Anomalie

Qui stiamo così

Anomalìa” viene dal greco “ἀνωμαλία”, parola composta da “α” privativo e “νωμoς”, cioè “la regola”. In latino passa pari pari, anomalĭa, con identico significato: difformità dalla regola generale. Il termine nasce in ambito linguistico, perché i grammatici greci della scuola di Pergamo (detti infatti Anomalisti) consideravano quella difformità dalla regola come il principio fondamentale di una lingua, mentre i grammatici di Alessandria (detti Analogisti) sostenevano il contrario. È interessante che i primi a impossessarsi del termine anomalia in ambito non linguistico siano stati gli astronomi, per esprimere la non circolarità delle orbite planetarie. Poi il termine viene assunto dalla matematica come sinonimo di “angolo”. Ad esempio nelle coordinate polari anomalia o azimut di un punto sono la stessa cosa, come anche nella rappresentazione geometrica dei numeri: anomaliaargomento di un numero complesso. Con altra accezione, nella teoria delle coniche, l’anomalia eccentrica di un’ellisse è la sua conformazione schiacciata, dunque la misura della sua eccentricità.

Dunque per i linguisti di Pergamo l’anomalia aveva valore distintivo, per quelli di Alessandria valore esclusivo. Per la scienza l’anomalia si arricchisce subito di significati relativi alle orbite, dunque ai percorsi, alla geometria, dunque all’ampiezza degli angoli e alle forme schiacciate, irregolari. In sostanza fin dalla sua nascita l’anomalia fa subito discutere. 

Una volta l’Agenzie delle Entrate mi ha convocato a Milano, in Via Moscova. Il mio nome appariva spesso sui giornali, in tv e loro ovviamente vanno a farti le pulci. Sulla notifica che avevo ricevuto si parlava di anomalie. In sostanza risultava che guadagnavo troppo poco e consumavo troppo poco. Il mio stile di vita sobrio era anomalo. E per spiegarglielo ho dovuto illustrare il mio diverso “angolo” di visuale, la mia “diversa orbita”, cioè il mio “elemento distintivo”. Dopo poco che ero in quell’ufficio, intorno a me c’era un crocchio di persone bramose di sapere come facessi a vivere, come facessi con le bollette, etc. Grande eccitazione. Saluti e abbracci finali.

La tesi dei verificatori era questa: chi si comporta in modo diverso dalla norma ruba qualcosa. Ma ruba cosa, a ben vedere? Soldi, forse. Anche se a me pare più interessante pensare che comportarsi in modo diverso rubi qualcosa di maggior valore. Innervosisca. Faccia venire sospetti perché nega un principio che deve essere sempre valido, e che non può mai essere messo in discussione, altrimenti sono guai per tutti. La norma. “Norma” viene dal latino. Voleva dire la “squadra”, nel senso dello strumento per il disegno, la squadretta. Serve per misurare, perché è millimetrata, tracciare linee, ha tre angoli. Ancora gli angoli. In ambito giuridico diventa subito il termine per descrivere l’articolo del codice con cui è descritta una regola valida per tutti (quella che i greci chiamavano “νωμoς”, l’abbiamo detto sopra). Se qualcuno fa qualcosa di diverso, che non si può tracciare e misurare con la squadretta, quella norma va in crisi. Se è possibile vivere con regole diverse da quelle universalmente accettate, allora in chissà quanti altri modi è possibile comportarsi!

La norma, più che giusta o sbagliata, deve essere valida per tutti. La “normalità” deve essere una soltanto. Non ce ne possono essere due. Altrimenti anche i parametri di giudizio possono essere tantissimi, e non si finisce più. Uno che fa qualcosa di diverso, che esprime una anomalia, deve essere ricondotto alla normalità. Altrimenti, la sua anomalia fa saltare i piani, non fa tornare i conti. Cioè è eversiva. L’anomalia non va bene proprio per questo: perché è eversiva.

(la foto sopra è solo a titolo di cronaca. A ottobre sono passati sull’Italia già quattro sistemi depressionari, ma nessuno sul Levante Ligure. A parte un giorno, non piove da mesi. Ieri a Roma grandine a palate, a Milano una tromba d’aria, a Palermo e in Sicilia danni per 180 milioni. Qui, estate. Anomalie.)

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