Vòltati

Kalymnos

Kalymnos, dopo venti ore

Ieri per venti ore ho sentito ffffhhh. Era la prua di Mediterranea che entrava nell’onda. Ricordo una telefonata, tanti anni fa: “Puoi portare una barca da Rodi ad Atene?” Dovetti rispondere di no. Guardai la scrivania, la finestra su via Moscova, il telefono emise un rumore simile: ffffhhh. Misi giù la cornetta per non sentire la prua del mio “no”. Ho ripensato a quella telefonata un’altra volta, uscendo dal porto di Madeira, rotta sulle Bermude, poi verso il Maine per non prendere di petto la corrente del Golfo, poi a sud ovest lungo il Massachusset, fino a New York. Era una cosa buona aver risposto “” alla telefonata seguente, anni dopo, e trovarmi lì. In quel momento a mezzo miglio dalla prua saltò un capodoglio. Sorrisi.

Ieri per venti ore, da Creta a Kalymnos, ho pensato qualcosa in più. Bene. Non è mai sano pensare le stesse cose al correre del tempo. E’ come quando salpi ma la barca non va: una cima, evidentemente, la trattiene. Puoi issare vela o dare gas, ma devi constatare che non ti sei ancora mosso da lì.

Il pensiero è stato che navigare a lungo non basta. Una constatazione che avevo già fatto, dopo quasi venti giorni di oceano, poco prima che la nebbia si alzasse dal golfo di Manhattan e io vedessi il Ponte di Verrazzano. Le emozioni non hanno a che fare con la quantità di tempo, né con la quantità di miglia, o di denaro, o di metri. Le emozioni non sono una faccenda che ha a che fare con la lunghezza. Anche se ammetto che il tempo serve, spesso, per l’evaporazione minima alveolare di cui la sensibilità ha bisogno per esprimersi. Insomma un po’ di tempo serve, ma il punto non è quanto. Bensì come.

Ieri per venti ore ho navigato da Creta a Kalymons, venti ore di Mediterraneo, contro venti giorni di Oceano. Il parallelo non è sensato, ma l’ho fatto. Tema notturno: la qualità. Molte considerazioni note, molte altre nuove. In piena notte ricordo di aver dovuto poggiare con decisione di fronte a un’isola nera. Una rotazione del maestrale, venti gradi, che impedivano il passaggio a ovest. Quell’isola disabitata, un po’ sinistra, nera, mitologica, austera, mi ha fatto pensare all’Atlantico, e a molte altre cose. Laggiù neppure un’isola a impedire la rotta, semmai isole a bordo, inevitabili. Niente da guardare, sfilandola, dopo aver manovrato.

Dov’è l’isola che devi aggirare? Dov’è l’ostacolo sulla rotta che il giro del vento ti spinge a superare diversamente da come avevi pianificato? Un ostacolo a bordo non lo puoi superare, in mare sì. La prova è che devi poterti voltare, guardare l’isola che si allontana, capire che non è più una minaccia, poi di nuovo guardare a prua, verso la tua meta. E’ in quel momento che puoi sorridere

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12 pensieri su “Vòltati

  1. Un’astacolo a bordo puoi solo affrontarlo.
    Il voltarsi al passato e guardare al futuro e il più grande privilegio dell’essere umano.
    Il mare insegna che esiste sempre un’orizzonte e che nulla è più sconfinato del vivere.

  2. Parliamo dell’Ostacolo a Bordo.
    Credo che gli elementi per sapere se c’è o meno li abbiamo tutti.
    Non si tratta solamente di percezioni. Anche se nette.
    Ma anche fatti.
    Che se scollegati non portano a niente. Messi accanto, nel tempo, nell’emisfero dei coinvolgimenti allora si che ti “autorizzano” ad avere un’idea e, poi, a sapere.
    Ecco.
    Avere la lucidità, l’umiltà di accettare quel “sapere”. Definirne non solo i contorni ma l’essenza.
    E decidere.
    Se poggiare o orzare.

  3. Non tutti i mari si fanno attraversare.
    Non quando il mare è dentro di te, quando le onde ti fanno paura, quando sei andato avanti così, un po’ per inerzia.
    E forse non riuscirò a farle le scelte giuste, anche se alcune poche, sì, bellissime, sono segni di felicità quotidiana, ma semplice, non straordinaria, le cose di ogni giorno.
    E poi ci sono le parole, che aiutano a dare forma, a scontrare la confusione sei sensi.
    Leggere dei tuoi viaggi mi emoziona, partire è quasi una nascita ogni volta, sempre diversa per luce e mare e cielo, e anche se fossero uguali, tu sei diverso, ogni respiro la carne si è trasformata,lo spirito si è spinto più in là.
    Grazie Simone e grazie a chi veleggia qui a cercare di specchiarsi nell’acqua del proprio mare personale.

  4. Caro Simone, ti ho visto solo un paio di volte, quando ancora facevi cose di bisiniss. Eri un “partner” di non so quale azienda. Abiti impeccabilmente indossati e scarpe lucide. Non ho idea di quanto guadagnassi ma di certo non due lire. Ora ti leggo per caso qui. Che cambiamenti in questa vita.

    • Caro Robert, impeccabile non me l’aveva mai detto nessuno, ero sempre un po’ trasandatelo. Poi le scarpe…. abbastanza sporche sempre. Quanto ai soldi guadagnavo bene, alla fine si. Tu forse mi hai conosciuto in BCG. Ma di certo oggi tutto diverso… ciao!

  5. Urka, che bel racconto di vita vissuta…
    Ricordati sempre che tutto ciò che hai conquistato è stato ottenuto con la volontà e la costanza in unione con intelligenza e buon senso.
    Oggi raccogli i frutti maturi del tuo lavoro di anni, godendoteli e condividendoli diventando punto di riferimento per molti.
    Gustatevi un pasto a base di pesce inneggiando alla serenità!
    Ciao
    Vale

  6. Sai qual’è il problema, Perotti? Il problema è quell’ostacolo a bordo, quello che non puoi superare, perché viaggia con te. Quello che sta lì, e non si muove. E sai perché non si muove da lì? perché non sai che c’è. E se ti volti, hai perso.

  7. Quando leggo le tue parole, Capitano, sono sempre più contenta di aver fatto domanda per salire a bordo..Oggi a Andros è tornato Sud-ovest, dopo Nord-est sporco assai…i miei pomodori ormai sono legati come salami.
    Buon vento

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