No Logos

Prendetevi i minuti che servono. Guardate, ascoltate Theodossios Tassios. Non abbiamo nulla di migliore da fare, ne sono certo. Un vero dialogo socratico mediterraneo. Un concentrato di raffinatezza intellettuale, con tante, tante indicazioni utili per tutti noi, per le nostre menti, per le nostre vite. Parte un poco lenta, ma andate avanti, ascoltate.

“Com’è possibile cercare una soluzione attraverso la scienza, la tecnica? Nella vita umana i grandi problemi non sono di natura logica e scientifica. I valori sono antitetici, e il superamento di questa antitesi si realizza con l’emozione e la responsabilità individuale. Questo non è Logos, è Ethos!

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9 pensieri su “No Logos

  1. Ho approfittato di una pausa forzata per guardare l’intervista, mi è piaciuta molto. Impegnativa nei concetti, ma ho trovato il linguaggio di Theodossios molto comunicativo e passionale.
    Molti i spunti, per me, più salienti.

    Quando tratta delle responsabilità dell’individuo, indica la necessità per l’uomo di un impegno molto grande, e comunque maggiore rispetto al passato, che sia teso alla creazione dei propri valori. Uno sforzo che deve essere molto grande visto che l’accellerazione della scienza ha ridotto lo spazio psichico dell’individuo, spazio essenziale per l’espansione e la maturazione dell’individuo.
    L’uomo ha necessità di tempo in cui, tramite l’esperienza fatta di relazioni interpersonali, possa creare i suoi valori.
    Sento molto reale e vicino alla mia esperienza personale il fatto che il percorso dell’uomo è stato deviato allontanandolo sempre più dalle emozioni e dalle relazioni interpersonali.
    E desta in me preoccupazione apprendere che anche i giovani si trovino già nella condizioni di lamentare la mancanza di tempo per le relazioni e per l’arte, perchè la “cultura per la cultura” non è sufficiente alla formazione di uomo consapevole.

    In merito a Freud ed alle eventuali conseguenze derivanti dalla scoperta dell’inconscio non mi sento di contraddire perchè non ho la preparazione giusta per farlo. Ma credo che molte patologie, che dilagano nel mondo attuale, sono in stretta correlazione proprio con la mancanza di relazioni personali, di emozioni, di entusiasmo … di tempo psichico per l’uomo.
    Considerata la condizione orribile in cui si trova l’umanità, forse, la voce di chi ha dei strumenti maggiori, come gli intellettuali, può essere veramente importante per la “gente comune”, che spesso ha bisogno di essere stimolata e di apprendere di più rispetto a quelli che sono avanti e,.. così facendo, ognuno può apportare qualcosa di meglio anche agli altri.

    L’arte ha un ruolo importantissimo nella società, e dovrebbe essere una prerogativa di ogni Stato quello di supportarla. Un ruolo oggi anche più importante rispetto al passato visto che i messaggi a cui l’uomo moderno è soggetto sono tanti e spesso fuorvianti. L’arte sensibilizza e mette in contatto l’uomo con il proprio cuore.
    Grazie mi è piaciuta molto.

    • Per mia esperienza, i giovani non arrivano neanche a lamentarsi della mancanza di tempo per coltivare la propria umanità: non se ne accorgono neanche, quindi la situazione è più drammatica. Io la vedo così: le generazioni che ci hanno preceduto (io sono dell’80) hanno almeno potuto assaggiare un po’ di quel che c’era “prima” e, volendo, possono osservare le differenze (che però, noto spesso, non sanno interpretare, sempre a patto che si prendano 10 minuti al giorno per riflettere). Quelli nati dopo hanno assorbito, in modo via via crescente, man mano che il mondo accelerava, quel che (non) c’era e la tendenza a non avere punti di riferimento fissi e durevoli (valori soprattutto, ma anche capacità manuali, idee, ecc.). Io sto facendo enormi difficoltà per recuperare certe cose (che non ho mai vissuto oppure solo di striscio), ma i miei coetanei in genere vivono a testa china per lavorare e non si fanno domande. Non sanno certe cose e se anche sentono dei bisogni insoddisfatti, li interpretano male. Comunque ho generalizzato perchè ci sono ottimi esempi di ventenni e trentenni che si stanno avviando su un percorso originale e di recupero di valori. Magari ragazzi che hanno avuto un esaurimento nervoso senza neanche sapere perchè… ma che non hanno dubbi sulla volontà di cambiare.

      • Hai ragione Fabio i giovani di oggi, non avendo un termine di paragone, spesso neanche se lo pongono il problema.
        Comunque mi riferivo a quanto affermato da Theodossios circa i suoi studenti, i quali manifestano mancanza di tempo. Ho pensato che i suoi studenti fossero giovani e
        mi è sembrato grave che anche loro lamentassero di non avere tempo per il loro arricchimento personale. I giovani che sono fuori dal mondo del lavoro e che quindi non sono condizionati dai tempi pazzeschi del lavoro.

        cmq ho fatto un taglio sulla seconda frase che irrimediabilmente rivela tutta la mia romanità. mi scuso con chi mi ha letto. 🙁

  2. L’intervista, o meglio il dialogo, mi è piaciuto molto, sia per profondità che per l’umanità che sprigiona. Ho trovato assolutamente interessanti e centrate le prospettive espresse dal professore, secondo cui è la mancanza di maturità morale il nostro problema, questa bisognerebbe insegnare a scuola, e la tecnica aggrava semmai gli effetti delle nostre azioni.
    Anche l’osservazione secondo cui il monopolio dello sforzo intellettuale (tutto teso a lavorare per la scienza, la tecnologia e la produzione) toglie energia e risorse (“tempo e spazio psichico”) alla cura e crescita delle altre edimensioni dell’essere umano reppresenta una sintesi perfetta che fa luce suoi nostri incredibili vuoti, e sulla tendenza diffusa e essere un po’ degli “ebeti sapienti”, ovvero molto preparati su alcune cose, ma analfabeti di vita, di scelte, di crescita umana, eternamente infantili, incapaci di fare il punto della situazione (e quindi di compiere scelte) e quindi perfetti per la società moderna.

    E intanto nelle scuole tolgono le ore dedicate all’arte… ricordo alle medie quelle 2 ore di musica settimanali come tra le più belle. Non c’era compagno di classe che non le apprezzasse. In particolare, il ragazzo più vivace e meno studioso, a quel punto si riscattava: suonava benissimo ed era ammirato per questo da tutti. Quelle poche ore sono fondamentali… in quei anni poi, risultano determinanti per le scelte di vita (una persona che arriva ad amare l’arte, o la storia, o la letteratura, ecc. non sarà mai una perfetta macchina dell’ingranaggio).

  3. ..bel post…un dialogo socratico per un tema squisitamente ” hedeggeriano”: sono tecnica ed ” essere” compatibili?…Molti intellettuali alzano le mani : ritenendo che l’uomo sia ormai ridotto a funzionario di apparati tecnici/scientifici, si astengono dal ricercare nuove etiche.
    Non so…non sarei così pessimista, in fondo sono di fronte ad un computer e scelgo di ascoltare e rispondere..credo rimanga spazio per distinguere e distinguersi.

    • Ma certo che sì Francesco. Spasio ce n’è tantissimo. Solo che i ruoi vanno reinventati, e nel caso di quello dell’intellettuale bisogna volerlo molto fortemente. Cosa che pochi “intellettuali” sentono davvero di voler fare.

  4. Ho ascoltato l’intervista: interessante, profonda, certo impegnativa.
    Il passaggio cruciale, per me, è al minuto 38 e mezzo, quando state discutendo della necessità di “uscire dal caos del Novecento per trovare una direzione cardinale” e tu dici a Tassios: “mai come in questa epoca gli intellettuali stanno mancando all’appuntamento di fare questa speculazione intellettuale, che gli è propria e che sarebbe l’unica strada per tentare di contribuire al processo di coscienza e di consapevolezza della società.”
    Mi chiedo: chissà se è un compito che gli intellettuali sono ancora in grado di svolgere, questo. Quanta presa REALE hanno ancora sulle derive della società? Io ho l’impressione che le loro voci siano del tutto sovrastate dal rumore di fondo 2.0, che scaturisce (e qui semplifico, per essere sintetico) dalla globalizzazione, dal capitalismo, dai media, dal nascente strapotere di web e social, dall’alienazione che da tutto ciò deriva…
    Chissà se sono pessimista o realista a pensare che non ci sia intervento, o somma di interventi, da parte degli intellettuali che ormai possa opporsi in alcun modo efficace alla folle corsa di questo sistema deviato. E che gli unici a poter eventualmente beneficiare di tali auspicabili interventi siano quei pochi illuminati disposti a sganciarsi dal sistema malato, per guarirne.

    • Caro ivo, è tema cruciale, questo. La gente comune, e purtroppo la gente qualunque, noi tutti, chi può ascoltare? Chi può guidarla, non nella direzione, ma nello stimolo, nel ragionamento? A chi ci ispiriamo?
      Io credo che gli intellettuali (chiamo così chiunque abbia acume, voglia, preparazione, disposizione, per studiare, capire, cercare, andare oltre, intuire, e che senta la responsabilità di doverlo dire, volerlo comunicare, perché altri ragionino a modo loro anche grazie allo stimolo che ricevono) debbano studiare come farsi ascoltare. Un blog, un libro, una canzone, una comparsata televisiva, un articolo di giornale, ma anche a cena, quando si è con altri, dove di solito ci si trattiene per evitare discussioni, e dove invece è importantissimo inorridire di fronte alle bestialità che vengono dette (in questi giorni, quante me ne raccontano, fuori da questo eremo dove sono, sulle due ragazze rapite in Siria, sul Charlie Hebdo…). Ma non è solo una questione di media, è anche e soprattutto una questione di toni. Il linguaggio che serve per dire che le cose che servono, per comunicare a chi deve ascoltare, nel modo in cui sai che forse ascolterà.

      L’intellettuale ha sempre avuto questo tragico e doloroso bivio di fronte a sé: dire quel che vuole come sa, oppure anche (oltre a ciò) dire quel che serve come sa che serve di essere detto.

      Ognuno (ogni intellettuale) per un pezzo della società. Sapendo di dover essere parziale, per definizione. Ma una massa di persone che sentono, intuiscono, e che tutti insieme provano la responsabilità di comunicare, ognuno su mezzi e con toni propri, colpiscono un’intera società. Influiscono. Molto.

      Ed eccoci qui. Noi, quelli che per un verso o per l’altro forse intellettuali non si considerano sempre, per eccesso di umiltà, per mancanza di voglia, per inconsapevolezza, e che invece spesso ricoprono proprio questo campo. Noi, con le nostre azioni, le nostre parole… Anche noi, che pensiamo di essere assolti da questo compito e che invece siamo per sempre coinvolti…

      Ciao.
      S.

      • Io spero tanto che sia come dici tu e che l’attitudine virtuosa da te illustrata possa davvero “colpire un’intera società”. E, soprattutto, incidere sulla sua traiettoria.
        Io, ahimè, temo invece che questa auspicabile riscossa sia affare per pochi. Ai quali, certo, si aggiungeranno altri. Ma che sempre pochi rimarranno (rimarremo) rispetto alla massa, diretta chissà dove.
        La mia sensazione è che la massa parli un altro linguaggio, ormai. La massa neanche lo può capire, uno come Tassios. O uno come te. E anzi, l’esemplare medio della massa manco ci pensa a ritagliarsi settantacinque minuti di vita per ascoltarsi chicche come questa.
        Non dico mica che ciò sia un male, eh. Ho in mente questa scena: un gruppetto di persone che abbandonano la nave alla deriva e tentano di mettersi in salvo. E della nave cosa sarà? Riprenderà il controllo e andrà a mettersi alla fonda ai Caraibi? Andrà a schiantarsi contro gli scogli? Non lo so e non mi interessa saperlo. E comunque non serve che lo sappia. 😉

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