Uno si chiama Ouares, un altro si chiama Abdalla Jabrel, o qualcosa del genere, un altro ancora … l’ho perso. Ma non dimenticherò facilmente le loro facce. Quelle dei ragazzi e delle ragazze che non sono rimasti a guardare in mare a pancia in giù. Volontari e soccorritori di quest’isola ancora umana e amorevole ne hanno salvato un centinaio, a non farcela sono stati tra quindici e venti, così dice la polizia informalmente.

Una barca di circa 18 metri, proveniente da Izmir, con forse 110 o 120 persone a bordo, è naufragata stanotte sul lato orientale di questa isola egea, di fronte a Capo Malea (Peloponneso). Aveva navigato per tre giorni e due notti, rotta sull’italia. Il comandante, un arabo abbastanza in là con gli anni, quando la barca si è arenata su una roccia affiorante ed è rimasta senza alcuna alimentazione elettrica, ha tentato qualcosa che gli è stato fatale: uno “choc elettrico”, così mi hanno raccontato i migranti, lo ha ucciso sul colpo.

Poco dopo la barca ha iniziato a imbarcare acqua e si è spezzata. Nella notte, con mare molto formato e onde che spazzavano la scogliera non lontano da Diakofti, tutti si sono gettati in acqua, tentando di mettersi in salvo. la scogliera in quel punto è alta e verticale, le onde li hanno sbattuti sulle rocce e poi risucchiati al largo. Un miracolo, e l’arrivo dei volontari, dei pompieri, di un braccio meccanico, hanno impedito che morissero tutti. Ricoverati in una scuola al centro dell’isola, i sopravvissuti sono stati accolti, fatti riposare, hanno ricevuto coperte, asciugamani, sapone, vestiti puliti che sono arrivati da ogni angolo dell’isola, rifocillati con cibo e acqua. Un ristoratore ha portato pasti per tutti, e la gente comune ha donato ogni cosa, dalle scarpe agli spazzolini da denti, dagli antidolorifici alla tintura di iodio, dai maglioni a qualunque altra cosa. in un lampo ci siamo trovati lì in tanti a smistare derrate, dividere gli abiti per taglia e genere, ascoltare quei poveri uomini e donne sotto choc.

Tutti in fuga dal regime violento dei Taliban.
C’è il Giudice per le indagini preliminari, che ha perso il fratello. “Per dieci anni ho mandato in galera quei pazzi, ho sciolto 450 matrimoni di donne costrette con la forza a sposarli. Ero ovviamente nella lista nera dopo la partenza degli americani, che ci hanno lasciato nelle mani degli assassini”.
C’è il pilota di caccia, giovane, disperato per la moglie e la figlia di 7 mesi lasciate in Afganistan: “ho studiato 18 anni per diventare pilota. Ora sono lontano dalle mie due ragazze, e ho buttato via tutto. Ma se restavo morivo a breve”.
C’è il giovane ingegnere che chiede una cintura, i pantaloni gli stanno larghi: “abbiamo venduto tutto per andare via, o saremmo stati uccisi. Tutti quelli che hanno fatto qualcosa durante il governo precedente. Abbiamo pagato 1000 euro per passare il confine con l’Iran, poi 1000 per quello turco, poi altri 900 tra Istanbul e Izmir. E poi 10.000 per salire su questa barca, e fare naufragio. A proposito, dove siamo, come si chiama questo posto?“.
“Grazie a tutti voi” ci dicono. “Siete gente che ha un cuore. Siamo esseri umani noi…”. Il giudice mi prende da parte: “So che tecnicamente sono trattenuto per aver commesso un reato e sono in attesa di essere o giudicato o dichiarato rifugiato… ma vorrei vedere il corpo di mio fratello, quando lo troveranno…” La voce gli trema. Gli assicuro che farò di tutto perché possa vederlo.
Quando vedono che fumo mi si fanno intorno tutti. Rollo ventisette sigarette più veloce che posso. Mi chiedono di chiamare a casa, gli do il mio telefono. F. è quasi in lacrime per due ragazze disperate che cercano la madre, che però non è né lì né in ospedale. “Che devo fare…?”.

Ecco il mio primo giorno. Appena tornato sull’isola bella.
Spero che il mare si alzi e non torni mai più calmo, che sbarri la strada a queste barche della morte.
Poi penso a Abdalla, che ha ancora un briciolo di speranza negli occhi: “Pensi che potrei fare il pilota in Europa…?”
Spero che tutti voi, non solo Abdalla, possiate volare in alto, staccare la vostra ombra da questa tragedia. Avete un debito con la morte. Ma un credito con la vita.

PS
Orgoglioso di vivere su un’isola così generosa, che oggi in poche ore ha donato una marea di roba, piena di gente che da stamattina a ora non si è fermata un istante. Bella gente, greci soprattutto, ma anche israeliani, italiani, tedeschi, australiani, tutti insieme.
PS2
Nel video i resti del naufragio. Inclusi alcuni cadaveri. Stamattina.
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2 pensieri su “

  1. La generosità e l’altruismo di chi ha aiutato possa essere un appiglio a credere che ci sia ancora compassione e umanità. ps: anche noi abbiamo bisogno di credere.

  2. Il racconto di ciò che hai vissuto è impressionante e non lascia spazio a molte parole.

    Questo è un mondo a 2 velocità senza un futuro migliore in queste condizioni umanitarie disperate.

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