Non per denaro

Sempre gli stessi errori, sempre la stessa storia, lo strumento al posto del fine, i tablet e gli smartphone che ci farebbero avvicinare, o il denaro come occasione primaria, il vero motivo delle evoluzioni, mentre è la conseguenza, lo sappiamo ormai tutti. Tutti tranne noi.

Anatema. Non imboccate quella strada. La Sharing-Economy che ci racconta questo servizio, la stessa che vedo sulla bocca e nella mente di molti. Guardatelo, poi continuate a leggere. L’ho scritto anche nella prefazione al libro “Mi fido di te” (Chiarelettere). Così non va, e sarà un’altra occasione perduta

Condividere non ha niente a che vedere con gli smartphone, e tanto meno col risparmio. Mi sembra strano doverlo dire (da solo…) per l’ennesima volta. Il mezzo, ciò che semplifica, la tecnologia, il denaro non possono generare vero cambiamento. Possono essere USATI per il cambiamento, possono favorire il cambiamento. Ma NON SONO  il cambiamento. Il cambiamento siamo noi, dentro, per motivi profondi. Per questo non accade

Possiamo vivere diversamente, decidendo un’altra vita, e possiamo condividere, per trovare maggiore energia, maggiori occasioni, stimoli, idee a cui lavorare, progetti che da soli non avrebbero fiato. Possiamo costruire altre organizzazioni sociali per non essere soli a cercare la solitudine, per costruire cultura, intrattenimento, ebbrezza, per cercare l’equilibrio e l’armonia che possano cambiare le nostre esistenze… e MENTRE facciamo questo risparmiare, MENTRE facciamo questo conoscere forse anche qualche persona nuova, MENTRE facciamo questo cambiare mestiere. Ma non PER questo.

L’Europa è nata così, e guarda com’è sta andando. Ma noi facciamo diversamente! Non cediamo alla tentazione dell’ennesima sirena, che fa delle opportunità una moda, degli strumenti la causa, del fine una fiera. Non mettiamo in comune niente per guadagnare, per risparmiare. Chi pensa di avere occasioni per sé da quello che fa con gli altri finisce sempre deluso. Non avverrà. Mentre risparmieremo e perfino guadagneremo (oltre a ben altro…) se cambieremo. Ma come si fa a non capire? E’ così semplice

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16 pensieri su “Non per denaro

  1. Ciao,
    ho visto ieri il servizio di Report e mi trovo in pieno accordo con le riflessioni di Simone…io sono un informatico da tanti anni e ho lavorato in diverse multinazionali….molte di queste promuovo il cosidetto “open source” ma il loro gioco è portare soldi nelle proprie casse…come tutti quelli che proponevano i vari crowdsoursing, crowdfunding etc. etc. nelle iniziativa presentate a Report…..forse tra tutte le cose presentate l’unica veramente interessante è meetup e il progetto per l’auto che consuma poco

  2. Ciao Simone, a questo proposito volevo parlarti del cambiamento di Greogorio. Ho letto il libro ma non so dirti se mi è piaciuto, come uno scettico d’altri tempi mi limito a sospendere il giudizio. Ho amato il primo capitolo, lo stile secco ma scorrevole, alcune trovate ( come la scultura aiendale) e la descrizione sapiente dei luoghi. Non ho amato Gregorio e i suoi compagni di viaggio..non so come dire.. non siamo diventati amici! Alla fine di un romana spesso i personaggi mi rimangono accanto e sento che mi hanno raccontato qualcosa di me che non riuscivo ad afferrare. Stavolta non è successo. Gregorio è un personaggio chiaramente inventato ma, a mio giudizio, troppo inverosimile. Avrei timore, incontrandolo, di essere zittito da una sua massima o, peggio, di essere analizzato come parte di un flusso. Di lui non so nulla, le sue passioni mi ricordano quelle del suo inventore ma sarebbe un errore confonderli. Ho l’impressione che Gregorio sia una sorta di strumento, un espediente letterario per condurci nell’alveare aziendale, forse metonimia del mondo. Il cambiamento sembra giungere per illuminazione, col vento arriva portando con sè doti e carisma ineguagliabili e, come il vento, cambia inaspettatamente direzione sul finale. Greogorio si muove e parla come un riformatore religioso, più che agire sembra sia agito da visioni, mostra i suoi piani e i suoi pensieri, mai i suoi sentimenti. La scena in cui corre a perdifiato fuori dal perimetro aziendale mi ha colpito in quanto distonica con quanto scritto prima.
    Nella postfazione scrivi che Gregorio “non cambia solo le regole del gioco: cambia il gioco”..ecco..a me sembra che egli cambi le regole giocando, quasi a sua insaputa,a rialzo. Gregorio stimola la creatività dei singoli, promuove meditazione e cultura, riforma ogni procedura, cambia ogni cosa; l’effetto indiretto ( o il fine dichiarato, non capisco) di tale rivoluzione è un aumento straordinario dell’utile aziendale. Cambiano i singoli, cui viene rimproverato di cercare uno stipendio, non cambia, anzi si rafforza, la logica della massimizazione del profitto.
    Non so, forse ho capito poco del personaggio , comunque ci tenevo a comunicarti le mie impressioni.
    Perdona il lungo intervento,
    a presto!

    • Caro Francesco, non schermirti, anzi, ti ringrazio del tuo lungo commento. Riguardo al suo tema centrale, tuttavia, credo valga la pena di considerare quel che l’arte, la letteratura, sono e perché.

      E’ verosimile che un bambino salga su un albero per un banale bisticcio col padre all’ora di pranzo e… non scenda mai più? E’ verosimile che un marinaio esperto impieghi dieci anni a fare una rotta per cui basta una settimana (l’ho fatta, da Troia a Itaca, te lo posso garantire) e voglia convincerci di essere stato ostacolato da Poseidon in persona? Non sarà che, come scrisse Kavafis, non aveva alcna intenzione di tornare e si divertiva un mondo a girovagare per il Mediterraneo? E’ verosimile Macondo, e che Remedios avvolta sempre da un nugolo di farfalle si alimenti mangiando terra? E’ verosimile l’Aleph di Borges, che nessuno al termine del testo sa dire cosa sia, pur avendo letto e seguito ogni cosa? E di un Visconte dimezzato, hai mai avuto notizia? E di un cavaliere inesistente? Eppure dicono cose così vere sulla vita. Ma non in generale, sulla tua Francesco. E sulla mia.

      Insomma, caro Francesco. Gregorio cambia il suo mondo. Prima per obbligo, poi per convinzione. Alla fine forse fallisce, chi lo sa, perché no. Ci sta. E infatti se ne va. Ma nell’intervallo, durante, c’è stato tanto. Tanta di quell’inesprimibile energia, fatta di entusiasmo, passione, amore, creatività, gioia, emozione, amicizia, reazione, anarchia, sommossa, rivincita… tanta di quella roba che chiamiamo generalmente vita. Ecco. Vita….

  3. In effetti questa “condivisione” viene utilizzate dalle aziende (startup…) per realizzare nuove modalità di fare business. Utilizzano le risorse che esistono sul territorio (auto, case, persone,…..) e ne confezionano un servizio da vendere utilizzando la rete e i dispositivi connessi (smartphone,…).
    Le persone sono considerate solo risorse per eseguire task e raggiungere un obiettivo di business.
    Nella maggior parte dei casi non è Sharing Economy.

    • …si certo, visconti dimezzati, cavalieri inesistenti e molto altro hanno accompagnato la mia formazione letteraria…parlavo di verosimiglianza di un personaggio che a me, magari solo a me, sembrava inscritto nei canoni del realismo e non dell’epica o della surrealtà come, ad esempio, il tuo bel racconto ” Venir giù”.
      Ti ringrazio della bella risposta.

      • Ecco una parola importante, assai affascinante, e per me molto significativa, tanto nella vita quanto nella mia poetica: epica. Concordo Francesco. In qualche modo (e per certi versi in modo del tutto controintuitivo) Gregorio e’ un personaggio epico.

  4. Ciao Simone , sicuramente sono lontano al cambiamento interiore in quanto il servizio di Report l’ho trovato interessante, sia dal punto di vista dell’informazione sia da quello umano. Hanno parlato del progetto di co-housing a Milano dove ognuno degli abitanti mette a disposizione le proprie competenze e le scambia e questa è la condizione per fare il contratto . Trovo molto interessante il modo di essere ospitati gratuitamente (Couchsurfing) , mio figlio a Luglio andrà a Londra usando questo servizio . Come sempre trovo su questa pagina opinioni su cui riflettere, pensare , meditare . Buona giornata

  5. Ragionamenti triti e ritriti vecchi come il mondo.
    L’ essenzialità sta nel godersi la vita e non certo nel possesso di averi fini se stessi, raggiungendo ciò, con equilibrio interiore e saggezza.
    Il vero problema è che buona parte degli individui sono rintronati dal mondo esterno pieno di tentazioni.
    Tutto qui…
    Simile
    Vale

  6. Non capisco.
    Il “cambiamento” deve, evidentemente, partire da un percorso individuale.
    Da quello che si intuisce, facilmente e semplicemente, ciò non avviene quasi mai.
    E non sappiamo spiegare bene perché. Dovrebbe essere “semplice”, appunto, ma pare non lo sia.
    Si può individuare un gruppo a cui si auspica di voler “appartenere”, proprio perché ne si condividono le “idee”, se non gli “ideali”, e si può provare a inserirsi. Ma prima bisogna aver effettuato il percorso interiore, quello “duro”, con se stessi. E ciò avviene raramente.
    Non funzionano più nemmeno quei “gruppi” aggreganti, formati da persone (Sindacato? Movimento politico?) che condividono (o condividevano) teoricamente, un “ideale”, parola abusata e poi, infine, dimenticata…
    Forse quindi l’ “ideale” è diventato il “fine”? E il “fine”, quindi, giustifica i “mezzi”?
    Nel frattempo, qualcuno, che probabilmente ha anche studiato filosofia e conosce perfettamente l’esortazione “Conosci te stesso”, non se ne cura ma, al contrario, cavalcando l’onda di un modello economico fallito o imploso, si ingegna e scova degli espedienti (perché di questo si tratta) per “modificare” quel “sistema” che, a conti fatti, non funziona più ma, soprattutto, NON fornisce quegli “utili”, cioè quel denaro…che serviva (serve) per sostenere il precedente modello… Un paradosso, direi. O un circolo vizioso. Non è confortante.

    Non sappiamo come “agire” il cambiamento se non per “noi stessi”. Facciamo fatica a “veicolarlo”. Pochi ascoltano e si impegnano. Molti ci provano anche, timidi tentativi, ma spesso falliscono. Quindi? Che scenario abbiamo davanti? Che cosa raccontiamo ai nostri figli?

    E intanto che cerchiamo di ragionare su questo “nuovo” modello, che, di fatto, scimmiotta quello precedente, possiamo ancora prenderci (e perdere) tempo stando davanti alla TV a guardare immagini, come quelle trasmesse da Gazebo (venerdì scorso in prima serata), in cui ci sono uomini e donne e bambini su un barcone con un numero rosso tatuato sulla mano? Non ci ricorda qualcosa? Nessuno ha come un… “presentimento”…”un déjà vu”?

    • smettere, barbara. ora. adesso. svoltare per la laterale (la propria) e procedere su una nuova organizzazione interiore e di vita. ecco quello che possiamo fare. tempus fugit. occhio…

  7. In effetti ho guardato ieri sera il servizio di Report per 10 minuti scarsi ma poi, deluso, ho spento la tv, perchè mi è parso che l’approccio al tema dell’economia della condivisione non includesse nessuna novità a livello umano; questa veniva raccontata come un’occasione da sfruttare, un nuovo modo di far soldi e nulla di più, nella continuazione della mentalità del business as usual, solo un po’ più green e tecno. Una proposta riformista insomma, a non voler pensare male, mentre qui serve ben altro, una rivoluzione delle teste, del nostro modo di ragionare. In una delle trasmissioni di Luca Mercalli in cui si è parlato delle transition town il tono era ben diverso, molto più consapevole (pur con i limiti di semplificazione – io definirei banalizzazione – che impone la tv a tutto ciò che non è immediato e facile).
    In quei 10 minuti di Report non ho visto nulla di più che applicazioni e nuove aziende guidate da giovani trentenni preparati ma privi di spirito critico, capaci solo di inserirsi molto bene nel solco e sfruttarlo brillantemente. I soliti ebeti sapienti (è una categoria molto ampia e fornita) che si sentono completi e vincenti (grazie anche a servizi come questo) e il solito capitalismo cangiante, capace di adattarsi ad ogni situazione, potendo contare sulla nostra complicità. Decenni di capitalismo senza morale nè regole hanno cambiato profondamente le nostre teste e quindi è da quelle che si deve ripartire.
    Poi stamattina leggo il tuo blog e trovo conferma alle miei impressioni, con la tua capacità di affondare e approfondire sintetizzando in poche frasi. Grazie.

    • E’ cosi Fabio. “Capitalismo cangiante” lo trovo molto appropriato. Ma come al solito a me colpiscono le persone, più dei sistemi. Chi si mette in queste “nuove” pratiche sembra animato dall’idea di svoltare lui, spendere meno lui, fare economie di scala lui. Non c’e’ dietro alcun cambiamento interiore, alcuna convinzione che il mutamento possibile sia esistenziale, di visione, di approccio verso se stessi e il mondo. Non c’e’ alcun sogno. Solo pratiche economiche minime, certamente utili e migliori, ma che non determineranno altro che una moda passeggera, priva di impatto reale, autentico, sulle nostre vite.

      • D’accordissimo. L’economia è solo un aspetto della vita, necessario ma subordinato alle nostre vite: insomma ci deve essere utile, non dobbiamo essere utili a “lei”! Appunto l’approccio di Report era riformista: nessun cambio esistenziale, neppure accennato, solo un’organizzazione diversa (per giunta virtuale). Io comunque mi riferisco solo a quei 10 minuti che ho seguito (che mi hanno sinceramente infastidito, mi aspettavo tutt’altro).
        Siamo noi che nutriamo il capitalismo, quindi noi dobbiamo cambiare testa, tornando noi a guidare (assumendoci responsabilità). Siamo diventati così deboli da non riuscire neanche a concepire un simile colpo di reni? Vedremo, io intanto lavoro su di me. Ciao!

    • Per quanto mi riguarda, non so se ci crederai, è milioni di volte più complicato pensare a una riorganizzazione “di vita” piuttosto che a quella “interiore”.
      Mi spiego. Lavorare su se stessi è faticoso. Ma io l’ho sempre fatto e non mi stanco mai…magari cado ma poi mi rialzo. Non è questo il problema. La complessità sta nel dover coinvolgere altre persone in questo tuo “progetto… a latere”. Per esempio… tuo figlio. Sappiamo bene quanto alcune decisioni possono costare un prezzo alto a livello affettivo. Mi viene in mente Roberto Saviano a cui spesso è stata fatta la domanda “Se potesse tornare indietro, pubblicherebbe ancora Gomorra?”. La risposta è stata affermativa ma poi i suoi occhi si sono intristiti. Ha aggiunto che gli dispiaceva, e molto, per i danni causati alla sua famiglia….che, evidentemente, ha dovuto totalmente modificare il proprio stile di vita… Intendo dire che le scelte sono, o meglio, dovrebbero essere “personali” ma vanno sempre a impattare sugli altri… che non sono “altri”, ma sono quelli che ami di più. Non è cosa di poco conto…Non credi?

    • Mi pareva di aver pubblicato una risposta. Ora dal cellulare non ci riusciro’… dicevo che procedere ‘a latere’ e’ gia’ complicato per chi e’ solo…proviamo a immaginare per chi, come me (ma siamo in tanti), deve rispondere anche a un figlio. Devi essere stra-sicuro di quello che fai. Perche’ sei solo e in piu’ devi assumerti la responsabilita’ per un altro essere umano che, evidentemente, non essendo nemmeno maggiorenne, fatica a comprendere… mi chiedo. Vi chiedo. Ti chiedo. Quale potrebbe essere il ‘piano b’ in tutti questi casi?

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