Non benissimo

(uno, due, tre… voltati)

Nel periodo in cui uscì il mio primo romanzo ero solito attaccare verbalmente l’icona dello scrittore italiano (e non solo) che si presenta sempre disturbato, confuso, incapace di parlare all’indicativo, falsamente timido, schivo. Nei salotti, alle presentazioni o alle interviste, mi presentavo sempre sorridente, dichiaravo tutta la mia presunzione alla vita, imitavo la macchietta ripiegata su se stessa del collega di turno, facevo affermazioni sprezzanti sulla letteratura del nulla, quella del disagio metafisico fine a se stesso e del mondo interiore come luogo esclusivamente infernale. Una nota addetta stampa editoriale, che aveva molto amato il mio romanzo, mi disse un giorno: “Non credo a una parola di quello che dici”. E mi freddò.

Non rinnego una serie di quelle mie tirate anticonformiste (assai esilaranti e tra le cause, insieme al mio individualismo anarchico, di un certo immediato isolamento dagli ambienti letterari), ma non ho mai dimenticato le parole di V, l’addetta stampa. Da allora, ad ogni passo nella vita in cui ho rasentato, o almeno costeggiato, sentimenti come la follia e il nulla, l’inadeguatezza e il nonsenso, ho ricordato quella frase gelida, letale, pronunciata in una notte milanese paradossale in cui ne capitarono di tutti i colori. Lei, va detto, aveva occhi un po’ languidi, adorava la Nothombe e si avvolgeva in modo inconcepibile in grandi scialle color melanzana. Sta di fatto che in due o tre occasioni in cui ho seriamente dubitato dei miei mezzi di reazione e avevo perduto l’orientamento, sono stato sul punto di constatare che aveva ragione.

Dal lato sinistro delle mie convinzioni, ad ogni modo, non mi sono mai spostato sul lato destro delle convinzioni di V.. Ho capito, tuttavia, quel che voleva dire: chi lavora nell’arte, chi disegna, scrive, scolpisce, traccia note su uno spartito, “non sta benissimo”. O finge oppure non è un artista, cioè non si pone le domande che tutti evitano, non ha il coraggio della sofferenza di quell’orrore, non lo percepisce, o non lo sa comunicare, e il risultato è, per dirla con Kafka, che non fa letteratura (che secondo il genio praghese è “una scure con cui squarciamo gli oceani congelati nel nostro intimo”). Il punto (l’ho capito con gli anni) è: come continuare a scrivere “senza finire giù dal burrone”. Ci pensavo oggi, quando una persona, che non deve stare benissimo neanche lei, mi ha inviato un commento non corretto ma molto raffinato (e sfacciato) su Rais: “Bora non esiste, è la proiezione della parte femminile di Dragut, che lui partorisce per non impazzire. E tu, come ti senti?”.

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9 pensieri su “Non benissimo

  1. Buon compleanno Simone! Io ne faccio 50 il prossimo 3 gennaio…e non va benissimo ora..mi spaventa un po questa sorta di passaggio. Ma come un detto ebraico le olive devono essere portate al frantoio,schiacciate per fare olio.per le lampade di luce.. Auguri di un altro anno splendido e pieno di soddisfazioni.

    • Grazie Carla. Il mio primo anno dopo il mio primo mezzo secolo. Un grandissimo anno… così pieno di cose… così pieno di rinascita… splendido. Un anno da ricordare. Del resto c’è dentro il 16, che insieme al 21 sono due numeri buoni per me. Sempre dopo il più influente dei numeri nella mia vita, il 28. Oggi.

  2. Se Bora non esiste, capisco bene Dragut. L’amore perduto. A volte bisogna dare un nome a ciò che ci brucia dentro. Per un uomo può essere una donna che non tornerà, lontana dalla realtà, ferma nel passato, una sorta di primo amore; una cicatrice a cui si da la colpa di tutto che magari non è collegata a niente.

    • Esiste Bora… è rara, a volte introvabile, inaccessibile, e occorre l’ardimento di un pirata per scovarla e raggiungerla. Ma esiste. Come l’amore.

  3. Non ho letto Rais, non ancora. Leggo i frammenti che recupero nei post e mi cerco nelle parole che leggo, ritrovando pezzetti sparsi di me. O almeno li vorrei trovare. Come sto… Non sto. Non sto né malissimo (oddio, a volte sì, ma non si può dire, nessuno ascolta e non piace a nessuno vederti stare male), né tantomeno benissimo, che non so neppure cosa voglia dire, da una vita.
    So che vorrei vivere, davvero. Ma mi manca quella chiave per avere la possibilità di aprire qualcosa. Troppe porte sbattute in faccia non mi danno il coraggio di affacciarmi alla vita. L’ultima troppo violenta, troppo pesante. Da schiacciarti sotto. Ecco come sto. Come una convalescente che non sa se riuscirà a guarire. Guardo gli altri che vivono e dentro mi si scatena l’inferno per non riuscire a essere niente di quello che mi piacerebbe vedere. Non sto benissimo, no davvero.

    • Credo di capire. A volte c’e’ solo dastringere i denti. Però senza mai momenti belli non va bene.. che idea ti sei fatta di una cosa che ‘nenache ti ricordi piu da quanto’?

  4. Un due tre…Stella! Tu stavi spalle al muro e un due tre stella! Ti giravi e gli altri bambini, che si dovevano avvicinare per prendere il tuo posto di ‘stella’, dovevano rimanere immobili. Se perdevano l’EQUILIBRIO, dovevano tornare indietro…E quindi …Si allontanavano dalla vittoria.
    Fantastico! Mi hai fatto ricordare quei momenti. Ci ho giocato tanto nel mio cortile…Eravamo in tanti e ci divertivamo un sacco…Ridevo a crepapelle! Molta malinconia… Non avevo mai pensato che questo ‘gioco’ potesse rappresentare, in qualche modo, una metafora della vita…Se perdi l’equilibrio, non vinci… Che parodosso! Quando invece, per ‘sentire’, per diventare un vero artista, è quasi d’obbligo fare percorsi alternativi, non percorrere solo la strada maestra…Andare in controtendenza… Già…Pagando un prezzo, a volte troppo alto…Tra follia e nulla…A grandi falcate verso il baratro….E un’eterna eco: ‘chi sei tu veramente?’. Chi stai prendendo in giro? Cosa vuol nascondere? Quanto c’è di vero in quello che dici, che pensi, che scrivi? Parossismo.
    Quando ho provato a fare un confronto tra Betta e Bora, avrei voluto spingermi oltre…Sono due estremi … Come il meno infinito e il più infinito…Nel mezzo ci stanno tutte le possibili soluzioni all’incognita… Tutte le vite che avremmo potuto (dovuto?) provare a vivere. Tutti quei tentativi che non facciamo… Perché abbiamo paura… Orrore del ‘nulla’, follia del ‘troppo’…
    Nel mezzo forse non ci sta (o non solo) la mediocrità…Forse ci sta una virtù…Una sola, quella che abbiamo in dote, che è il nostro ‘potenziale’…

    E io, come sto? Non benissimo.
    Grazie.

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