Otto

Otto anni fa, nel primo pomeriggio del 13 gennaio 2008, uscivo dall’ufficio in via Moscova. Per l’ultima volta. Mi sono tolto la cravatta (che non ho mai più indossato) mi sono messo a passeggiare lentamente per Milano, e ho pensato che ogni possibile ritorno, da quel momento, era impensabile. Ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo. Non avevo mai praticato una vita diversa, ma sulle faccende riguardanti la libertà, per oltre tredici anni di pensieri, calcoli, progetti, speranze, letture, scritti, avevo diritto a una mia opinione. E a tentare di metterla in pratica.

E’ accaduto di tutto in questi otto anni. Io non sono morto di fame, e a parte cinquemila euro che ho dovuto sottrarre ai miei magri risparmi (che non posso toccare, non avrò la pensione, come credo si sappia), mi sono sempre mantenuto facendo ogni cosa possibile, dal cuoco agli aperitivi, dalla guida turistica al lavabarche, ma soprattutto scrivendo, navigando, e con le mie sculture. La mia fonte di reddito maggiore è stata tuttavia l’autofinanziamento: economie, bassi consumi, autoproduzione, comportamenti diversi, in tempi e luoghi altri.

Non un giorno ho pensato di tornare indietro. Non un momento. A volte stento a credere di essere vissuto diversamente da così. Per crederci devo guardare delle fotografie, o cercare su Google. L’uomo-che-tenta-di-essere-libero è la mia condizione naturale. Scrivere e navigare, la mia linea di minore resistenza.

Sono salito sul tetto, poco fa, a fare lo spazzacamino. Mi sono guardato intorno, in questo mercoledì 13 gennaio 2016, anniversario di otto anni fa. Tutto era bellissimo. il sole era pulito, la val di Vara immobile. E io mi sono sentito orgoglioso di ogni cosa tentata, da questo fienile ristrutturato alle mie questioni più personali. Morissi domani, cosa sempre possibile, la mia vita avrebbe avuto senso anche solo per questi otto anni. Stasera brindo alla libertà, a chi la tenta, sempre, con coraggio e consapevolezza. A chi si guarda indietro e nell’orizzonte degli ultimi otto anni vede se stesso. Cazzate a parte, o forse incluse le cazzate, quell’uomo sono io. Tanto o poco che sia. Con tutto l’impegno e l’energia e la creatività che posso.

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Poi, dopo…, è arrivato lui.

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51 pensieri su “Otto

  1. Ciao Simone, complimenti e convenevoli te li risparmio(non ne hai bisogno credo) e arrivo subito al sodo. Più che un commento vorrei farti una domanda di tipo pratico più che filosofico dal tetto nuovo della tua dimora, vedendo le foto di quando hai visto per la prima volta quella bicocca.
    La domanda è questa: il tetto lo hai ristrutturato tu da solo?
    So che può sembrare sciocca ma mi piacerebbe saperlo, sia mai che un giorno…

    • si massimo. ovviamente con l’aiuto di qualche operaio il giorno che abbiamo messo la trave centrale, che è enorme.

  2. Complimenti Simone.
    Ho appena finito il tuo libro, ne avevo già letti altri sull’argomento ma il tuo è stato illuminante, davvero.
    Questo post, invece, mi ha fatto venire i brividi.
    Sono contento di aver intrapreso anche io il mio percorso verso la libertà.
    Ciao Simone, a presto.
    Pietro

    • Ciao Simone,buon 8′ anniversario…un po’ in ritardo. Io dopo 24 anni ho lasciato l’azienda,ma devo ancora superare il 1′ anniversario! In questi 6 mesi e mezzo mi si sono già prospettate una serie di nuove possibilità che stando rinchiusa 8 o più ore in un ufficio non avrei potuto neppure immaginare di cogliere. Anche io ho letto il tuo libro,dietro consiglio di una cara amica, quando in fondo avevo già deciso ma leggere la tua esperienza è stata la spinta finale. Grazie e auguri a te, a me a tutti quelli che amano il cambiamento è osano (se no che vita è??!!). Barbara

      • Complimenti Barnara. Non per aver fatto questo o quello, come me, come lui o come chi altri, ma per aver fatto. Qualcosa che volevi e sentivi. Buon vento.

  3. Ciao Simone,
    essendo io un fautore della decrescita, un nemico giurato del consumismo, uno che inorridisce di fronte a tutto questo appiattimento culturale imperante, a questa omologazione di massa che, come diceva Pasolini, altro non è il nefasto risultato di tutto ciò che neanche il regime fascista – ai tempi – è riuscito ad ottenere, desideravo dirti che il tuo libro “Adesso basta” è veramente illuminante e ricco di spunti di riflessione.
    Come psicologo, l’ho trovato anche molto stimolante proprio dal punto di vista motivazionale, uno strumento molto efficace per iniziare a fare i conti seriamente tra ciò che si vuole essere realmente nella vita e ciò che si è costretti spesso ad essere per compiacere un sistema fasullo e marcio nelle fondamenta, che continua a prendere tutti per il culo stimolando “la massa” a vivere per produrre anziché produrre per vivere.
    Ma in molti continuano ad abboccare purtroppo ed è per questo che spero siano in molti a rigenerare e far prendere aria ai loro neuroni e relative interconnessioni leggendo le tue pagine, se non altro per iniziare a vedere con occhi nuovi e affrontare con maggiore consapevolezza il proprio essere nel mondo.
    Auguri di ogni bene
    Felice

    • Ciao Felice, anche io condivido quel che scrivi. Le mie scelte personali, e dunque il racconto che ne faccio, nascono da lì. Sento il valore e la responsabilità della testimonianza, a volte anche faticosa. Ma sempre utile! Grazie di tutto dunque. Siamo pochi a tentare di opporci al pensiero omologato. Ma pochi non è nessuno. Ciao!

  4. Ciao, motivo per cui leggo questo blog è per lo più “Adesso basta”, è una piccola valvola di sfogo. Lavoro multinazionale buono stipendio ecc.
    Volevo condividere solo un pensiero;
    ho scoperto che non sarò licenziato nei prossimi tre mesi e che mi ricollocheranno a un lavoro migliore (no piano B non rileverò il bar sulla spiaggia per l’estate 2016). E’ ciò che ho chiesto ma in cuor mio speravo mi lasciassero a casa. Mi serve una spinta per saltare giù dal trampolino e fare questo meraviglioso tuffo nel piano B.
    Mi manca il coraggio…per ora

    • Caro Gio, non accade mai quel che non deve accadere. Dunque stai tranquillo. Se la cosa migliore da fare per te adesso fosse saltar giù dal carro, salteresti. Se non salti è perchè, a naso, a senso, a volte anche inconsciamente, sai che sarebbe un errore. Comunque il mix di motivazione, sogno, progettualità, voglia, desiderio di una vita diversa, non riesce a superare le ragioni del mantenimento dello status quo.
      Inutile sostenere “non dovevo andare” oppure “dovevo andare”. Non è vero.

  5. Com, sono gli alcolisti che contano gli anni così! Sono Simone e da 8 anni…… :-)))
    E sai cosa… si devono distinguere gli anni di astinenza da quelli di sobrietà: l’astinenza è quando stare senza bere ti pesa come un macigno e ti sembra di vivere in un incubo. Vivi aspettando di smettere di soffrire.
    La sobrietà, invece, è quando non ti frega più di bere. Non solo quando vedi un ubriaco sfatto al bar (lì è facile alzare la testa) ma pure quando in tavola con i tuoi migliori amici c’è un rosso del Collio che una volta era il tuo vino preferito.
    A happy end
    Il mio ex marito, che quando stavamo insieme mi derideva per la scelta di mollare il lavoro e che per questo ho lasciato con grande fatica e sofferenza, visto che lavoro e famiglia erano tutt’uno, ora sta vendendo l’azienda ed affittando l’immobile che la contiene per condurre una vita più tranquilla.
    Lui (con quello che gli ho lasciato, mi verrebbe da dire!) ora può vivere di rendita ed invece io ho aperto una micro azienda agricola che a volte mi dà parecchi grattacapi. Ma non vorrei essere al suo posto e non vorrei essere al posto di nessun altro.
    “Imprenditorialità” non è una parolaccia, ma un modo per esprimersi e vivere di ciò che si è bravi a fare, quando lo si fa con amore.
    I soldi non sono la peste. I soldi sono ottimi strumenti per mettersi alla prova e per fare delle scelte ed il consumo è l’unico strumento efficace che abbiamo per indirizzare la politica.
    Quando la gente prende le mie erbe con una mano e con l’altra mi porge i suoi soldi, so che quei soldi meritano rispetto tanto quanto le erbe che ho coltivato e raccolto con amore, e che li spenderò meglio che posso per ricompensare la fiducia che mi ha dato il cliente.
    A me piace lavorare, guadagnare e vivere così. Non la vedo come una schiavitù ma come un completamento perfetto delle mie passioni.

    • Paragone azzecatissimo Lucia. E infatti io ero un alcolista di quella vita. “Mi chiamo Simone, e da otto anni…”. Non è un caso che si dica “whorkaholic”… Solo che io (mi pare) lo dico in positivo: “Sono Simone e da otto anni scrivo, navigo e tento la libertà”. Anche questo è un dettaglio importante. Mi piace il fatto di scambiare erbe con denaro. Sembri una spacciatrice così. 🙂

  6. Parli di conquista della libertà. Ora ti faccio una domanda che ti potrà sembrare, forse, strana: col senno di poi hai davvero conquistato la libertà che prima non avevi?
    Voglio dire, a meno di non poter fare a meno del denaro (perché ne hai messo da parte a sufficienza per vivere fino a 100 anni), sei sempre schiavo di quello.
    E se prima dovevi lavorare per un’azienda, ora lo devi fare per altri.
    Ovvero, abbiamo sempre un cliente da soddisfare, a cui rendere conto del nostro operato, e da cui far dipendere la nostra vita.
    Sbaglio?
    Ah, dimenticavo: la prossima primavera seguirò anch’io le tue orme 😉

  7. Nel gennaio di 6 anni fa ricevevo in regalo “Adesso basta”.
    Mi trovavo qui, in un paesino di quasi montagna che concepivo (allora) esclusivamente come luogo di vacanza breve, i weekend, un paio di settimane in agosto per staremene alla larga dalla folla.
    Mi aveva irritata il tuo libro, “le cose si cambiano da dentro” mi dicevo. E ci credevo e praticavo questa convinzione con coerenza. Avevo un’azienda, tutte donne, ricerca e sperimentazione trattate come attività permanenti, lavoro da remoto, qualità.. Sembrava tutto a posto.
    Il tuo libro lo diedi quindi al mio compagno. Marco dirigeva un’azienda “importante” (le virgolette le metto ora..) e non aveva pregiudizi. Lesse il libro e poi comprò un grande quaderno. Per una quindicina di giorni scrisse, scrisse..
    Poi venne da me, voleva parlarmi. “Ho deciso di dimettermi, cosa ne pensi?”
    La mia risposta, grosso modo, fu “cambieranno delle cose, non so quali, ma sarà un grande cambiamento.. Stiamoci vicini”.
    Così, mentre io continuavo a vivere con boccate d’aria prese sempre più a singhiozzo, Marco cominciava la sua nuova vita: taglio a tutte le cose che prima sembravano necessarie, le sue passioni che diventavano semi-lavoro (barca, alpinismo ecc..), il tempo che diventava sempre più una “scelta”.
    E io? Provavo un misto di curiosità, ammirazione. E rabbioso, quanto incomprensibile fastidio, anche. L’ho capito un paio d’anni dopo. Il punto era che Marco si era dato dei permessi che io non concedevo a me.
    Darsi il permesso di diventare ciò che si sente di essere e prendersene la responsabilità quindi. (Sì, la libertà è un dovere..).
    Due anni dopo ho chiuso la mia azienda, fondata 13 anni prima. Per proseguire avrei dovuto stare a certi giochi, quasi rinnegando le ragioni per cui l’avevo costituita. Altro che libertà, cambiare da dentro ecc..
    E’ stato un passaggio tosto, complesso, duro, a tratti anche pauroso: cosa farò dopo? Chi sarò? (Fare ed essere si confondono malamente, ingabbiano.)
    Non vivo di rendita, per campare continuo a lavorare, ma in modo diverso perchè adesso scelgo davvero. Certo, ora ho meno soldi, ma non mi servono più come prima. E da 5 anni abito nel paesino.
    Veniamo cresciuti a suon di “Ci sono cose che non si possono fare!”. Poi, arriva uno che non lo sa e le fa.
    Grazie, Simone e buon vento!

    • Pola, grazie a te. Sono colpito dalle decisioni e dai cambiamenti che alcune mie pagine hanno recato. ormai lo so, in tanti me ne hanno raccontato. Ma ogni volta m’invade un misto di onore, responsabilità, paura, al pensiero che tanto possano le parole. Un monito per il futuro, ma anche il senso del valore di ciò che si fa con impegno e autenticità. Posso non aver saputo dire qualcosa, o posso non aver conosciuto altro, ma non ho mai scritto cose che non ho fatto o che ritengo mie. Almeno questo, a garanzia di un simile potere, posso assicurarlo. ciao.

  8. Buon compleanno uomo libero. Lo dico e vorrei essere al tuo posto, avere lo stesso coraggio e la stessa determinazione. che ti hanno accompagnato. E la solitudine? Ti è pesata la solitudine? Hai sofferto? Mi sono posto questa domanda, pensando a te, molte volte. Quando penso a questo cambiamento, riferito a me, penso subito all’altra persona che fa parte della mia vita e penso che non sarebbe pronta a vivere in un modo diverso da quello in cui viviamo. Lo hai scritto anche tu: si cambia vita. Io sono pronto, lui no. Sono pronto io a lasciare lui? Non sono pronto. Sono pronto a rinunciare a lui pur di realizzare una dimensione di vita più autentica? Non sono pronto. L’amore, il suo amore, mi mancherebbe tantissimo. e L’amore è fatto anche di cose concrete, di consuetudini, di riferimenti, di spazi, di cose. Non so se tu hai rinunciato all’amore o ad una donna a causa di questo cambiamento, oppure la crisi con la tua compagna è intervenuta prima e per altri motivi. Non so se tu hai avuto vicino l’amore di una donna in questi 8 anni. Sono cose private, lo so, qui ne hai accennato, ma poco, non è il luogo. Però per me sono domande ricorrenti. Ti rinnovo i miei più grandi ed affettuosi auguri, di cuore.

    • ” Io sono pronto, lui no. Sono pronto io a lasciare lui? Non sono pronto”.
      Mi sono chiesto, spesso, il senso di tali parole.
      Ho agitato tante volte inutilmente i miei, non molti, neuroni per cercarne di capire il senso.
      L’altro non è mai pronto.

      • Che cosa non capisci, Alberto? Non è l’altro a non essere pronto, è che a volte, anche se c’è un grande amore, questo può accadere.

        • certo che può accadere. e credo sia una situazione molto difficile da districare. Va anche detto che non esistono soluzioni drastiche e basta. Ve ne sono di compromissorie e graduali. Forse è tra quelle che occorre cercare. I rapporti credo debbano cambiare, ogni certo numero di anni, per restare saldi e progredire. i rapporti in cui qualcuno non accoglie i cambiamenti, non coglie il desiderio di evoluzione dell’altro, non è pronto a cambiare un poco, o almeno a prendere in considerazione le possibili evoluzioni, magari sposando anche i progetti del compagno, sono destinati ad estinguersi. L’amore è come lo squalo: condannato a nuotare, perché fermo va a fondo.

          • C’è una traccia di egoismo nel voler adeguare il concetto di amore al proprio bisogno di cambiamento? Sono esperienze personali, non credo di avere il diritto di generalizzare il mio sentire, ma posso solo dire come mi sento io. Come dici tu, Simone, la soluzione drastica non c’è ed ogni strada è difficile e lunga, talvolta conduce laddove neppure sappiamo. Restare quel che si è e accettare il limite al proprio personale evolvere perché è più importante l’altro e quello che ti da l’altro, rispetto a quello che tu pensi di poter ottenere da te stesso: anche se fosse per tutta la vita.

          • fulvio accidenti, apri un fronte smisurato qui. sono temi che mi stanno a cuore enormemente, soprattutto negli ultimi tempi. occorre fare un grande lavoro di distinguo tra le due questioni. quel che ipotizzi è vero, anche…, ma è vero anche il suo reverse side, e cioè che vi sono alcune cose che stanno alla base della nostra evoluzione, che devono essere esperite, approfondite, spesso fatte, pena l’alienazione. Il fatto è che in un rapporto sano dovrebbe esserci spazio per quei cambiamenti, perché quel che tu dici alla fine vale anche per l’altro. Come può chi ti ama non condividere, non voler assecondare, non favorire, perfino, il TUO cambiamento? temi assai complessi…

      • e neanche noi siamo mai pronti. Non del tutto, almeno. Le scelte si fanno quando si è del tutto consapevoli e solo parzialmente pronti. L’alibi maggiore che ci creiamo è di non essere ancora pronti. Così si aspetta Godot tutta la vita.

    • Allora, domanda semplice e complessa. Di questioni private, come sai, parlo poco. Diciamo che sono sempre vissuto da solo, a parte la parentesi del mio matrimonio. E ho anche sempre condiviso l’amore con persone che vivevano da sole. Non so se ho fatto bene a far questo, ma diciamo che è andata così.
      Sic stantibus rebus il mio cambiamento di vita ha avuto un impatto inferiore a quel che tu tratteggi. Chi convive deve naturalmente condividere una eventuale scelta di cambiamento.
      Quanto alla solitudine certo che mi è pesata, ne ho sempre pagato il prezzo, che a volte è stato salato. Ma la solitudine vissuta positivamente, come risorsa scelta, è molto più gravida di doni che di sottrazioni. Solo nella solitudine si può creare, ad esempio. E tu puoi immaginare per uno scrittore cosa voglia dire. Per non parlare della ristrutturazione della casa, dello studio, delle sculture e via dicendo.

  9. Per tutta la vita ho fatto molte ( non tutte ) scelte non convenzionali. Ho rischiato molto, ma sono ora contento di dove sono arrivato. Probabilmente avrei potuto fare di più ma spesso bisogna considerare da dove si parte, l’ambiente di origine. Sempre, ho tenuto conto della mia insopprimibile necessità di avere del tempo libero. E ho scelto in particolare di disporre di una buona quantità di controtempo ( termine perottiano che amo ) ad indicare tempo feriale in cui, mentre gli altri lavorano, mi dedico alle mie passioni, soprattutto a contatto con la natura. Si deve essere disposti ad essere quasi sempre soli ma la solitudine cercata è una benedizione dell’ anima. Il controtempo è un tempo speciale, diverso dalla Domenica e dalle feste comandate. Leopardi lo sapeva ( “diman tristezza e noia recheran l’ore…. “ricordate? ). Un tempo che ha una misura diversa, talora ti dà perfino l’illusione di essere infinito. E hai la sensazione che in quei momenti possano succedere cose nuove, e speciali. La cosa più importante è che tutti giorni raccomando ai miei figli di osare di sognare, magari con i piedi ben piantati per terra. E di non rimanere a macerare in un’azienda, non dico dieci anni, ma neanche dieci mesi, prima di prepararsi a fare downshifting.

    • Credo sia saper e poter fare autenticamente, originalmente, profondamente ciò che serve per tentare di somigliare all’idea che si ha di sè

      • Ma potrebbe anche accadere che l’idea che si ha di se sia stantia.
        Chi siamo noi ?
        Basta l’incontro con la persona giusta per cambiare tutto.

  10. Grazie a Simone, e a voi che avete raccontato le vostre esperienze. Leggere queste righe, festeggiare virtualmente questo compleanno infonde coraggio anche a chi come me, sulla via della scoperta, ogni tanto cede ai dubbi, alla stanchezza e comincia a pensare “ma sì, ma chi me lo fa fare?! ma imbuchiamoci da qualche parte, stabiliamoci in qualche angolo e facciamo come fan tutti”. Io non so se è normale o sono io la pavida, ma a volte mi piacerebbe avere una vita più “”””normale””””, pur essendo cosciente che non c’è nulla di “””normale””” nel discostarsi dalla propria via e dalla scoperta di se stessi. Quindi brindo anch’io alla rinascita di Simone portando in dono non solo la gratitudine, ma anche l’impegno di andare avanti con coraggio, pensando alla sua testimonianza. E forse, sforzarsi di vivere quello in cui si crede e che si condivide, è il modo migliore per dirti grazie, Simone!

  11. Questo sì che è un compleanno che conta! Più del mezzo secolozzo sulle spalle! 🙂
    Non hai idea di quanto il tuo focalizzare su questioni come tempo, responsabilità personale, ma soprattutto perseveranza, essere monaci, essere inflessibili con se stessi , più ambiziosi, mi stia facendo riflettere, crescere.
    La motivazione di tutto ciò è il mio downshifting, ma mi rendo conto che si rivelerà qualcosa di più grande, più sorprendente. In questi anni ho allenato la mia costanza, in alcune direzioni i frutti li sto raccogliendo, in altre arriveranno e quando ci penso, oltre a ringraziare me stesso, ringrazio te!

    • Grazie Fabio. Ognuno di noi che tenta, con mille errori, con mille cadute, con mille contraddizioni, una via autentica, propria, originale, merita il grazie di tutti. Perchè testimonia la differenza. Il mondo morirà se la diversità non lo salva.

  12. 20 anni fa’ moriva mio padre.
    Tra 20 anni avrò l’età che aveva mio padre quando è morto.
    In 6 mesi se ne andò,da una gita al mare al letto di un ospedale il percorso fù breve.
    Sembra ieri,quando seduto al bordo di una fontana,parlando con un amico,avevo voglia di partire,di abbandonare il lavoro,di liberare me stesso;
    ero molto convinto, stimolato, determinato: riuscii solo a cambiare lavoro, non me stesso,non la mia vita, no non ce la feci, poi mi abbandonai alla routine di quel tempo.
    20 anni,questo numero mi sta entrando in testa, mi sta ossessionando,vorrei poter decidere di morire tra 20 anni, a 70 anni è assai probabile che accadrà,essere certo della data della mia morte dovrebbe darmi la forza di cambiare,di vivere la mia vita.
    Mi chiedo ogni mattina, cosa mi spinge ad entrare in un ufficio,
    sedere davanti ad una scrivania, fissare il vuoto,tormentare la mente di pensieri, compiere gesti meccanici,ripetitivi, parlare di cose vuote,svolgere compiti inutili.20 anni sono una buona quantità di tempo per fare di me quello che vorrei fossi,devo affrettarmi,la mia gita al mare non deve cogliermi di sorpresa prima che io possa compiermi.
    Grazie Simone.

    • Solo chi riesce a concepire la morte, la propria caducità, può occuparsi della vita, della sua propria esistenza. Dunque direi che questo pensiero che fai sia sulla buona strada. Senza angoscia, senza senso di colpa. Solo, anche senza trascinarsi. Buon vento Claudio!

  13. Ciao Simone …..leggevo di te e mi sembrava di leggere le stesse parole che io uso per raccontare la mia esperienza. Nel 2010 ho lasciato niente po’ po’ di meno un posto in banca…….sai quanti mi hanno considerata e mi considerano tuttora pazza o strana.
    Quando mi chiedono perché io rispondo “non di solo pane vive l’uomo”…….mai pentita ,nonostante le difficoltà e la precarietà ( che peraltro é la condizione naturale anche per chi crede di vivere certezze) .
    Mai pentita !!!!!

  14. Grazie mille Simone del tuo esempio di vita e del tuo libro, che mi hanno servito tanto per trovare il coraggio di anch’io poter lasciare il mondo aziendale e seguire i miei sogni
    Ho smesso di essere un mega dirigente di una multinazionale -con tanto di sicurezze economiche ma anche di privazioni svariate: mancanza totale di liberta di esprimere quello che veramente pensavo, di liberta di organizzare le mie giornate e di scegliere le mie compagnie, di usare la mia creativita, in somma, di essere me stesso.
    Adesso seguo i miei sogni, aprendo una piccola galleria d’arte a Miami. E anch’io non ci torno indietro. Non ho piu bisogno di perdere la mia liberta per comprarmi cose di cui non ne ho bisogno oppure, di avere dei grandi risparmi per costruire una illusoria sicurezza per un futuro che non arrivera mai. Cari saluti, Federico

  15. Il tempo vola, ricordo quando in piazza Castello a Milano ho raccolto il tuo libro scaraventato fuori dal finestrino di una Bentley con targa elvetica. Incuriosito del gesto stizzoso, lo raccolsi ed iniziai a leggerlo su una panchina del parco.
    Eh, si, il tempo e la libertà non hanno prezzo!

    Ciao spazzacamino!
    Vale

  16. Leggo questa tua riflessione alla fine di una lunga disquizione con l’amica di sempre, sulla felicità, sul lavoro, sulla vita. Cosa mettiamo sul piatto quando firmiamo un contratto con un’azienda? Sul piatto ci siamo noi, chiunque siamo. Sul piatto c’è la nostra libertà, i nostri sogni, le nostre otto, dieci, dodici ore rubate a noi. Quando prendi consapevolezza di questo, tornare indietro é impossibile. Il pensiero ti ronza come un ape nella testa. Perché abbiamo tutto e non siamo felici? Donne, del sud, con una carriera avviata, amici, macchina ma manca sempre qualcosa. La risposta è solo una… non è questa la strada giusta. Ricordo sempre una frase: “quando il Super Io si addormenta, l’anima si desta. Spiegati così i dubbi che si moltiplicano dopo le ferie di agosto, le feste di Natale, ecc. Simone, mentre leggevo i tuoi libri, non sai quante volte ho esclamato: È vero! Ha ragione! Era come se nella tue parole io ritrovassi i miei pensieri. Ho capito che è facile sognare, tutti sognano ma affrontare un sogno è una cosa difficile. L’uomo ha bisogno di sogni per vivere e come si fa ad accettare o rischiare che quel sogno possa diventare una delusione? Allora si trovano mille scuse, l’etá, la famiglia, il futuro ma la verità é una… ci vuole coraggio. Ah, si potesse comprare o trovare da qualche parte il coraggio, come nel Mago di Oz. Spero, un giorno, di averne abbastanza da cavalcare il mio buon vento. Buon anniversario Simone, buona rinascita, buon vento a te che Vivi e che ci fai sognare.

  17. Caro Simone, anche per me in questi gg. ricorre un importante anniversario e leggere il tuo post mi ha ricordato quel momento di 3 anni fa in cui con tutto il coraggio che avevo ho fatto downshifting e ho lasciato l’azienda. un grigissimo e umido pomeriggio di una milano, a gennaio, ancora semi-deserta dopo le feste. sembrava tutto lento, anche il battito del mio cuore. ero incerta, tutto poteva succedere e tutto infatti è successo, nel male, ma soprattutto nel bene. mi stavo aprendo piano piano ad una nuova vita, ad una nuova Monica – anche da un punto di vista fisico – che giorno dopo giorno ho conosciuto, amato e che non voglio più lasciare. alla donna che ero e che sono stata però devo dire grazie. per aver creduto in se stessa in uno dei momenti più bui in cui il fondo era stato toccato, per aver avuto la forza di lottare, di guardare oltre e di puntare al meglio anche quando nessuno credeva in lei. dove sarò domani non lo so, non importa, so che non sarò sola e che non ho mai avuto un attimo di pentimento, mai. anche quando a north beach a San Francisco il vento mi tagliava la faccia il venerdì sera o il capo era così duro da farmi inumidire gli occhi davanti ai clienti, in uno dei tanti lavoretti temporanei. erano momenti passeggeri perché comunque ne è valsa la pena e ne varrà la pena domani, in nome della libertà di potere scegliere del mio futuro. ognuno ha diritto al suo modo di vivere, ognuno è responsabile della propria felicità. io l’ho sperimentato sulla mia pelle e non l’ho più dimenticato.

      • grazie Simone, alla fine del 2012 quando stavo scegliendo e riflettendo sul da farsi, il tuo programma Un’altra vita – spero ne facciate altre edizioni prima o poi – mi ha dato ulteriori spunti di riflessione per capire a cosa stessi andando incontro. La colonna sonora della mia rinascita è stata la sigla finale…quella di Talocci… Buon vento anche a te!

  18. Sto facendo la pizza sul col mio nuovo fornetto estense che mi permetterà di risparmiare sull’elettricità del forno e la birra di questa sera sarà tutta tua! Buona vita Simone!

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