Di nessuno

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Fuga

Cipro: l’ultimo muro. L’ultimo prima del prossimo, naturalmente. Anche se questo è ancora più folle di tutti gli altri. Un’invasione, un’isola divisa in due, i caschi blu dell’ONU a fare da cuscinetto: fin qui, tutto “normale”. Poi però, al centro di Famagosta, sulla sua spiaggia chiara, davanti a uno splendido mare, dove c’era il cuore ricco della città, ecco, lì il viaggiatore mediterraneo scopre un’isola di 6km quadrati. Un’isola nella città, recintata a filo spinato. Impossibile accedere, dal 1974. Dentro, tutto rimasto come quella sera in cui tutti fuggirono, impauriti dall’invasione turca. Una tazzina col caffè lasciata sul tavolo; un’auto esposta in vetrina, con lo sportello aperto; i panni stesi ad asciugare sul filo; le finestre aperte per far entrare un po’ d’aria; il pallone in un angolo del cortile. Erano tutti convinti che in pochi giorni sarebbero potuti tornare, e scapparono senza portarsi via niente…

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Se cercate sulla rete, fate fatica a capire il perché di questa zona recintata e senza accesso. Da quarantadue anni. Pare, ma cerco ancora di comprenderlo, che questo lembo di città e di costa avesse molto valore, e che gli invasori volessero barattarli con il riconoscimento dell’aeroporto internazionale. Questo Stato, infatti, la Repubblica turca di Cipro del Nord, è riconosciuta solo dalla Turchia. Gli altri, in tutto il mondo, ignorano che esista.

Ma quello scambio non ci fu. Il baratto non andò in porto. E da allora, nel mondo, esistono 6km quadrati di nessuno, interdetti a tutto e a tutti, invasi e invasori, per un motivo che non vale più. I palazzi cadenti, le strade deserte e  piene di erbacce, la selva incolta che avanza fino alla spiaggia. Il mare, il libero Mar di Levante che la bagna, perfino lui… di nessuno

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L’elencuccio

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Nell’elencuccio ci va anche la barchetta, ovviamente. Con la “e” aperta…

Paradossi. A poche miglia da qui transitano indisturbati (e preda degli scafisti) migliaia di migranti senza documenti, che passano frontiere su frontiere con il beneplacito della polizia. Qui invece, a Izmir, l’antica Smirne, non c’è un luogo dove fare dogana regolarmente per una normale barca a vela. Il mondo alla rovescia. Poi qualcuno si sente offeso quando tuono veementemente contro la burocrazia e l’assurdo di questa nostra società regolamentata (quando gli pare…). Invece che farsi prudere le mucose basse, provasse a ragionare su quello che scrivo, così magari fa un salto evolutivo verso la comprensione non già di me, ma di sé e del mondo in cui vive.

Basta dogane che bloccano i viaggiatori e favoriscono i trafficanti. Basta. E basta a tutto quello che è insensato e illogico, e che subiamo come fosse un karma inevitabile. Basta fare i finti tonti, turisti distratti, passeggeri eterei nel mondo pesante. Basta. Buddisti e varie anime belle diranno che non va bene arrabbiarsi. Barricaderi e nostalgici della lotta dura invocheranno l’indignazione radicale. Fate voi. Basta che siamo tutti d’accordo che quando osserviamo questo mondo vediamo un groviglio assurdo. Basta che questa nostra società non la difendiamo come fosse il meglio del meglio. Basta che ci togliamo dagli occhi la narcolettica indifferenza, sorella siamese del menefreghismo e dell’atarassia culturale. Se noi galleggiamo in un mondo che non esiste, tra il bar e l’ufficio, strafottendosene altamente del ruolo politico del giudizio dell’individuo (possibilmente colto) e di quello culturale della critica, non è affatto detto che la nostra sia l’opzione migliore, la più utile, la più doverosa.

Occhio, ma occhio vero, a non dormire sonni perenni. Se la vacanzina è andata bene, se l’investimentuccio ha reso più dell’inflazione, se nel prossimo programma di licenziamenti di massa non siamo inclusi per un miracolo, se la leggina sugli sgravi fiscali ci include, se il nostro figliolo è entrato nelle graduatorie dell’asilo pubblico (per miracolo o per spinta), questo non vuol dire molto. Fuori da questo elencuccio miserrimo c’è un caos di follie, un gomitolo di leggi idiote, una liturgia di stronzate planetarie con cui da un lato si crea il miraggio dell’elencuccio, e dall’altro la realtà di quando domani in quella lista non ci sarà niente. Dunque, datemi retta, occhio a fare i buonisti, occhio a non esercitare il dovere dell’osservazione e della critica. Occhio ad avere occhio. Anzi, a non chiuderli entrambi.

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