Pericle, Marco Aurelio e il modello di sviluppo

Ho scritto un articolo e l’ho proposto a “La Repubblica” greca, per capirci, cioè l’importante giornale Efimeryda ton Syntaktion. E loro, che hanno poco o nullo provincialismo, lo hanno subito letto e poi pubblicato. Mi hanno perfino intervistato…

Io il Mediterraneo “un po’ lo conosco”, credo di avere diritto a una mia opinione sul tema. Soprattutto sotto il profilo ambientale. E dunque ecco l’articolo. E soprattutto la sua traduzione.

Buona lettura.

 

Pericle, Marco Aurelio e il Modello d sviluppo
di Simone Perotti

Ha destato molto interesse, in Italia, la notizia dell’autosufficienza energetica raggiunta dall’isola di Tilos. Un impianto solare e eolico pagato per più di tre quarti dall’UE, in grado di dare ai 500 cittadini dell’isola (3000 d’estate) sia continuità di rete che autosufficienza energetica. 500 tonnellate di carburanti fossili risparmiati all’ambiente ogni anno. Un segno di speranza.
Poi però sono arrivate altre notizie. Come quella di un piano energetico con l’obiettivo di disseminare su molte isole greche migliaia di pale eoliche gigantesche, e sono circolati video di attivisti che mostravano l’enorme impatto di strade, sbancamenti di terra necessari ai lavori, pale in vetroresina abbandonate, rifiuti di ogni sorta, il tutto in uno dei paradisi terracquei del Mediterraneo, dunque del mondo.

Cosa diventerà la Grecia domani? Qual è il modello di sviluppo che ha scelto? La domanda si associa a quale sia quello scelto dall’Italia (e da tutti gli altri Paesi dell’area) che nel settore delle rinnovabili ha visto sì una forte crescita (un quarto del fabbisogno nazionale) ma anche la pesante irruzione delle mafie, e una situazione ancora molto bisognosa di una chiara visione.
Paesi accomunati da un dilemma: qualcuno, nel mondo politico nazionale e europeo, ha capito bene cosa stiamo vivendo? L’autentica emergenza del momento non è la pandemia, ma il velocissimo superamento di ogni soglia del riscaldamento globale. Tra non molto tempo la crisi ambientale, ormai in fase acuta, farà più morti in una settimana (tra incendi, inondazioni, tornado inusitati, dissesti idrogeologici) di quanto la pandemia non ne abbia fatti in molti mesi. Basta verificare gli ettari andati a fuoco poche settimane fa tra Peloponneso, Eubea, Attica, Meridione d’Italia, Balcani, Maghreb e Anatolia. Eppure la domanda non si riferisce solo a questo, che i politici sembrano ignorare.
Qual è il modello di sviluppo che devono tentare di realizzare i Paesi del Mediterraneo? Vorremmo dire tutti i Paesi del mondo, per onestà, ma il Mediterraneo ha una storia e un ruolo culturale, morale, che oggi tornano alla ribalta.
Pericle, come Marco Aurelio, avevano un’idea del loro mondo ideale, e in prima persona tentarono di realizzarlo. Ecco cosa ci manca, oggi. Una visione. Come possiamo contrastare il degrado ambientale realizzando però anche benessere diffuso?
Quando si apprende che un’isola come Citera, miracolosamente sfuggita alle devastazioni edilizie negli Anni ’80 e ’90, allo sfruttamento commerciale, all’omologazione dell’offerta turistica, viene individuata come sito adatto per l’installazione di centinaia di pale eoliche di enormi dimensioni (tanto che al tramonto saranno visibili perfino da Milos) capiamo bene che gli errori conseguenti alla mancata visione sono enormi. E gravi, si badi bene, non solo sotto il profilo ambientale, ma anche economico.
In un mondo sempre più massificato, l’offerta economica turistica sarà

sempre più al ribasso dei costi. Dunque i luoghi naturali, protetti, dov’è ancora possibile la quiete, l’assenza di turismo massificato, dove il mare e la costa vengono tenuti puliti, dove non tutto è diventato merce, commercio, cultura mercantile massificata, avranno un valore enorme. Non preservare isole come Citera e le centinaia di paradisi greci, è dunque prendere il valore che si ha e buttarlo via. Qualunque esperto di marketing potrà confermarlo. L’Italia ne è l’esempio più tragico: non ha saputo curare il proprio ambiente, non ci ha visto l’enorme risorsa, non ha scelto di posizionarsi come l’ultimo Paradiso di bellezza, abitato e gestito in modo umano, senza sfruttamento sfrenato, non ha investito nell’impatto zero e semmai ha consentito speculazioni, rincorso i modelli turistici nordeuropei e anglosassoni, quelli del low cost, del “c’è posto per tutti”. E oggi si trova depauperata, le sue coste sono sempre più sporche, l’impatto antropico è fuori controllo. L’Italia di un tempo non esiste più, almeno nei quattro mesi estivi, quelli del 90% del turismo. Un Paese che era simbolo della bellezza, del viaggio sereno, tra gente aperta e sorridente, lontano dal caos delle città, fuori dal rumore… è diventato un “divertificio”, una macchina sbilenca che tenta di ingoiare il maggior numero di turisti possibile. I migliori turisti, e perfino coloro che vogliono vivere in pace, fuggono.

Fuggiranno presto anche dalla Grecia? Questo vuole la Grecia?La Grecia dovrebbe dotare tutte le isole di sistemi micro-rinnovabili capaci di renderle autonome sotto ogni profilo energetico. Diventerebbe il luogo più virtuoso del Mondo, simbolo di una élite culturale. E questo sì che sarebbe un “brand di valore”, capace di attirare il giusto pubblico, denaro pubblico buono, dove ci sarebbe sviluppo per tutti. Un Paese così sarebbe di esempio, e non avrebbe concorrenti! Soprattutto se la Grecia si impegnasse oggi più di altri nella pulizia e tutela del mare, delle coste, magari bandendo la plastica dalle isole e dai litorali più pregiati della terraferma. Serve una grande campagna di sensibilizzazione ambientale in Francia, ad esempio, dove a Marsiglia è quasi impossibile fare “la differenziata”, come in molti luoghi d’Italia e Spagna, e non nel 1980, ma nel 2021! E così in Grecia, che dovrebbe mantenere e aumentare il proprio valore unico, non certo farne una mega centrale per raccattare incentivi europei. Quegli incentivi arricchiranno qualcuno, forse i soliti imprenditori e politici di sempre, ma impoveriranno il Paese. L’Italia ha già fatto questo errore mettendo centrali a Porto Torres, a La Spezia, o acciaierie a Taranto. Perché la Grecia, che può diventare un leader creando benessere, vuole svendere la sua ricchezza?
Quando si distrugge la propria bellezza, il futuro è segnato. Pericle, Marco Aurelio, non lo avrebbero mai consentito.

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8 pensieri su “Pericle, Marco Aurelio e il modello di sviluppo

  1. Dopo Tilos, Halki (o Calchi/Chalki): leggo su GreekReporter e altri media che dietro al “GR-eco project” c’è una “public-private partnership” che favoleggia una prossima “era of prosumers, or producers/consumers who take advantage of natural energy sources without additional expense” (ciò significa pure che questo sviluppo creerebbe posti di lavoro in luoghi che ne offrono assai poco: speriamo). In soldoni, il progetto è finanziato – non proprio equamente – da fondi dell’UE (“€100 million via the European Union’s Structural and Investment Funds”) più gentili donazioni di aziende greche e francesi quali Citroen e Vinci (“The project has been funded by Greek and French entreprises – with a combined investment of €1.5 million”), tanto che parrebbe quasi che le ditte facciano a pugni per contendersi l’intervento in questi progetti green (la concorrente Renault è già impegnata su altre tre isole in Brasile, Francia e Portogallo)…
    Al di là dei vantaggi d’immagine auspicati dalle società citate, resta da chiarire la prospettiva per il resto del mondo, o dell’Europa quantomeno, quale sia. E’ davvero un modello replicabile ovunque, oppure solo in particolari contesti? Come si fa ad Atene, a Salonicco? E per quanto riguarda l’inquinamento non dei privati cittadini, ma dell’industria/dei trasporti ecc. come la mettiamo?
    Insomma se poniamo sotto pesante analisi critica un intero sistema, non possiamo poi accontentarci delle promesse di qualche albero piantato in più (gran risultato della Cop26 a Glasgow) per fingere di rattoppare i danni sistemici ormai fatti, e di qualche minuscolo caso-modello (Tilos e Halki in totale non raggiungono i mille abitanti) però non riproducibile altrove.
    Resto più scettico che speranzoso, ma guardo con interesse – ben sapendo che non basterà stare a guardare.

    • Infatti. Nuove temporanee miniere d’oro che potrebbero arricchire facendo però anche del bene, e invece arricchiscono soltanto. Non c’è idea, non c’è modello di sviluppo. Solo denaro.

      il modello è:
      – piccoli impianti solari e eolici che servono energia localmente.
      una o due pale, qualche campo solare, per ogni località
      – autoproduzione casa per casa
      – pannelli su ogni tetto di capannone industriale e su ogni industria
      – risparmio energetico di tutti

  2. Ottimo, articolo fatto di considerazioni più che legittime.
    Pure in Sardegna (conosco la realtà sassarese) e non solo, il business dell’ eolico da parte di multinazionali che operano tramite società tipo scatole cinesi, comprano pure terreni per sistemarci impianti che rendono soprattutto per le sovvenzioni comunitarie europee e che diventano nel tempo costruzioni obsolete costosissime da gestire e poi smaltire.
    Molti credono nel trabocchetto in nome del presunto affare non comprendendo che danneggiano il territorio e se stessi.
    La posta in gioco purtroppo è molto alta per società politici e faccendieri senza scrupoli a danno soprattutto delle giovani generazioni.

    • Windflot è il “parco galleggiante eolico” a 18 km dalla costa portoghese nell’atlantico come riporta Repubblica di oggi.

      Boh, iniziative futuristiche cariche di perplessità: che dici?

      • Sempre senza esagerare, e tenendo sempre conto del problema trasformazione+distribuzione, qualcosa si può fare anche così. Ma non trasferiamo tutto in mare a cazzo, come l’uomo ama fare.

        • Eh, infatti…
          Windfloat, si scrive, chiedo venia.
          Molto spesso, ahimè, il business di pochi vedi multinazionali, fondi di investimento, società offshore ecc, prevalgono sull’interesse della collettività ed i risultati devastanti sono sotto gli occhi di tutti.

          Io lavoro tutti i giorni nel mio piccolo mondo, per un futuro migliore.

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