Severino, caro… Ciao.

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È scomparso ieri Severino Cesari, uno degli editor più attenti e raffinati dell’editoria italiana. È stato protagonista di alcune delle iniziative editoriali più interessanti del nostro Paese. Leggete di lui, se ne parla dovunque oggi, un personaggio fuori dalle logiche di potere, sempre dietro le quinte a scoprire talenti, testi, intuire temi, idee, parole.

Scoprì anche me, tra le tantissime cose – di ben maggior profilo – di cui fu artefice. Era il 1993, scrivevo probabilmente dal ’74, da bambino, un mucchio di pagine che a non avevo mai avuto il coraggio di inviare a un editore. Sentivo che non avevo mai avuto nulla di compiuto da mostrare. Almeno fino a quel testo, “Zenzero e Nuvole – Manuale di nomadismo letterario e gastronomico“, così strano, anomalo, diverso da qualunque altro, di difficile collocazione in qualunque collana. Cercai per giorni in libreria, tra mille pubblicazioni, per capire quale fosse l’editore giusto, capace di pubblicare un manoscritto così, fatto di racconti e ricette gastrosofiche (guarda un po’….), che per primo mescolava viaggio, esotismo, filosofia, letteratura, erotismo, cibo. Ne selezionai tre, tutti piccoli editori ma che si erano molto segnalati per dinamismo, innovazione, acutezza, coraggio: Theoria, Transeuropa, e il terzo non lo ricordo, dovrei vedere sui miei appunti dell’epoca.
Decisi che avrei inviato tre buste, a distanza di un mese l’una dall’altra. Ma ne inviai soltanto una, a Theoria, che con la sua collana “I Ritmi” anticipava l’impostazione di Einaudi Stile Libero. La ricevette Severino, che con Paolo Repetti era giovane editor. Fui la sua ultima scoperta per quel marchio, perché dopo poche settimane furono entrambi incaricati di svecchiare il marchio torinese dello struzzo e aprirlo ai giovani.

Lavorammo insieme al manoscritto, io e Severino. Mi chiese di togliere e sostituire un racconto, che riteneva inadatto. Facemmo insieme l’editing parola per parola. Fu il mio primo emozionante contatto con l’editoria. Tornavo a casa dagli incontri con lui pieno di dubbi, meraviglia, sogni, immagini. Il milione di lire che prevedeva il mio contratto non lo vidi mai, ma non per colpa sua, che non si occupava di amministrazione e non era il proprietario della casa editrice. Ma cosa me ne importava! Tutto, per me, era cominciato. Il sogno di un bambino si avverava.

Poi le strade si separarono. Lui e Paolo annusarono con grande intuito il sopraggiungere del pulp e del trash, uscì “Gioventù cannibale”. Nonostante fosse tutt’altro genere, vollero comunque il mio primo romanzo per Einaudi, dove intanto avevano traslocato. Nella lavorazione compresi che mentre Severino amava molto quel testo e riteneva il mio “Stojan Decu” giusto così, Paolo voleva far virare quel romanzo altrove, secondo il gusto del tempo. Gli editor lo fanno, e meno male! Per un autore è essenziale trovarsi a dover difendere o a modificare un testo, fa parte del processo creativo. Io all’epoca lavoravo tanto, ero sotto stress, sempre negli USA e implicato in mille responsabilità, ammetto di non essere stato per nulla lucido. In una “drammatica” telefonata, a contratto già firmato, ci salutammo male (“non morirete senza Perotti, io non morirò senza Einaudi”) e quella sera ebbi la sensazione di aver fatto la più grossa cazzata della mia vita. Avevo seguito molte delle indicazioni ricevute, ma oltre non volevo andare nella modifica al mio romanzo. Per me era concluso e giusto così. Severino, pur senza tradire i doveri di casa editrice, era d’accordo con me. Il romanzo uscì con Bompiani, tre anni più tardi, dopo un’ennesima mia rilavorazione a seguito della lettura e dei consigli ricevuti da Claudio Magris, che lo lesse e lo amò. Einaudi andava a gonfie vele, io pubblicavo quel primo romanzo con un editore tra i migliori del Paese.
La mia profezia, com’era ovvio per Einaudi ma non così ovvio per me, si avverava.

Tornammo in contatto anni dopo. Severino stava già male. Mi telefonò un giorno all’improvviso: “Il tuo blog è splendido. Lo leggo ogni mattina, mi aiuta a sognare, a immergermi in un bel mondo di pensieri. Te la sentiresti di selezionare i pezzi migliori e farne un libro?”. Avevo notato che condivideva spesso su Linkedin quel che scrivevo…
Ma poi scomparve di nuovo. Seppi che si era aggravato. O qualcuno lo dissuase dall’idea di quel libro. Chissà. Gli scrissi due o tre volte, ma non ebbi risposta.

Di certo su “Zenzero e Nuvole” Severino non si era sbagliato. Quel libro fece tre edizioni con Theoria e poi altre due o tre, non ricordo, con Bompiani. Ventimila copie vendute. Fu seguito da un vero filone di genere, quello del racconto meticcio, in cui si mescolano storie e cibo, contemporaneità, noir, suggestioni, di cui Zenzero e Nuvole fu l’apripista (prendete “Afrodita” di Isabel Allende, che [con il dovuto rispetto] pare il clone, per capire cosa intendo). Ad ogni modo, molti che mi leggono oggi mi dicono che mi conobbero con quella raccolta di racconti, già sugli scaffali di casa loro fin dal 1995. Insomma. Oggi per me se ne va un inizio.

Devo a Severino Cesari una delle cose più importanti: aver ricevuto quella busta da un ragazzotto sconosciuto, averla aperta, e aver letto con attenzione, senza rifiutare un testo anomalo, diverso dagli altri, mai veduto prima, da editor aperto alla novità, concentrato nel cogliere tra le pieghe dell’inconsueto le tracce di un possibile mondo letterario presente. Cose importanti. Quanti come lui, oggi?

Grazie per questo, Severino. E buon viaggio dovunque ti trovi.

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6 pensieri su “Severino, caro… Ciao.

  1. Caro Simone, seguo il tuo percorso già da un po’. Il tuo post su S.Cesari mi ha fatto ripensare…
    Nel mio piccolo ho fatto una modesta scelta che dovrebbe permettermi col tempo di scendere dal treno in corsa, o almeno, di vedere la società e il mondo del lavoro da una prospettiva leggermente diversa.
    Inoltre, e qui c’entra questo post, mi piace scrivere, e pur non avendo quella passione e la determinazione che hai e hai avuto tu, mi piacerebbe concretizzare qualcosa.
    Io scrivo soprattutto poesie, e i miei tentativi di pubblicare qualcosa ricevono puntualmente la seguente risposta: “In Italia le poesie non si vendono”.
    Ahimè, sentire questo nel paese che ha dato i natali a Ungaretti, Quasimodo, Montale e Alda Merini fa tristezza per non dire sgomento.
    Io comunque proseguo nel mio percorso, grazie anche alla spinta che esempi come il tuo mi danno.
    Ciao.
    Sandro

    • Lo so Sandro. E lo stesso vale per i testi teatrali e altre forme di espressione editoriale letteraria. Si legge poco in Italia, e il mercato editoriale deve tener conto, coi pochi soldi che ha, di ciò che il pubblico preferisce. Per la poesia, forse, bisognerebbe lavorare su un testo in cui si crede davvero tanto, autoproducendolo e poi promuovendolo su youtube, i social, etc. Un tempo queste opportunità neppure c’erano, forse oggi vanno considerate. A valle di una certa diffusione, probabilmente, sarebbe più possibile agganciare un editore tradizionale. So che non è facile, ma pur di promuovere i miei versi io farei così. Scrivere implica che altri leggano, è necessario all’autore che si diffondano i suoi scritti, ed è bene per il lettore poterli avvicinare. Difficile che chi non scrive capisca questo passaggio. Ma anche qui, bisogna andare avanti con caparbietà… Ti auguro tutto il meglio per i tuoi versi. Un uomo che scrive poesie, o racconti, se crede in quello che fa, se dedica tempo, sudore, impegno, come un artigiano, per costruire parole buone, piene, che abbiano valore, fa bene al mondo. Lo rende migliore. Io starò sempre dalla sua parte, e mi dispiace molto quando tanti mi chiedono di aiutarli non poterlo fare (o farei solo quello, anche ammesso potessi).
      ciao.

  2. Simo, le note tristi di questo pezzo, sono superate dal calore e dalla stima che emergono nel bel rapporto che descrivi tra te e Severino Cesari.
    Io mi permetto di rivolgerti un’esortazione: perchè non raccogliere quella sua ultima intuizione di fare un libro selezionando alcuni post del nostro (oramai si può dire “nostro”) meraviglioso blog? Tanto più che, come sai, sono sempre a chiederti una serie di racconti dal fienile dell’anima, (certo mi ripeto e ci sta che essendo “felicemente architetto”…. io proietti un pò di questo amore per lo spazio in uno dei miei scrittori prediletti !), però, al di la di tutto, credo che sia davvero un peccato non raccogliere in un libro, gli spicchi di quotidianità che ragali. Scrivi benissimo, sei espressivo, sei preciso come un chirurgo, condividi il blog con intensità… eddai pensaci !!! …Se anche Cesari ti ha fatto questa proposta…. Un saluto a te Comandante.

    • Raffaela, ciao. Chi lo sa, vedremo. Ho due o tre progetti in lavorazione, sto scrivendo tantissimo. Ma alcuni brani piacciono anche a me. In alcuni passi, forse, mi pare di essermi avvicinato all’obiettivo sommo, descrivere l’invisibile, l’indescrivibile. È questo che dà senso al lavoro di composizione. Ciao!

  3. Grazie Simone per questa testimonianza. Ho letto poco fa il ricordo personale su Severino Cesari scritto da Giacomo Papi su Il Post. Lo segnalo perché racconta un editor raro…

    • e raro era, in effetti. passione per testo, idee, autori, percorsi. quel che un editor deve sempre essere. e ripeto la domanda alla fine del mio post: quanti, oggi, così?

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