Ieri sono tornato con la mente all’attacco dei Fiori del Male di Baudelaire. Non so perché, stavo guidando. Sono corso a prendere il testo, eccolo qui sotto. Amo molto questo saluto iniziale della sua famosa raccolta. Capovolge la retorica classica della captatio benevolentiae, l’incipit con cui gli autori cercavano d’ingraziarsi il lettore, facendo ricorso alla sua clemenza del giudizio. La capovolge e spara tutto subito ben chiaro in faccia a chi volta pagina. Gli annuncia subito che tra queste righe non si faranno sconti, si andrà giù, in fondo, dentro, dove nessuno vuole spingersi, dove stanno le cose vere, quelle che, proprio per questo, non si dicono. Lo amo perché tocca due o tre aspetti centrali dell’uomo, di noi tutti. Gli snodi.
Leggetelo, con lenta e concentrata sincerità. Se, contrariamente a quel che sostiene il grande poeta, ne siete capaci (contro ogni evidenza). Perdonatemi se non mi trattengo dal mettere in grassetto i punti che ritengo essenziali, i temi e i passi chiave di tante delle nostre vite, messi così a nudo, detti così chiari. Soprattutto una parola, un po’ arcana, ma splendida anche per la sua metafora, al primo verso, in cui la lésina, l’avarizia, non è certo riferita ai soldi, ma al nostro modo avaro di vivere…
AL LETTORE
Stupidità e peccato, errore e lésina
ci assediano la mente, sfibrano i nostri corpi,
e alimentiamo i nostri bei rimorsi
come un povero nutre i propri insetti.
Son testardi i peccati, deboli i pentimenti;
vendiamo a caro prezzo le nostre confessioni,
e torniamo a pestare allegri il fango
come se un vile pianto ci avesse ripuliti.
Sul cuscino del male Satana Trismegisto
lungamente ci culla e persuade
e l’oro della nostra volontà,
alchimista provetto, manda in fumo.
È il Diavolo a tirare i nostri fili!
Dai più schifosi oggetti siamo attratti;
e ogni giorno nell’Inferno ci addentriamo d’un passo,
tranquilli attraversando miasmi e buio.
Come il vizioso in rovina che assapora
il seno martoriato di un’antica puttana
arraffiamo al passaggio piaceri clandestini
e li spremiamo come vecchie arance.
Dentro il nostro cervello, come elminti a milioni,
formicola e si scatena un popolo di Demoni;
la Morte, se respiriamo, nei polmoni
ci scende, fiume invisibile, con sordi gemiti.
E se stupro o veleno, lama o fuoco
non ci hanno ancora ornato di gustosi ricami
il trito canovaccio del destino
è solo, ahimè, che poco ardito è il cuore.
Ma in mezzo agli sciacalli, alle pantere, alle linci
alle scimmie, agli scorpioni, agli avvoltoi, ai serpenti,
ai mostri guaiolanti, grufolanti, striscianti
del nostro infame serraglio di vizi,
uno è ancora più brutto, più cattivo, più immondo!
Senza troppo agitarsi né gridare,
vorrebbe della terra non lasciar che rovine
e sbadigliando inghiottirebbe il mondo:
è la Noia! – Occhio greve d’un pianto involontario,
fuma la pipa, sogna impiccagioni …
Lo conosci, lettore, quel mostro delicato,
– Ipocrita lettore, – mio simile, – fratello!
La Compagnia della lésina.
Avari. Spilorci. Aggiungo pigri.
Di sguardi, di sorrisi, di stupore, di curiosità, di immaginazione, di iniziativa.
Ché se una cosa la immagini significa che la puoi fare, se la vedi che esiste ed è anche tua, se ti stupisci che sei ancora vivo e certamente puoi osare.
“Ci vuole azione, non movimento”, diceva un visionario amico mio.
Sottoscrivo!
Booom Simo!!!!! Che botta!!!
Per il livello di introspezione che agevoli con le tue riflessioni……… grazie!
Ciao Simone, grazie per la condivisione di queste righe. E grazie anche a Leonardo per lo spunto di riflessione.
Nel mio piccolo provo a condividere alcuni pensieri che ho scritto qualche anno fa, durante un viaggio tra le steppe e i deserti della Mongolia.
“è scomodo il nulla
perché non ti distrae
e in silenzio ti urla
che sei minuscolo
anche se sei ricco
anche se hai il bidet
perché se ci sei dentro
e non sai chi sei veramente
può essere davvero scomodo
accorgerti d’un tratto
che sei tu quel nulla che ti annoia”
Dura e spietata constatazione. Che nessuno fa. Ma spesso è così.
Wow
Sono fermamente convinto che la noia scaturisca dalla non accettazione della tua condizione di vita e da una tua, ipocrita, presunzione di meritare più degli altri, di essere più degli altri.
non colgo immediatamente, dunque interessante. Ci penso.