Tra cielo e prua

siriani a chios

Se avessero potuto, avrebbero preso quella nave a qualunque costo…

Quante volte siamo usciti di casa con questo dolciastro Scirocco, per la stessa via, per la stessa meta, favoleggiando futuri possibili che non giungono, viaggi che non facciamo, progetti che non realizziamo? Quel giorno era ieri. Dunque, sebbene in ritardo, è oggi ancor più. Un tempo, per legge, nei Balcani era vietato prendere decisioni nei giorni di Scirocco. Poco lucidi, malmostosi, indolenti col vento umido del sud. Dunque oggi non è un buon giorno per partire, ma per decidere di farlo al primo cambio di vento.

Alla prima rotazione a ovest, dopo l’orrido Libeccio, diminuiranno l’umidità e la temperatura, l’aria si farà più tersa, le nuvole si romperanno a brandelli, salirà la pressione e il cielo verrà trascorso dal Maestrale. Quel giorno, sarà buono per partire, per dare avvio a un’opera tanto immaginata, per cercare quel che manca al progetto che ci accompagna da troppo tempo. Quel giorno è già capitato, ed è andato perduto. Quando si viveva a stretto contatto con la natura, si sapeva bene che quei momenti vanno presi al volo, va rispettato il loro transito terrestre e interiore, e bisogna giungerci pronti.

Immemori, maniacali, reiteranti, transumanti dal vano al nulla, sviliamo spesso le nostre doti, esaltando il peggiore dei difetti: l’inerzia, sorella dell’utopia, madre del lamento, moglie del rimpianto. Che cambio di vento è il prossimo? Il centoventesimo? E quanti ne mancano ancora prima dell’ultimo? Non saperlo genera ansia, quando dovrebbe attivare sensibilità. Curioso essere l’uomo, che ansima per ciò che non può sapere e non si duole per ciò che sa certamente di aver perduto. Occhio al cielo, dunque. Non quello delle foto vacanziere, non quello irreale dei sogni nati morti nell’eterno rivolo strozzato delle chiacchiere inadeguate. Il cielo, proprio quello vero. Ai primi squarci d’azzurro facciamo cadere in acqua le cime, stacchiamo l’ombra da terra, distogliamo lo sguardo dal molo. Ogni cosa che abbia senso, è tra lui e la prua.

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5 pensieri su “Tra cielo e prua

  1. Blog profetico nella sua immensa tristezza.
    Dicono che per cogliere tristezze così profonde occorre esserci dentro.
    “Quel giorno, sarà buono per partire, per dare avvio a un’opera tanto immaginata, per cercare quel che manca al progetto che ci accompagna da troppo tempo. Quel giorno è già capitato, ed è andato perduto. Quando si viveva a stretto contatto con la natura, si sapeva bene che quei momenti vanno presi al volo, va rispettato il loro transito terrestre e interiore, e bisogna giungerci pronti”.
    E’ così. Aspettare perché ? Il vento è girato. E’ quello buono. Si va.

    “..e non si duole per ciò che sa certamente di aver perduto..”.
    Si che si duole. Certo che si duole. Vorrebbe rompere tutto. Vorrebbe fare 1000 km volando e parlare e parlando portarla via con se.
    Magari si, verso Istambul.

  2. Un pezzo come sempre bellissimo che esprime perfettamente sensazioni, sogni, aspirazioni di molti (o pochi?) di noi. Ma noi, tutti noi, siamo diversi. Prenderò spunto da alcune tue parole per scrivere ancora di me sul mio blog. Utopia, lamento, rimpianto…forse Inerzia, MAI. Quello che a me è toccato in sorte è stato aspettare il vento giusto, preparare le provviste, controllare alberi e vele, pulire la chiglia e poi al cambio di vento mollare tutto per veder la barca partire… dal molo! Questo per due volte, tante sono le mie figlie. Io, sul molo, non ho distolto gli occhi dal mare cercando di intravedere per il maggior tempo possibile le vele farsi piccole all’orizzonte. Io, sul molo, ora devo farmi forza e cercare una nuova barca da preparare, la MIA stavolta! …prima dell’ultimo cambio di vento.

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