Sorte? Ma basta…

Valaoritis

Con il Maestro Valaoritis, a casa sua, ieri

 

Nanos Valaoritis. Uno che è fuggito dal nazismo su una barca, spinto dalla madre che lo vedeva triste, depresso, gli avevano ammazzato dei parenti e una donna lo faceva soffrire, dunque via, bloccato dal vento Meltemi per giorni a Tinos, poi perduto tra le isole, spari, finalmente in terra, aiutato da gente di cuore, poi un traghetto per Alessandria, senza nulla più che un contatto, una specie di parente, poi da lì addirittura Londra, lontanissima, si mette a tradurre poeti greci, conosce una donna, pittrice surrealista, e uno scrittore, T.S. Eliot, poi in Francia, A. Breton, poi torna in Grecia, poi arrivano i Colonnelli, lui ha una rivista che scrive duro contro la Giunta, fugge di nuovo per un incontro, per strada addirittura, con un poeta americano, va a San Francisco, e per venticinque anni insegna letteratura comparata, poi torna in Grecia, in questi giorni gli dedicano una retrospettiva, una personale poetica all’interno del Festival del Libro di Atene, i suoi occhi novantatreenni sorridono ai miei, mentre parliamo.

E poi qualcuno parla di fortuna, basta fortuna, basta…

E poi qualcuno parla di sorte, basta la sorte, basta…

E poi qualcuno parla di paura della vita, basta paura, vi prego, basta…

E poi qualcuno parla di scelte difficili, ma basta dai, ognuna è sofferenza, sempre, per tutti…

E poi qualcuno ha paura di cambiare, non vede l’arcobaleno, Basta!

E poi noi dovremmo dannarci l’anima su una scelta, su un passo, su una parola… ma abbiamo capito cos’è la vita, se vuole?!

E poi qualcuno non coglie la magia assoluta dell’esistenza quando ci stiamo dentro. Almeno, credo…

Basta immobilità, basta lacrime. Basta scuse. La vita aspetta noi più di quanto noi aspettiamo lei.

 

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10 pensieri su “Sorte? Ma basta…

  1. La sorte. Il destino. La fortuna…cieca. O il libero arbitrio? Non lo sappiamo, non lo sapevamo noi adulti di 50 anni che cosa voleva dire “scegliere di essere”? E che quella scelta ci avrebbe connotati? Serviva una guerra o due, il nazismo, il fascismo, il razzismo, che altro? E ora non siamo forse in guerra? Non ci sono guerre ovunque che uccidono quotidianamente quasi esclusivamente civile? Di cosa abbiamo bisogno davvero per agirlo questo benedetto cambiamento? Una barca? Una casa in comune con altri? Un posto, un luogo, uno spazio? O forse ci mancano le parole, quelle giuste? O forse manca quello che nessuno osa più nominare quasi fosse una bestemmia. Un po’ d’amore. Io non so rispondere. Io cerco di capire. Spingo i miei passi ancora in queste sabbie mobili che mi tolgono ossigeno e stima di me. Ogni giorno. E sono consapevole dei miei alibi, delle mie stupide giustificazioni. Ma ho paura. Molto semplicemente. Sono pusillanime. Mi confondo. Odio dire banalità. Ma le dico. Perché emozionarsi e poi non agire è banale. Un po’ senza senso. Ma io voglio credere invece che ci sia un percorso. Che ci voglia tempo. E che ognuno abbia il suo di percorso. Voglio sospendere il giudizio. Non ce la farei con un altro bilancio in perdita. Non reggerei…Se fossi quello che penso sarei migliore. Se invece sono quello che faccio riesco a odiarmi facilmente…

    • Barbara trovo il tuo post molto bello, tutt’altro che banale. La consapevolezza di alibi/giustificazioni e della paura sono già il primo passo di un percorso, non agendo a tua insaputa sei già nelle condizioni di libero arbitrio. Si tratta di scegliere se combatterla questa tua guerra personale ai tuoi limiti o vivere occupandoti teneramente di essi senza giudizio. Il cambiamento… è una conseguenza, tante volte inevitabile e inarrestabile, è un percorso sempre,il tempo è troppo relativo per starci dietro,quanto sarà radicale? Il necessario. Chi legge attentamente perotti impara per prima cosa a stare con i piedi per terra e sa perfettamente che non è banalità. Se è comprensibile quello che tento di far passare non sembrerà affatto paradossale, che detto ciò, ti auguri BUON VENTO

  2. Che bello poter guardare negli occhi chi non ha avuto paura di cambiare ed è riuscito a vedere l’arcobaleno…spero che sia possibile ascoltare per intero una registrazione della vostra conversazione…
    Questo agosto, caro Simone, mi ha accompagnato un tuo libro “L’estate del disincanto”…mi trovo spesso a rimuginare su di un brano che ha dato voce ai miei pensieri incompresi da chi mi è accanto e, forse,è appropriato in questa circostanza. Lo trascrivo per i pochissimi che non l’hanno letto ancora…

    “Tanto può una partenza! Anche in fuga, in un mare agitato, tra i boati del mare e del nemico, senza un destino visibile neppure in lontananza, si può abbandonare la propria casa, dando al futuro una possibilità di redenzione. Si possono prendere pochi oggetti, si può uscire, ci si può avviare lungo il vialetto che porta via. Un’altra vita comincia così. Una rinascita, incerta come la prima, che redime gioia ed entusiasmo, e attiva una nuova sorte. Ciò che ci è troppo noto ci fa da bara. Giorno per giorno, ci corichiamo tra le sue assi inchiodate, pronti alla sepoltura”…

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