Idea di sé

Ormos Megalo, Tilos. Una barca a vela. L’estate a novembre. Ma soprattutto il silenzio e la solitudine, cioè gli occhi di ogni anima viva. Il mare, dunque la quinta dello spettacolo migliore della migliore esistenza. Mezzi nudi, brezza e sale sulla pelle. Un’idea della vita migliore. Un’idea del pensiero. Un’idea di sé.

La mancanza di un’idea di sé implica la difficoltà di dove recarsi, e di come farlo, per poter somigliare a quella ipotesi. Ma anche si fosse aiutati dal caso, e per ventura si arrivasse nella condizione ideale, si farebbe fatica, comunque, a identificarsi con essa. Senza sapere non ci si può riconoscere. E prima non si sapeva come arrivare nel luogo adeguato.

Poco fa guardavo questo silenzio, osservavo il vuoto, così pieno, e ho ricordato la mia confusione di molti anni fa. E’ un bene che si sia dipanata. E qui mi riconosco. Diverso da allora. Non essere diversi, anni dopo, è una pessima notizia.

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6 pensieri su “Idea di sé

  1. L’idea di se stessi è una consapevolezza che si crea attraverso due variabili: lo spazio ma soprattutto il tempo. Si parte da un punto zero che potrebbe essere la propria nascita ma nessuno di noi è in grado di ricordare quel momento. Si procede quindi per tappe o “rinascite”. Ci sono episodi che segnano per sempre la vita di una persona e che separano, di fatto, di netto, un periodo da un altro.
    Se penso a me, mi rivedo sempre con una idea di me “in relazione a qualcuno o a qualcosa”. La scelta per esempio di frequentare una scuola superiore piuttosto che un’altra, non è stata propriamente mia ma ha inciso profondamento sull’idea di me stessa che mi stavo faticosamente costruendo. Avevo bisogno di strumenti e li ho trovati nei libri, non solo e non tanto quelli indicati da un “POF”, ma piuttosto quelli cercati attraverso la mia personale spinta, la mia personale curiosità. Questi hanno sicuramente segnato profondamento un mio atteggiamento verso il mondo, diverso e complesso. Ma…”per ogni azione esiste una reazione uguale e contraria,” e ho dovuto quindi imparare a gestire i miei limiti e quelli degli altri. Ho imparato a non avere paura di una parola che disprezzavo fortemente: compromesso. Sono scesa a patti con l’idea di me stessa mettendola in relazione ad altro: obbiettivi raggiunti e mancati, in un eterno, faticoso bilancio, in un infinita, stressante “verifica”…
    Mi rendo conto, forse solo ora, che l’idea di sé non dovrebbe partire da queste premessa, dovrebbe essere messa in grado di palesarsi anche in maniera forte, dovrebbe poter gridare la propria essenza in relazione unicamente a se stessi.
    Il lavoro quindi non dovrebbe essere quello di una continua “correzione costrittiva” ma, se mai, di un aggiustamento. Plasmare, forgiare…e dunque dare forma a quell’archetipo che rimane invece, spesso, profondamente invischiato in logiche, in pensieri che nulla o poco hanno a che fare con quella “visione”, quell’ideale che ognuno ha (o dovrebbe avere) di se stesso.

  2. Una pessima notizia. Dopo quattro anni dall’inizio del mio cambio di vita, sono un po’ stanca, come disse Gump fermandosi dopo aver corso per tutti gli Usa. Ho fatto cose, visto gente, cambiare casa, paese e lavoro è stata una seconda gavetta (la prima è stata quella dei vent’anni, credo come tutti). Ora ho questa nuova identità e riesco a mantenermi con il lavoro che ho scelto accuratamente e che sembrava una pazzia. Ma qualunque cosa si faccia nella vita, c’è sempre una collocazione sociale in cui tocca per forza farsi identificare, pena l’esclusione dal gioco. In due parole, ora che la ruota gira, mi devo schierare. Mi vien voglia di ricominciare tutto da un’altra parte!
    E credo che nessuno sia esente da ciò. In un post ultimamente ho letto “solo gli artisti”. Forse solo loro.

  3. Bel post Simone… come hai fatto a dipanare quella confusione di cui parli? Non credo si sia fatta da sé.
    P.S.: ho visto che ieri avete festeggiato su Mediterranea, mi è piaciuto pensare che in quella occasione abbiate stappato la bottiglia di spumante che ti ho regalato al circolo nautico di Firenze. Sembravate felicissimi!

    • Oh caro Paolo. Finalmente. Avevo perduto tutti i tuoi riferimenti. Volevo ringraziarti per quella splendida bottiglia. E’ stata bevuta molto, molto tempo fa. E ti ho ringraziato con il pensiero molte volte. Meno male ora lo faccio “di persona”. Ciao!

    • Fantastico! Felice di sapere che sia giunta fin su Mediterranea e che abbia portato un po’ di allegria a voi tutti. Statemi bene. Ciao Simone!

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