NON ANDATE IN VACANZA. MI RACCOMANDO…

Non andate in vacanza.
Cioè non mettetevi in una condizione di “vuoto” (/va’kantsa/ s. f. [dal lat. vacantia, neutro pl. sost. di vacans vacantis​, part. pres. di vacare “esser vuoto”]). Nel vuoto ci vivete già.
Nel vuoto ci avete passato questo anno.
 
Semmai fate il contrario: entrate in uno stato di “pieno”.
Non vi garba il lavoro che fate, la casa dove abitate? Non vi soddisfano le persone che frequentate, i luoghi in cui vivete? Non vi dà nulla, o troppo poco, lo schema nel quale siete immersi, i suoi rituali, la gimcana quotidiana per partire da nulla e ritornarci? Non trovate il senso, ciò che attiverebbe le vostre migliori energie, l’antidoto alla vita?
 
Ma se avete queste urgenze… che vuoto, che “vacantia” dovete fare?
Di cosa dovreste dimenticarvi, cosa dovreste mettere in stand by?
Reduci da un collasso che ha rivelato ogni fragilità delle nostre vite, non correte a occuparvi di come cambiare ciò che non va? Non è tempo di riposarvi. Semmai, di riempirvi di impegni, di lavoro, proprio ora che forse avrete un po’ di giorni a disposizione.
 
Andate. Cercate. Studiate. Adoperatevi per verificare la vita.
 
Andate a fare ciò che dite di amare, per cimentarvi, per impararlo meglio, e se vi parrà davvero così vostro, pensate a come farne la quotidianità, un lavoro;
andate alla ricerca dei luoghi delle vostre risonanze, delle vostre latitudini, dei vostri paesi, delle vostre montagne, dei vostri mari, ma non per dormirci, non per dire “aahh…”, ma per testare se sono proprio loro, o uno più in là, e se davvero sono i posti dove dovreste vivere;
andate a cercare le persone con cui potrebbe avere senso che passaste il tempo, facendo il vuoto di quei rapporti dai quali vi allontanate motivatamente. L’amicizia, l’amore, il dialogo, la solidarietà, cercatele tra loro;
cercate la finestra da cui amereste affacciarvi, spremetevi le meningi per escogitare ogni idea per fare di quella finestra occasionale il vostro balcone perenne;
andate nei posti dove vivere sarebbe una festa, o una minor pena, e verificate se esistono, per sperarli autenticamente o cancellarli per sempre;
svegliatevi nei letti per capire se potreste dormirci, mangiate il cibo che potreste digerire, aprite le porte che potreste chiudere col sorriso, guardate da lontano la casa che vorreste fosse casa vostra.
 
La vita non sarà meno dura, ve lo assicuro. Anche in quei luoghi. Ma cercarli, come il bracco segue e punta un fagiano, sarà già una metafora di come vorreste vivere.
Lavorate davvero, ora che avrete del tempo. Lavorate per voi. Incaricatevi. Pretendete. Verificate. Poi fate un bilancio. Approvatelo. O rifatelo. Poi date atto a quel che avete previsto.
 
Che chi vi cerca, non vi trovi mai vuoti: in… vacanza.
Che chi vi cerca o vi incontra per caso, vi trovi intenti, posseduti di voi, pieni di programmi.
Buoni giorni di lavoro intenso, dunque. Non buone… vacanze.
Buoni giorni in rotta. Utili. Veri.
 
“Abitare non è una funzione accessoria del vivere. Habitare, in latino, era il frequentativo di habere, implicava la consuetudine dell’uomo, nel tempo, verso la sua dimora (cum-suescere: «come qualcosa di proprio»).
E demorari indicava l’abitudine di attardarsi in un posto, di indugiarvi volontariamente e a lungo. Tutti aspetti del sentimento di appartenenza, quello che definisce un legame tra casa, territorio e uomo. Seguendo l’etimo, si vive dunque in uno spazio che si sente proprio, dove si sta volentieri, il più possibile, per una corrispondenza.
Abitare non è un fatto occasionale, temporaneo, dettato dall’esigenza strumentale di stare lì perché l’ufficio è vicino, o perché c’è la fermata del metrò. Questo accade nelle città, è normale nel nostro alienato sistema di vita, dove abitare non è più una funzione del vivere. Si vive dove si abita, mentre dovrebbe essere il contrario.”
 
(“L’Altra Via”, Solferino)
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6 pensieri su “NON ANDATE IN VACANZA. MI RACCOMANDO…

  1. Caro Simone, questa tua riflessione mi ha permesso di chiarirmi le idee. Ogni vacanza o viaggio che dir si voglia (quelli snob come me si aggrappano al termine “viaggio”, più figo e profondo… per poi ritrovarsi con un pugno di concetti in mano a guardare il dito e non la luna), dicevo ogni “spostamento” di questo tipo è quasi sempre solo dell’Ego. E l’Ego ama distrarsi, rimandare, farsi bello con gli altri e con se stesso.

    Mi hai dato l’opportunità di vedermi pretendere da ogni mio viaggio (quindi da una cosa esterna, che sia un luogo o un’esperienza) una cosa precisa: riempire i miei vuoti con palate di benessere e di senso. E mi sono visto anche pretendere da me stesso, con rabbia e sprezzante giudizio, di non poter essere giù d’umore in Viaggio, di non avere mai dubbi o giornate buie. Un po’ come chi si incazza perché a volte piove.

    Quando nel post parli di non andare in vacanza e di lavorare (per se stessi), una parte di me ha lanciato l’allarme. Quella parte di me che si è lasciata vivere, scegliendo di subire la vita, e che interpreta il termine “lavoro” e “responsabilità” come una mancanza di libertà…

    Grazie
    Michele

    • Senza mai pretendere troppo da sé stessi. Ma anche senza evitare sistematicamente di pretendere qualcosa. Con giudizio dunque, ma con impegno. Forza. Ciao!

  2. E’ vero, viviamo nel “vuoto”, quel vuoto che sta dentro e fuori di noi, pur sguazzando nel “pieno”: di notizie che generano altre notizie che a loro volta fanno nascere smentite e contro-smentite…di messaggi….di telefonate….di oggetti…di acquisti…di impegni…di musica come sottofondo…di immagini. Andare in “vacanza”, oggi, significa trasferire quel “vuoto” esistenziale dalla città in cui viviamo abitualmente alla località di mare in cui andiamo in vacanza. Non serve. Hai ragione: dobbiamo cambiare rotta. Ma per cambiare rotta dobbiamo abbandonare il “troppo pieno” che genera il “vuoto” e aspirare a quell’ozio creativo e rigenerante, fatto di cose essenziali, di silenzi… di assenza di rumori molesti…di contemplazione….di attesa. Purtroppo è saltato quell’antico e consolidato equilibrio che esisteva tra la natura incontaminata e la presenza proficua dell’uomo. Un bilanciamento virtuoso, questo, che si fondava sul rispetto e sulla salvaguardia del territorio, un territorio non invaso da orde di turisti simili a sciami famelici di cavallette che – congiuntamente ad amministratori corrotti e incompetenti – stanno saccheggiando e deturpando qualsiasi posto. Anche il più bello.
    Un saluto

    • Equilibrio virtuoso è uno splendido concetto. Un obiettivo. Temo che non si sia mai vissuta un’epoca così. Un passato così non c’è. Ma poco importa. Servono un presente, e un futuro cosi…
      Grazie. Ciao!

  3. le vacanze in questa epoca sono una cosa talmente inutile, frivola, costosa, e pure inquinante(diciamocelo)che se ne può fare tranquillamente a meno. però un viaggeyyo alla scoperta di posti nuovi e di persone diverse me lo farei volentieri, a dire la verità

    • ma certo che sì. però anche lì… viaggi, certo, curiosità, piacere, certo… ma sempre all’interno di un qualche disegno per costruire un’altra vita. Credo che fosse già un’opzione importante. Oggi è diventata una necessità. Ciao!

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