La Via

Posted by Simone Perotti on Sunday, April 26, 2020

Ho scritto questo testo intorno al 29 marzo scorso. La Pandemia infuriava, tutto pareva alla fine. L’ho intitolato un po’ fortemente… “La Via”. È quasi un Manifesto. In fieri.
Ditemi cosa vi suscita.
Ma non ditemelo tra molto, il tempo stringe. Io sono già all’opera.
Pensateci. Adesso.

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49 pensieri su “La Via

  1. Complimenti e grazie per l’analisi chiara, lucida e mirata della situazione che tutti stiamo vivendo
    Diffondo e condivido con tutti gli amici che sono in sintonia con noi

    • Grazie Bianca. Specifica che è la prima parte di 4. in poco più di una settimana le pubblicherò tutte e poi pubblicherò anche il pdf.

  2. La via è un’ottima diagnosi della malattia principale della società industrializzata, nobilmente accompagnata dall’importante raccomandazione a non immaginare soluzioni basate su un qualsiasi ritorno al passato.
    Ma la via vuole essere anche una terapia, e qui la mia ammirazione scivola dal piano razionale a quello emotivo. Da oltre dieci anni rispetto e in gran parte ammiro l'”adessobastismo” perottiano, ma il disegno complessivo di un mondo perfetto in cui, dopo avere abbattuto il totem del profitto, si compia la pace perpetua, senza armi e senza egoismi colpisce solo il mio cuore, ma lascia la mia testa piena di perplessità.
    Bene il richiamo alle responsabilità individuali, ma l’abbattimento del capitalismo (perchè in ultima analisi di questo si tratta) senza il rischio di distruggerne anche i tanti vantaggi è una sfida troppo grande per la mia prudenza e per il mio gradualismo “socialdemocratico”.
    Il discorso sarebbe troppo lungo per un commento politico, che tralascio, ma vi è anche un vizio filosofico/antropologico, direi quasi zoologico, nella prefigurazione idealistica della futura società “perottiana”. E qui bisogna distinguere fra chi crede che la natura umana sia quella descritta da Rousseau oppure quella descritta da Hobbes. Io purtroppo parteggio per il secondo, limitatamente all’analisi, non certo nella parte propositiva. L’uomo, in regime di sovrappopolazione, rimane un animale egoista, in cui l’istinto di sopravvivenza dell’individuo (e del clan, sia essa famiglia, sia altro tipo di comunità), prevale sull’istinto di sopravvivenza della specie. Ho scritto “in regime di sovrappopolazione” forse per lasciare aperto un barlume di ottimismo, ma in realtà se è vero che Homo Sapiens Sapiens sia in gran parte responsabile dello sterminio dell’uomo di Neanderthal, temo che in fondo, non appena l’alternativa fra i due istinti sia sottoposta a un qualche stress-test, l’individuo, la famiglia, il clan, vengano sempre prima della specie (per non parlare del rispetto e della cura per gli ecosistemi e per l’equilibrio del pianeta).
    Un mondo senza (grandi) guerre forse sarà possibile, ma un mondo senza armi, non credo e non sono nemmeno certo di desiderarlo (anche Pisacane o Duccio Galimberti hanno avuto bisogno di usarle….)
    La buona notizia è che, come ammette anche lei, Perotti, la nostra epoca è forse la migliore, fino ad ora. Due sono gli errori da evitare: 1) credere fideisticamente che tutto continuerà magicamente a migliorare e 2) distruggere i meccanismi attuali in modo talmente radicale da compromettere i fattori di progresso che tali meccanismi hanno prodotto.
    Epicuro ha detto: se puoi mangiare, bere e coprirti dal freddo puoi essere un uomo felice. Io credo che nessun sistema, fino ad ora, più del capitalismo, abbia ampliato la platea di coloro che possono mangiare, bere e coprirsi dal freddo, cioè la platea di coloro che come Perotti e come me possono cominciare a parlare di felicità (nel senso dell’eudaimonia greca) per progettarla.
    Correggere il capitalismo con pazienza e accettando compromessi, fare piccoli passi per tagliare i profitti privati per redistribuire, ma senza superare quel break-even che impedisce alla radice l’iniziativa imprenditoriale senza la quale salta il sistema. Per fare questo l’unica via è quella aristotelica, della Politica, l’unica attività umana che sia direttamente collegata con la ricerca della felicità.
    Grazie comunque Perotti per il bellissimo pezzo. Lo pubblichi senz’altro.
    Buon lavoro e buona fortuna

    • Ma io condivido totalmente quel che dice! Infatti la mia critica è sempre accompagnata dalla definizione. “Questo” capitalismo. Quando dico che non siamo lontanissimi da dove dovremmo trovarci, e che l’errore di rotta ci ha portati fuori strada ma basta “poco” per tornare al bivio mancato, mi riferisco proprio a questo. Questo capitalismo ha esaurito ogni possibilità di dare di più. Ha rivelato pregi e difetti. Va cambiato. E il lavoro ha ragione lei nel dire che può essere lungo e difficile, ma va fatto. E qui si inserisce (mi permetta… “gloriosamente” ) l’inserimento del fattore “I”, l’individuo, che ha la possibilità e vorrei dire il dovere di indicare la via con il suo comportamento, vivendo già oggi in una riforma che verrà.
      Sono per una via terza dunque tra Rousseau e Hobbes, perché il primo era un illuso, ma il secondo un disincantato. Grazie! Saluti!

      • Grazie, bellissima risposta! Solo aggiungo che l’individuo forse non basta: non rinunciamo alle organizzazioni politiche, dentro le quali gli individui possono fare molto più di quello che oggi si è portati a credere. No dunque al disincanto estremo, compreso quello per le organizzazioni, i partiti, i comitati, i movimenti. Grazie ancora!
        SB

        • Ecco, qui sono un poco radicale invece. Individui che non hanno scelto, fatto, che non rappresentano loro stessi già il cambiamento, sono mattoni deboli di qualunque organizzazione. Vanno a prendere, non portano nulla. Mentre individui che hanno assunto su di loro la responsabilità del cambiamento unilaterale, quelli si che potranno unirsi e fare avanguardia anche associativa, dunque organizzativa e intellettuale, dunque massa critica politica. Per questo io non faccio compromessi su questo punto. Altrimenti fondere un partito, farei politica. Ma la politica fatta per uomini e donne deboli è debole. Noi dobbiamo cambiare e testimoniare. Perché altri cambino. Questa è la politica più efficace. Poi, dopo, ci sarà tempo per aggregare soggetti saldi. Ciao!

    • Ho letto ed apprezzato molto il suo buon ed equilibrato ragionamento, condividendolo pienamente.
      Colgo l’occasione per ringrariare e salutare cordialmente.

  3. È da anni, almeno una quindicina, che penso ai temi che tocchi in La Via, è da altrettanti che penso di imboccare la via dello scollocamento, ma continuo il mio viaggio da schiavo del XXI secolo, dirigente industria in una multinazionale… Leggevo, da poco iniziato e quasi divorato, il tuo Ufficio di Scollocamento, che avevo preso insieme ad un altro paio di testi tra ecovillaggi e Borghi fantasma… ero un po’ scettico, non lo nascondo, spesso questo tipo di libri sono a rischio, rivelandosi vuoti. Questo mi sconfessa, interessante, mi prende… chi è questo autore, non lo conosco, mi fermo e approdo al sito e c’è la Via, mi fermo un’ora e più, lo ascolto tutto… voglio tornare al bivio, lo devo fare e i pensieri di questi anni devono diventare qualcosa di reale… ci sto lavorando…. la domanda a te: Ufficio di Scollocamento è del 2012, sono trascorsi 8 anni, cosa fai tu? Come realizzi ciò che credi e dici? Grazie, Valentino

    • Ah Valentino… Mi chiedi di sintetizzare tutto in poche righe. Ho scritto come sto andati questi dieci anni in un libro, “Rapsodia mediterranea” . Oppure scorri questo blog o vai sul mio profilo Facebook. Troppe cose, troppo importanti per me. Diciamo che ho capito che potevo andare via prima di quanto ho fatto. Ti basti questo… Ciao e grazie!

  4. Caro Simone Perotti,
    nel video tocchi molti temi, e molti condivisibili, dunque mi limito ad una osservazione critica e ad alcuni cenni di approvazione. Nella prima parte suggerisci di disperdere le strutture abitative sul territorio per ridurre la densità: purtroppo, questo, è un errore, ed è anche una questione di coerenza interna. Infatti, più avanti, dici giustamente che bisogna dare da mangiare a tutti, e cibo sano. Ne consegue che ogni persona si deve impegnare per fermare il “consumo di suolo”, e ogni nuova costruzione si farà in sostituzione di case già costruite e non salvabili. Questo anche per razionalizzare i trasporti.
    Il nodo chiave, su questo punto, è la sovrapopolazione del Pianeta. Azioni per l’Italia: ripopolare borghi abbandonati; nessun incentivo alle famiglie con molti figli; città meno affollate attraverso la diffusione del telelavoro, come proponi.
    L’orizzonte, per pensare il futuro, come dici, è la catastrofe ambientale presente, cui si somma quella climatica.
    Da sottolineare: superamento della logica consumistica; critica della “religione” del denaro e di quella del lavoro: quel che dici sul tema è chiarissimo. Occorre “decolonizzare l’immaginario”, e quindi procedere a una ristrutturazione dei desideri. Ancora, fondamentale la testimonianza: cambiamento delle abitudini alimentari; manualità, e dunque costruzione e riparazione delle cose; gambe (personalmente mi sposto solo in bicicletta e mezzi pubblici); assumersi le responsabilità; maggiore autosufficienza.
    Infine, al primo posto, cultura e filosofia.
    Stefano Rosso

    • esatto. le città possono ridursi a cittadine, e tanti possono tornare a vivere sul territorio. solo ripristinando i paesi, le cittadine, i tantissimi luoghi abbandonati e in disfacimento, si fa edilizia buona per vent’anni, senza costruire nulla ex novo, ma solo ristrutturando, e creando anche più facilmente le condizioni per avere un minimo di alimentazione selvatica e di orto. Qui è una questione di impatto, che va ridotto. se ognuno coltiva qualcosa, anche in qualche vaso grosso sul terrazzo, si riduce l’impatto dell’agricoltura per tutti (che comunque deve essere cambiata, quella intesiva fa schifo). Il suolo va “consumato” eccome, ma standoci bene, con rispetto. Quanto alla sovrappopolazione sfondi una porta aperta. siamo troppi, lo dico da sempre.

      • Ragazzi, permettetemi una considerazione concreta basata su numeri. Se il 75% della popolazione italiana possiede immobili, di cui larga parte acquistata a debito, perché finanziata con mutui bancari, questi soggetti sono costretti a dannarsi obbligatoriamente in forma pluridecennale per onorare i debiti, quindi come si pensa di alleggerire il numero di abitanti delle grandi città a favore delle provincie piu piccole che non offrono impiego adeguato alla sopravvivenza?
        E per il 50% delle famiglie sfasciate causa separazioni disastrose e dissesti finanziari da far fronte, come la mettiamo?
        Consideriamo anche che il 50% dei concittadini possiedono meno di 20000 euro di liquidità….
        Che piacciano o meno, purtroppo o per fortuna, sono numeri reali da tenere in considerazione, non a caso, come sostengo da sempre, scalare marcia è un privilegio lussuoso per pochi.
        Spero non sia percepita come provocazione ma come semplice riflessione atta a far capire che tra il dire ed il fare, vi è di mezzo il mare.
        Sarebbe interessante ragionare anche con concretezza e non solo a livello filosofico: proviamoci…

        • Buonasera Simone e buonasera Valentino,
          alcune precisazioni e osservazioni. Naturalmente con il termine “consumo di suolo” mi riferivo alla relativa campagna in difesa dei terreni coltivabili, e le denunce del “Land grabbing” risalgono almeno al 2010. E’ inteso che mi riferivo alla cementificazione, con palazzine, ipermercati, parcheggi, autostrade. Sottoscrivo in pieno gli orti urbani, i pomodori in vaso (funzionano, ho provato) e le “food forest”.
          Valentino, riguardo ai numeri che offri non ho il tempo di fare verifiche, ma sul “downshifting” spezzo una lancia a favore di Simone: tutti, ma proprio tutti, possono ridurre le spese, e l’impatto ambientale, se escono da una logica consumistica. Lo dico per esperienza. E’ una questione di cambiamento interiore.
          Sempre Simone, in un libro, tocca il tema delle case: una parte degli italiani, non pochi, erediterà o ha già ereditato un consistente patrimonio immobiliare edificato tra gli anni Cinquanta e Settanta.
          Stefano Rosso

          • Pienamente concorde con il fatto che molti possono e devono ridurre spese inutili ed impatto ambientale, ed è giusto nei confronti del pianeta e dei suoi abitanti.
            Per quanto riguarda gli immobili, in genere sono gia “ipotecati” dalle giovani generazioni che se li “giocheranno” erodendo il frutto dei risparmi di una vita di lavoro dei genitori e parenti stretti per il semplice fatto che per i giovani l’unico fatto certo è l’incertezza, sia professionale, famigliare che previdenziale e non è raro incontrare settantenni che si fanno carico di figli e nipoti disagiati.
            La famosa middle class si è assottigliata paurosamente ed è la conferma che ci hanno fatto credere di esser benestanti ingrassando istituti di credito e lobby imprenditoriali potentissime legate al largo consumo.
            Basta guardarsi attentamente attorno per capire…

  5. Concordo. A me pare anche una follia questa continua propaganda esterofila fatta agli studenti universitari. DOVETE andare fuori! DOVETE! E molto spesso ci vai fuori, magari a fare il cameriere a Londra, quando in Italia l’unico lavoro che non manca è nel campo della ristorazione! Si aspetta sempre che qualcosa piova dall’altro e smettetela con questa retorica nord – sud! L’essere umano è unico! E ad ogni latitudine c’è modo di inventarsi la vita con sfaccettature diverse! Che grande paese saremmo se al sud fossero garantiti gli stessi diritti che al nord! Eppure c’è un partito che fa dell’individualismo e dell’isolazionismo la sua forza ed è appoggiato dal 30% degli italiani! QUESTA È OGGI LA VERGOGNA NAZIONALE! Lo dico senza se e senza ma! La famosa decrescita felice sarebbe una vera e propria esplosione di vita per questo paese di fanatici lavoratori instancabili! E dove sta la vita? Gli affetti? Quelli veri? Dove sono??? E chi se ne frega se un grande albergatore guadagna un 30% in meno! Si è ingozzato fino ad oggi! L’Italia deve smetterla di essere quel paese in cui se non vuoi alienarti e sradicarti devi accontentarti delle briciole! Io voglio viaggiare, spostami, lavorare duramente! Ma a chi piace farlo perché obbligato??? Siate onesti!
    Inoltre vedo uno Stato che mostra i muscoli contro un virus e chi passeggia da solo su una spiaggia e si inginocchia davanti ad enormi ingiustizie sociali come lo spaccio di droga, la prostituzione, la criminalità organizzata! E in tutto ciò, ad oggi, io non ho paura del Covid-19, ho seriamente paura della banalizzazione di questa pandemia alla quale stiamo assistendo da fazioni politiche con migliaia di capre che ne seguono il pensiero! Ieri tutti fifoni, oggi tutti salvatori della patria che non vedono l’ora di ritornare a fare quello che facevano prima! Cioè inquinare, alienare, sbraitare, vaneggiare, in poche parole uccidere la vita!
    Abito in città e qui è uno sfoggio di gazze, merli, cornacchie, tortore e passerotti di ogni genere che mai avevo visto in giro prima d’ora.

    Insomma, io spero che questa pandemia non abbia peggiorato i peggiori a danno di chi finalmente ci ha capito qualcosa di come stare su questo pianeta come specie vivente, non come Dio in Terra. Non siamo nessuno e quando i giorni saranno finiti saremo solo polvere, e se c’è un Dio, di sicuro non ci valuterà da quante Ferrari abbiamo posseduto, ma da quanto amore avremo dato e quanta gioia provato nelle nostre singole giornate!

    Perdona la lunghezza Simone, ti auguro il meglio e spero che agli intellettuali come te, che aprono mente e cuore, venga dato sempre più spazio ovunque, anziché darne a chi parla per tirare fuori veleno, e faccio anche io nome e cognome, Vittorio Feltri e tanti altri.

    Un abbraccio sincero

  6. P.S. Il compito degli intellettuali, il dovere degli intellettuali è spingere la gente a pensare. In questo momento, sono in troppi a fare affermazioni.

  7. È troppo lungo, ci si perde. La sostanza è una serie di domande che bisognerebbe porsi e quale migliore occasione di questo momento, in cui il tempo per pensare c’è? Quindi, articolo con una serie di domande mirate, alle quali ognuno darà le risposte che gli saranno più congeniali. Le stesse che un giorno potranno eventualmente consentirgli di fare una vita basata sulle proprie esigenze.

    Quando saranno tornati tutti alla normalità, al primo momento di sconforto, quelle domande torneranno in mente, magari mentre si farà la considerazione che così male, nell’isolamento, non ci si stava.

  8. Buongiorno Simone, grazie per questa condivisione. Chiedi cosa ne pensiamo. Avevo tentato di rispondere, ne era uscita però una riflessione così lunga che ho pensato fosse insensata come commento qui. Cancello tutto allora, faccio passare meglio le parole fra le tre porte (che quel che dico sia giusto, necessario e faccia bene), e ricomincio. Conservo però della precedente il segno di quanti pensieri ha mosso il manifesto, trovandomi in piena sintonia con quello che dici. Ma siamo in molti a pensarla così, e ancora nessuna ambulanza ci ha prelevato.
    Io non mi dilungo nel dirti quanto sono d’accordo, confido che la gratitudine e la stima arrivino comunque. Vorrei solo – sintetizzando brutalmente quello che avevo scritto – tentare una provocazione, non per essere antipatica, ma per muovere un passo oltre.
    Il punto su cui più sono scivolata ascoltandoti è questo: a chi ti rivolgi? chi vuoi raggiungere e perché? Lo spieghi già tu, in finale: non a partiti, movimenti, gruppi, ma ai singoli, ognuno responsabile per sé. Tracci però un modello di società che per realizzarsi presuppone o un mondo perfetto – che non si darà mai – o l’attivazione – lenta e graduale – di gruppi coordinati e coerenti di azione. Come ci arriviamo? Se questi singoli a cui parli non sono già d’accordo con te, spero cambino idea e trovino la loro strada per muoversi in quella direzione che tutti ci auspichiamo. Quelli che invece che sono già d’accordo con te e già vivono scelte simili, cosa possono fare? Sentirsi più motivati al cambiamento? Basta?
    Come troviamo l’anello di congiunzione fra in nostri sforzi singoli e la loro messa in azione nella società?
    Tu risponderai, forse, giustamente: sono cavoli vostri quello che vorrete fare del manifesto. E hai ragione: sono cavoli e responsabilità nostre. Ma io, da quest’altra riva, mi pare non basti e me lo chiedo. Me lo chiedo perché in questa nostra società in cui parole e atti sono schizofrenicamente spaiati (e la memoria storica delle proprie azioni e parole a volte non supera la mezz’ora – tweet-mood, reazione-senza pensiero-istantanea) si rischia spesso di compattare tanti, anche quelli che non la pensano come te e noi, nella dichiarazioni di buoni propositi – su cui costa poco dirci d’accordo – salvo poi delegare non solo alla “buona volontà” del singolo, ma anche alla sua capacità di sana e spietata autoanalisi e autodisciplina la messa in pratica degli infiniti microscopici atti per arrivare alla concretizzazione del buon proposito. Mi chiedo però: se ci fosse anche solo una minima parte di quella capacità di sana e spietata autoanalisi e autodisciplina, possibile che non ci sia potuti attivare prima, meglio e in di più per il cambiamento che ci auspichiamo? E se quella capacità non c’è come possiamo curarla e farla crescere, in noi e negli altri?
    Detto in soldoni, come si può ammortizzare il rischio che il manifesto diventi un piccolo calmante momentaneo in cui riconoscersi idealmente, magari sventolarlo fra amici e conoscenti per farsi vedere alternativi, salvo poi restare aggrappati ad uno stile di vita che ci fa male?
    Te lo chiedo perché a me capita spesso di incontrare persone che si sgolano a invocare cambiamenti, decrescite felici, propri modelli di rivoluzione, magari pure ti cercano per chiederti consigli e scambi, poi però all’atto pratico, dopo aver fatto un patch-work confuso di idee altrui, chiusi i riflettori e i megafoni dei social, si dileguano, tornano a fare la vita di sempre con sempre più rancore e se la prendono pure con te che hai fatto scelte diverse solo perché “sei privilegiata, irresponsabile, matta, inconcludente….”. Va così, lo so. Spesso torno a un tuo vecchio post, che mi sono stampata e trasmigro puntualmente in ogni mio nuovo diario, “nemmeno ladri” mi pare si intitolasse.
    Ma non è questo il problema, è che quelle parole autentiche e che possono davvero aiutare le persone a vivere meglio, restano morte. Non vengono attivate. Per me, spesso, è uno sperpero insopportabile. Mi devo accontentare di dirle o diffonderle e poi che ognuno faccia quel che vuole? Basta? Basta nel vuoto spirituale, culturale, emotivo in cui siamo sprofondati? C’è una sofferenza sorda indescrivibile nella nostra società eppure pochi hanno le risorse per uscirne. Vivono bene? No. Si lamentano perché stanno male? Sì. Vogliono cambiare? No. Perché? Perché dovrebbero mettere in discussione le fondamenta della loro vita e non ne hanno le risorse; hanno paura; di se stessi in primis. E allora? Allora è “sempre e solo colpa degli altri”. Smontare questo meccanismo è un’urgenza, pedagogica ed umanistica, prima che programmatica. Almeno a me pare sia tale.
    Tu dici che non abbiamo creduto abbastanza nelle parole, ed è vero. Siamo sommersi di chiacchiere, ma le parole – che hanno una profondità sacra, come il pozzo di Pessoa – sono poche nella nostra vita. Non mancano però, è che non le si ascolta. Le si svilisce come fossero oggetti di consumo. E allora, come possiamo evitare che quelle poche parole autentiche – come quelle del tuo manifesto, come quelle della filosofia, della storia, della letteratura, dei racconti autentici delle persone che abbiamo a fianco, della natura – vadano sprecate?
    Perdonate queste domande sciocche, ma non so trattenerle. Me le pongo ogni volta che quelle parole per lavoro le devo trasmettere o scrivere. Spesso piuttosto che vadano sprecate mi riduco al silenzio. Talvolta tento comunque il confronto, ma nove su dieci si perdono. Poi ascolto Simone e mi chiedo se sia giusto. Forse davvero non c’è alternativa, forse davvero i desideri vanno formulati per sé, vissuti concretamente nel silenzio e nell’umile discrezione della propria vita, presa con il giusto distacco (e possiamo aggiungere anche questo tipo di umile discrezione alle cose in cui dovremmo credere un po’ di più?), e poi lasciati al vento, o alle onde, nella speranza che trovino posti in cui fiorire altrove, affidati alla responsabilità di chi vorrà coglierli. Fai il bene e buttalo in mare, come dice il proverbio. O possiamo fare di più? O possiamo curare meglio quelle parole, anche dopo averle formulare e condivise?
    Come possiamo fare? Il manifesto lo faccio girare, lo porto in giro qui nelle mie colline, a voce, guardando le persone in viso e discutendo assieme, come già tante volte con altri buoni pensieri. Mi preparo anche a vederne gran parte dissipate. Ma basta? Possiamo fare meglio?

    • C’è solo un modo. Che è come che fa pochissima gente. Pochi cambiano vita, pochissimi si prendono la briga di testimoniare. Male, molto male. Qui circola ancora la “vulgata” se “se sei vero fai e non dici niente a nessuno” . Egoisti! Questo sono quelli che pensano così. Io sono 12 anni che faccio e testimonio. Ho cambiato la vita (merito loro, dico così solo per brevità) a centinaia di migliaia di persone. Ho i loro nomi e cognomi. E sai perché? Potevo farmi i cavoli miei, ma mi sono impegnato. Sgolato. Facciamolo tutti. Mille che fanno così, per un decennio, cambiano il mondo Cristo santo. Forza e coraggio. Alternativa non c’è. Ognuno testimoni, dopo aver cambiato il suo mondo.

      • Simone,non ho detto che bisogna fare e stare in silenzio. Con quali egoisti te la prendi, scusa? Ho detto che è a volte è difficile capire come muoversi e cosa dire per essere efficaci. Mi sono solo chiesta: come facciamo a passare dal piano del singolo al collettivo, che un manifesto come il tuo presuppone? dopo aver detto, testimoniato, lasciamo che gli altri facciano quello che vogliono con quello che abbiamo detto, ognuno responsabile per sé, e confidiamo che un giorno ci troviamo a lavorare assieme? Ci possiamo credere, ci possiamo sperare, ma basta così? O si può fare di più? Siamo tutti d’accordo, tutti, e anche nel nostro insulso piccolo agire ci sgoliamo e ci diamo da fare, ok; ciò detto, possiamo fare meglio e di più CON gli altri? Questa la mia domanda. Ma continueremo a testimoniare, certo, ognuno come può e trova giusto. Ciao.

        • Non era certo rivolto a te. Ma a una certa quantità di gente che ha capito, è cambiata ma lo ha fatto per conto suo. È così dagli anni 70. Pochi si sono presi la briga (non certo il gusto) di “militare” per il cambiamento. E questo è male. La risposta alla tua domanda è lì. Se io cambio e dimostrò qualcosa e milito per quella dimostrazione sottraggo alibi, paure, blocchi a chi domani cambierà. Non c’è altra via. Le vie più rapide sono fallite tutte. Occorre che in ognuno che cambia sorga prepotente il desiderio, la voglia, di mandare messaggi, coinvolgere, testimoniare, raccontare, dimostrare. E sai perché nessuno quasi lo fa? Perché costa una fatica immensa leggervi tutti, rispondere a tutti… Sai che ho ricevuto 400.000 messaggi in questi anni? Ho risposto a tutti, uno per uno, con impegno, riflettendo, in modo dedicato… Di questo parlo. Questa è la risposta alla tua domanda.

        • E non basta. Sono andato dovunque, da Londra a Nova goriza, dal Salento a Parigi, da Sciacca ad Aosta a parlare. Sai quanti libri si vedono in una presentazione? 20 se va benissimo. Ne vendo di più con un articolo sul Fatto che scrivo in mezzora. Ma quel contatto, diretto, de visu, è importante, insostituibile. Vale. Questa è la militanza, il monachesimo del cambiamento. Io in questo credo. Moltiplicato per 1000 o per 10.000… Sai che impatto avrebbe?

          • Scusami se mi permetto, ma chi te lo fa fare di tentar di cambiar la testa della gente impegnandoti a dx e sx per la maggior parte dell’anno, quando potresti vivere benissimo in forma tranquilla e spensierata.
            Come ben sai le chiacchere di molti stanno a zero, mentre i fatti concreti di pochi fanno la differenza.
            Combattere contro mentalità diffuse e spesso contorte di masse che, imperterrite continuano a sbagliare lamentandosi è solo snervante.
            Il vero limite è socio culturale di una società bollita da almeno 40 anni.
            Personalmente tramite il buon esempio cerco di vivere la mia quotidianità con metodo e rigore raccogliendo buoni frutti, consapevole che solo il tempo ed un nuovo rinascimento modifichi la decadenza etico sociale di questa epoca allo sbando.

          • Perché farsi i fatti propri godendo di quello che si ha e basta si chiama egoismo. Io ho talento per qualcosa? DEVO usarlo per contribuire al benessere, alla crescita, all’evoluzione di chi quel talento ce l’ha meno. Se avessi denaro farei il mecenate, ad esempio. So pensare e studiare e scrivere (forse…)? Propongo idee. Militanza culturale. Impegno. Tutto qui.

          • Riconosco la tua, come nobile attività atta a configurare un mondo migliore e mi complimento per ciò, a differenza mia che vivo la vita facendo altro pur avendo modificato profondamente la mia esistenza.
            Non so se sia egoismo, non penso proprio, di certo non mi ritengo un monaco in sandali che va a piedi scalzi tutto l’anno intento a convertire l’umanità.

          • Male. Dovresti. Hai fatto un percorso, puoi raccontare e testimoniare. Hai una ricchezza e la vuoi tenere solo per te. La domanda te la faccio io: perché?

          • Provo a risponderti e poi chiuderei la tiritera in atto, anche per lasciare spazio ad altri.
            Intanto male o bene: chi può dirlo…
            Penso semplicemente che ognuno deve sentirsi bene al seguito delle scelte fatte e di raccogliere i frutti maturi del seminato, non ho esigenze o stimoli tali di raccontare al mondo, ricette di vita che fondamentalmente sono personalizzate, men che meno di condividere, se non con chi mi pare, tempo, capacità e conoscenze anche perché francamente andiamo nel personale
            400000 mail, telefonate, incontri, presentazioni ecc ecc: preferisco condividere le gioie della vita con la fidanzata.
            Con stima ed affetto
            Vale

          • Anche io. Ma le scelte, quando ne senti il v”ore anche per gli altri, le paghi volentieri. Ciao a te.

  9. (grazie a tutti, sempre bello condividere idee e parole, opinioni e programmi… ditemi cosa fareste di questo testo. Non ho ancora capito che bestia sia. Sono 60.000 battute, dunque circa 27 pagine formato libro. Un’ora e un quarto andando lesti nella lettura… Boh. Prima volta in vita mia che non so cosa sia qualcosa che ho scritto).

    Se ne può fare un pamphlet, o una sorta di instant-book: non necessariamente di carta, anche come libro in formato elettronico, a mo’ di racconto lungo, o saggio breve, che si può scaricare da qualche parte (sito ilcambiamento.it?) ad un prezzo simbolico, per sposare magari, una causa.

    La butto lì…. 🙂

    • Io l’ho immaginato esattamente come Giuseppe,
      vorrei solo aggiungere che le tue parole mi sembrano sostanzialmente in linea con il tuo pensiero precedente, ma adesso, oltre alla scelta individuale, io intravedo una possibilità in più per un cambiamento collettivo, forse l’unica, l’ultima possibilità. Nella mia “bolla” io leggo di tanti che la pensano così, magari esprimendosi in modo diverso, ma a volte neanche tanto: la sfida adesso è unire queste voci in un programma.

      • Ciao cara Elena. La via è fare ognuno quel che va fatto, e poi testimoniare. E raccontare, illustrare. Ci fossero mille ambasciatori del cambiamento, avremmo un impatto enorme. Quando tanti fossero più sensibili e vicini a queste azioni e idee, allora avremmo una svolta. Serve “massa critica” , cioè un numero che faccia da “point of no return” . Speriamo. Ciao!

  10. APERTO CHIARO DIRETTO VERITIERO FORTE CORAGGIOSO SINCERO LUNGIMIRANTE SEMPLICE INTELLIGENTE NORMALE DIGNITOSO RICCO E RISPETTOSO, queste parole racchiudono ciò che hai descritto.

    Covid 19
    Forse non è un virus naturale e non è arrivato a caso, probabilmente lo afferma anche il Nober che ha scoperto l’HIW, è un risultato impressionante da laboratorio elaborato da menti contorte e perverse atte ad bombardare batteriologicamente economia e finanza mondiale per poi trarne vantaggi di predominio.

    Imprenditori
    La buona parte degli imprenditori che orchestrano l’economia nazionale
    e non solo, sono mentalmente ingessati anche per incapacità tanto è vero che non riescono nemmeno in vecchiaia ad organizzare la propria succesione aziendale, un caso su tutti nella GDO grande distribuzione organizzata nazionale, di quel padre che ha messo contro i propri figli al punto di non scambiarsi neppure un segno di pace durante il funerale, altro che imprenditori di successo…

    Denaro
    E solo un falso mito perché il possesso è in mano ad una ristretta minoranza dei persone che quando crepano, a volte, capita che lasciano gli averi a sciagurati ereditieri senza arte ne parte, per il restante sono solo debiti ed ansia conseguente.

    Tradurrei il termine “medio” con “mediocre” che rende meglio l’idea.

    Potenza strategica e ricchezze miliardarie: penso sia un utopia riuscire a controbattere forze smisurate capaci di tutto, in cambio di preservare predominio: una disgrazia vecchia come il mondo.
    Grazie per aver donato 1 ora abbondante fatta di riflessioni e ragionamenti, apparentemente scontati e banali ma profondi ed autentici.

      • Si è vero che è stato sconfessato, comprendiamo benissimo che sostenere certe ipotesi diventa impossibile di fronte a dittature come quella cinese ove è ancora in vigore la pena di morte e la munizione utilizzata per giustiziare il condannato viene addebitata alla famiglia, ancor oggi che siamo nel 2020.
        Il dubbio rimane lecito, affermare il contrario, chi può dirlo…
        Ciao

        • Beh però a sconfessare è stata l’intera comunità scientifica con argomenti scientifici, non la politica. Ad ogni modo, non mi interesso di questi fatti. Con tutto quel che abbiamo da pensare, e che non facciamo, per le nostre vite pur essendo a nostra totale disposizione…

          • Mah, il problema delle armi di distruzione di massa, quelle batteriologiche incluse è un problema attuale ed inquietante.
            Lasciamo l’anziano professore francese alle sue ipotesi affermando anche che la comunità scientifica mondiale non conosce ancora
            approfonditamente e non vi è casistica clinica documentata nel tempo.
            (rif. prof. ILARIA CAPUA).
            Chi vivrà vedrà…

      • A quanto pare anche la CIA, l’intelligenge service americana sta lavorando per capirne maggiormente se sia stata bio ingegneria manipolata e/o un disastro gestionale all’ interno dei laboratori di ricerca.
        La riflessione è la seguente: il dubbio rimane lecito ed è la riconferma che smentire a priori anche da parte degli opinion leader medico scientifici, oltre che esser una cazzata, è pure ottimo metodo per minimizzare e confondere le idee alle masse. Eh, si, avere la mentre libera, riflettere e non lasciarsi suggestionare facilmente, dovrebbe diventare un dovere etico per molti…

        • Se a te viene il dubbio, quando parla la CIA dicendo l’opposto della comunità scientifica… Buon per te. A me pare proprio una conferma. Quella è “Guerra Fredda” contro la Cina. Anzi, guerra banalmente commerciale…

          • Verissima anche questa, ho fatto business nel medicale ospedaliero, potrei scrivere un libro tragicomico su puttanate di luminari, a volte pure corrotti, sta di fatto che sono eventi più “grossi” di noi comuni mortali.
            Godiamoci la quotidianità serenamente, per quanto possibile.
            Ciao

  11. Buongiorno Simone. Grazie! Grazie! È forte,chiaro,vivace,rispettoso di se e altrui questo testo. Lo condivido e mi impegno a viverlo,come posso,o almeno in un modo che gli somigli.Un caro saluto e buona vita.

  12. Ciao Simone, ancora è forte l’emozione che mi ha suscitato il tuo discorso. Stanotte ho sognato di essere in mezzo al mare con te! Io che non vado mai in barca … in questi giorni sto leggendo Rapsodia Mediterranea, quindi la mia mente è pienamente nutrita dai tuoi pensieri. Subito dopo aver ascoltato il discorso mi sono sentita bene. Il bello è che offri delle soluzioni concrete che ognuno può mettere in pratica. Tu solleciti senza ritegno, e senza polemiche. Mi da un filo di speranza, se pur minimo, che qualcosa potrà cambiare con l’esperienza della pandemia. Ci saranno pure altre persone che arrivino ad una presa di coscienza e che poi agiscano di conseguenza? Già più di 10 anni fa dicevo ai miei clienti che questa corsa della crescita sul fatturato non è possibile sostenere. Anch’io mi sono ribellata a questo tipo di filosofia aziendale e ho chiuso un contratto importante, mentre ho tenuto in piedi quello che mi dava la possibilità di fare un servizio di qualità, a tempo limitato, non più di 4 ore al giorno. Non mi ricordo come ti ho scoperto, per caso molti anni fa ho comprato il tuo libro Adesso Basta e ho cominciato a seguirti. Sei di grande ispirazione ed ammiro le tue scelte. Ho 66 anni e molte capacità pratiche, manuali, e qualche punto di conoscenze. A 32 anni sono emigrata dall Austria in Italia con 2 figli di 4 e 6 anni. Da sola. Ho fatto tutto quello che serve per sistemare una casa in campagna che un contadino mi ha concesso in uso, ho fatto vari mestieri, fino ad arrivare a creare un’attività vera e propria, che nel 2010 ho dimezzata per poter vivere meglio, stare in silenzio, costruire cose da materiali di recupero, stare all’aperto con il cane o senza, ho chiuso relazioni ed amicizie di facciata, di ipocrisia, quelli di pesantezza, quelli senza significato e persino quella che è durata quasi 30 anni, perché era malsana.
    Ho imparato a stare in solitudine senza sentirmi sola. Ho nuove amicizie vere, con un dialogo vero. A volte pensavo che sono strana, ed invece, leggendo te, mi hai restituito completamente la certezza che tutte queste scelte hanno un buon motivo e non sono per nulla strana. Ci sono altre persone che fanno così. Ora ti seguirò ancora più intensamente perché hai detto che hai fretta di sapere cosa hai suscitato e che tu hai già cominciato. Io ho cominciato a parlare di te alle amiche e racconto ai miei figli che vivono in Messico uno e l’altro in Austria delle tue scelte. Ebbene, anche i miei figli già da 20-enni hanno fatto scelte diverse dalla normalità. Diciamo, infine, dentro di me c’è una terra fertile per le tue idee e con il tuo discorso hai seminato idee che cresceranno. Sei un vero fertilizzante per me. Oppure si può dire anche: un complice di avventura per questa vita. Mi piace. Un caro saluto.

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