Chiamare le cose con il nome sbagliato

“Il destino che ti fa incontrare chi ha bisogno di ciò che nessuno ti ha chiesto mai”

Ieri, nella diretta, vi volevo leggere anche questa frase, poi me ne sono dimenticato. È tratta dal “Il quoziente umano“, e in una riga dice più di ciò su cui ho dissertato ieri. Ci sono cose che speriamo con tutto il cuore di ricevere, perfino domande, richieste, parole, prestazioni. Da sempre. Solo che quelle cose nessuno ce le chiede mai. Ci chiedono in tanti ciò che non vorremmo dare.
E non ce le chiedono perché noi non siamo come dovremmo, dove dovremmo, quando, perché. Non siamo “chi”.
Non essere chi sei implica non incontrare chi ha bisogno di ciò che potremmo dare.

Questa frase è un tributo al pensiero di Carl Gustav Jung, il quale sosteneva che dobbiamo noi, e solo noi, rendere conscio l’inconscio, cioè rivoltare, portare tutto alla luce, rovistare bene dentro e capire. Se non lo facciamo, lui (l’inconscio) ci agirà, influirà, guiderà, indirizzerà cose, incontri, avvenimenti guidandoli in direzioni non volute, non desiderate, e senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
Ma la cosa peggiore di tutte, è che noi chiameremo tutto questo “destino“.

Ciò di cui vi ho parlato ieri nella diretta è il tentativo di uscire da quel destino. Per infilarci, a buon titolo, con tutti i diritti, nella nostra storia.
Una storia che, senza capire e occuparci delle cose di cui ho parlato ieri, non possiamo invocare.
Neppure rimpiangere.

per rivedere la diretta di ieri: https://www.facebook.com/events/762682448645656/

#Dialoghimediterranei
#quozienteumano

 

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Tg1, Tg2 e Tg3 – il Quoziente Umano in TV

Qui gli ultimi tre passaggi televisivi sul mio nuovo romanzo.

tg1: http://bancadati.datavideo.it/media/20230507/20230507-RAI_1-TG1_1330-141931349m.mp4

tg2: http://bancadati.datavideo.it/media/20230506/20230506-RAI_2-TG2_WEEKEND_1330-145308095m.mp4?fbclid=IwAR1gONaedpUsXB6JUlcJHtixSQlszvKsiDyrjxTRFJ77QMipna4zNeKnZLY

tg3: http://bancadati.datavideo.it/media/20230507/20230507-RAI_3-TG3_FUORILINEA_1215-124414619m.mp4

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Esiste. Sta lì…

Quasi tutto ciò che frena la nostra vita risiede essenzialmente nel limite che noi diamo a essa. E non in sede teorica, ma partendo proprio da noi, da chi siamo, da quali sono i confini definiti dal nostro perimetro esistenziale.

Dunque noi non “diventiamo” per due ragioni, entrambe dirimenti:
la prima è che non conosciamo quei confini, cioè non abbiamo cognizione (consapevolezza) dell’estensione e del termine delle nostre facoltà;

la seconda è che, comunque, non consentiamo a ciò che ci riguarderebbe di avvenire, cioè lo amputiamo.

Sono convinto che entrambi i fattori siano sotto la nostra responsabilità, perché dipendono uno dalla mancanza di un percorso di conoscenza di sé, che impedisce l’investigazione del perimetro…. E l’altro dalla disabitudine/incapacità di immaginazione, e dunque di ambizione.

Ma il mondo possibile a cui avremmo accesso in assenza di questi due limiti c’è. Sta lì. Solo che noi non lo concepiamo, dunque non lo cerchiamo.

(NB. Per gli amanti della Meccanica Quantistica, quanto sostengo qui sopra (e racconto ne “Il Quoziente Umano“) è analogo alla “Teoria delle Variabili Nascoste” elaborata dal fisico americano David Bohm (letta e conosciuta dopo aver scritto il mio romanzo. Cosa abbastanza inquietante…).
La sua teoria è semplice (almeno per come la spiega Carlo Rovelli): la funzione d’onda ψ esiste, ma esiste anche l’elettrone fisico, il quale ha sempre una posizione ben definita. Se l’onda ψ segue l’equazione di Shrödinger, l’elettrone si muove invece nello spazio reale, dunque l’interferenza quantistica è dovuta all’onda ψ ma l’oggetto fisico è sempre in una sola posizione: il gatto del noto paradosso di Shrödinger è vivo oppure è morto, non entrambe le cose contemporaneamente. E tuttavia, se il gatto è in un solo stato, nell’altro stato c’è una parte dell’onda ψ che produce interferenza.
Esisterebbe dunque, anche sotto il profilo della fisica quantistica, un universo parallelo inosservabile, e che forse non è solo il prodotto della nostra angoscia di fronte all’indeterminatezza).

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Il Quoziente… Radicale

Le cose che mi piace fare

Un’intervista sul mio nuovo romanzo “Il Quoziente Umano” (Mondadori) con Emilio Targia, un giornalista esperto, colto, mio coetaneo (cosa non irrilevante…) che da 7 anni parla con autori letterari in profondità, cercando di andare oltre la semplice routine dialogica.
Il tentativo vero di comunicare su idee, intuizioni, tecniche narrative, racconti. E così anche io, da questo lato del microfono, sembro dare qualcosa di più.

Giudicate voi.
Buon weekend a tutti.

Per sentire l’intervista cliccate sull’immagine qui sopra, oppure QUI.
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“Il Quoziente Umano” su LA7

Intervistato a Omnibus, di LA7, stamattina, per presentare “Il Quoziente Umano” e poi parlare di Mediterranea, di ambiente, di identità, di scelte.

Buona visione.

Cliccate sulla foto oppure QUI per vedere l’intervista.

 

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Quanti siete voi…

Esiste, ciò che non stiamo osservando? Se lo chiedevano già i primi filosofi. Poi, un secolo fa, uno scienziato affermò che proprio osservando modifichiamo tutto. Dunque non vediamo ciò che non osserviamo (proprio perché non lo stiamo osservando) e neppure ciò che osserviamo. Ma allora la realtà qual è? E noi, cosa siamo?

Stamattina presto, leggendo i giornali, tra guerre, suicidi, disabilità calpestate, diversità negate, rischi sempre più incombenti per noi, l’ambiente, la società… riflettevo sul mio romanzo, che esce domani. “Il Quoziente Umano“, il risultato esistenziale di una divisione. Il primo romanzo della storia in cui il protagonista si divide in due, si separa, giacché non era uno ma due. Forse anche più di due. Nessuno di noi è uno soltanto, del resto, che lo sappiamo o no, che lo accettiamo o no. E la teoria dei Molti Mondi della Meccanica Quantistica arriva ben dopo la sensazione della molteplicità già indagata dalla filosofia, e che ogni animo sensibile conosce di sé.

Mentre riflettevo su questo, ho alzato gli occhi e ho visto l’Egeo, steso, serafico, di fronte a me, ai piedi di quest’isola. Il mare ‘non amico’, “complice delle nostre irrequietezze” (J.Konrad). Proprio lì, in mare, qui davanti a quel capo, il “Politropon” (come Omero chiama Ulisse nel primo verso dell’Odissea), cioè l’uomo multiverso e molteplice, fu strappato alla sua rotta da una burrasca. E per i dieci anni a seguire le sue anime combatterono tra tornare e vagare, tradire e mantenere fede, essere curioso o focalizzato, resistere o morire. Il genere del romanzo nasce dunque per indagare la molteplicità umana, il suo multi-verso, i suoi molti mondi. Un’Odissea diversa per ognuna delle sue scelte. Proprio come per noi…

E allora ho capito che nel caos del mondo, anche dove tutto sembra perduto, c’è ancora spazio, e senso, per un romanzo. La disciplina scientifica non può che studiare ciò che è misurabile; la religione ciò che non lo è (e si può credere solo per fede); e allora spetta alla letteratura, all’arte, l’indagine più importante: quella sull’uomo. Su di noi. Le nostre vite.

Alberto, Luca, Luise, i protagonisti di questa storia, avranno domani la loro burrasca, come Odisseo a Capo Malia. Verranno separati per sempre da me, che sono stato il loro unico destino fin qui. Per mille vie, distrarrete la loro realtà. Perché un romanzo non esiste (come la realtà) se non lo stai leggendo. E tuttavia, leggendolo, il lettore lo modifica, lo scrive, perché coglie, sceglie, chiude il cerchio con i suoi occhi (U.Eco). Dunque non un solo romanzo esce domani, ma dieci, mille, centomila romanzi. Quanti siete voi. #ilquozienteumano

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Autenticità come meta. Partendo (“L’Altra Via”, Solferino Libri)

 

Bella intervista realizzata dalla testata “Crescere Informandosi” (che ogni tanto diffonde cose che non condivido affatto, ma ogni tanto sì, e ci sta).
Brava soprattutto Alice Fassari a stimolare i punti più interessanti e a farmi parlare, resistendo stoicamente alla mia (consueta) straripante retorica dialogica.

Buona visione.

#laltravia

 

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Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone e barba

Ieri diretta Facebbok dei “Dialoghi Mediterranei“. La prima dopo l’incontro a Catania.
In due ore, sono uscite alcune cose interessanti.
Ne sottolineo due:

siamo troppo clementi (colpevolmente) con ciò che ci limita (“eh, io sono fatto così…”) e che dovremmo invece inclementemente lavorare e modificare, e poi diventiamo invece inclementi riguardo ciò che facciamo (“Sono fallito, non ce l’ho fatta!), cioè il risultato della nostra azione. Ecco, la vita funziona esattamente al contrario: dobbiamo essere duri con noi stessi, non perdonarci se non dopo mille tentativi veri, e poi considerare tutto ciò che accade come un successo. Fosse anche solo un metro il percorso fatto, è sempre una cosa che non c’era e che noi abbiamo fatto impegnandoci. “Eh ma io volevo arrivare laggiù!”. E chissene frega, sei arrivato lì invece che laggiù, bravo! Goditi tutto il tuo metro percorso!

Ci poniamo il problema su ciò di cui non abbiamo il controllo (i fulmini, le malattie, i fenomeni…) e non facciamo il 100% di ciò su cui il controllo lo abbiamo, perché è nel nostro perimetro di pensiero e azione. Perché?

Unite i punti e trovate il nostro identikit, tutto costruito per darci l’alibi di non impegnarci, non faticare, non andare.
Capite che, dopo questo approccio, prendersela col governo, con la politica, con le major, coi complotti, è solo l’ennesimo alibi?
Duri nel giudizio verso il mondo si diventa DOPO aver fatto tutta la nostra parte. NON prima.
Prima, la nostra critica è senza peso, patetica. Può convincere la gente distratta, ma non i filosofi.
(Per rivedere la diretta di ieri, cliccate qui. È registrata: https://www.facebook.com/events/1434390520630607?ref=newsfeed) 
Tutte le reazioni:

Emil Cè, Michele Zaggia e altri 13

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Il “Racconto di Catania” (Dialoghi Mediterranei)

Per chi l’ha visto e per chi non c’era. E per chi quel giorno lì, inseguiva una sua chimera…

Il “Racconto di Catania“, cioè una sintesi, lacunosa, parziale, incompleta, come tutte le sintesi, come tutti i racconti… Però forse anche perfetta così: per essere vista, per dare quanto meno un profumo, per far passare almeno l’azione.

Due giorni di filosofia applicata: domande, bivi delle vite di tutti noi, paure, energie, identità. Scelte.
Per potersi dire che l’autenticità è laggiù, almeno visibile, perseguibile. E per vivere.

Grazie a Carla De Meo, che ha girato, rivisto, montato. Un regalo fatto a tutti noi.

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Il Quoziente Umano (dal 18 aprile)

Ed eccolo qui. Il mio nuovo romanzo, il primo scritto sull’isola.
Si intitola: “Il quoziente umano“. È il mio diciannovesimo libro.

Uscirà nella SIS, la collana letteraria di Mondadori, un onore. Da ieri è già prenotabile sulle principali piattaforme.

Inizia il viaggio (anche se fisicamente sarà in libreria il 18 aprile).

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Su Mondadori: https://www.mondadori.it/libri/il-quoziente-umano-simone-perotti/

 
Su Amazon: https://www.amazon.it/quoziente-umano-Simone-Perotti/dp/8804765364/ref=sr_1_1?keywords=il+quoziente+umano&qid=1679903137&s=books&sprefix=il+quoziente+um%2Cstripbooks%2C287&sr=1-1
 
Su IBS: https://www.ibs.it/quoziente-umano-libro-simone-perotti/e/9788804765363?queryId=3fe71ac25a2e76f82b4439d7249d9957
 
(ma se andate dal vostro libraio, potete prenotarlo anche da lui)
 
#quozienteumano
 
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Ho scritto questo romanzo in modo del tutto diverso dal solito. Io vado alla ricerca, vado a caccia delle mie storie, abitualmente. Questa storia invece mi è venuta a cercare. Anzi, mi ha investito. Tanto che sulle prime non l’avevo riconosciuta. Ho dovuto scervellarmi nei suoi meandri per capire che, forse, era più mia di qualunque altra“. (Simone Perotti)
 
Solo recentemente, studiando alcune delle scoperte dei fisici teorici Heisenberg, Born e Jordan (dalle sovrapposizioni quantistiche, alle interferenze, dai gatti di Schrödinger, alle teorie dei Molti Mondi), mi sono reso conto che avevo scritto un romanzo molto meno fantasioso di quello che potevo pensare. Mentre approfondivo mi venivano i brividi. Avevo iniziato “Il quoziente umano” due anni prima”. (Simone Perotti)
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