Tutte

Io non ho paura di morire. Ho paura di non vivere abbastanza

Basterebbe questa citazione di Mr. Nobody, di Jaco van Dormel, per far alzare chiunque e farlo correre a vedere questo film del 2009. Ma c’è molto, molto altro, di cui non vi dirò nulla. Semplicemente perché l’unico modo per parlarne era scrivere e girare questo film. Raccontarlo è impossibile.

Film che considero tra i tre migliori degli ultimi dieci anni e tra i cinque o al massimo sette migliori di sempre. Lo giudico così per cento motivi, tra cui due: il primo è che mette in film, mi fa vedere, il modo in cui io penso/sento/ragiono/percepisco/ricordo/immagino. Non le cose, ma il modo. E questo mi ha lasciato di sasso. Il secondo è che colpisce come un Guglielmo Tell dell’interpretazione esistenziale il centro esatto del tabellone della vita. E già il merito di porsi come obiettivo di estrarne il senso, investigarne il significato (della vita…) gli varrebbe il Nobel per l’ambizione, l’Oscar per il coraggio, il Pulitzer dell’incoscienza. Dunque, puro neo-neorealismo.

“Non si può tornare indietro, ecco perché è difficile scegliere“. Ma chi ascolta i racconti del vecchio (metafora di noi spettatori del film come della vita) non capisce. “E’ tutto una contraddizione! Di tutte queste vite qual è quella vera?!“. Ecco… Tutte. E se questo spaventa, se viene preso per fantasticheria, se viene rifiutato per presunta concretezza (puàh! che schifo…) mi spiace, non capirlo, non accettarlo, non renderà la vita meno di così. Suonare sei ottave sotto, come ci sforziamo sempre di fare, non cambia la melodia. La abbassa solo al livello della sporca, lurida, mefitica strada.

Film geniale, perfettamente a metà strada tra Truman Show e Big Fish, tra Benjamin Button e lo Zoo di Venere, tra Total Recall e Matrix, e un altro splendido visto venticinque anni fa che non mi riesco a ricordare. Viaggio al centro della vita, nella sua vera essenza, non quella brodaglia precotta che chiamiamo impudicamente realtà. Con un finale straordinario. Chissà che non sia così. Dio come lo spero…

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Sugar Man

 

L’ho sempre fatto, emozionarmi così profondamente, e subito correre a scrivere, senza poter aspettare, col cuore in subbuglio, mi ricollega a quando ero ragazzo, salivo le scale, a tre gradini alla volta, prendevo la penna e il taccuino, mi gettavo a scrivere, non mi fermavo più, per chissà cosa per chissà quale sensazione, emozione, imploravo che ci fossero computer per scrivere più velocemente (potete non crederci, lo facevo davvero), ma non c’era neanche la parola, all’epoca, solo la penna e io non so scrivere veloce con la penna, e ora invece eccomi qui, ancora una scala da salire, veloce, col cuore in gola, ma c’è la tastiera, e io sulla tastiera del computer vado veloce, oh lì non mi puoi fermare, e il polso che mi faceva male da bambino quasi lo sento dolente anche adesso, anche se non può essere, ma è un riflesso, l’emozione che si impossessa di me, che sconfina lungo le vene, mi fa tremare, mentre tiro su col naso, mentre mi si asciugano le lacrime sulle guance, perché quando scrivo sono fuori di me, e fuori di sé non si piange, non più.

Ho appena visto un film, “Sugar Man”, me l’ha regalato C. un’amica, e la prima cosa da fare è dirle grazie, ma grazie dal profondo del cuore, perché regalare emozioni così forti è una cosa inestimabile, e perché questo pomeriggio lo ricorderò per lungo tempo, e io lo sapevo che dovevo vederlo questo film, lo sapevo, C. aveva insistito quel tanto di più che basta a capire che qualcosa dentro c’era, e infatti lo avevo lasciato lì sul tavolino, in vista, tanto che quando sono sbarcato è la prima cosa su cui ho buttato l’occhio rientrando a casa, e dopo una settimana l’ho preso tra le dita, ho letto velocemente il piccolo libro allegato, poi l’ho infilato in una vecchia playstation e ho schiacciato play con fremito leggero, come se sapessi già quello che sarebbe accaduto, ma non così, così tanto non potevo neanche sognarmelo, perché tu le cose le sai, sempre, prima, ma non puoi sapere quanto finché non risuoni con quello che fai, quello che vedi, allora ho bevuto un sorso di vino, il fuoco crepitava e poi tutto è successo.

Non vi dico niente del film, e neanche di quel che è successo, come faccio a spiegarlo, potrebbe mai qualcuno? non so, io non sono bravo abbastanza, forse dovrei scrivere un racconto per riuscirci, solo, vi prego, guardatelo, ma con attenzione, non fate come quelli che si distraggono, con attenzione, è una storia vera, una storia che viene da un altro mondo, è un documentario, sull’arte, credo, ma no, ma che arte, o forse sì, sulla vita, certamente, anche questo però è impreciso, sulla vita quando rivela la sua anima salva, ecco, forse questo, l’anima salva della vita, il verso invece del retto, la trama dell’arazzo vista dal di qua, dove siamo noi, dove si consumano i nostri anni di eterna distrazione, ecco cos’è: è un istante di concentrazione, di non distrazione, solo che voi non l’avete visto, io sono ancora troppo emozionato, dunque è tutto, tutto inutile, e allora mi fermo qui, però voi prendetevi qualche mezzora, staccate tutto, guardatelo al meglio che potete, forse da soli, mi direte grazie.

Una cosa soltanto aggiungo: c’è tanto, tantissimo da fare per somigliare il più possibile all’uomo che so di poter essere, e questo c’entra maledettamente col romanzo che esce ad aprile, è incredibile questo, ecco i brividi, non ci avevo pensato, mi è piovuto addosso in questo istante, volevo scrivere tutt’altro, ma è lui, in qualche modo è lui il protagonista, e chissà, forse anche io, un giorno, perché dopo questo film possiamo tutti sperare un po’ di più, e mi accorgo che non ho scritto niente, ma lo sapevo, non poteva che essere così, però sono contento di essere qui, di questo pomeriggio di tempesta emotiva, anche perché io sono così, e non capitava da un po’…

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