Vivi nascosto


Da Benedetto da Norcia in avanti, la tradizione eremitica rifiutava la vita nella sua completezza. Il ritiro su una montagna o in un deserto, senza comunicare, nutrendosi appena, era in un certo senso “contro” la vita, contro le sue derive viziose, contro i suoi piaceri, ed era tutto orientato alle privazioni terrene e alle pratiche meditative ascetiche. Diciamo che quella cultura lasciava trasparire un certo odio verso gli altri uomini e verso l’esistenza che conducevano.
Il “lathe biosas” di Epicuro (“vivi nascosto”), invece, era tutt’altro. Nasceva dalla convinzione che la solitudine e in generale l’uscita dal caos del consesso umano, consentisse di “vivere di più”, assaporando maggiormente il piacere intero della vita. Se apparentemente il pensiero di Epicuro si muove nella stessa direzione di quello antichissimo degli anacoreti, in realtà parte da premesse e punta verso obiettivi assai differenti, di estremo amore per la vita.

Qualcuno sostiene che questa nostra epoca sia pervasa da un ampio problema di solitudine. Io la penso all’opposto. Constatiamo un diffuso isolamento, che però è “lo stare soli imposto” dagli stili di vita e dalle regole sociali dominanti, in cui ognuno bada a sé e non si accorge, “non vede” l’altro. Di contro, tentare di “stare da soli per scelta” è molto difficile. Scegliere è difficile, sempre, qualunque cosa, perché le rapide della routine ci vengono a prendere anche se tentiamo di nuotare nelle anse, anche se cerchiamo le acque calme di un rivolo laterale. Eppure è necessario. È necessario il silenzio prolungato, per sentire la propria voce interiore, è necessaria una periodica inattività, per rilassare mente e corpo, è necessario il lavoro manuale da soli, perché è una pratica meditativa, è necessario lasciare spazio al pensiero senza che il rumore lo intimorisca e lo devi su argomenti inessenziali, perché è l’unica via per la costruzione originale di idee, è necessario lo studio che si compie in solitaria, perché quella concentrazione è strumento altissimo per la comprensione, è necessario vivere nella natura, perché noi ne siamo parte e solo essa ci consente “il ricongiungimento”, è necessario praticare ciò che si ama (che siano vizi o abitudini o propensioni) misurandosi solo ed esclusivamente con se stessi e con ciò che quelle pratiche possono generare, è necessario seguire il filo variabile di un’alimentazione che si confaccia con precisione alle esigenze psicofisiche e al fabbisogno energetico di ciò che stiamo effettivamente facendo, di giorno in giorno, perché altrimenti non può esserci armonia tra mente e corpo.
Si potrebbe continuare a lungo.

Se c’è un’epoca in cui il pensiero di Epicuro del “lathe biosas” torna prepotentemente di attualità è questa. Non è semplice restare esseri umani in mezzo a questo rumore, a questo sciamare inutile e non finalizzato e al suo continuo “falso movimento”. Le persone che ci incontrano, quando sono in equilibrio, notano che non abbiamo pensieri, che non abbiamo energia, passione, idee nostre, che siamo in ansia e che quel rumore e quella promiscuità non finalizzata e non sensata ci hanno devitalizzati. Serve tempo, modo, luoghi, condizioni adeguate per sentire risorgere la nostra creatività e il desiderio di incontrare il mondo. Dopo.

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20 pensieri su “Vivi nascosto

  1. Ciao Simone, molto bello l’articolo che hai scritto.
    Vedi, io penso che gli antichi avevano capito molto bene concetti che a noi “giovani” sfuggono parecchio.
    Noto in giro un’infinità di persone incapaci di stare da sole, che si tuffano in relazioni sinceramente inutili, con persone che non hanno niente a che vedere con loro.
    Il risultato è un’unione dubbia, che lascia perplessi gli spettatori che si domandano quindi il perché di tutto questo.
    Molti si lasciano e si rimettono con velocita’ rapidissima, quasi spaventati dall’idea di dover avere un confronto con se stessi.
    Così mi vengono in mente anche amicizie false alla fin dei conti evitabili, o ancora persone che si sforzano di piacere e primeggiare davanti a gente che non li considera nemmeno.
    Ma quello che mi affascina ancora di più del vivi nascosto, è il concetto velato che si nasconde. Oggi tutti noi puntiamo alla fama, ma averla a cosa porta?
    Alla mancanza di privacy; ai vari nemici; agli invidiosi; ai falsi.
    Cosa ci dicevano i greci già nel V secolo a.C? Con lucidità ci dicevano: “Guarda che il gioco non vale la candela, quindi agisci senza dare troppo nell’occhio e goditi la vita senza ostentare troppo quello che hai”.
    In poche parole: ” tieni un profilo basso”.
    E conseguentemente: “Fai credere agli altri che sono migliori di te, così non ti daranno fastidio”.
    Sono passati 2500 anni, ma direi che è un consiglio decisamente d’oro e attuale…

  2. Condivido un mio modo di restaurare equilibrio. Ogni sera cerco di andare a letto quando non ho ancora troppo sonno. Nel buio e silenzio totale, lascio correre i pensieri, cerco di migliorarli se ne ho la forza. Sciolgo la tensione nel corpo e faccio pace con la vita affidandomi anche talvolta a Dio e ai miei cari defunti. Per me è un toccasana.
    Lo stesso la mattina appena sveglio, provo a fare in modo che avvenga tutto in automatico, senza forzare troppo i tempi. Naturalmente non puoi mettere la sveglia 1 ora prima di scendere ma almeno 2 ore…
    I giorni in cui vado a letto o troppo sfinito o troppo euforico è come se in riuscissi a scaricare le tensioni e di conseguenza ne riporto traccia nei giorni successivi. Ora non ci crederete ma questo mini rituale lo porto avanti, spontamente, dall’età di 15 16 anni… Ritengo fondamentale ascoltarsi, il nostro corpo fa di tutto per tenerci in salute e felici, ogni campanello è un segnale che stai trascurando qualcosa.
    Grazie Simone

  3. Quando nessun essere umano
    ti cerca
    vai a bere a una fontana,
    accarezza un albero,
    guarda le cose che stanno nel mondo
    come se il tuo sguardo potesse salvarle.
    Esci, cammina,
    ricordati che prima di morire
    puoi fare cose impossibili
    impensate.
    Sono tornati i miracoli.

    Franco Arminio

  4. A me poace molto la conclusione a cui era arrivato il protagonista di “into the wild” “la felicità è reale solo se condivisa” . Il fatto è che per condividere nel profondo ci deve essere un senso si integrità e la capacità di stare da soli. Credo che di solitudini ce ne siano almeno 3 tipi: La solitudine coatta (che è quella degli eremiti), la solitudine sana che è di quelli a cui piace la compagnia, l’isolamento che è degli evitanti

    • Molto interessante la tua tripartizione. Forse semplifico, ma credo che la gran parte di noi abbia fatto esperienza della solitudine subita, quando non siamo in equilibrio, e di quella vissuta, succhiata, leccata, quando siamo in armonia col nostro mono interiore. Ma ci penso ancora. Grazie.

  5. anche se non ho problemi a stare da solo, apprezzo comunque la compagnia. e non parlo solo della compagnia di amici vicini conoscenti o parenti, anche attaccare bottone con una ragazza in treno oppure sul tram è bello; mi sento bene dopo, anche se la cosa è finita li. e a proposito, scusatemi se sono andato fuori tema

  6. “Non è semplice restare esseri umani in mezzo a questo rumore, a questo sciamare inutile e non finalizzato e al suo continuo “falso movimento”. “

    Condivido queste parole pregne di significato e che descrivono bene i nostri tempi.
    A mio modo di vedere racchiudono tre temi cardine tra loro correlati: lo sciamare inutile, il falso movimento e…restare essere umani.
    Ogni giorno non c’è un rumore di fondo ma un caos assordante che ci avvinghia tutti 24 ore su 24 e ci bombarda di input eccessivi di ogni genere, tutto questo in un apparente movimento convulso che però spesso non ci fa progredire ma al contrario rischia di lasciarci immobili, paralizzati. Rimanere esseri umani in questo denso magma intriso di cinismo, falsi miti e falsi ideali non è facile e, come dici tu, richiede un enorme sforzo individuale. Solo chi trova il carattere e la capacità di Scegliere e Decidere quale vita vivere, secondo la propria coscienza e indole riesce a non farsi avviluppare dalla corrente del fiume in piena del qualunquismo e del conformismo.
    Concordo che per ottenere ciò servano una forte personalità e una necessaria dose di stacco, astrazione. Un wash out periodico e costante che ci permetta “Dopo” di reimmergersi nella quotidianità senza lasciarsi annientare e rimanere se stessi.

    • Chissà Robero se questo wash out periodico che tu immagini sia la via migliore…. Avessimo problemi al fegato, ci consiglierebbe mai il medico una depurazione periodica per poi ricominciare imperterriti a bere troppo, mangiare fritto etc? Forse invece, al di là della terapia iniziale, ci consiglierebbe di cambiare alimentazione…

      Ma questo è un dettaglio tattico. Condivido la lettura che dai dei tre termini chiave. Anche per me sono così, o meglio, lo erano. Il fatto è che per tanti già questa semplice constatazione è difficile, troppo incastonata nel rumore e nel caos per essere facilmente estrapolabile. Ciao.

  7. Ciao Simone,
    tempo fà avevo coniato un termine per indicare il concetto dell’esperienza del vivere ampie porzioni della propria vita in solitaria.
    Solitarietà era il sostantivo che avevo scelto per i concetti che tu qui hai espresso.
    Parliamo chiaro, nel nostro intimo la natura del vivere è esperienza individuale e fin quanto le nostre menti non saranno condivise, (tra pochi secoli?) il nostro approccio alla realtà che viviamo è essenzialmente declinato al singolare.
    La pratica dello stare soli sia da considerare come elemento “necessario” per raggiungere la pienezza della vita.
    E’ necessario fermarsi, staccarsi dal vortice sociale, e ritovare la nostra natura di persona con emozioni, percezioni e sentimenti, cose queste che solo in momenti di “solitarietà” possono emergere.
    Tempo in solitudine per scoprire e conoscere l’essenza della nostra mente.
    Esperienza propedeutica di consapevolezza che migliora la persona e prepara all’incontro con l’altro, con il tuo simile, con la collettività e con la società.
    Giancarlo De Noia

    • A me solitudine piace. Ma anche solitarietà è bello. Certo, in italiano, la “solitudine” è negativa e basta. Questo ce la dice lunga…

  8. Grazie per questa riflessione. Dobbiamo a noi stessi il contatto con la natura, poi anche con i nostri simili certo, ma non trasciniamo in giro la vita facendone una stucchevole estranea , come consiglia kavafis. ..inevitabile il collegamento!

  9. Ogni tanto, ora che abito nel bosco e la casa più vicina è a qualche chilometro, beh quella casa è ancora troppo vicina, perché mi scoccia passare di là e sapere che una mia coetanea dietro le tende mi spia per vedere, gufando, se ce la faccio. Cara gufa, sono qui quasi sempre sola, da tre anni, e allora dai, ammettilo anche tu che ce l’ho fatta e molla ‘sta tenda!
    E sono solo al punto di partenza di una nuova… non direi gara ma gita. Sono al primo capoverso del capitolo “Dopo”, come scrivi tu.
    Qualche volta, per qualche istante, tutta questa libertà autogestita in solitudine, mi si riversa contro come un cane rabbioso facendomi paura, e mi chiedo ad esempio se quella commessa ben pettinata che lavora all’erboristeria in centro storico, che sta al caldo d’inverno, al fresco d’estate, che non sa cosa significhi la miscela al due, a volte, ebbene sì, mi chiedo se non stia meglio di me. Poi scendo a Bassano per andare in posta e non posso parcheggiare gratis. Orrore. Del parcheggio blu e di me che mi metto in dubbio.
    Ho cercato “consesso”: adunanza solenne di persone ragguardevoli. Se fossero ragguardevoli a mio modo, non ne scapperei.

  10. Ho letto con interesse questo post e lo apprezzo molto.
    Più che vivere nascosto (non devo scappare da nessuno), cerco sempre di smarcarmi da tutto ciò che genera fastidi inutili e perdite di tempo, impegnandomi nel far funzionare il cervello, captando novità, cose da imparare e sopratutto ascoltare, arte ormai dimenticata da troppe persone.
    Ottima anche la considerazione di Sandro.
    Buon di

  11. Auspico per tutti noi, a te ed anche a me, una vita nascosta dagli inutili impegni della vita mondana, ma sempre esposta al vento.
    Sandro

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