anno sarà bene che siano belle e stiano zitte? Come non accorgersi del peso economico e sociale di quelle che scelgono (attenzione, non sempre) di mettere al mondo un figlio? Cosa facciamo? Ignoriamo e passiamo oltre? Avevo 22 anni quando nel mio primo colloquio di lavoro mi è stato chiesto se avevo o meno intenzione di fare figli, e non in questo modo, in maniera assai più brutale. Molte donne sono state vittime di avance (!) sessuali nei loro posti di lavoro o lo sono ancora, forse più di prima. Perché ora il ricatto è ancora più forte, e se non si ha una famiglia alle spalle…è dura…Qualcuno potrebbe dire che sono “off topic”, si dice così, no? ma io non lo credo affatto. Perché penso che prima di poter scegliere un lavoro gratificante o meno, è opportuno dare a tutti (tutte) la possibilità reale e tangibile che si possa fare…Job Act o meno…Si continua a prescindere da una evidenza disparità di salari, di trattamenti, di politiche sessiste e quasi oserei dire razziali, e si parla di come sarebbe stato bello se avessi potuto cantare…o che so…fare la scrittrice…ci sono fatti da cui bisogna partire. Bisogna purtroppo ancora una volta fare un discorso preciso e differenziato su scelte femminili e maschili. io la penso così. Oppure questo è quello che vedo…magari mi sbagliassi…casomai…

  35. Marica hai pienamente ragione, ma se tu non avessi quel lavoro cosa faresti? Riusciresti a essere comunque indipendente?
    Chi può ambire a smarcarsi da questa trappola della società a mio parere è chi ha lavorato per un tot di tempo e ha messo qualche soldino da parte. Un po’ come ha fatto Simone, per intenderci.
    Ma per chi parte da zero non ci sono alternative, guardiamo in faccia la realtà.

  36. riporto qui un commento ricevuto in privato. mi inorgoglisce…

    Oggi dopo aver letto il tuo blog rafforzo la convinzione in quel che ho fatto. Io sono una ……… Sono stata chiamata pochi anni addietro ( 5) dal gruppo ….. come consulente. Ho accettato, ho lavorato per loro per 2 anni, 2 lunghissimi anni… l’attività era per ……… e dopo questo periodo sono letteralmente fuggita. Stavo rischiando un esaurimento nervoso, non solo per la schifosissima organizzazione che tutti ben conosciamo ma perchè IO non potevo sentirmi parte di un sistema che contribuiva alle guerre…. Sono trascorsi anni e nel 201… vengo cercata da …. Loro non hanno come core business il settore bellico ma ci sono anche loro. Oltre a non voler perdere la mia indipendenza non volevo perdere la mia dignità . Ecco cosa mi ha spinto a decidere… Il tuo blog mi ha riportato indietro di poco più di 1 anno e ancor di più mi fa sentire fiera della mia persona. Grazie.
    G.

  37. Dunque, lavori in un ufficio qualunque a fare una cosa che non ti interessa con gente a cui non interessa e qualcuno che fa finta di essere interessato perché se si chiedesse cosa fa lì per davvero avrebbe una crisi dalla quale non si riprenderebbe più…

    Bene, lavori nel tuo ufficio (che fortunato e privilegiato che sei, ricordatelo!)Guadagni 1000 euro al mese o poco di più. Sì, però ad averceli, se no con cosa mangi e come paghi il mutuo?

    Bene, siccome hai bisogno di coraggio ed energie vai ad avvelenarti ogni mattina al bar di fronte, giusto per quel cappuccino e cornetto che fa così “social” e che ti permette di staccare quei 5 minuti per parlare di cose inutili e di persone come te, con i tuoi stessi problemi ed esattamente con i tuoi desideri e sentimenti ma che hai bisogno di vedere come nemici (se no come sopravvivi?)…

    Bene, vanno via quei due euro, così prendi anche le caramelle che ti intossicano… ma tanto due euro che saranno mai? Valgono bene due chiacchiere sulle quali costruisci il tuo mondo…

    Ora di pranzo: checcavolo… hai diritto a un’ora in santa pace per chiacchierare un po’ coi tuoi colleghi…c’è quel bar lì di fronte oppure quella tavola calda dove mangi (proprio tanto eh?) a solo 10 euro incluso anche la bibita, pensa! Sì, sì proprio quella che distrugge il tuo stomaco e l’ambiente di mezzo mondo…ma è così buona e fa così “felicità”…

    Poi chiami tua moglie o tuo marito anche lui o lei con la stessa vita e le chiedi se si è ricordata di pagare il prescuola dei bambini… beh va beh sono quei 600 euro l’anno però come facciamo ad accompagnare i bambini senza prescuola? In fondo sono giusto 60 euro al mese… e ne abbiamo bisogno assoluto perché dobbiamo andare in ufficio in orario, alle 8 precise anche se poi chiacchieriamo fino alle 8 e mezza o facciamo colazione, però almeno siamo puntuali…

    Verso le 3 un caffè ci vuole assolutamente e alle 5 quando esci, è troppo tardi per prendere i bambini, meno male che c’è la ragazza che te li prende…giusto un’oretta eh (10 euro se è onesta)…

    E ricordati quanto sei fortunato, che quando andavano al nido tutti e due ne spendevi quasi mille al mese nel nido privato perché in quello comunale mica c’è posto per tutti, solo per quelli che evadono le tasse. ma tu sei onesto e paghi tutte le tasse. Meno male che i tuoi genitori ti hanno dato una mano con i loro risparmi…

    Lo sa bene il tuo commercialista…ah sì, certo perché in realtà tu non sei un libero professionista ma per lavorare sei stato costretto ad aprire la partita iva e anche se guadagni così il commercialista lo devi avere… Meno male che è tuo amico e vuole solo 600 euro l’anno…

    Beh…l’iva la devi pagare e anche tutto il resto anche scaricando un po’ ma d’altra parte meno male che hai il lavoro…se no… Ricordati che quei 1000 euro ogni tre mesi di iva non potresti pagarli se non fossi così fortunato ad avere un lavoro…

    Ah, quando esci ricordati di fare benzina che purtroppo i mezzi non arrivano mai e hai bisogno della macchina che però hai comprato a rate fino al 2020. Che fortuna, che offerta…250 euro al mese ma ne vale proprio la pena, quando sali su ti fa sentire proprio bene come quello che la guida in mezzo alle dune del deserto o tra i ghiacci dell’Alaska o quell’altro che sterza nel mare della tranquillità…

    Meno male che hai il lavoro che ti permette di pagarla… se no?

    Due conti al volo:
    Al mese
    Colazioni: 40 euro
    Pranzi: 200 euro
    Caffè e altri veleni: minimo 20 euro
    Prescuola dei tuoi figli: 60 euro
    Baby sitter fidatissima: 200 euro
    Commercialista: 50 euro
    Iva: 220 euro
    Rata macchina: 250 euro

    Siamo a 1020 euro… certo hai un po’ sforato… Hai speso tutto per mantenere il tuo lavoro. Va beh ma non ti preoccupare c’è sempre tua moglie… Ah già anche a lei il lavoro mangia il lavoro… Beh meno male che c’è quella banca che offre prestiti alle famiglie per le spese correnti e anche per andare in vacanza e comprare il cellulare nuovo… Ce l’hanno tutti i tuoi colleghi, mica vorrai essere da meno…

    Ecco cos’è il LAVORO.

  38. Bellissimo post,grazie Simone,soprattutto controcorrente rispetto all’oggi, dove siccome il 27 ti danno bontà loro lo stipendio devi vivere per lavorare e il minimo sindacale e’fare qualsiasi cosa ti chiedano.
    Personalmente lavoro in banca dal 2008 e per il 2017 ho quasi pronta la “exit strategy”; devo ancora definire i dettagli ma ci lavoro credo dalle seconda settimana di banca ad oggi.Diciamo che io uso la banca per mettere da parte dei soldini che mi serviranno e lei usa me; con il tempo e a costo di rinunciare alle promozioni ho imparato a dire di no e tapparmi sempre meno il naso davanti a certe forzature.
    Curioso vedere comunque come proprio nelle banche, che credo sia uno dei posti di lavoro meno creativi e più commercialmente spinti ad oggi, il 90% delle persone avrebbe voluto fare altro ed è li per non aver saputo costruirsi una via d’uscita. Ho come colleghi un ottima insegnante che fa la cassiera, un fanatico di agricoltura che fa l’addetto titoli e abita in condominio, una direttrice che era perfetta per le risorse umane e via dicendo…ci fosse uno che dica: ” Da quando ero piccolo volevo lavorare in banca!”.
    Tantissimi poi rinunciano ai propri sogni, si adagiano, mettono su famiglia, si legano a spese inutili per consolarsi e restano invischiati a vita…pensa che c’è gente che avendo i requisiti per la pensione non ci va perchè altrimenti perderebbe 100 o 200 euro al mese, fai te, se la propria libertà vale così poco, che persona sei?

    Buon fine settimana a tutti, soprattutto ai bancari che leggono il tuo blog, che secondo me sono un esercito nascosto che sbircia i tuoi post fra il cliente per il mutuo e le “arringhe” del direttore…

  39. Ciao, pienamente in linea con Voi, non piegarsi,
    a noi non hanno rinnovato il contratto di lavoro perchè non abbiamo accettato più ore,più mansioni e lavorare con alimenti di bassa qualità (ristorazione).
    Ne stiamo fuggendo. Troppe tensioni e troppi pensieri.

    “Una signora, volendo cambiare l’acqua nella vaschetta dei suoi pesci rossi, li trasferisce nella vasca da bagno per alcuni minuti.
    E’ convinta che i pesciolini gioiranno dello spazio maggiore.
    Quando torna a riprenderli, aspettandosi di trovarli allegramente sparpagliati nell’acqua della grande vasca, enorme è la sua sorpresa nel vedere che nuotano in tondo in un angolo,corrispondente alle dimensioni della loro vascetta.”

    Vanesa

  40. Tutto molto bello Simone, ma sulla carta.
    Se hai quasi 30 anni e campi ancora sulle spalle dei genitori e non trovi lavoro che fai? Già è difficile trovare un lavoro qualunque, figuriamoci se iniziamo a dire no a 100 cose diverse (per motivi validissimi, questo non lo discuto!).
    E poi sul discorso del seguire il talento e ciò che ci piace fare: ma lo spazzino poi chi lo fa? E il magazziniere? E gli addetti alle pulizie? E il cameriere? Non possiamo tutti inseguire il lavoro dei sogni, pulito, solidale, etico, ecc. ecc.
    Riassumendo: condivido pienamente il tuo discorso da un punto di vista teorico, ma da un punto di vista pratico credo che ormai di scelta ce ne sia ben poca se si vuole provare a essere indipendenti partendo da zero.

  41. Mi domando questo pero’. Se siamo stati educati fin da bambini che ‘il lavoro noblita’, che mamma e papa’ si alzavano la mattina e non cazzeggiano ciondolando per casa, ma si vestivano e uscivano per andare a guadagnare la pagnotta, come si fa ora a prescindere da anni di questa cultura? Se la nostra stessa costituzione all’art. 1 dice che la repubblica e’ fondata sul lavoro? Se dignita’ possibilita’ forza e finanche liberta’ sono strettamente legati da sempre a una indipendnenza economica che rende le persone, in particolar modo, le donne libere di scegliere e di non dipendere da un padre o da un marito? Ora noi dciamo fanculo a tutto il sistema perche’ il sistema e’ marcio e non ci sono molti dubi su questo. Niente banche ne multinazionali ne centri commerciali ne’ edilizia…e nemmeno commercialisti (categoria per cui ho sempre nutrito un certo malessere…). Come si fa a rinventarsi un mondo nuovo praticamente da soli e ex novo? Trascinando in questa scelta magari anche i propri figli? E’ facile dire che questa e’ la via giusta. Molto facile. Il lavoro cosi come i nostri genitori lo definivano non esiste piu’. E pero’ il nstro buon renzi va a bruxelles e scimmiotta…lavoro…crescita…crescita e lavoro. Ma di che parla? Quali azioni reali empiriche possiamo portare perche’ tutti quelli che da tempo hanno capito che questo e’ solo un quotidiano massacro possano davvero poter scegliere liberamente?

  42. …sai che mi sono commossa?
    Ti ringrazio per questo articolo.
    Ti ringrazio perché, nonostante la crisi, ho lasciato un lavoro che mi aveva tolto il sorriso, che mi stava facendo ammalare…
    A 44 anni ho deciso che dovevo fare altro, o almeno provarci.
    Sono tornata a scuola, mi sono iscritta all’alberghiero (tutt’altro da quello che facevo prima) e ci sto provando. A cambiare, a crearmi quel lavoro che mi faccia stare bene, che mi permetta di tirare fuori il talento, che mi faccia alzare la mattina con il sorriso.
    Insomma, grazie per questo post. 😉

  43. Questo post potrebbe essere il manifesto dell’ufficio di scollocamento su Linkedin! Non solo in questi anni è andata avanti la logica di “un lavoro purché sia” a cui la maggioranza ha aderito, ma se vai in alcuni gruppi di Linkedin è una vera e propria valle di lacrime. Ci si lamenta di tutto e di tutti, delle aziende, delle condizioni, del lavoro che non si trova, del governo ladro. Ore e ore a lamentarsi, post su post deprimenti, io ogni volta che andavo a leggerli mi buttavo giù, alla fine ho diradato la lettura. La logica di tutti è comunque “adattarsi” e prendere quello che c’è (almeno a parole), io sono una delle poche che pensa che bisogna costruirsi la propria strada senza piegarsi.

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