L’opera critica

Sotto rotta, ma resistendo…

Il marinaio non può accettare la deriva. La deve conoscere, misurare, fare ogni cosa per ingannarla, correggerla. È, come diremmo in sede letteraria, critico verso di essa. La deriva è la spinta laterale, o comunque il perturbante della rotta, che “deriva”, appunto, dal flusso dell’acqua, dalla corrente. È dove l’acqua va, dunque dove andrebbe anche lui, sopra alla sua barca-vita, se non governasse. Per questo deve contrastarla, tranne il raro caso in cui coincida con la sua prua, cioè praticamente mai.

Se c’è una cosa che il marinaio sa, è che non deve lasciare in bando le vele, né abbandonare mai il timone. Ciò che lo porterà al sicuro, al termine del suo viaggio per mare, deriva soprattutto da quello, unitamente al calcolo di ogni agente deviante. Ogni cedimento alla corrente, ogni rilassamento nel contrasto alle forze agenti del vento e del mare, ogni sottovalutazione dei fuori rotta e delle loro cause, a meno che non sia voluto, lo pagherà con ore, miglia, e patimento. O con un atterraggio sbagliato, dove non voleva arrivare.

Utile prestito concettuale dalla marineria alle nostre vite. La corrente del mare, la direzione dove tutto viene spinto senza governo, la conosciamo. La nostra direzione, invece? Si spera anche quella… Possiamo dunque assumerci la responsabilità di condurre la nostra prua o di lasciarci trasportare dovunque. Tutto, tranne una barca sotto rotta e timone, segue quella corrente: tronchi, particelle d’acqua, alghe, relitti, e in larga misura pesci e migrazioni. È facile, basta smettere l’atteggiamento critico (dal greco κρίvω: distinguo), dare per buono quel che avviene, non escogitare, ad arte, alcuna contromisura, sedersi, lasciarsi portare, senza fare alcuna differenza. La scelta di navigare è una continua, minuziosa, caparbia opera critica, un eterno distinguo tra ciò che avverrebbe naturalmente e ciò che occorre far capitare. Un imperituro, voluto, divertito contrasto alle forze di massa. Marinai, dunque. O naufraghi. Una scelta.

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13 pensieri su “L’opera critica

  1. Lo so apparentemente non c’entra nulla con tutto il discorso, ma te lo devo dire,
    spaghetto della consegna: una favola!!!!! e pian piano provo tutte le altre ricette.
    Lo aggiungerei alla procedura d’emergenza, quando hai trovato dove fare scalo e prima di riparare la barca o dopo aver fatto gli elenchi di ciò che hai/ti manca e prima di fare il tuo progetto. Non ti dico grazie, ti abbraccio 🙂

    • ahah bello. grazie Rossella. Ne sono onorato. Mangiare male, in una vita già così breve e talvolta insensata, mi pare davvero eccessivo. Un caro buon appetito.

  2. Eh, si, la forza della natura e della scemenza…
    Bisognerebbe spiegarlo anche tanti poveri disgraziati che mettono pure a repentaglio la vita dei soccorritori, regalano dispiaceri ai famigliari e creano pure danni ingenti.
    Marinai di vita, sempre!
    p.s. parola di ex vigile del fuoco.

  3. Bellissimo post…chiaro e profondo…certo che la vela é una bella scuola di vita a quanto sembra…poi fra capire certe cose e saperle rendere così bene con le parole ce ne corre….

    • L’uomo contro qualcosa di molto più grande di lui. Questo è la navigazione. Ricordando sempre le parole di Conrad: “il mare non è mai stato amico dell’uomo. Tutt’alpiù il complice della sua inquietudine”.

  4. Ok. Guardo la mia barca che fa acqua e guardo il mare. Non sono marinaio esperto, anzi improvvisato per forza. Vorrei raggiungere un porto che non posso. Guardo ancora il mare e sento l’acqua alle caviglie. Ce la farò?
    Grazie per il tuo aiuto di marinaio vero.

    • La procedura d’emergenza prevede, tassativamente:
      – individuazione della falla o del punto d’infiltrazione
      – assunzione di un’andatura che consenta di prendere mare dalla parte opposta alla falla, se possibile, dunque con l’andatura minimizzare l’afflusso d’acqua
      – adoperarsi per quanto possibile e in base ai materiali e agli strumenti a disposizione per minimizzare o risolvere il problema
      – individuare il riparo più vicino e fare rotta lì per fare scalo e lavorare alla barca

      Se ci pensi, anche qui, perfettamente calzante con ciò che dovremmo fare. Tante, tantissime persone vedo che, nonostante la falla, continuano imperterrite per la rotta che ritengono giusta e inevitabile. Ma la barca, che imbarca acqua, attende l’applicazione della procedura qui sopra. La rotta di una barca con un serio problema di navigazione non può essere la stessa di prima che il problema venisse individuato o insorgesse.

    • non sentirti male. siediti, prendi un caffè in un luogo bello, dove stai bene. prendi carta e penna, fai elenchi di cose che hai e di quelle che ti mancano. Per “cose” non intendo oggetti, naturalmente. Poi, come l’Apollo 13, con quel che hai vedi cosa ci puoi fare. E vedi come acquisire quel che ti manca lavorandoci. A quel punto fai un progetto. Ci vogliono anni? Ma non sono anni perduti! È quel che avresti dovuto fare da principio, cioè vivere, appunto. Ed è un’ottima notizia che lo stai finalmente facendo. Su quella strada non ci sono sconfitte, solo cose che riesci a fare e cose che non riuscirai a portare a compimenti. E quella, che ti piaccia o no, sarà la mappa della tua storia. Ma, finalmente, autentica.

  5. Già Rais mi aveva, in vari punti esaltata, mi sono allontanata pensando a un euforia passeggera..
    Ma ora leggo queste righe, dove vedo rappresentati al meglio i pensieri e le riflessioni che la vela mi ha comunicato.. e allora ancora una volta ringrazio di cuoreSimone Perotti per la sua penna di marinaio.

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