Più in là

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a vela

Navighiamo sempre soli. Il Mar Nero consente questo privilegio. Abbiamo incontrato una barca a vela in due mesi e mezzo, lungo oltre mille miglia. Due inglesi scesi dal Danubio, maltrattati a Batumi e fuggiti in Grecia. Centinaia, migliaia di delfini, ma nessuna barca. E anche nessuna nave, una decina, forse quindici. A stare in mare sempre da soli, tendenzialmente, ci si ritrova. Oppure ci si perde. In ogni caso, di solito, qualcosa si vede.

Sono stato spesso solo, in vita mia. Forse come oggi, mai. Per giorni non chiamo nessuno, nessuno mi chiama. La lunga scia lenta della vita precedente s’è definitivamente estinta. E stando sempre in mare, manco anche al caso, il divertito mescolatore di carte. I contatti col mondo, rifletto molto su questo ultimante. Li generiamo, altrimenti quasi non ci sarebbero. Sarebbe un bene o un male? So che molti mi giudicano ruvidamente per questo, anche se non me lo dicono. Però non si parla mai di quello che accade nella solitudine. Un errore non farlo.

Oggi cinquanta miglia a vela, splendido. A tratti, qualcuno dormiva, qualcuno leggeva. La barca filava i suoi nodi sicura, fendeva l’onda con un’armonia e una sicurezza che io ancora non ho. Mi sono trovato solo sul ponte a lungo. In piedi, nel vento, a torso nudo, guardavo sopravvento, il futuro. Ho scorto qualcosa, poi altro d’indistinto, più in là niente. Mi sono sforzato, sono convinto che qualcosa ci sia. Sono rimasto lì, a osservare, e mi sono chiesto cosa serve che io faccia, cosa so fare, cosa posso, cosa devo. Non ho capito molto, ma sento che è stato molto utile. A lungo soli, del resto, si finisce col produrre sempre qualcosa.

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12 pensieri su “Più in là

    • Caro Francesco, immagino tu l’abbia letto attentamente questo articolo.
      Io non mi sono limitata a leggere della parole. Io ho vissuto sulla mia pelle ogni singolo atto. Fare figli in questa società è un errore. E questi fatti dimostrano perché. In teoria dovrebbe essere una scelta. In pratica non è così. e’ un mondo per ricchi e per snob. è la società del “chi c’è, c’è. Chi non c’è, cazzi suoi!”.
      Lo dimostra l’atteggiamento verso gli immigrati in cui la “politica”, i politici passano il tempo in tv a dire fregnacce seguiti da milioni di creduloni che altro che sussidiario…nemmeno la tabellina del due.
      Vogliamo però parlare di abbandono scolastico? Vogliamo esaminare come funziona la scuola pubblica? Vogliamo approfondire il tema?
      Volete una buona volta ascoltare noi donne che viviamo da secoli in questa condizione di sudditanza? Volete davvero prendere atto di quanto diversamente vengano trattati i dipendenti donne rispetto ai dipendenti uomini? E non parlo solo di salario. Parlo di coraggio. Parlo di dignità.
      Parlo del lavoro domestico e di cura (bambini e anziani) che da sempre grava sulle nostre spalle. Parlo di “controllo”. Del potere che un uomo ma anche una donna pensa di avere su un essere umano che qualcuno definisce da sempre “più debole”.
      Avete una minima idea di cosa vuol dire “mobbing”? Di cosa vuol dire vivere nel terrore di essere messi al margine non avendo fatto altro che il proprio dovere e magari avendo, legittimante, deciso di mettere al mondo un figlio?! Sapete cosa vuol dire andare a lavorare con il cuore stretto in una morsa, pensando al proprio figlio che si è dovuto lasciare in un posto orribile mentre piangeva disperato perché non hai i soldi per portarlo in un posto migliore e devi andare a lavorare e non puoi permettere la “baby sitter” che se no i pochi soldi che prendi devi girarli totalmente a lei? Chi si batte per gli asili nido? Chi per una scuola che rimanga aperta anche d’estate per chi al mare non ci può andare? Chi si è mai davvero battuto per questo?
      L’anno scorso ho dovuto fare una lotta in solitudine perché portavano i bambini a mangiare in un posto dove erano in corso dei lavori per rimuovere l’amianto. Non scherziamo. Le mie ferite sono ancora aperte e sanguinano. E sì, anche io vi detesto. Detesto tutti quelli che, per una ragione o per un’altra, si chiamano fuori. Se ne lavano ampiamente le mani. Non è necessario avere generato per capire quello che dico. O per NON sorprendersi più leggendo l’articolo di Repubblica. Così vanno le cose, a volte anche peggio. nel tacito assenso della maggioranza.
      questa non è una società civile. Questo non è un mondo desiderabile.
      Scusate la sfogo ma l’articolo parlava anche di me. e mi sono sentita in dovere di commentare.

  1. Condivido anche se a volte è faticoso stare soli e si vorrebbe solo qno che dividesse il peso con noi. Il tuo diario piccolo cabotaggio è veramente prezioso in questo senso.

  2. Io ti vengo a cercare spesso. Stupore, gioia, accordo e disaccordo, queste le “cose” che provo ogni volta. Quindi forse un legame c’è, anche se non ci si conosce personalmente. Come una specie di respiro, un battito. Tu rendi disponibile il tuo, qualcuno come me adesso (immaginami in pianura, in casa, con le griglie avvicinate a riparo dal caldo) lo sente, lo riconosce, se ne nutre. E lo rilancia, grato.

  3. Sono in riva al mare in un’isola del Mediterraneo. Ho aspettato le vacanze per comperare il tuo nuovo romanzo. Non ricordo se mi era mai successo prima di emozionarmi così intensamente durante la lettura. Bravo Simone ! È stato un piacere averti trovato.

    • Stefano, scrivi una cosa enorme, per me splendida: riuscire a emozionare qualcuno che se ne sta in un’isola del Mediterraneo a leggere un mio romanzo. Ed emozionarlo così tanto… Ti ringrazio, anche io. A me, dopo vent’anni in libreria, queste “chiusure del cerchio” emozionano sempre tanto. Ciao. Grazie.

      • Finito. Mi è piaciuto veramente molto. Spero di riuscire a consigliarlo con successo. Di un rivoluzionario come Gregorio c’è bisogno come l’aria in questo nostro tempo di pance piene (o da riempire all’inverosimile), tasche da svuotare (se non già vuote) e teste rivolte altrove da noi stessi. Grazie Simone.

  4. Ma la domanda è “come li viviamo questi contatti con il mondo? come li percepiamo?”. I contatti non sono gli “amici” su feisbuk. I contatti sono o dovrebbero essere, relazioni. E relazionarsi non è facile. Mettersi in contatto, spendersi, esserci per davvero è fatico e poi, anche, gratificante. Lo si fa, o lo si dovrebbe fare, esclusivamente per se stessi ma non in maniera egoistica. Non aspettandosi nulla in cambio. e anche questo è difficile. Lo si percepisce molto distintamente nei rapporti di coppia. Ci sono milioni di libri, manuali che ci spiegano cosa fare, come fare… Manuali da non leggere, a mio parere. Preferisco “viaggiare a vista” che seguire pedissequamente un prontuario. I contatti sono esseri umani. Sono individui in carne e ossa e sangue e lacrime. Sono complicati ma in questo io percepisco il vero splendore. Non certo nella superficialità, non sicuramente nella mancanza di una “narrazione”. Devi avere qualcosa “da dire” oltre che “da dare”. perché la relazione non deve essere un baratto, non può essere un “do ut des”. Poi certo, ben nascosta ma neanche tanto, dietro l’angolo c’è la delusione.
    Un tempo ero meno selettiva. Un tempo mi sceglievano. Ora cerco di scegliere. E’ più complicato ma molto più gratificante. Perché il caso non esiste. e il fratello della dea bendata. E se “capita” (incidit direbbe chi ne sa più di me…) è solo per caso, appunto… Ma poi bisogna rimboccarsi le maniche, lavorarci, costruire, creare… O provarci per lo meno. Come hai fatto tu con Mediterranea e con le tua scelta.
    Quello di cui in fondo tutti avremmo bisogno è, forse, di un briciolo di “endorsement”…(appoggio, sostegno, approvazione…).

    • Finito. Mi è piaciuto veramente molto. Spero di riuscire a consigliarlo con successo. Di un rivoluzionario come Gregorio c’è bisogno come l’aria in questo nostro tempo di pance piene (o da riempire all’inverosimile), tasche da svuotare (se non già vuote) e teste rivolte altrove da noi stessi. Grazie Simone.

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