Ciao Gino

A Kartoum ci sono andato perché mio cugino era lì da mesi a lavorare con Emergency. E mi sono commosso. La bandiera italiana all’entrata dell’inferno del campo profughi del Darfour, di fronte all’unico presidio sanitario rimasto (erano andati via tutti, anche Medici senza frontiere, tranne Emergency) è stata un colpo al cuore. Di commozione, di sconcerto, di orgoglio, di sgomento. Solo quel piccolo ospedale in un campo che da decenni tiene segregate migliaia di persone. Ragazzi di vent’anni sono nati lì, e non sono mai usciti in tutta la loro vita.
Ogni anno, naturalmente, l’ONU stanzia 11 milioni di dollari per il rimpatrio di quelle persone. Ma ogni anno loro restano lì. Una vergogna per il genere umano.
Be’, lì Gino c’era, contravvenendo alle norme interne di Emergency, che vuole interventi solo in zone di guerra. “Ma come facevamo ad andarcene? Via noi, nessuno si sarebbe occupato di loro”.
I volti preoccupati delle madri con i bambini in braccio, in fila per ricevere visite o medicine, parlavano un’altra lingua da quella dell’uomo.

A Venezia si è commosso lui, durante l’intervista che gli feci. Si parlava di scelte, di coraggio, quello era il tema della puntata del mio programma “Un’Altra Vita” (Rai5). Toccammo il tasto dolente di Teresa, la moglie da poco scomparsa, compagna di una vita di impegno, rischio, generosità. Gli occhi di Gino si riempirono di lacrime, ma non vollero sgorgare. E di quel pomeriggio ricordo anche l’ironia nelle pause delle riprese, la pronta lucidità nel cogliere temi importanti, da punti di vista logici, inoppugnabili: “Cominciamo col non fare questa guerra, oggi, poi penseremo a quella dopo“.

Una delle sue frasi migliori: “io non sono pacifista. Io sono contro la guerra“.
Così si ragiona. Almeno se si è normali. E Gino è l’essere umano più normale che ho incontrato in vita mia.
E come sempre accade, dalle persone normali si impara molto. Soprattutto una cosa: a esserci, a impegnarsi, a fare ognuno le proprie battaglie. Non quelle assolute e totali, come Gino. Per quelle servono eroi. Com’era lui. Ma quelle che possiamo fare con i nostri mezzi. Poter fare uno e non farlo è il 100% del fallimento. Farlo, il 100% del successo.
Questo insegnava Gino Strada.

Clicca qui per vedere l’intervista

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3 pensieri su “Ciao Gino

  1. Ciao Simo.
    Bella l’intervista con Gino Strada. Me la ricordavo bene e ti ringrazio.
    Lascia però, che ti dica grazie, anche per aver postato il link dove è possibile ritrovare TUTTE le puntate della tua trasmissione. Furono una più bella dell’altra ed ho pensato tante volte di procurarmele per tenerle a portata di mano e poterle “assumere” diciamo al bisogno.
    Una piccola riflessione. Poche sere fa, sono andata ad un concerto di Max Gazzè (non so se si possano fare nomi, ma ormai l’ho fatto), nella bellezza dello Sferisterio di Macerata. Insomma Gazzè ha omaggiato Battiato, col quale aveva lavorato da giovane, proprio con “Un’altra vita” (avevo quasi dimenticato la chirurgica lucidità del testo e persino che fosse la colonna sonora della tua trasmissione. Come ho fatto? Bhò!)
    Comunque, alla fine, viene fuori che è una canzone dell’83 ! Del 1 9 8 3 ! Questo mi ha fatto rabbrividire ! Ho pensato alla tua scelta, alla presa di coscienza di tanti di noi, avvenuta in questi anni come se la gravità assoluta si fosse palesata ora. In questi anni. Evidentemente, invece. la cosa era già grave prima di noi. Prima del nostro tempo. Era già grave quando noi eravamo piccoli e nella Milano da bere, per così dire, tutto sembrava luccicare. L’autore, sensibile, l’aveva captato, aveva già intuito tutto. Aveva compreso con 40 anni di anticipo l’intensità della follia collettiva in cui ci saremmo trovati a vivere. E nella quale, allo stato dell’arte, viviamo. Abbastanza incredibile!
    Un saluto a voi, Comandante ed alla vostra bella isola.
    Dimenticavo… “L’altra via” neanche a dirlo è bello. Siccome ho paura di finirlo in un battito di ciglia, me lo sto dilazionando. Poco al giorno per averlo tanti giorni. E siccome sei bravo, ti perdono pure l’improprio pensiero che si possa fare a meno degli architetti 🙂 🙂 🙂 !
    Buon vento a tutti noi. A presto!
    Raffaela.

  2. Lo avevo ascoltato in diverse occasioni ospite ed amico in teatro, mi aveva impressionato per la sua capacità di ascolto , di sintesi ed i suoi silenzi.
    I suoi ragionamenti, a tratti, non semplici ed immediati da capire e condividere proprio perché esprimevano verità anche scomode e nello stesso tempo autentiche più che mai.
    Una persona significativa che ha fatto la differenza.

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