Tempo per verificare

al timone dopo capo bon

Faamu-Sami, con randa ridotta, vicino a Capo Bon, Tunisia

bolina in altura

 

Ho sempre usato il tempo come strumento di verifica. Anche sul lavoro: se il cacciatore di teste non richiamava voleva dire qualcosa. L’ho capito tardi, ma funziona molto bene. Quello che marcia, avviene. Quello che non avviene, non va (con la voce di Piccinini quando l’azione sfuma).

Sulle prime, irruento e ingenuo com’ero, sostituivo al non avvenimento un avvenimento mio, artificiale. Cioè chiamavo io, andavo io, facevo io, per colmare ciò che non avveniva spontaneamente. “Scusi? Non mi ha chiamato, e allora eccomi qui”. Ci ho messo un po’ a capire che non funzionava. Neanche in amore, dove ci sono delle complicanze. Una volta ero io a non chiamare e lei mi scrisse “se non mi trovi un posto a bordo ti faccio nero”. Bell’approccio, romantico, non trovate?

Vale anche con i progetti, le idee, i sogni. Io ne produco un certo numero al giorno, diciamo sei o sette idee concrete che sarebbero sviluppabili e perfettamente lavorabili. Alcune, nel tempo, si sono rivelate idee profetiche, che se ci avessi lavorato oggi forse… Una fu il Fantacalcio, che avevo inventato circa cinque anni prima che apparisse. Ma avevo pensato anche a cose più sofisticate e raffinate. Solo che non ci ho lavorato, dunque niente, zero. Un’idea che non viene perseguita cos’è, se non la raffigurazione stessa del vuoto?

Il tempo ci aiuta. Senza, non avremmo parametri. Quando per anni diciamo una cosa, sempre la stessa, senza farla, senza fare passi, anche intermedi, di avvicinamento, beh, siamo sinceri… vuol dire che è una masturbazione, una cosa con cui ci gingilliamo. Il medio termine è un concetto importante, salvifico: basta vedere che accade, cosa facciamo, ed è assai facile (se siamo sinceri) archiviare quel che non avviene come un’idea, solo un’idea, dunque metà soltanto della luna. Inutile.

Il problema è il danno. Quando penso qualcosa mi do un tempo sempre piuttosto serrato: se vedo che non avviene, o nulla interviene a favorirne la realizzazione, mi sforzo di prenderne atto e smetto di pensarla. Pensare a una cosa che non avviene è come non pensare a una cosa che sta avvenendo: un errore grave, che ha delle conseguenze. Qualcosa morirà, certamente. Che siano le nostre speranze, le nostre energie, la nostra freschezza, il nostro tempo o tutte queste cose insieme, dipende dai casi. Ad ogni modo: un disastro.

(un post al giorno da tre giorni. Si vede che ho mal di schiena e sto a casa eh?!)

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5 pensieri su “Tempo per verificare

  1. Caro Simone “Ho sempre usato il tempo come strumento di verifica” bella idea,me l’hai rubata?Cosa molto utile.

    A proposito di invenzioni :
    Sognavo degli assorbenti igienici che ipedissero che andasse tutto ovunque.
    Li hanno inventati con le ali.
    Sono un’inventrice telepatica ,io penso gli altri eseguono.

    Volevo un paio di mutande che non mi segassero la zona inguinale ,me le facevo da me .Poi il mercato è stato invaso da qualcosa chiamato :perizzoma .

    Da piccine con mia sorella giocavamo con delle scatoline e facevamo finta di telefonarci ,avevamo inventato il cellulare !!!!

    ahahahahahahahah

  2. Il “tempo per verificare” per me è quello che mi ha fatto capire di potercela fare da sola. Che è solo l’ “indipendenza” economia che ti lega a stereotipi di vita di cui non si ha bisogno. Non si ha bisogno di sposarsi, di condividere spazio e tempo con qualcuno che non si stima e non si ama. Ma ci vuole coraggio quando “tutto rema contro”. La soddisfazione dopo però ripaga di tutto. Sai che puoi farcela. Sai che ogni obiettivo, anche minimo, raggiunto va a formare quel muro di mattoni che hai costruito, giorno dopo giorno, con fatica. Non mi sono mai risparmiata. Mi sono buttata, lancia in resta, nella mischia. Ne sono uscita vincente a volte e a volte ammaccata e quasi disperata. Ma non ho mai pensato nemmeno per un minuto che non ne fosse valsa la pena. Che avrei potuto risparmiarmi. Il brivido del “giocarsi tutto per tutto”, del dire cosa si pensa quando tutta l’allegra compagnia sta dicendo l’esatto contrario è l’unica cosa di cui essere fieri. perché ciò che mi portava e mi porta a dire, ad agire, è solo la convinzione dei miei “pensieri” che sono stati elaborati, corretti, gestiti, maltrattati, e sono il “succo” di un vissuto. Del “mio” vissuto.

  3. In questo momento sto lavorando a un progetto. Non riesco a portarlo allo step successivo. E’ diventato la mia tele di Penelope.

    Non riesco ad accettare che non possa farcela. Mi piace quel che faccio, ma spesso mi sopraggiungono dei blocchi, dei vuoti che mi impediscono di andare oltre.

    Argh! Che sia uno di quei progetti da abbandonare? Forse non è questo quel che voglio realmente? Non lo so. Intanto l’ho scritto qui. Chissà che non mi aiuti.

    Ancora in bocca al lupo per la schiena. Oggi ho male anche io. Il mal comune aiuta.

    Buona giornata
    Pasquale

  4. ..si tutto vero..però io non svaluterei tanto i processi masturbatori che comunque svolgono un importante ruolo consolatorio….spero ti dedicherai un pò di più alla cucina..mi hai anche convinto a cimentarmi con l’uramaki..dopo Pasqua mi attrezzo!!

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