La verità vi fa male si sa

Questo brano dovrebbe leggerlo anche Sminkey, il mio gatto, che ha un pessimo carattere e non si dice la verità su se stesso

Noi ci diciamo una marea di cazzate, si chiama fiction, la finzione, ma nel senso più leopardiano e pessoiano del termine, ovvero che “il poeta è un fingitore” in quanto nel suo pensier si finge, cioè si immagina come non è, e dunque in qualche modo lo diventa, perché il poeta la realtà la crea, ma non è il solo, siamo tutti così, morale: di ogni cosa noi ci raccontiamo le storie necessarie perché diventi ciò che non è e noi diventiamo ciò che non siamo, cioè lei accettabile e noi innocenti, come quella vicenda con quella ragazza, finita perché lei, perché poi, perché alla fine… o quel lavoro che abbiamo perso mica perché non eravamo capaci, noooo, piuttosto perché quello, perché l’azienda, perché il capo… solo che quelle storie non sono andate così, a vedere bene, e per salvarci l’anima finisce che non capiamo, il che vuol dire che ci candidiamo subito a rifare gli stessi errori.

Per riesumare tutti questi cold-case e ristabilire davvero la dinamica dei fatti dovremmo fermarci un istante, mettere tutto su carta magari, ricordare quell’aspetto che abbiamo rimosso volutamente (ci ha lasciato lei, la stronza, ma i sei mesi precedenti noi cosa avevamo fatto? ad esempio quel certo giorno…?), comprendere a ritroso quell’infingimento dopo aver dissotterrato la realtà, e vi confido che a me capita da sempre, in modo sempre più lucido, di dirmi “questo lo stai facendo per questo motivo, sii sincero” ed è una confessione silenziosa, neanche al prete, solo tra me e me, e se guardo bene il motivo è diverso da quello che dichiarerei o che si sa, “sto andando lì perché mi daranno ruolo, perché mi applaudiranno”, o il contrario “perché non mi chiederanno niente, sarò salvo” e non perché sono un ambientalista o sono motivato su quella causa o cazzate del genere, ma per mere questioni di narcisismo o d’opportunità.

Un tempo queste confessioni le facevo tra me e poi rimuovevo tutto, talmente scomoda quella realtà da non potersi dire neppure una seconda volta, perché ne sarebbe emerso un uomo diverso che io non volevo sembrare, agli altri e a me, e invece ormai da anni queste cose me le dico e me le ricordo, ne traggo essenze talvolta amare ma assai vere, che servono molto per capire e scegliere, ed ecco la politica, la filosofia, senza queste gocce di verità sono impossibili, sono palle, roba che non può convincerci, come quello che dice che bisogna essere moderati e poi a casa sua ti aggredisce, quella cosa non è vera, lui non è vero, ed ecco perché vi propongo, una volta al mese, mica tanto, invece di partecipare alla politica, all’associazionismo, di cambiare il mondo partendo da voi, dunque di prendere un foglio, standovene da soli una mezz’oretta almeno, per fare un esercizio che è più utile al Paese di andare a votare:

mettetevi comodi, rigorosamente da soli, possibilmente in un luogo silenzioso, e su quel foglio scriveteci i tre o quattro eventi centrali di quel periodo, le cose accadute, fatte, le scelte assunte e via così e accanto metteteci il vero motivo per cui sono avvenute, non quello che vi siete detto o che avete dichiarato, e fatelo sinceramente, in totale onestà, cioè se ci siamo arrabbiati per cosa davvero ci siamo arrabbiati (le “questioni di principio”, ad esempio, non esistono, capite cosa intendo?) e accanto, un’altra colonna: l’aspetto di noi che genera quella motivazione, cioè il bisogno da cui quell’atto è scaturito, vi faccio un esempio: dovevamo andare al cinema con Paolina, ma lei ha cambiato programma perché è interessata a quella cosa che fa Giorgino, e io mi sono incazzato perché non si fa così, non si cambia un programma, avevamo detto che, e tu non hai rispetto, etc etc, solo che il punto è che in cuor mio so che io non mi impegno in cose interessanti e quindi sono geloso, dunque debole, però me la sono presa con lei invece che con me, e capite che se fate questo vi appare una mappa percorribile, e cioè quello che potreste fare per smettere di essere così deboli, dunque gelosi, dunque incazzarvi con Paolina, farvi sedurre da qualcosa che qualcuno (Giorgino) fa con passione e prendere il meglio da ciò che avviene, e smettereste di dire che Paolina è stronza e non vi ama più come prima, il che ha una caratteristica duplice, primo: non è vero, secondo: lo diventerà (vero) se non la piantate, e addio Paolina, mentre se lo capite forse, invece… ed ecco che la vita (la vostra) cambia, e quando vi incontro cambia anche la mia, che è il (vero) motivo per cui ho scritto questo brano. Non lo faccio per voi, ma per me.

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46 pensieri su “La verità vi fa male si sa

  1. Ascoltando questa canzone rivedo molti interventi di questo post… Ma anche dell’esperienza di Simone.
    Ascoltatela, se potete.
    Buon vento a tutti

    Alta sui naufragi
    dai belvedere delle torri,
    china e distante sugli elementi del disastro,
    dalle cose che accadono al di sopra delle parole
    celebrative del nulla,
    lungo un facile vento
    di sazietà, di impunità.
    Sullo scandalo metallico
    di armi in uso e in disuso,
    a guidare la colonna
    di dolore e di fumo
    che lascia le infinite battaglie al calar della sera
    la maggioranza sta, la maggioranza sta.
    Recitando un rosario
    di ambizioni meschine,
    di millenarie paure,
    di inesauribili astuzie,
    coltivando tranquilla
    l’orribile varietà
    delle proprie superbie
    la maggioranza sta.
    Come una malattia,
    come una sfortuna,
    come un’anestesia,
    come un abitudine.

    Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
    col suo marchio speciale di speciale disperazione
    e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
    per consegnare alla morte una goccia di splendore,
    di umanità, di verità.
    Per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
    e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
    con improbabili nomi di cantanti di tango
    in un vasto programma di eternità.
    Ricorda, Signore, questi servi disobbedienti
    alle leggi del branco,
    non dimenticare il loro volto
    che dopo tanto sbandare
    è appena giusto che la fortuna li aiuti.
    Come una svista,
    come un’anomalia,
    come una distrazione,
    come un dovere.

  2. ciao a tutte le persone del blog. Volevo esporvi il mio caso e vedere cosa ne pensiate. Abbiamo un progetto di scuola familiare (scuola libera) con altre 6 famiglie, io e mia moglie ci crediamo fermamente e secondo noi é l’educazione adatta alle nostre figlie che sono ancora piccoline ma alla scuola pubblica non le vogliamo rinchiudere. Il progetto in questo momento ci sta veramente abbattendo perché ci sembra di essere soli, gli unici a fare le cose mentre gli altri genitori stanno a parlare, blablabla… e poi quando é ora di fare si scansano. Non so peró mi sta venendo il dubbio che crediamo di essere gli unici nel volere fare le cose e gli altri siano un gruppo di fannulloni ¿avete mai avuto questa sensazione?. In un progetto di questo tipo possiamo caricarci una gran parte di lavori ma poi si ha bisogno della collaborazione di tutti…
    ciao

    • grazie dario

      fabrizio, armiamoci e partite, non è così? io sto sperimentando con grande sorpresa un’esperienza di lavoro comune che funziona, con tante persone: Mediterranea. Devo dire però che mi stupisco ogni giorno perché tendenzialmente in passato ho sperimentato che sono poche, quasi nessuna, le possibilità di fare qualcosa in vera sintonia. devo anche dirti che presentando per l’Italia per 4 anni ho incontrato tantissime realtà di successo nel lavoro comune per sogni e progetti. A volte le idee sono giuste. Non altrettanto le persone.

  3. che pezzo !!!
    sempre piu introspettivo simone
    la strada del downshifting porta inevitabilmente alla ricerca del proprio io, un po alla Stanislavskij, una ricerca interiore che a poco a poco trascende dalla stessa mente spesso ingannatrice…

  4. bel persiano; 55 anni fa ne avevo uno simile,meno bello e cieco da un occhio:ricordo ancora l’emozione e la felicità che provai quando me lo portarono a casa. Bei tempi;avevo 7 anni.

  5. Le persone fanno un sacco di cose senza una vera convinzione propria, questo accade nella fascia di età dai 20 ai 30 anni e un po’ oltre. Studio-lavoro-matrimonio-figli, più o meno vedo le persone seguire questa scaletta senza farsi troppe domande. Anche la scelta del lavoro non è molto ponderata, si parte e si va come fanno tutti. Verso i 40 arriva la sensazione di gabbia (io non ho ancora raggiunto i 40 però ho visto in tutti un po’ di ripensamenti dopo quell’età). Improvvisamente non si capiscono più le scelte precedenti. Stavo leggendo proprio adesso in un altro blog il commento di una persona che rimpiangeva le scelte precedenti. Eppure quelle scelte le abbiamo fatte noi, noi giovani, 20-30enni, troppo condizionabili a quell’età, andiamo quasi con il pilota automatico (degli altri).

  6. Trovo questa discussione molto interessante,
    credo anche io,e lo sperimento in prima persona, che ci diciamo un sacco di ‘cazzate’, inventiamo tante scuse , mentiamo a noi stessi.
    E’l’insicurezza,il dubbio,l’incapacità di decidere a crearci delle scuse comode.
    Prima di cambiare noi stessi, troviamo comodo e facile cambiare il senso del nostro agire.
    Forse siamo troppo abituati a pensare in termini di giusto/sbagliato invece che a vie diverse di agire.
    Se pensassimo che il giusto e lo sbagliato sono solo modi diversi di fare, non avremmo bisogno di giustificarci ne di perdonarci.
    E’ il voler essere sempre nel ‘giusto’ che porta a crearci alibi,ad autoingannarci e spegnere la delusione per l’inadempienza.
    Chiudo con un proverbio
    Chi vuole una cosa ,trova la strada.
    Chi non la vuole , trova una scusa.

    • Giusto o sbagliato non esiste, Claudio, hai ragione, ma dattto a se’ perche’ e’ dove possiamo trovarci e ritrovare l’equilibrio oppure no, esiste eccome. Il tema si pone visto che la tendenza naturale e invalsa della maggioranza e’ fare l’opposto di cio’ che farebbe stare bene…

    • Mauro le “sfighe” rappresentate nelle canzoni (da Renato Zero a Tenco, da Lolli a de Gregori da … Insomma hai capito) sono quelle della vita che sappiamo, basta sentire le canzoni. Non vedo cosa c’entri vivere tanto o poco a Milano.

  7. Mauro e Luca, sono piuttosto in sintonia con quanto dite; tempo fa l’ho scritto qui, bisogna godere di quello che si fa, essere gioiosi, legarsi affettivamente e farsi trascinare, non pensare agli obiettivi come prestazioni, almeno, non soltanto in questo modo e non nella percentuale maggiore. Quando ho formulato quel pensiero (un’idea ricorrente per me ma che non per questo alberga costantemente in me – sarebbe l’ideale se lo fosse ma ci vuole un’altra vita!) ero ispirato e sapevo esattamente di cosa parlavo. E’ una condizione dello spirito che quando si raggiunge è inebriante e si capisce che non richiede molto, anzi, ci vuole poco, ma è proprio questo “poco” il dificile, perchè per noi, presi come siamo da mille cazzate, sommersi dalle interferenze, è già un’impresa sentirsi un pochino…
    A questo stato si deve aggiungere però la capacità, come racconta sempre Simone, di fare le cose per bene, fino in fondo, con rigore, e, come ci ricorda in questo post (almeno per come l’ho compreso io), con sincerità e severità, ricordandoci che in quello che ci accade un ruolo, che troppo spesso dimentichiamo o riduciamo, l’abbiamo giocato anche noi, facendo del nostro meglio o del nostro peggio. Ma credo anche che abbia ragione Claudia quando dice che bisogna avere la capacità di perdonarsi nel momento in cui ci si racconta verità scomode, altrimenti temo che ci possa fare anche molto male da soli… tuttavia oggi siamo tutti così distratti che un (bel) po’ di autoanalisi, anche dura, credo proprio sia salutare.

  8. Ciao Simone,

    spiegare meglio quello che scrivo non è così semplice nemmeno per me che l’ho scritto :). Quello che cercavo di dire è che i nostri percorsi non sempre sono lineari…anzi…ripensando a come si è svolta la mia vita fin quì mi vengono i brividi, ma perseguire un’idea o un ideologia per tigna, come si dice a Roma, può far male…Il principio del piacere di cui parlavo e che Luca ha ripreso, secondo me erroneamente, per giustificare certi compromessi è quello che ci dovrebbe guidare….Poi da quì a dire che così potremo avere una vita felice ce ne corre, ma di sicuro avremmo una vita più autentica e libera….ma la vita libera può anche essere la vita liberata dalla propria idea di libertà…non so se si capisce cosa voglio dire.

    Cito una bellissima canzone di un autore brasiliano ripresa da Fiorella Mannoia che forse spiega meglio il concetto 🙂

    Precario,provvisorio,dispersivo,
    erroneo,transitorio,transitivo,
    effimero,fugace,passeggero,
    ecco qui un vivo,ecco qui un vivo.

    Impuro,imperfetto,impermanente,
    incerto,incompleto,incostante
    instabile, variabile motivo
    ecco qui un vivo, ecco qui..

    e affrontando il traffico del
    traffico equivoco,
    il tossico del transito nocivo,
    la droga e l’indigesto digestivo,
    il male che minaccia il corpo vivo.

    La mente è il mal dell’ente collettivo,
    il sangue è il mal del sieropositivo,
    ed affrontando queste realtà il vivo afferma, affermo, affermativo,
    quel che vale davvero è restar vivo, restar vivo, vivo, esser vivo.

    Sospeso, non perfetto, non completo,
    non soddisfatto mai ne mai contento,
    così incompiuto e non definitivo,
    ecco qui un vivo, eccomi.

    Un saluto a tutti
    Mauro

    • ecco, attenzione anche ai cantanti, che se ci fate caso fanno sempre questo gioco (tanti, spesso…) rappresentarti le tue sfighe e consolarti perchè a) ce le hanno pure loro (tant’è che le cantano). Prima boccata d’aria buona b) non sono colpa nostra, è la vita, è la politicia, è l’aria che tira… (seconda boccata d’aria buona) c) ma noi resisteremo, anche mal fatti come siamo, perché c’è l’isola che non c’è e il sol dell’avvenire che prima o poi, vedrai vedrai, vedrai che cambierà non so ancora come e quando ma tutto questo cambierà.

      Ecco, la mia opinione, fallace come tutte ma assai convinta come poche, è che queste siano cazzate autocommiserative, consolatorie, buoniste e prone, e che invece con sana gioia, col mento alto che ci consente il nostro spirito, e con la determinazione a non voler essere proni manco per niente possiamo vivere una vita più simile alla sua vera realtà, che poi è mutevole come noi siamo, e certamente più simili noi, vivendola, all’idea che abbiamo di noi stessi, che è diversa da ciò che siamo nella realtà immanente e sincronica.

      detto questo, a chi non vuole essere commiserato e compatito e ritenuto simile a tutti gli altri, cioè a chi si pone in un sentiero di crescita, di evoluzione, di cambiamento occorre dare tutto il perdono, dunque noi a noi stessi, perché ovviamente la nostra azione sarà sempre parziale, caduca, laterale, ma sarà bello perdonare chi c’è, chi tenta, non chi nel perdono cerca schermi per non mostrare che non c’è e non tenta.

  9. c’è un equivoco banale: intendo perdonarsi (non in senso cristiano, ma psicanalitico), ovvero dopo aver acquisito la consapevolezza delle cazzate che si fanno, che è il primo passo, attrezzarsi psicologicamente per non farle più, il che vuol dire anche lavorare un po’ su se stessi per accettare i propri limiti, perchè li abbiamo, per fortuna, altrimenti continueremo a lasciare tutte le paoline del mondo, pur ammettendo che l’errore è nostro…non intendo puerili autogiustificazioni, intendo un passo successivo al solitario elenco delle cazzate opportuniste quotidiane… cosa di cui il gatto non necessita, ma secondo me chiunque di noi si

  10. Congerie

    [con-gè-rie]

    SIGN Mucchio, ammasso disordinato

    dal latino: [congeries], derivato di [congerere] ammucchiare, composto di [con] insieme e [gerere] portare.

    Cercare di comprendere le sfumature peculiari di questa parola non è semplice: in che cosa si distingue dal coacervo, dal mucchio, dall’accozzaglia? Sono sinonimi, ma nessuna parola è perfettamente sovrapponibile ai suoi sinonimi.
    Notiamo che è una parola alta e poco usata. È sorella della congestione, e quindi potremmo dire che connota un disordine meno arioso del coacervo, più compatto, ritorto, e magari più difficile da smaltire; questi caratteri la rendono forse più severa rispetto ai suoi sinonimi. Si parlerà della congerie di documenti che deve essere senz’altro risistemata; la congerie di osservazioni sedimentate alla rinfusa non varrà come critica fertile; una congerie di citazioni renderà il saggio ancora più nebuloso; e i motivi della rottura di un rapporto si nasconderanno in una congerie insondabile di mancanze e di incomprensioni.
    Rimarchiamo infine che si pronuncia congèrie: questa parola ci arriva direttamente dal latino, senza passare dal francese. Quindi niente “congerì”!

  11. Ecco Mauro, sei riuscito a spiegare quello che penso da anni e che dico da un po’ di settimane su questo blog.
    Sono d’accordo con te quando dici che “e’ importante certe scelte non ci facciano perdere il piacere”.
    Infatti io sto cercando di sganciarmi dal lavoro (non intendo cambiarlo, intendo proprio smettere di lavorare!), con piacere.
    Mi diverto nel farlo un po’ alla volta.
    Lo sto facendo senza operare scelte radicali , che magari mi porterebbero subito all’obbiettivo, ma mi farebbero rinunciare anche a cose che amo fare, distruggendo il mio equilibrio interno.
    Io invece voglio mantenere gli aspetti che mi piacciono della vita che conduco.
    Ogni giorno cerco di sostituire solo le cose che non mi piacciono piu’ di me e della mia vita con cio’ che mi piace.
    E’ possibile farlo, anche se devo ammettere che il lavoro da fare e’ enorme.
    Questo lavoro su se’ stessi viene ampiamente ricompensato dall’armonia interna.
    Non ho rimorsi durante la notte, il mio conto in banca e’ florido, non ho sconvolto la vita dei miei familiari.
    Dunque sono fermamente convinto che non bisogna per forza mollare “tutto e improvvisamente” per cambiare vita, fare il trasloco,andare a vivere in un bosco…
    Questo e’ stato il percorso di Simone, rispettabilissimo, ma non e’ il mio.
    Io ho scelto di farlo secondo altri ritmi, i miei, che forse sono piu’ sfumati fuori, ma sicuramente decisi DENTRO.
    Io cambio ogni giorno nella direzione che voglio, poco, ma in modo definitivo.
    Ogni giorno faccio un passettino in avanti, cerco di evitare passi indietro.
    Se sbaglio cerco di non rifare piu’ lo stesso errore.

  12. le confessioni silenziose a se stessi richiedono però anche la capacità di autoperdonarci, altrimenti non si esce dal pantano del narcisismo. E perdonarsi è quasi più difficile che stendere l’elenco delle più o meno bieche motivazioni che sono alla base dei nostri gesti…E’la mancanza di perdono dopo che ti rendi conto di un errore che ti mette nelle condizioni di continuare a rifarlo, anche se gli altri magari ti perdonano. Non so, temo l’intransigenza verso se stessi come ostacolo tanto quanto il celarsi verità scomode.
    bello questo post…

    • vero Claudia, ma è un fatto di prevalenze e di rischi ricorrenti. A perdonarci siamo bravissimi tutti, che ci raccontiamo storie ai limiti delle leggi della fisica pur di spiegarci che NON siamo noi i responsabili. A dirci le cose come stanno no.

  13. Ciao Simone,

    a proposito del culto della coerenza e della univocità….il fatto di continuare a perseguire un’idea, un sogno in modo testardo nonostante le condizioni avverse non credo sia sempre una buona cosa….Sicuramente è una sfida personale che aiuta ad accrescere la propria autostima ma è importante che certe scelte non ci facciano perdere il piacere…l’argomento è abbastanza complesso…Io ad esempio faccio musica ma non mi piace mica tanto la vita dei musicisti (che ho frequentato per molti anni)…insomma voglio dire che anche il coraggio di cui tu parli nel perseguire i propri sogni credo che debba tener conto e rispettare la propria molteplicità i propri limiti e le proprie paure…Questo mondo secondo me non ha bisogno di eroi ma di attenzione a quello che succede….soprattuto dentro di noi.

    Grazie tante dei tuoi preziosi spunti
    Mauro

  14. ….è vero, a volte sembra di leggere il Blog di Beppe Grillo. Si accusa un sistema che si ritiene malato e si vorrebbe diverso, senza mai pensare di uscirne….l’autoderminazione ci fa paura.

  15. Qual è la verità? Molto difficile stabilirlo a volte. Perché spesso è di un’elasticità spaventosa. Basta spostarsi di pochi millimetri e cambia il nostro punto di vista.
    Forse perché la coniughiamo sempre al singolare e mai al plurale (come spesso, o forse sempre)è.

    Quando parli delle vere ragioni che ti spingono, trovo che sia un bell’esercizio di onestà. Anche quello, però, è sensibile, rischioso, delicato, mutevole.

    Come dice molto bene Antonella, siamo molteplici. Credo molto nelle moltitudini che ci compongono e che non siamo mai una sola cosa perfino nella stessa giornata o nello stesso posto. Figuriamoci in tutta la nostra vita.

    Sempre di più ultimamente mi trovo ad analizzare fatti, non solo fatti personali, e a cercare di fare l’esercizio di “mettersi nei panni”. E’ un esercizio divertente e stimolante. Ho scoperto che è difficile che uno abbia ragione e l’altro torto. Si tratta spesso di due o più ragioni che si scontrano. Di due o più verità che si confrontano.

    E’ difficile accettare questo perché non siamo abituati alle sfumature e alla molteplicità. La nostra educazione, la nostra religione, la nostra morale è basata su una visione manichea: il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il morale e l’immorale.

    Trovo che si possa provare a praticare e ad approfondire questi esercizi di onestà. Non più di tanto, però. O si finisce per ricadere nello stesso schema: avevo torto io e ragione l’altro, l’ho fatto per interesse personale o per viltà, ho approfittato.

    Questo può essere vero, naturalmente. Ma trovo che sia sufficiente lavorare per avvicinarci di volta in volta, di caso in caso, il più possibile, all’idea di verità e di onestà che abbiamo in quel momento.

    Andare oltre non credo sia possibile. Perché è nella nostra natura avere un’immagine finita, parziale, limitata di ciò che avviene intorno a noi. E perfino dentro di noi.

    • Marica, per la maggior parte delle persone il rischio di andare oltre è assai remoto, già avvicinarsi da lontano sarebbe moltissimo…
      quanto al concetto di molteplicità, non dirmelo… è una “battaglia” che conduco da anni (non ultimo ieri con un amico) e ci ho scritto un intero romanzo sul tema (Stojan Decu, l’Altro Uomo – Bompiani, 2005). ma vedo che fa una paura terribile l’ammissione di molteplicità. Ci hanno allevati col culto della coerenza e dell’univocità… Durissima.

  16. Grazie Simone, il tuo post è una fedele radiografia dei miei ultimi 3 anni di fallimenti, mi aiuterà a trovare le motivazioni per uscire dal baratro in cui sono precipitato e a non ripetere gli stessi errori.

    • oh roberto, grazie davvero del tuo coming-out sincero e impietoso. Noto, cari tutti, che quando si parla di soldi, privilegi, cose fuori da noi, fioccano i commenti e le discussioni e le opinioni e tutti sono rapidi e felici nel comunicare su questo sito etc. Quando invece si entra nel vivo del cambiamento che è fatto di approccio autocritico, impietoso, ruvido, per cambiare dentro modi, parole, valori, linguaggi, approcci, il dialogo si rarefa, si diluisce, prendono la parola molti meno di noi…

      E invece è qui che c’è il cuore pulsante della storia, sapete?! E’ qui che si gioca il vero nucleo del nostro destino della nostra capacità di cambiare rotta, modificare l’approccio verso la vita, verso la storia, ed è qui che si fa la rivolta, quella che poi mette in crisi il sistema, lo inceppa, perché uomini e donne libere si diventa su questo terreno, non sui soldi, stupido e inerte strumento del potere, non sulle leggi di un Paese, norma a prova di scemo che non riguardano quasi in nulla gli uomini liberi, che si autodeterminano, che trovano vie a prescindere da concessioni o divieti, che si autoregolano per coscienza, con sincerità sapendo ESATTAMENTE dove sono, cosa fanno, come nascono gli effetti della propria azione con il proprio mondo, con quello degli altri…

      non pensiate che io sia troppo duro nel tirarci le orecchie su questo. E’ questo il terreno della vita vera. il resto è fuori, è una eco lontana, il rimbalzo delle nostre parole, delle nostre azioni… Che peccato che il mio “Lo Scopritore di Sogni” non sia ancora edito… Ma forse, tra non molto, chissà…

  17. Grazie Francesco! Sei gentile…Mi sembra un’ottima lettura dalla presentazione…”Che se ne fa un disoccupato della filosofia? Molto, come afferma il libro di Jean-Louis Cianni. Cianni sa di cosa parla: ha provato sulla sua pelle cosa significa perdere il lavoro (o non riuscire a trovarlo). Per non farsi travolgere, Cianni si è messo a rileggere la sua biblioteca di studente di filosofia. Grazie alle pagine dei filosofi, ha recuperato l’autostima, riconsiderato il suo rapporto con gli altri e ritrovato il mezzo per dirigere la sua coscienza. Infine, ha scritto questo libro per offrire a chi si trova senza lavoro la sua singolare terapia.”…ti farò sapere…Ciao!

  18. Poesia “Alla fine il segreto viene fuori” in “La verità, vi prego, sull’amore” di W.H. Auden (1907-1973).
    Finisce così:
    “c’è sempre un segreto malizioso,
    un motivo privato in tutto questo.”
    Coincidenze temporali delle letture di ieri.

  19. Ciao Barbara,
    ti consiglio un libro breve e ben scritto: ” Filosofia per disoccupati” di Jean Luis Cianni. Lo troverai consolante e terapeutico…è da qui che ho riscoperto il oncetto greco di ” autarchia” ( bastare a se stessi)su cui filosofi antichi e moderni basavano l’autentica saggezza del vivere….Fammi sapere..Ciaoo

  20. No Luca, probabilmente non ti sbagli…Il fatto è che la mia storia, come quella di tutti noi, ha tante variabili, tante sfumature, che qui certo non si possono raccontare…Questo non per giustificarmi, certo. Dico solo che nel frattempo ho sempre coltivato il mio precipuo interesse che è la lettura. Avevo un compagno che mi prendeva in giro…mi diceva che leggevo troppo…Ma questo invece mi ha permesso, almeno, di crearmi una mia personale concezione delle cose che mi piace comunque mettere anche in discussione. Ho fatto e sto facendo anche tantissime cose belle e che mi danno immensa soddisfazione. Mi riferisco soprattutto al rapporto che ho creato con mio figlio e con le persone a cui voglio bene…cose semplici in teoria ma difficilissime in quanto a pratica…

  21. Ciao Barbara
    a leggere il tuo commento ho come l’impressione che a furia di correre non ti sei accorta dei cambiamenti che stavano avvenendo intorno a te e cosi’ i cambiamenti (che poi inesorabilmente sono arrivati) li hai subìti anziche’ anticiparli…
    Non so, magari mi sbaglio eh.

  22. Da Wikipedia: La consapevolezza fornisce il materiale “grezzo” a partire dal quale gli animali possono sviluppare delle idee soggettive circa la loro esperienza; il passo successivo alle idee è arrivare a scoprire la parte inconscia, diventando integralmente conscia: questa è l’illuminazione. L’uomo è l’unico animale che può raggiungere questo stato (il picco più alto di consapevolezza)…Ecco ma siamo proprio sicuri sia davvero necessario raggiungere questa vetta? mi vengono le vertigini…Quando dovevo utilizzare il “mio” tempo in maniera cronologica e ben definita da un orologio e da impegni, mi sentivo probabilmente facente parte di un meccanismo solido, “normale”, costituito e legittimo. Correvo come una pazza la mattina per arrivare in tempo al lavoro e mi stressavo quando la metro si fermava…Mi immaginavo le scuse al capo…”svegliarsi prima, no eh!”…Quindi correvo là e poi ricorrevo a casa dove mi attendevano le incombenze casalinghe di una madre sola e separata. Era tutto “perfetto”…pensavo, una rotativa i cui ingranaggi, perfettamente lubrificati, non perdevano un colpo…comunque mi sentivo “parte di un tutto” e mi pareva fosse giusto così. Ora che mi hanno cassa-disintegrata, ho tempo da vendere anzi no, qualcuno ha deciso di svendere il mio tempo. E ogni ora che passo a fare altro, penso che dovrei affannosamente cercare un altro posto di lavoro e incomincio a sudare, sensi di colpa e attacchi di panico. Ma cosa cazzo sto facendo? Anzi no. Cosa cazzo mi hanno fatto? Non ce l’ho con nessuno in particolare…oddio con il mio ex compagno ancora un po’ sì ma non più di tanto. Sono io il problema? Sono gli altri? Sono io in funzione degli altri. Ecco sì…trovato. Non funziono più e come un elettrodomestico rotto dopo 24 mesi non ho più nemmeno la garanzia…

  23. Ciao Simone, ti ho conosciuto tramite un amico che mette i tuoi post sulla propria bacheca e trovo ciò che scrivi profondo e vero. Ho sempre pensato che la consapevolezza sia la chiave di un sereno vivere in dignitosa armonia, almeno con se stessi.

    • esatto Anna, e dunque uno si aspetterebbe che tutti non parlino d’altro che di consapevolezza, non si esercitino in altro, etc, e invece non ne parla e non la pratica nessuno, in realtà, e questo fa capire molte cose… no?! Un caro saluto. Benvenuta qui. ciao. simone

  24. Quando mi accorgo di aver sbagliato faccio una fatica tremenda ad ammetterlo di fronte agli altri. Mi ritrovo addirittura a volte a giustificarmi davanti allo specchio. Focalizzo l’energia su chi mi ha fatto arrabbiare e non sui motivi reali che hanno scaturito quella situazione.

    Grazie Simone per questo consiglio.
    Pasquale

  25. Buona sera com.
    E’ un bell’esercizio quello sulla verità. Spesso mi riesce di capire, quando mi girano le palle con qualcuno, che “qualcuno” non c’entra e che sto solo cercando un sacco su cui battere i pugni. Nel momento in cui lo capisco, il sentimento negativo sparisce. Le prime volte sentivo un vuoto, per cui tiravo un altro paio di pugni, o cercavo un altro sacco. Ora mi perdono l’errore: il sentimento negativo svanisce ed io non mi sento un’ipocrita. E’ bello.
    Ma oltre alle parole i fatti: guardate un po’ questo signore che fa:
    http://www.tantecosemeravigliose.com/Self_Service_Onesti.html

  26. L’altro giorno facendo un viaggio in macchina con due amici, dopo aver chiesto se gli era piaciuto “la grande bellezza” (“si è carino ma scontato”, la risposta dei due, un uomo e una donna), ho cercato di dire che era una metafora, che descriveva NOI che passiamo la vita a prenderci per il culo…………SILENZIO di tomba.

  27. Mamma quanto è bello questo gatto, anche se ha uno sguardo un po’ nervosetto…ma quello bianco e nero che fine ha fatto? E’ Sminkey che finge di essere Silvestrix (si chiamava così?) o il contrario…?
    E poi fingere etimologicamente significa “creare”, “fare”…siamo noi che abbiamo traslato il significato trasformandolo in una dissimulazione della realtà…e poi quale realtà? Esiste davvero una realtà oggettiva che possiamo svelare a noi stessi strappando i veli della menzogna o alla fine resta comunque la nostra realtà, quella che ci raccontiamo, che può essere anche molteplice e declinata infinite volte secondo infiniti possibili copioni…perché toglierci l’opportunità di essere molteplici? Io ho smesso da tempo di fare questi esercizi di verità perché finivo solo per colpevolizzarmi e la verità rimaneva sempre inconoscibile, sempre diversa a seconda dell’interlocutore…infiniti litigi ed infiniti sensi di colpa…e allora preferisco fingere nel senso originario, cioè provare a creare la realtà che desidero raccontandomi la mia vita per come la vedo io con buona pace di chi la giudica diversamente…un mare di carezze a quel gattone anche se ho la vaga impressione che non ami molto essere accarezzato :))

  28. ….Caro Simone,
    ..è ovvio che sei risentito col tuo meraviglioso gatto!!..Perchè?…Vorrresti essere come lui: libero, fiero, indipendente…privo di sensi di colpa ed invidie…il gatto è ” al di là del bene e del male!”…Quando ti cercherà per avere un pò di attenzione gli perdonerai tutto!!

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