Una settimana dura. Questioni personali. Lo vedete, non sto scrivendo, né qui né altrove. Dunque dovrò rivedere quello che sto dicendo e pensando, a mente fredda. Ma scrivere, comunicare, farlo professionalmente, a volte perfino come fosse una “missione”, non è come tenere un diario personale. Implica una certa quota di sacrificio e di impegno. Per questo, eccomi qui, ci provo, anche macinando sassi.
Sono a Gibilterra. Un limite, una porta. Qui Vandali, Ostrogoti, poi arabi per 650 anni (!), poi spagnoli (che fecero la “Reconquista” di qualcosa che non era mai stato loro), francesi, inglesi, e ora ogni altra cosa. E Genovesi, che dal XVI secolo ai primi del Settecento erano quasi la metà della popolazione. Commercianti, naturalmente, ma anche pescatori d’alto mare. Nel 1753 i genovesi erano il gruppo più grande della popolazione civile di Gibilterra. Fino al 1830 l’italiano fu usato tra le lingue ufficiali. Oggi i cognomi liguri restano il 20% del totale.
Qui la lingua ufficiale è l’inglese, ma i gibilterrini usano il Llanito (pronuncia “Yanito”), un miscuglio di dialetti andalusi e inglese con molte influenze liguri. L’arabo è parlato dal 7% degli abitanti. Insomma, un bel miscuglio. Molto “mediterraneo”, se si vuole. Non è un caso che nel mio grande viaggio io sia venuto qui, non è solo un transito obbligato per Lisbona.
Eppure, in questo momento, sono nel New England, o in qualche porto a fiordo inglese. Lo potete vedere bene dalla foto. Il clima qui è umido come una colonia britannica, ma senza il sole dei tropici, semmai le nebbie del Sussex. La “consistenza fiscale” di questa comunità richiama valori e principi del tutto anglosassoni. Denaro. Marchi di griffe importanti. Grattacieli. Tabacco e alcolici free tax. TV che mandano incessanti le partite del Liverpool. Eccessi serali di gente troppo dedita a sballarsi bevendo e urlando. Un ubriaco, ieri sera, che tentava di raggiungere la sua barca, barcollando (appunto…) sul molo.
Grazie Simo. Sento che è grave, ma sono molto felice che tu stia bene. Grazie davvero di avermi risposto. 🙂
tutto bene. arrivare preparati alle cose è molto importante. ciao!
L’ignoranza non è tutta uguale.
Il termine “meticciato” si riferisce alla divisione in caste della società delle colonie spagnole nelle Americhe. Viene dallo spagnolo “mestizo” e portoghese “mestiço”.
In questa divisione in caste, che esiste ancora, le persone venivano valutate in base alla combinazione dei tre elementi, europeo, nativo americano e africano.
Al vertice c’erano ovviamente gli europei purosangue, poi gli incroci tra europei e nativi, poi i nativi, poi gli incroci tra europei e africani, poi gli incroci tra nativi e africani e in fondo gli africani, che arrivando come schiavi erano al livello dell’animale domestico.
Ovviamente c’erano anche le “n” sotto-combinazioni, dove si andava a misurare il quarto e l’ottavo.
L’idea del “meticciato” come società ideale multicolore dove sono tutti diversi e tutti uguali, a parte l’ovvio paradosso, NON ESISTE DA NESSUNA PARTE, per esempio tutti dovrebbero sapere che a Cuba la classe dominante è quella dalla pelle chiara e tratti somatici europei e a scendere, più la pelle è scura e i tratti somatici africani, più si tratta di poveri e subalterni.
Del resto, la gente non sa che Mussolini nacque poverissimo, figlio di un fabbro e una maestra elementare, mentre (cito):
“Ernesto Guevara nacque a Rosario, nella provincia di Santa Fe, il 14 giugno del 1928 da un’abbiente famiglia borghese, primogenito dei cinque figli (tre maschi e due femmine) di Ernesto Rafael Guevara Lynch (1900-1987), un imprenditore argentino di origini basche ed irlandesi, e di Celia de la Serna (1906-1965), un’attivista politica e femminista militante, atea ed anti-clericale, proveniente da un’agiata famiglia parte della cosiddetta “oligarchia del bestiame argentina” di remote origini basche, spagnole “. E lo chiamarono “che” perché ripeteva di continuo l’equivalente del nostro “cioè” quando parlava.
Fidel Castro era figlio di latifondista, trasferitosi a Cuba dalla Galizia (Spagna), il quale era giunto in America senza niente, aveva cominciato a lavorare come taglialegna e a poco a poco aveva comprato della terra e creato una piccola fortuna. Una cosa estremamente improbabile per un non-europeo, appartenente ad una casta inferiore. Castro ebbe però la sfiga di essere nato fuori dal matrimonio e quindi, coi suoi fratelli ugualmente “illegittimi”, fu relegato in una posizione “cadetta”, pur facendo sempre parte della “borghesia”.
Direi che bisogna stare attenti a quello che si desidera, perché lo si potrebbe ottenere.
Consentimi, Lorenzo, non ho capito molto del tuo intervento. Puoi spiegarmi meglio cosa intendi?
Ho ricevuto la tua spiegazione, ma non la pubblico. Hai un tono e fai affermazioni che io non consento verso di me o comunque in questo blog. Se e quando avrai pazienza e garbo di darti una calmata e di comunicare con il rispetto dovuto, senza abuso di nervosismi e di giudizi sommari, volentieri riprendiamo il dialogo. Tu e molti come te avete del tutto frainteso l’uso del web. Questa non è la cloaca dove gettare le vostre nevrosi. Prima ci si dà una calmata, si rispetta il tono di una normale discussione, poi si comunica. Si finisce in un getto-suburra così, prima o dopo. Anche perché spesso chi si esprime così su una tastiera poi generalmente è un coglione senza coraggio de visu.
Eh. In effetti non si capisce bene dove si volesse andare a parare…pur avendo un leggero presentimento…
Mamma mia Comandante, ci fai preoccupare ! Spero non sia nulla che riguardi la salute. Ma che sia un accadimento, che per quanto grave e doloroso, il tempo e l’elaborazione personale aiuterebbero a risolvere. Buon vento !
cose della vita, che è fatta anche del suo opposto. io sto bene. ciao!
qualche episodio spiacevole può sempre capitare simone, ma sono sicuro che si tratta di un posto supendo