Duro

sbarco2

Primo: tirare fuori una gamba. Secondo: sperare che si tocchi…

In questi due anni sono stato molto in difficoltà. Inutile negarlo. Stati, fatti, problemi, come la vita ne presenta spesso. Soprattutto mi sono perso. Dentro.

Stamattina camminavo nel bosco, all’alba, e pensavo che ho fatto un mucchio di strada questi due anni, e soprattutto nell’ultimo. Gli errori, credo necessari, i dolori, forse inevitabili. Fino a qualche tempo fa pensavo a questi due anni come un lungo tempo di vita bloccata, immobile, anzi, in retrocessione. Ma non è così. Da qualche giorno mi si sta chiarendo meglio lo scenario, sto collocando faticosamente i pezzi del puzzle. La scena che viene fuori è tutt’altro che rassicurante, per nulla una passeggiata di salute, ma comincia ad essere chiara. Sto affrontando il passaggio alla mia nuova vita. La quarta di un uomo temporaneo quale sono. Quali siamo.

Non ho la minima idea sul futuro, e come uscire dalle mie empasse si vedrà. Sono orgoglioso di non aver mai invocato la sorte, di non aver mai maledetto nessuno o dato colpe mie ad altri. Quel che è accaduto dipende tutto da me. Nessun rancore dunque. L’individuazione del “cattivo”, del “nemico”, che fa tanto bene al cuore (se il nemico è lui, io sono innocente!), la lascio ai semplici di spirito. Per quanto mi riguarda, non ho mai smesso di chiedermi: cosa stai facendo? Perché hai frainteso? Cosa puoi, cosa vuoi? Cosa sei?

Poco fa preparavo dei carciofini sott’olio. Li disponevo con cura nel barattolo, cercando di fare un buon lavoro. Mi sono accorto che era almeno una mezzora che non provavo sul cuore alcun peso, alcuna angoscia. Un istante, ma ben guadagnato. Subito dopo ho capito due passaggi fondamentali della mia natura, del perché capitano certe cose nella mia vita, cosa devo interiorizzare e accettare di me. Ogni fatica di questi due anni, ogni dolore, ogni lacrima, in quel momento, ha avuto il suo senso. Una sensazione molto forte, piena.

Bisogna che smettiamo di dirci un mucchio di balle. Quel film, a cui crediamo tanto, è un fake. Il senso di come siamo, che neghiamo e viviamo come fosse un reato, c’è. E’ lì, davanti a noi. Prima lo accettiamo, prima possiamo iniziare a vivere autenticamente. Ma bisogna chiederselo. E chiedersi non è farsi una domanda, ma imboccare un sentiero. Duro. Che implica scelte. Dure. Ma sempre meno difficili e fallimentari che vivere pensando di essere qualcuno che non saremo mai. Che non siamo mai stati.

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14 pensieri su “Duro

  1. “… ogni dolore, ogni lacrima in quel momento ha avuto il suo senso.” Non posso fare a meno di ritrovarmi in queste parole, in questo tuo post. Me lo ripeto continuamente. Sembra una sciocchezza ma non è per niente così; per comprendere una verità del genere ci vuole tempo, fatica e una buona dose di coraggio per ammetterlo.
    Grazie per aver scritto e condiviso qualcosa di tanto profondo e importante. Un abbraccio.
    Letizia

  2. “Si ha paura di migliaia di cose, del dolore, dei giudizi, del proprio cuore; si ha paura del sonno, del risveglio, paura della solitudine, del freddo, della follia, della morte. Specialmente di quest’ultima, della morte. Ma sono tutte maschere, travestimenti.
    In realtà c’è una sola paura: quella di lasciarsi cadere, di fare quel passo verso l’ignoto lontano da ogni certezza possibile… c’è una sola arte, una sola dottrina, un solo mistero: lasciarsi cadere, non opporsi recalcitrando alla volontà di Dio, non aggrapparsi a niente, né al bene né al male. Allora si è redenti, liberi dalla sofferenza, liberi dalla paura.”
    Hermann Hesse

  3. ..forse dopo la pubblicazione di un romanzo è naturale sentirsi giù di corda…forse anche persi, qualcosa di te è emerso e si sta allontanando. Non sei più su mediterranea?

    • no Francesco, sono due anni che va così. è il cambiamento, lo conosco. Anzi, l’uscita del romanzo mi ha aiutato, una scossa. Mi imbarco di nuovo tra un paio di settimane, tre, non ricordo.

  4. Simone, che posto occupa l’amore nella tua vita? Non ne hai mai parlato: dell’amore per una persona, dell’amore che ti travolge.

    • fulvio. un grande posto. enorme. cerco di capire l’amore dentro di me. non semplice per le tante, tantissime cose che coinvolge. ma credo di aver amato sempre, in ogni momento della mia vita. e di aver anche ricevuto molto amore. questo non vuol dire che la questione sia semplice. intorno all’amore facciamo anche tanta confusione. forse un giorno sarebbe utile parlarne…

  5. Ciao Simone
    questo tuo viaggio, questa tua ricerca, mi ricorda molto quella di Siddharta nel romanzo di Herman Hesse. L’intento era quello di vivere veramente la vita, di apprendere attraverso l’esperienza. Alla fine del libro Siddharta arriva alla beatitudine, comprende il senso della vita e per il lettore è un momento di grande gioia. Cosi grande che spesso ci si dimentica di quanto sia stata dura la sua vita, di quanto siano state pesanti le sue sconfitte, di quanto abbia sofferto.
    E’ arrivato alla beatitudine, vero… ma in vecchiaia, dopo una vita. Dura.

  6. siamo tutti un po’ quello che vorremmo essere.
    Una cosa da imparare in fretta? perdonarsi, fare spallucce e poi AVANTI TUTTA!
    …un vabbuò e via, insomma.
    Vieni fuori di lì, per favore!

  7. Bisogna essere liberi DA schiavitú (sostanzialmente ideologiche, pregiudizi, presunzioni e arroganza) per poter essere liberi DI assumersi le responsabilità di scelte…dure e in salita. Ma in cui ci riconosciamo e che ci appartengono. Dura, ma ci si arriva. Ciao.

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