Ironie…

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alcuni dei marcianti nel tempio…

 

E poi ci sono quelli coi bonghi, subito attorniati da tamburi di vario genere e da una folla gaudente, perché la musica unisce i popoli, e certo, peccato che quei popoli per un raggio di settanta metri non si riescono più a parlare o ascoltare, tale e tanto è il casino, ma loro suonano, belli che sono, battono, a loro del dialogo interessa poco, suonerebbero anche in un raduno di carmelitane scalze, perché battere è facile, come si dice all’Olgettina, non parlarsi anche, e di quello che si tenta di dire qui gliene frega solo a pochissimi, e i percussionisti mica sono gli unici, ci sono quelli in costume (la gente adora il carnevale), che qui sono venuti per farsi le vasche, avanti e indietro, farsi fotografare, cantare improbabili canzoni popolari, non propriamente richieste, e se si associano al gruppo di quelli coi bonghi, beh allora è l’apoteosi, ma lo fanno di rado, perché qui ognuno è venuto a fare qualcosa di preciso, per sé, chi a rimorchiare (corretta valutazione, è pieno di… belle ragazze), chi a mangiare (errata valutazione, non c’è granché, ci vorrebbe qualcuno delle nostre Feste dell’Unità per spiegargli che la politica si fa con la pancia piena), chi a ridere e scherzare in modo meccanizzato, ilari e giulivi, che belli, oppure a stancarsi (perfetta valutazione) perché qui tra la bolgia, il caos, la moltitudine, i bonghi, si fa una fatica bestiale anche a fare dieci metri, e dopo poco tutti stramazzano dovunque, aiuole, marciapiedi, sedili, con due orecchie come una cotoletta per i bonghi, lo stomaco vuoto, e senza aver neppure rimorchiato, e le sale, che non bastano mai da quanti incontri ci sono in programma, sono mezze vuote, perché sono tutti lì fuori, ma come, ma qui si parla di socialità, di mondo, di fratellanza! E non entrate ad ascoltare o a parlare? – Eh sì, ma sai, qui c’è un’algerina con cui la fratellanza pensiamo di farla stasera. Da me o da te, cara?, e allora penso che o io non ho capito una mazza di come si vive, cosa ormai decisamente acclarata, oppure il mondo va così, e la gente adora dimostrare, fare casino, stare insieme, che a vederli uno direbbe usti, ma qui se questi starnutiscono tutti insieme fanno piazza pulita di dittatori, presidenti autoritari e via discorrendo!, e invece poi se guarda bene capisce perché il mondo va così, perché alla gente se gli dai un po’ di piada, un po’ di rumore e un po’ di figa (mi si passi il tunisino stretto, e sia detto per tutti i generi, serve solo per la metrica e io per la metrica posso sacrificare anche il bon ton) sei a posto, mentre quello non a posto (come sempre) sono io, che mi sono pure accalorato a dire Un mondo migliore non c’è mica per i dittatori, cari amici, ma per via del fatto che per un mondo migliore serve gente migliore, e qui ne vedo poca. Bisogna partire dalla responsabilità individuale!, e quando l’ho detto metà della gente ha fatto sì con la testa, tutta contenta di essersi destata all’improvviso, mentre l’altra metà l’ha storta, la testa, e come sempre ho fatto la figura dell’anarchico individualista col culto della bella frase, ma dato che ho ragione da vendere nessuno s’è azzardato a contraddirmi, anche se avrebbe voluto, perché non bisogna mai mettere in discussione le liturgie delle schiavitù, se lo fai pensano che non hai capito, che sei pure uno strano, forse mezzo scemo, e la prova è che odi i bonghi, nessuno odia i bonghi, tranne te, mentre in realtà io da piccolo volevo fare il batterista, pensa un po’. Ironie…

(Mi si perdoni. Oggi, in realtà, l’incontro al Sabir Maydan sulla comune cittadinanza mediterranea è stato molto bello, utile, con fertile scambio tra fratelli del VI Continente. Solo che poi, quando metto il becco fuori dalla sala e vedo i marcianti nel tempio, soprattutto giovani, non so resistere alla leggera invettiva…)

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8 pensieri su “Ironie…

  1. Anche io ho partecipato alla manifestazione “se non ora quando?”….per qualche momento ho provato una bella, forte, intensa sensazione. Quella era una manifestazione “dovuta”… E io c’ero. Ero presente ome rappresentante del “genere femminile”, quello santificato solo dove e come fa comodo, e quello abusato più spesso, sempre dove e fa comodo…a qualcuno… Il giorno dopo la mia situazione di “donna” non è cambiata di un’unghia. Mentre però respiravo la stessa aria inquinata di Milano e guardavo in faccia le altre donne che, come me, erano presenti e consapevoli, io ho pensato che quindi NON ero sola. Che il mio malessere esistenziale, che la mia “emarginazione” sociale non accadeva perché anomala, strana, reietta. Al contrario.Tutte sapevano, e anche quei pochi “tuttI” presenti… Io credo che le manifestazioni, come i dibattiti di piazza, siano sempre serviti più al cittadino che allo stato…o al governo “delle cose”. Cioè, nello stare insieme, con o senzi i bonghi e le orecchie a cotoletta, si “esorcizza” la paura di non contare un cazzo. Quella sensazione di non avere nessun potere, di non poter fare niente, che la terra dei fuochi è sempre là, che le decisioni non le prendiamo mai noi…Noi cittadini, gente comune, operai e impiegati e chissà manager e funzionari. Lo sappiamo bene che non serve. Pensate appunto alla condizione della donna. Il problema esiste, eccome. Siamo arrivati a un delitto ogni 3 giorni. Cosa serve ancora? Ma il problema infatti è CULTURALE prima e sociale poi e politico…anche! Se tolgono la possibilità alle persone di conoscere i fatti, di studiare, di informarsi…lo fanno proprio per questo! E poi possono anche lasciarci una piazza per sfogare tutto il nostro risentimento. Ma poi mica tanto…Io vedo che la polizia carica spesso i manifestanti…la conosciamo tutti la “vecchia storia” dei black block! o vogliamo parlare della manifestazione di genova del 2001? di piazza alimonda? Ci hanno anche un fatto un film che io non ho volutamente visto…Insomma a me non pare che questa questione sia “facilmente” liquidabile…ma chissà… probabilmente mi sbaglio…

  2. Ricordo quando partecipai alla manifestazione in viola “Se non ora quando”: bella, bella davvero, vedevo solidarietà e rispetto fra le persone, quelle cose che mancano quotidianamente, insomma. Fu una recita ben riuscita? Non lo so, a me sembrava tutto vero, l’entusiasmo si sentiva. Solo che poi non è accaduto niente, il giorno dopo riprendeva la stessa deriva meccanica come niente fosse. L’altro giorno ho bruciato una cassetta di legna nel caminetto: quella legna che brucia facilmente, che fa salire fiamme alte in un attimo, che illumina bene la stanza, che ti fa esclamare. Peccato che dopo un minuto fosse già tutta consumata. Noi siamo fatti di quella legna, ci entusiasmiamo per un niente e subito dopo torniamo a posto. Simone fai bene a smascherare ogni volta il meccanismo (e dal breve video che hai postato su FB ieri, mentre eri fra la folla, avevo colto una evidente insofferenza).

  3. Bel quadretto!
    “Chi non partecipa alla vita civile è colpevole” ha appena commentato Dario Fo.
    Ma qualcosa sta cambiando, non ci credi più Simone?

    • No Mary. Solo che la partecipazione piu efficace alla vita sociale e’ quella che nessuno vuole fare, e cioe cercare di essere cittadini responsabili, cittadini e prima ancora persone in equilibrio, che vivono coerentemente con le proteste che fanno, con i sogni che hanno..

      Solo che la gente in piazza a urlare ci va. Poi il resto invece..

      • Quelli della piazza sono meccanismi che conosco – e li hai descritti perfettamente; ma prendi un individuo dalla piazza, può essere il tuo amico di infanzia, una persona con cui hai condiviso parte della tua vita, persone colte, intelligenti pronte a prendersi cura del prossimo. E poi cosa gli succede quando provi a condividere con loro le vicende del mondo? Preferiscono nascondersi dietro le frasi del Salvini di turno, dietro “ma io che posso fare”, alzano la voce, alzano un muro. A me sembrano altri individui, estranei! …fanno quasi paura!

  4. Non smettere Simone, hai ragione da vendere, con o senza la metrica giusta, non rinunciare a un concetto solo perché più maturo del tuo pubblico. faranno in tempo a leggerlo più in là, e l’ironia sarà una sorte amara più per loro che per te. A bien tôt!

  5. con la tua testimonianza e con il tuo continuo richiamare l’attenzione sulla responsabilità individuale, diretta, senza deleghe, quale possibile (e forse unica) strategia efficace per un cambiamento stai facendo un grande lavoro.

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