L’élite della sensibilità

In margine all’articolo di Baricco sullo “scollamento tra élite e gente”. Con un brano di Pasolini per darci una mano.

Chi urla sa finalmente chi è, sa come si chiama: è un Arrabbiato. Chi non urla, chi non dà di matto e non dà per assunto che dare di matto sia lecito, legittimo, perfino trendy… cos’è?
Ecco. È membro della Nuova Élite. Candidato, che lo voglia o no, a capire, elaborare, agire.

Quando tutti sbroccano, quando la società dà la stura ai suoi liquami intellettuali più maleodoranti, quando per le vie invase di cassonetti in fiamme c’è chi si bea, si sente a casa, e con l’alterco sul web o l’eccesso sui social prova una sorta di appartenenza… Quando la pressione è tale che deve sfogare necessariamente nel non ascolto, nelle liturgie delle frasi fatte e delle definizioni eterodirette, insensate, brutte, ripetute… Allora chi ne ha ancora, chi non è ancora esaurito, chi ha mantenuto o raggiunto finalmente un briciolo di equilibrio deve salire al potere col pensiero, deve elaborare strategie, soluzioni, visioni. Per sé, almeno. Anche se ogni volta che si usa la mente, che si usa il cuore, non è mai soltanto per sé.

Buona visione.

Share Button

27 pensieri su “L’élite della sensibilità

  1. Un po’ in ritardo, lascio un commento a questo bel video il cui contenuto principale condivido convintamente.
    Uno dei motivi per cui tutti quei bravi intellettuali degli scorsi decenni non hanno “sfondato” nelle sensibilità é da ricercarsi nella rigidità ideologica che caratterizzava quei periodi. Rigidità ideologica che in ultima analisi ha una madre conosciuta: il suo nome è guerra fredda.
    Non possiamo idealizzare un passato nel quale per troppi anni l’unico modello proposto come alternativa al capitalismo era inequivocabilmente (secondo me) di gran lunga peggiore.
    Non può darsi che sia proprio questa dicotomia radicale senza alternative (spesso avallata dagli stessi intellettuali – certo non Pasolini ovviamente -) ad aver prodotto l’attuale deserto valoriale?
    Siamo certi che il pensiero critico di allora fosse abbastanza indisciplinato e disallineato rispetto a quel conflitto culturalmente devastante?
    Insomma, quel pensiero critico era abbastanza critico?

  2. Vi è anche un altro elemento, non trascurabile, di scollamento tra l’elite e la popolazione in genere: è l’innalzamento progressivo della stupidità umana.
    Tutto ciò è supportato da casistica clinica datata e si è capito che tra i fattori di deterioramento, l’inquinamento ambientale è tra le cause principali.
    Ieri sera il buon Riccardo Iacona in Presa Diretta ha spiegato chiaramente il problema con un ottimo servizio anche se a tratti inquietante.
    C’è da stare abbottonati, come si dice a Milano…

  3. Ciao Simone,
    è stimolante questa riflessione sull’elite di riferimento.
    Mi permane un dubbio grande, perché individuando l’elite della sensibilità hai risolto (a mio avviso) il problema del pubblico a cui rivolgersi, che però è un problema (perdonami la ruvidezza) tuo.
    Rimane il problema generale da cui eri partito nella riflessione, se nei decenni scorsi dove c’era un’intera comunità intellettuale, culturale e politica ma anche popolare che si opponeva ad un sistema come farà l’elite della sensibilità a modificare ad avversare questo mondo che ci porta alla disumanizzazione? Visto che questa elite non ha un habitat ad essa favorevole, anzi.
    Poi un dubbio, spesso nei tuoi post (non molto nei libri) si leggono parole come obiettivi, bilanci, etc. termini propri della finanza o marketing. Mi chiedo: non credi che per battere questo sistema noi si debba anche eliminare dalla nostra vita non solo le azioni che lo alimentano ma anche le parole che ne fanno la narrazione?
    Grazie,
    Nicola

    • Ciao Nicola. Grazie.
      Entrambi i punti sono interessanti.
      Riguardo il primo credo che ciò che auspicava Pasolini riguardo il “nuovo” interlocutore non si sia realizzato perché quella “Nuova Élite” ha mancato il suo appuntamento, non si è fatta soggetto vero del cambiamento, non è diventata élite, appunto. L’élite deve pensare, guardare oltre, e poi cambiare testimoniando. Questo, il nuovo proletariato, non l’ha fatto. Anzi, ha atteso fuori dalla porta del Capitalismo consumista sperando che qualcuno lo facesse entrare, sollazzandosi come poteva nel “divertentismo” che gli veniva offerto. Panem et circenses, cioè quello che gli era sempre stato dato nella ciotola.
      Per la natura diversa dei tempi e dei soggetti coinvolti, auspico invece che questa “Nuova Élite”, sebbene non sia ancora consapevole del suo ruolo/potere/responsabilità, possa cogliere nel tempo l’appuntamento inevitabile con la storia.

      Quanto al secondo punto sarei meno drastico. Solo le dittature vietano le parole, perché le temono. Io le uso, sono linguisticamente meticcio, contaminato, come lo erano i miei nonni che parlavano Sabir e noi tutti che parliamo una lingua che è tra le più meticce del pianeta. E poi ti dirò, nessuna cultura va mai rifiutata integralmente. Nessuno sbaglia tutto. Io mi avvalgo di alcuni aspetti metodologici utili della cultura manageriale. Non butto tutto. Butto moltissimo, soprattutto nelle finalità e nell’etica, ma non tutto. Le parole non devono fare paura, non tutte sono brutte, dipende chi le usa, come le usa, e cosa vuole dire davvero.

      • Ciao Simone,
        grazie per la risposta.

        L’appuntamento inevitabile, non sono così ottimista sull’inevitabile. Penso che potremmo ritrovarci a piegarci, adattarci sino a raggiungere le profondità dei libri di Orwell.

        Per il lessico, ottima osservazione sulle dittature e sul loro negare le parole, però il marketing (ambiente in cui lavoro) con le sue parole riempie il vuoto col tutto, spinge alla perenne competizione, alla massima prestazione, all’imperativo.
        Non vorrei che la prestazione fosse una cosa importante anche in chi vuole scendere dalla giostra.
        Nei cammini di Santiago trovi chi di sbatte in faccia le sue esperienze di 5 o 6 cammini percorsi, di centinaia chilometri al mese o al giorno. Quando sento ciò penso che stiamo sbagliando qualcosa ancora una vola.
        Bilanci, obiettivi e compagnia bella mi piacerebbe venissero sostituiti, come non so, ma per chi scrive potrebbe essere un bel esercizio.
        Ciao,
        Nicola

        • “Quando sento ciò penso che stiamo sbagliando qualcosa ancora una vola.” La frase di Nicola mi fa venire in mente una riflessione: il canto ammaliatrice delle sirene arriva anche da dove non te lo aspetti. Anche una ricerca “di maniera” di spiritualità può essere fuorviante, quando non autentica, e rischia di vanificare una spinta sacrosanta ad affrancarci dal puro materialismo. E così la “nostra” Nuova Elite deve combattere, per non lasciarsi blandire, oltre che il “Divertentismo” insito nella cultura degli aperitivi, dei social, delle spa, delle automobili cazzute e dei centri commerciali, anche in quella dei santoni e del misticismo un tanto al chilo.
          Forse sono uscito un po’ dal tema…..???
          Un saluto a tutti.
          Sandro

  4. Pasolini parla di decentramento.
    Oggi piu’ che mai viviamo in un mondo dove chi sta sopra domina chi sta sotto in tutto e per tutto. Piu’ si va verso la digitalizzazione di tutto, piu’ questo controllo sulle masse aumenta.
    Piu’ aumenta il controllo, cioe’ piu’ viene centralizzato il potere e meno diventa efficiente questo mondo. Il modello piu’ efficiente e’ quello decentralizzato, basti pensare ai cantoni svizzeri. Il potere li’ riesce ad avere il feedback necessario per intervenire . Cosa ne possono sapere da Roma della realta’ di Bolzano o Caltanissetta ? Cosa ne puo’ sapere Trump delle favelas ? e’ disumano tutto questo.
    E riguardo il tuo pensiero caro Simone, mi sento di dirti una cosa : l’uomo si illude di poter dirigere tutto e tutti col suo cervello, con i suoi pensieri. La sua vita, le vite degli altri.
    Alla fine gli sfugge sempre qualcosa.
    La realta’ e’ che siamo dominati dal caso e dal caos.

  5. Siamo come i lemmings, la faccia e’ attaccata al sedere di quello che sta davanti (o sopra) di noi…ci illudiamo di essere ‘superiori’ ad animali e piante.
    La realta’ e’ che siamo poco piu’ che bestie, se non altro per il nostro ‘potenziale’ , ma questo ‘potenziale’ appunto rimane tale perche’ non lo usiamo mai.
    Ed e’ difficile usarlo in condizioni di benessere, figuriamoci quando c’e’ in ballo la sopravvivenza…li’ viene fuori tutto il nostro istinto animale…
    Il dramma di oggi e’ che abbiamo enormi leve a disposizione che potremmo far saltare il pianeta per aria. Siamo seduti su una bomba a orologeria…

    • Non so. Può essere. Ma noi siamo condannati a provaci, tentare di capire e governare tutto ciò che possiamo. Ciò che sfugge ok, va accettato. Ma deve sfuggire dopo che abbiamo tentato il tentabile per governato. Altrimenti è una specie di resa.

    • in sintesi, penso che non sia affrontabile il tema del risultato assoluto, ma quello del risultato relativo. Penso che un uomo, una donna, non si compiano se in assoluto diventano o fanno o hanno impatto con idee e testimonianza, ma se in relativo riescono ad avere impatto e a compiersi. La domanda è: “il mio assoluto, dunque relativo rispetto al tutto ma assoluto rispetto a ciò che sono io, qual è? Il mio 100 di strada, di vita, di cambiamento, di esperienza, di energia, qual è? Se è da qui a lì, che magari il mondo neanche se ne accorge, beh, io da qui a lì devo andare, per coprire quel 100 di rotta”.

  6. Simone,
    a questo punto vorrei consigliarti di ascoltare una canzone che è più di una canzone.
    “La verità” di Brunori. È molto più di una canzone è qualcosa che nella musica, nell’arte, come dici tu, manca da troppo tempo.

  7. scusa simone ma secondo me sei troppo pessimista. intanto, il messaggio degli intellettuali di un tempo(pasolini, bianciardi, ecc)non è passato perche in quell’epoca la gente confondeva la sobrieta con la poverta; in quasta epoca si è risciti finalmente a far capire a tanta gente che la sobrietà è una cosa, la povertà un’altra. per quanto riguarda gli intellettuali, è vero che non abbiamo piu pasolini e bianciardi, però abbiamo te, silvano agosti, massimo fini, barricco, pallante, e tanti altri, forse meno famosi ma non meno importanti. e poi smettere di lavorare non deve essere un obbligo nella vostra filosofia, perche questo piò spaventare alcune persone. io cambierò sicuramente vita, ma per adesso sto bene dove sto, poi, con calma vedrò dove andare e cosa fare

    • Assolutamente no, certo. E chi mai lo ha sostenuto!? Io ho fatto quella scelta. Ma ho detto infinite volte che ognuno farà quel che ritiene. Quel che conta non è la risposta, ma la domanda.
      Certo che no dunque…

  8. OK Simone credo tu abbia centrato (individuato) la tua élite, quella a cui ti rivolgi intendo, e modestamente sento, spero, di farne parte. Da esperto di comunicazione quale sei, hai capito il modo per arrivare a lei.
    Ciò che non mi convince è il metodo di Pasolini che intendeva rivolgersi alla classe operaia se non analfabeta poco istruita, dimenticando che la comprensione della sua scrittura e dei suoi discorsi è spesso difficoltosa anche per chi ha buone basi di partenza.
    Forse dirò una sciocchezza ma è qui che vedo lo scollamento del filosofo con la realtà di quell’epoca.
    Saluti

  9. Grazie del contributo Simone,
    ho ascoltato attentamente e rabbrividisco sempre quando sento persone che parlano di “massa anti-democratica”. Proprio in questo periodo così confuso di condottieri che si mettono alla testa delle masse, che non indicano una strada da percorrere ma si immedesimano nel “popolo”. Ma come? Sono elite essi stessi e fanno finta di non esserlo? Fanno di tutto per sembrare popolo e sono terrorizzati all’idea di non piacere alle loro masse sconfinate di elettori.
    Questa non è democrazia, è vero.
    Penso che per un intellettuale. oggigiorno, già è estremamente difficile sopravvivere. Lo vedo anche io, in famiglia non si legge più. Io compro libri, li prendo in prestito, mi informo da più fonti. I miei familiari sono immersi in quella melma a cui tu accennavi.
    E’ disperante ma bisogna sempre cercare la verità, scavare la patina che confonde, la nebbia che pervade. Con amore di verità e ricerca di miglioramenti. Continuiamo, facciamo piccoli cambiamenti ogni giorno.
    Daje.

      • Quello che intendevo anche dire è che tutti noi dovremmo cercare punti di riferimento che ci indichino un percorso. Le elites dovrebbero essere rappresentate da soggetti di alto valore morale e intellettuale, nel senso migliore del termine. Invece va per la maggiore il tipo “ruffiano”. Come potrà evolversi la società in questo modo?
        Per nessuna ragione! Vivo anche io questo sconforto. Cerco miei simili ovunque. Ma ci sono, ci sono, anche nelle nuove generazioni. E’ che fanno meno rumore…

        • Hai ragione. Ma forse questa “nuova élite” ha la facoltà di fornire a ognuno di noi un piccolo pezzo, ma in tanti. Quel rendere periferico, localizzato, il messaggio, cui fa riferimento Pasolini è chiaramente una prefigurazione del web. Pensa quanto era avanti. Ma quella nuova élite siamo noi. Nessuno saprà dire “tutto” come lui, ma ognuno dei resistenti, degli “ostinatamente in ascolto” dirà un millimetro del metro che ci serve. Sarà una sorta di “open source”, per questo siamo, siete, sono… preziosi.

  10. Grazie Simone,
    ho ascoltato tutto il video e il frammento di Pasolini che scuote le coscienze di tutti noi e che andrebbe posto a manifersto di una nuova società.

    Per quanto riguarda la cosidetta massa sono d’accordo fino a un certo punto con Pasolini…chi sta dentro la massa perché è nato nella merda deve essere comunque rispettato e Pasolini stesso mi sembra che nei fatti lo facesse sporcandosi le mani.

    Non è dato a tutti emanciparsi dalla propria condizione e per certe situazioni, purtroppo la stragrande maggioranza, non credo ci sia speranza.

    Per quanto riguarda Baricco, come dicevo nell’altro post, non ho visto il suo intervento e sicuramente sono stato un po sbrigativo…l’ho cercato in rete ma non sono riuscito a trovarlo.

    Buona vita a tutti,
    Mauro

  11. Un saluto a Simone e a tutti quelli che leggono.
    A me sembra evidente che l’intellettuale (puro) ricopre un ruolo e che il suo “lavoro” è quindi un mezzo e non un fine. Sono osservatori, sufficentemente sociologi, e critici della società in cui sono immersi ma difficilmente sono portatori di esempi e comportamenti attivi finalizzati al recupero delle distorsioni di cui parlano. Per questo non hanno sortito nessun effetto gli intellettuali anni ’60-70, come dici nel video.

    Totalmente d’accordo con te quindi nel prospettare e divulgare “porta a porta” la nuova e luminosa idea del cambiamento da questa modalità di vivere che ci viene suggerita o dialetticamente approfondita da élite di persone che si conoscono, comunicano e sopratutto condividono la quotidianità non solo in rete.
    Persone che reagiscono non incazzansosi con tutti e su tutto ma che cercano di sperimentare un nuovo e diverso approccio alle cose con un atteggiamento personale costruttivo.
    Il discorso alle masse evidentemente non funziona, piena sintonia quindi con Pasolini.

    Rifletto spesso sulla tua idea portante del fatto che è dall’individuo che deve germogliare la nuova visione e che tale visione deve essere da esempio non tanto per la massa ma per il tuo prossimo che a sua volta contagierà i suoi vcini.
    E’ banalmente coerente e vero il fatto che un individuo migliore compone una società migliore.
    Questa idea però, apparentemente semplice e facilmente bollabile come “individualismo” è invece quanto di più vero si possa elaborare quando si immagina una società fatta di individui in cui ognuno con il proprio fare e pensare porta avanti l’esperienza umana.

    • Da quell’assioma non si esce. La grande bufala è “uno vale uno” . Il fatto è che senza pensiero, azione, coraggio “uno non vale niente” . Mentre invece con la responsabilità, con la consapevolezza, “uno vale tutti” . Ciao!

  12. Eh, si, le tue considerazioni riguardo le élite rispecchiano i tempi rispetto al passato.
    Negli anni del dopoguerra e del boom economico vi era molta più voglia di vivere, edificare, progettare, realizzare, i valori come il rispetto e la dignità primeggiavano rispetto all’ indecenza attuale ove tutti possono ragliare come gli pare in forma spudorata.
    Ora vale tutto ed il contrario di tutto, le regole si interpretano e non si rispettano, gli imbecilli pretendono di misurarsi con i più competenti, tanti fenomeni ed arroganti, molti urlano e pochi sanno ascoltare ed osservare rinunciando a riflettere, l’editorialista con decenni di esperienza spesso è attaccato da persone che non hanno né arte né parte ecc ecc.
    In queste condizioni vince la confusione, l’arroganza, il cretinismo ed il peggio dell’espressione umana in genere.
    Di fronte ad un quadro realistico simile, diventa veramente arduo intraprendere un percorso rinascimentale di massa, mentre le élite minoritarie quindi persone curiose, intelligenti, intraprendenti, desiderose di progredire individueranno percorsi e stili di vita alternativi rispetto al frastuono attuale.
    Continuiamo a progredire nella quotidianità cercando di imparare qualcosa di nuovo allenandoci a non mollare all’insegna della mediocrità imperante.
    Forza e coraggio siano con noi.

Rispondi a simone Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.