Sapevoli (poco importa se con o incon)

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Quello che capita alle nostre vite è sempre, inevitabilmente, tutto, fin nei minimi dettagli, roba nostra. Lo generiamo, a volte partendo da lontanissimo; lo assecondiamo, a volte per incapacità; lo realizziamo, come conseguenza di un progetto; ne patiamo, o ne godiamo, perché patirne o goderne era il nostro obiettivo; ce ne lamentiamo, invocando la sorte, ma soprattutto imputando ad altri la responsabilità, perché come dei vigliacchi (o dei falsi modesti) non sappiamo sostenere la verità. E cioè che tutta quella sofferenza, o raramente tutto quel piacere, lo abbiamo studiato ogni giorno, lo abbiamo voluto facendo le scelte quotidiane che abbiamo effettuato, lo abbiamo preso a riferimento per poi compiangerci, sentirci vittime, sentirci soli, per poterci dolere, per poterci sentire danneggiati, dunque dal lato giusto della strada, giacché il danneggiato non può essere il cattivo. Oppure perché tutto diventasse tale da favorire le scelte che, per mancanza di identità e libertà, non sapevamo assumere, spingendo ogni cosa così in là da rendere a un certo punto inevitabile ciò che, altrimenti, ci sarebbe parso indicibile tentare. Ma tutto, comunque sotto la nostra responsabilità.

Il fatto che ogni cosa sia avvenuta a livello inconscio o consapevole, o in quello spazio della consapevolezza che non ci confessiamo, non cambia nulla. Ci dice solo quanto siamo alienati, quanto mentiamo a noi stessi, oppure quanto stiamo effettivamente, e consapevolmente, conducendo (da qualche parte) la nostra vita.

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